Volantino pdf  

Bruttissimo accordo per i lavoratori venduti a Friuladria.
I sindacati "trattanti" si arrendono senza lottare. Un'altra conclusione è possibile.

Con l'uscita dell'elenco delle filiali in vendita in base alle disposizioni dell'Antitrust, si conosce ora il quadro, più o meno, definitivo dei punti operativi ex Intesa ed ex Sanpaolo oggetto di cessione.

Fin dall'inizio della vicenda, abbiamo assistito ad un atteggiamento molto attendista da parte dei sindacati trattanti a fronte di un problema di così gravi implicazioni. 
A noi è parso incredibile, ad esempio, che non sia stato fatto nemmeno un giro di assemblee capillare nelle filiali vendute a Credit Agricole (… non c'e' nulla da dire, ci è stato obiettato, la trattativa deve ancora cominciare…) limitandosi a qualche momento di confronto collettivo per cercare di tranquillizzare le realtà più preoccupate o più combattive.    
E, naturalmente, nemmeno un abbozzo di "piattaforma" nel quale fosse espresso il punto di vista delle lavoratrici e dei lavoratori, le loro priorità, i punti irrinunciabili (…non c'e' bisogno, ci è stato detto, chiederemo l'integrale mantenimento delle condizioni in essere per i lavoratori ceduti e forti garanzie occupazionali…).

Quando l'azienda ha risposto con una netta chiusura, ai combattivi sindacati aziendali non è restato che chiamare in soccorso le segreterie nazionali di categoria. Quest'intervento ha prodotto in tempi rapidissimi il raggiungimento di un accordo per le 29 filiali passate a Friuladria, peraltro con qualche sorpresa, poiché ad oggi non è chiaro se tutte le nove sigle, a livello aziendale, lo abbiano davvero firmato.

E' comunque un accordo estremamente deludente e reso ancor più ignobile dal fatto che la sintesi, presentata nei primi volantini delle sigle più zelanti, non ne spiega correttamente i contenuti. 
La formula del mantenimento dei "trattamenti economici e normativi in essere" nulla dice dei diritti in maturazione (futuri scatti, promozioni, ecc) e anche su previdenza integrativa e tutela sanitaria restano molti dubbi dopo il 31/12/2007. Ma, soprattutto, nessuna seria garanzia è stata ottenuta sui temi della mobilità e delle salvaguardie occupazionali. In particolare, la banca che vende i lavoratori (Intesa Sanpaolo) non assume su di sé alcun impegno.

Siamo largamente al di sotto dei pur criticabilissimi standard di settore e non occorre essere pessimisti per temere che una simile debacle, non solo diventi il modello per tutte le cessioni della superbanca, ma condizioni negativamente la stessa stesura del prossimo Contratto Nazionale.    

In conclusione, i lavoratori si ritrovano di fronte un accordo preconfezionato e scadente, senza che mai nessuno abbia sentito il loro parere e ipotizzato una mobilitazione per un risultato di più alto profilo.

Noi continuiamo a proporre un percorso diverso che deve necessariamente coinvolgere tutti i lavoratori della nuova azienda in una grande mobilitazione per definire regole certe per le attuali, ed eventuali future, cessioni.

Il punto di partenza deve essere la volontarietà del lavoratore rispetto alla cessione del proprio rapporto di lavoro. Per ottenere il consenso le aziende devono:

– garantire tutte le condizioni economiche e normative in essere, tenendo conto anche di automatismi, percorsi di carriera e, in genere, dei diritti in maturazione (comprese le voci salariali non riassorbibili). Per quanto concerne previdenza integrativa e tutela sanitaria deve essere prevista la possibilità per il lavoratore di scegliere tra il mantenimento dell'iscrizione ai fondi ed alla cassa assistenza d'origine e l'adesione a quelli eventualmente presenti nelle nuove aziende, conservando comunque i migliori livelli di contribuzione.

– garantire per almeno 10 anni la facoltà di rientro del lavoratore al verificarsi di fatti pregiudizievoli per il suo rapporto di lavoro, come ulteriori cessioni, chiusure di sportelli, crisi occupazionali e simili (con adeguate garanzie sul piano territoriale). La facoltà di rientro deve essere prevista anche in caso di attivazione del fondo esuberi nell'azienda di origine.

– prevedere un indennizzo per il disagio procurato in misura almeno pari agli incentivi erogati per il fondo esuberi.

Sappiamo bene che non esiste un indennizzo sufficiente per risarcire il senso di frustrazione derivante dall'essere trattati come imballaggi e suppellettili e per compensare i danni (non solo materiali) causati da una brusca interruzione del proprio percorso lavorativo in un'azienda. Proprio per questo, un accordo di cessione per essere "accettabile" deve necessariamente essere di alto profilo.

Quando questo non accade, il lavoratore non può essere abbandonato a se stesso e la nostra organizzazione si metterà a disposizione di quanti vorranno preparare l'impugnazione della cessione del rapporto di lavoro ed avviare azioni legali per il rientro in azienda.
Vorremmo essere chiari su questo punto. La giurisprudenza non ci dà certezze, ma qualche ragionevole speranza di ottenere risultati.
Riteniamo che la strada maestra sia sempre quella della lotta e della contrattazione sindacale ma quando questa si dimostra inefficace non possano essere escluse altre vie che, comunque, non danneggiano certo ma rafforzano l'azione collettiva. Insomma, quanto più scadenti saranno gli accordi, tanto più dovrà essere usata la minaccia di una pioggia di ricorsi.
Pertanto stiamo preparando, con i nostri legali, la lettera di contestazione della cessione, che servirà a mantenere per cinque anni la possibilità di fare una causa per il rientro all'azienda d'origine e che non ha alcuna controindicazione, poiché serve solo a conservare il diritto all'azione legale. Ricordiamo che ogni lavoratrice e lavoratore potrà formalizzarla entro 60 giorni dalla consegna della comunicazione aziendale.

Per ultima, certo non in ordine d'importanza, la questione della democrazia.
Come già detto, la vertenza sulla cessione delle filiali deve essere un momento di mobilitazione di tutti i colleghi (tra l'altro, chi oggi non è toccato dal problema potrà esserlo domani). Ma alla fine gli accordi raggiunti (a partire da quello già siglato per le filiali cedute a Friuladria) devono necessariamente ottenere l'approvazione dei colleghi direttamente coinvolti, attraverso assemblee realmente democratiche dove dovrà essere garantito il confronto delle opinioni diverse.
Vogliamo democrazia vera, non quella pilotata e manipolata delle segreterie nazionali delle sigle trattanti.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

INTESA SANPAOLO

questo post è stato letto5618volte