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Mano a mano che procede il percorso verso l'integrazione tra le due banche, risultano confermate le perplessità e le preoccupazioni da noi espresse sin dal primo momento. La fusione tra pari si rivela ogni giorno di più un'acquisizione del Sanpaolo da parte di Intesa, con indubbi pericoli per l'occupazione nel torinese, ma soprattutto con gravi conseguenze sul piano della gestione del personale, che sappiamo essere, in Intesa, ben più arretrata e autoritaria.

Mentre a Torino si lotta per la vice presidenza del Consiglio di Sorveglianza, a Milano Passera rassicura i suoi dirigenti che, sbrigate alcune pratiche necessarie per vincere le resistenze sabaude, nell'arco di pochi anni la testa della nuova banca, sede legale compresa, saranno trasferite a Milano. Intanto, secondo alcune autorevoli voci, emerge che ben 62 dirigenti di Intesa sono stati licenziati o "caldamente" invitati a dimettersi per implementare le prime "sinergie" in termini di risparmi di costi.

Al di là dei casi individuali, che sempre meritano attenzione e sensibilità sindacale, ci preme rilevare il forte significato complessivo di questo gesto, cioè l'enunciazione di un programma di lavoro, da parte del vertice direttivo della nuova banca. La gestione del personale che si prefigura con questi fatti ci sembra alquanto distante dalle enunciazioni roboanti che hanno accompagnato la presentazione del piano industriale, che parlavano di valorizzazione delle persone, delle competenze, delle professionalità.

Quelle stesse professionalità che si vogliono escludere dal perimetro della nuova banca, ancora prima che nasca. Sia Intesa che Sanpaolo hanno proposto un piano di adesione al Fondo Esuberi già prima della fine dell'anno, "condonando" cinque anni di pena, offrendo il ricorso a questo strumento per tutti coloro che raggiungono i requisiti pensionistici da qui al 2011. I lavoratori coinvolti sarebbero 1600 addetti di Intesa e 1800 addetti Sanpaolo. Cambiano però gli incentivi proposti: una sola mensilità per i lavoratori di Intesa, mediamente circa otto mensilità per i lavoratori Sanpaolo. La pochezza della proposta ha per ora fatto fallire la trattativa, ma nessuno può fare previsioni a breve.

E' evidente l'assurdità di tale discriminazione, visto che l'Intesa di oggi non è neanche lontana parente della banca del 2003, con bilanci (volutamente) in negativo e margini di guadagno da recuperare. La banca di oggi procede a gonfie vele, ha esodato 6000 addetti negli ultimi tre anni e ha già messo fuori, insieme a Cariparma, Friuladria e 193 sportelli (che peraltro continuano a cambiare…), almeno altre 7000 persone.

Sanpaolo dal canto suo, dopo avere negli ultimi anni esodato 3000 persone, sostituendole solo in parte con nuove assunzioni, è una banca in forte accelerazione, con risultati in crescita e utili oltre le stime.

Al di là della quantificazione dell'incentivo da assegnare a chi esce prima dal lavoro, ci preoccupa pensare che oltre 3000 persone possano abbandonare il nuovo gruppo, determinando un ulteriore aggravamento dell'operatività quotidiana, già entro fine anno. Tutto questo quando ancora non esiste neanche lo straccio di un piano industriale vero. In questa fase, riterremmo davvero grave la disponibilità dei sindacati al tavolo a trattare un'operazione simile, che sarebbe l'ennesima dimostrazione che solo la logica dei tagli e dei risparmi sul personale guida per ora le scelte strategiche dell'aggregazione e che tutta la retorica spesa per dimostrare il contrario è puro esercizio letterario.

Nessun taglio ai posti di lavoro

Assemblee subito per informare i lavoratori e costruire una piattaforma rivendicativa

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A

Banca Intesa                    SanpaoloIMI

 

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