L'8 dicembre scorso, le nove sigle sindacali trattanti hanno firmato con l'Abi l'accordo di rinnovo del CCNL del credito. In attesa di una valutazione più approfondita da svolgersi nei prossimi giorni, ci preme sottolineare i punti rilevanti dell'accordo, quelli che ai lavoratori interessano di più.

Il rinnovo era stato presentato come una svolta storica per recuperare ruolo, diritti e reddito per i lavoratori, dopo la pesante compressione del decennio 1997/2007. In questi dieci anni è stato fortemente eroso il potere d'acquisto dei salari, è cambiata totalmente la fisionomia del sistema bancario, con un intenso processo di ristrutturazione, che ha comportato fuoriuscite, esodi, mobilità, sostituzione di personale garantito con neo-assunti molto meno costosi e precari. Nel contratto precedente è stato introdotto l'apprendistato, mentre le numerose fusioni in atto tra banche medie e grandi stanno determinando decine di migliaia di esodi e prepensionamenti.

L'accordo raggiunto sul contratto scaduto ormai da due anni, senza un minuto di sciopero, non tiene alcun conto della necessità di fornire risposte adeguate alle giuste aspettative dei colleghi. I contenuti dell'intesa sono infatti insoddisfacenti sia sul terreno economico che su quello normativo. A dire dei sindacati trattanti, l'aspetto migliore del contratto è il capitolo salariale. L'aumento di 282 euro medi a regime per un capo ufficio con 7 scatti di anzianità e l'una tantum di 1.609 euro per il pregresso vengono venduti come un risultato superiore alla media e addirittura migliore delle aspettative. Su questo crediamo che vada fatta chiarezza, anche aritmetica.
La richiesta salariale era di un aumento medio per il solo biennio 2006/2007 di 188 euro (+7,3%), suddiviso per metà circa in adeguamento all'inflazione (3,8%) e il resto in riparametrazione, per pagare produttività e professionalità (3,5%). Il risultato finale è stato un aumento di 280 euro (+11%), ma a valere su cinque anni (2006/2010) e non sui due inizialmente previsti. L'aumento copre così sia i due anni pregressi (2006/2007), sia i tre anni a venire (2008/2009/2010), per quanto con riserva di recupero dello scostamento inflattivo a fine periodo. Gli aumenti saranno scaglionati in 8 (otto) momenti successivi e andranno a regime solo il 1/12/2010. L'incremento medio dell'11% si riduce in realtà al 10%, per i livelli e gli scatti di anzianità dove è addensata la maggioranza dei lavoratori, con la conseguenza che l'aumento consiste in sostanza in un misero 2% annuo lordo, dato in ritardo e scaglionato nel tempo. Per gli esodati 2006/2007 non ci sono né aumenti né una tantum. L'inflazione presa a riferimento per il 2008 (1,7%), il 2009 (1,5%) e il 2010 (1,5%) è palesemente sottostimata e irrealistica; del resto l'intesa raggiunta è modellata, come le precedenti, sui parametri del fatidico accordo del 23/7/1993, caposaldo e architrave della concertazione. Un meccanismo che ha portato il mondo del lavoro a registrare una pesante perdita di potere d'acquisto (soprattutto negli ultimi 5 anni) su stessa ammissione dell'Ires-Cgil ed il sistema Italia ad avere uno tra i più bassi livelli retributivi dell'area euro, come ha recentemente affermato persino il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. 

La parte normativa del contratto non produce risultati migliori. Sull'area contrattuale, c'era la necessità di individuare strumenti atti a contrastare le continue esternalizzazioni di servizi e l'inizio dello spostamento all'estero delle lavorazioni, nonchè rafforzare le procedure di tutela per quanto riguarda gli appalti: l'accordo si limita ad estendere informativa sindacale e contrattazione di gruppo anche ai casi di trasferimento all'estero, ma non pone alcun vincolo o divieto.

Sulle nuove tipologie contrattuali, viene ridotto il sottoinquadramento per gli apprendisti, equiparato il trattamento economico dopo 18 mesi dall'assunzione e raddoppiato il periodo di comporto malattia, ma resta lo stato di precarietà per 4 anni; per i contratti di inserimento e di somministrazione a tempo determinato sale dal 5% all'8% la percentuale dei lavoratori nelle aziende sino a 1500 addetti.

Non viene risolto il problema del lavoro supplementare dei quadri, che veniva indicato come tema qualificante della piattaforma.

Sulla sicurezza e sul rischio rapine, c'è un generico rimando all'informativa da rendere ai sindacati negli incontri semestrali, senza alcun impegno di interventi di prevenzione diversi da quelli abituali.

Sui sistemi incentivanti, c'è la formale garanzia di poter avanzare osservazioni sugli schemi predisposti dalle singole aziende e la possibilità, in caso di mancato accordo, di addivenire alla mediazione in sede Abi, ma alla fine del periodo previsto l'azienda può decidere in modo unilaterale. Appare ridicola la raccomandazione dei sindacati all'Abi, sulla necessità di costruire le campagne prodotto, tenendo conto dell'osservanza della… direttiva europea sui servizi finanziari (Mifid). E' evidentemente riduttivo invitare le banche ad osservare la legge. Sarebbe più logico esigere ed applicare procedure di denuncia puntuale per i comportamenti pratici tenuti dai responsabili commerciali in occasione delle forsennate campagne di collocamento di prodotti finanziari inadeguati alle esigenze della clientela, dai prodotti di investimento ai derivati. E' arrivato il momento di stilare un bilancio critico del Protocollo per lo sviluppo eticamente e socialmente sostenibile, firmato il 16/6/2004, ed ammettere che ha cambiato pochissimo nelle politiche di vendita. Non ha affatto migliorato il clima in cui si lavora e si vende, con pressioni commerciali inalterate o addirittura aumentate.
Su altri temi, come Pari Opportunità, inquadramenti, formazione, orari speciali, vengono formate Commissioni Miste tra sindacati e aziende, spesso con l'obiettivo esclusivo di accedere ai finanziamenti comunitari previsti per queste "azioni positive", mentre altre conquiste, come la polizza Long Term Care da 50 euro l'anno, appaiono chiaramente accorgimenti di facciata.

Non siamo dunque in presenza di un contratto di svolta, come era negli auspici dei lavoratori, ma di un risultato sideralmente lontano non solo dalle esigenze della categoria, ma dalle stesse (moderate) richieste della piattaforma.
Siamo semmai dentro il solito meccanismo di scambio, in cui i sindacati garantiscono pace sociale e contrattazione subalterna, mentre le aziende conquistano certezza sui costi e quadro flessibile di utilizzo della manodopera. Può così proseguire indisturbato il processo di ristrutturazione del sistema bancario, in un contesto in cui i profitti, resi possibili in questi 10 anni in quantità senza precedenti dalla compressione dei costi per il personale, e resi più difficoltosi oggi dalla saturazione del mercato del risparmio gestito, dall'ennesima caduta reputazionale collegata al caso "derivati", dai provvedimenti di liberalizzazione stile "decreto Bersani",  potranno trovare nuovo sostegno in ulteriori economie di scala da realizzarsi con il taglio degli organici.
Le banche potranno così continuare a rottamare lavoratori anziani, assumendo giovani apprendisti a costo ridotto. La contrattazione integrativa aziendale, inizialmente usata per negoziare in azienda incrementi di produttività e di redditività ottenuti grazie all'impegno e al sacrificio di tutto il personale, serve oggi per sancire l'arretramento dei diritti ed il taglio dei costi, indispensabili per supportare i risparmi previsti dai piani industriali che guidano le fusioni tra grandi gruppi.

I sindacati si riducono così a docili strumenti di "efficientamento" nell'ambito di progetti ambiziosi e complessivi, di cui non controllano quasi nulla. La contrattazione si svuota di contenuti effettivi, fatti salvi quelli che interessano alle aziende, così come del resto le forme della democrazia e della partecipazione sindacale.
Neanche in questo contratto vengono stabilite le norme per eleggere le Rappresentanze Sindacali Unitarie e quindi verificare la rappresentatività dei sindacati che trattano, una prassi che negli altri settori è attiva da almeno 7/10 anni.
Quante volte ancora dovremo rassegnarci alla litania che "di meglio non si poteva ottenere"?
Cambiare è possibile solo se si ritira la delega a          queste organizzazioni e si costruisce l'alternativa con il sindacato di base, l'unica possibile via per riconquistare diritti, reddito e tutele.

C.U.B. – S.A.L.L.C.A.

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