CONFINDUSTRIA, CISL E UIL CONCORDANO UNA RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE CHE RIDUCE I SALARI, I DIRITTI E LA CONTRATTAZIONE E ALLO STESSO TEMPO ASSIEME ALLA UgL "APRONO" ALLE RICHIESTE GOVERNATIVE PER LA LEGGE DELEGA DI RIFORMA DEL DIRITTO DI SCIOPERO

DICIAMO NO OVUNQUE

La Confindustria, la Cisl e la Uil hanno siglato assieme la condivisione di un documento che definisce "linee guida per la riforma della contrattazione collettiva". Questo documento è un attacco alla contrattazione, ai diritti, al salario dei lavoratori per una serie di motivi:

1. Il documento programma la riduzione dei salari nel contratto nazionale, perché:

  • il contratto durerà 3 anni, invece che 2;
  • gli aumenti salariali potranno essere solo ed esclusivamente legati a un indice definito da un'autorità terza, che in ogni caso dovrà togliere l'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime importate;
  • gli aumenti si calcoleranno in ogni caso su una paga di riferimento più bassa di quella su cui oggi vengono calcolati gli aumenti contrattuali nelle principali categorie dell'industria;
  • il recupero di un'eventuale inflazione più alta di quella definita, avverrà sempre togliendo l'aumento dei costi della benzina e dei beni energetici;
  • non ci sarà nessuna certezza della decorrenza del contratto nazionale dalla data di scadenza, si dovrà procedere esattamente come oggi con le una tantum, di fronte ai gravi ritardi nei rinnovi contrattuali.

In concreto, con un'inflazione ufficiale al 3,8% e con un aumento reale dei prezzi di prima necessità intorno al 6%, sulla base di queste linee guida si farebbero rinnovi contrattuali con aumenti attorno al 2%: ogni anno si avrebbe una perdita di potere d'acquisto sulle buste paga.

2. Sulla contrattazione aziendale, che dovrebbe essere quella che viene favorita dall'accordo, si stabiliscono invece vincoli, limiti e punizioni, che la rendono ancora più difficile rispetto ad oggi.

Perché:

  • tutto resta come prima, non c'è nessuna estensione della contrattazione né in azienda, né a livello territoriale;
  • il salario dovrà essere ancora più flessibile e incerto di oggi, tanto è vero che già in alcune vertenze aziendali le imprese hanno detto no al consolidamento dei premi o all'aumento della parte fissa, usando il documento sottoscritto tra Confindustria, Cisl e Uil;
  • è vietato chiedere nelle vertenze aziendali ciò che è stato già discusso nel contratto nazionale. Orari, precarietà, normative sull'inquadramento, non potranno essere più discusse a livello aziendale, pena "punizioni" per le organizzazioni e le rappresentanze che lo fanno.

3. Tutto il sistema viene centralizzato, la Confindustria e le confederazioni sindacali firmatarie avranno il compito di controllare dall'alto tutto il sistema della contrattazione, nazionale e aziendale. L'arbitrato deciderà su eventuali controversie. Gli Enti bilaterali amministreranno sempre di più aspetti decisivi della condizione di lavoro.

4. Passa per la prima volta il gravissimo principio per cui a livello aziendale o territoriale si possono fare sconti sul contratto nazionale. Così le imprese o i territori in difficoltà potranno minacciare la chiusura delle aziende o i licenziamenti per ottenere sconti e deroghe sulle condizioni minime stabilite nel contratto nazionale. E' questo un meccanismo persino peggiore del ritorno alle gabbie salariali.

Confindustria, Cisl e Uil auspicano poi che ci sia la riduzione del peso del fisco sui salari, ma in realtà lo chiedono solo per il salario flessibile e non per quello certo e garantito a tutte e a tutti.

Questo documento è un peggioramento delle stesse regole già negative dell'accordo del 23 luglio 1993 e, se applicato, porterà a una nuova riduzione dei salari per la grande maggioranza dei lavoratori mentre pochi potranno guadagnare qualcosa in più solo a prezzo di un maggiore sfruttamento.

Diciamo e facciamo dire di no alla controriforma della contrattazione nelle assemblee, nelle manifestazioni, ovunque tra le lavoratrici e i lavoratori.

NO all'attacco al contratto nazionale e alla contrattazione dei diritti, Sì all'aumento del salario e al miglioramento delle condizioni di lavoro.

Nel prossimo consiglio dei ministri Sacconi è intenzionato a presentare un disegno di legge delega per modificare la regolamentazione del diritto di sciopero. (Legge 146 – 1990/2000)

Tra le novità peggiorative:

  • prima di proclamare lo sciopero sarà obbligatorio il referendum consultativo tra i lavoratori ;
  • il vincolo per i lavoratori di annunciarlo in anticipo;
  • eliminazione dell'effetto annuncio;
  • "inibizione" degli scioperi proclamati dai piccoli Sindacati e restrizione per la revoca degli scioperi: dovrà avvenire con sufficiente anticipo, altrimenti i lavoratori subiranno lo stesso la trattenuta.

Ancora una volta CISL, UIL e UgL, senza nessuna consultazione tra i Lavoratori, hanno subito chiesto al governo di aprire un confronto che si tradurrà in un ulteriore consenso .

Solo i Sindacati di Base e Rete 28 Aprile della CGIL resistono fermi nella difesa della normativa vigente, accusando il governo di mettere in discussione un diritto garantito dalla Costituzione.

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