Intesa Sanpaolo ha varato a metà dicembre una nuova articolazione della Banca dei Territori e contemporaneamente ha fatto partire, con decorrenza 1/1/2009, la riorganizzazione della sua rete filiali, in base ad un nuovo modello, che fonde le precedenti impostazioni presenti nelle due banche d'origine.

I due progetti vengono a sovrapporsi e in alcuni punti a contraddirsi, ma nell'insieme  perseguono con coerenza scopi ben definiti, che  in sostanza possiamo sintetizzare così:  realizzare rilevanti risparmi di costi, attraverso una redistribuzione delle risorse dalle strutture centrali alla rete ed un ulteriore ridimensionamento dell'organico, con l'obiettivo di migliorare nel contempo l'efficacia dell'azione commerciale sul mercato e  ottenere maggiori risultati economici in uno scenario difficile.

E' urgente quindi una riflessione approfondita ed un intervento immediato per affrontare le problematiche lavorative derivanti dalla riorganizzazione, che verrà attuata in tempi e modi scanditi per l'intero 2009.
L'azienda ha calato il suo progetto dall'alto, come esito di uno scontro di potere infine risolto a favore di Passera e dei suoi dirigenti, con alcune parzialissime concessioni a quanto sopravvive della struttura dirigente Sanpaolo (sostanzialmente la Direzione Marketing Privati, la Direzione Pianificazione e Controllo, alcune Direzioni Regionali). Il progetto viene venduto come avvicinamento della banca al territorio ed alla clientela, con una articolazione più decentrata dei centri decisionali ed uno "snellimento" drastico delle strutture intermedie (Aree e Mercati), in favore di una maggiore incisività commerciale. Nei fatti questa svolta ha già creato situazioni surreali, con colleghi ed uffici virtualmente scomparsi o in via di estinzione, privati di funzioni e di ruolo (talvolta anche di postazioni di lavoro o scrivanie), mentre altri uffici,  settori di lavoro o filiali scoppiano per carichi di lavoro insostenibili.

Le otto sigle sindacali che trattano con l'azienda hanno emesso un comunicato ridicolo, per metà fotocopia del comunicato aziendale, per l'altra metà patetico encomio ai vertici della banca, quasi un atto di fede nella capacità della dirigenza di provvedere sempre per il meglio, nei confronti della clientela e anche dei lavoratori. Nel documento c'è l'auspicio, la speranza, la convinzione che il nuovo modello apra delle possibilità per mettere al centro il lavoratore ed il cliente, mentre è palese che l'attenzione dell'azienda è tesa soltanto a trovare il modo di sfruttare di più e meglio sia l'uno che l'altro.

La trattativa parallela sugli inquadramenti è strettamente connessa alla riorganizzazione della rete filiali e al ridisegno delle strutture centrali e territoriali, ma ci sembra irrealistico pensarla come un'occasione per rimettere al centro i lavoratori: sarebbe necessario un approccio critico al sistema delle relazioni sindacali in azienda, una riflessione sull'organizzazione del lavoro ed una impostazione vertenziale, basata su una piattaforma discussa con i diretti interessati, cioè i lavoratori. Di questo elenco, allo stato, manca tutto. Sarà bene dunque ragionare con i piedi per terra e fare tesoro delle esperienze passate, per evitare che si ripetano. Siamo abituati a non fidarci ed i fatti, purtroppo, ci hanno sempre dato ragione. Nell'attesa di capire come possa funzionare nel concreto la nuova Banca dei Territori, possiamo individuare almeno gli assi principali del nuovo modello di filiale,  partito da pochi giorni, tra polemiche, confusione e punti oscuri:

  • ridisegnare i portafogli investimenti, alzando da 75.000 a 100.000 € la soglia dei clienti classificati Personal e gestiti da consulenti in forma personalizzata, con portafogli resi omogenei in base all'assegnazione di punteggi ai clienti; questi clienti sono quelli candidati a diventare, in prospettiva, controparti di un "contratto di consulenza" come tipologia commerciale;
  • riorganizzare il modulo Family, smembrando i portafogli individuali e riprendendo a gestire i clienti sotto i 100.000 € "in monte", con modalità a "campagna di vendita"; su questo sembra emergere una parziale marcia indietro, con la possibilità di mantenere una parte della clientela portafogliata e gestita, in portafogli dimensionati sui 700 clienti l'uno, da contattare in modalità pianificata per iniziative commerciali specifiche;
  • rimpicciolire il modulo Small Business, eliminando la figura dell'addetto e convertendo in gestori tutti i sopravvissuti, con portafogli stabilizzati intorno ai 150 clienti ciascuno;
  • riunificare sotto un unico responsabile il Modulo Personal e il Modulo Small Business (perlomeno nelle filiali strutturate con minimo 7 gestori totali)  per incrementare le "sinergie" tra raccolta ed impieghi;
  • eliminazione nelle filiali dello specialista di prodotto mutui, poi contraddetta dal proposito di fare ritornare i mutui nelle filiali strutturate (dall'istruttoria alla stipula), con facoltà di delibera in capo al direttore e lo smantellamento dei Centri Domus;
  • riportare nelle filiali strutturate le attività delle imprese tra i 2,5 e 150 milioni di € di fatturato, con un gestore responsabile e degli addetti fidi laddove necessario, attraverso il distaccamento di alcuni colleghi  dai Centri Imprese di appartenenza (sulla cui sorte regna il buio totale);
  • riunire (o conservare) sotto un unico responsabile l'attività di cassa e dei servizi di supporto, mantenendo fermo comunque il proposito di incrementare le attività svolte in modo automatico o remoto e la tendenza a spostare sui back office centralizzati   molte lavorazioni attualmente svolte in filiale.

I problemi che sono già emersi sono rilevanti e possono essere così riassunti:

  1. generale incremento del numero dei clienti e volumi gestiti da parte dei Consulenti Personal, con ridotta capacità di consulenza effettiva ed intuibile incremento dei budget individuali; probabile riduzione dei portafogli e quindi del numero dei consulenti a livello complessivo;
  2. creazione di una nuova figura gerarchica di responsabile Personal/Small Business, incaricato formalmente di migliorare le sinergie tra i due segmenti, ma di fatto portato  a rendere continuativa e costante la pressione commerciale di vendita;
  3. perdita di conoscenza individuale dei clienti nel modulo family, con modalità di servizio che rispecchiano una gestione strettamente finalizzata allo spaccio di prodotti finanziari standardizzati; problemi di inquadramento e di ricollocazione per il responsabile del precedente Modulo Family;
  4. caduta del livello di servizio di cassa, in termini di efficienza e tempestività; illusorio pensare di ampliare le operazioni svolte dai bancomat evoluti, che spesso non funzionano…; l'estensione del modello già sperimentato in alcune filiali, concentrando sui back office più lavorazioni possibili,  sarebbe devastante, perché l'esperienza denuncia un secco peggioramento del servizio e la deportazione dei lavoratori amministrativi nei poli  centralizzati, senza alcun riguardo per le esigenze individuali;
  5. preoccupante aggravamento delle condizioni di lavoro nel segmento Small Business, dove i gestori si trovano a gestire una fase molto delicata (incremento di criticità, di tensioni, di incagli e insolvenze), in contemporanea con una riduzione delle competenze e della pianta organica;
  6. problemi connessi alla resurrezione dello specialista mutui, che dovrà gestire la pratica dall'inizio alla fine, con la facoltà di delibera in capo al direttore; è preoccupante rilevare come già nel 2008, con mutui in calo del 20% e sotto la pressione del budget, si sia assistito ad un inesorabile deterioramento della qualità creditizia, accettato allegramente in cambio della ormai prevalente concentrazione sulla vendita della polizza assicurativa a copertura del finanziamento: un prodotto molto remunerativo destinato a tenere alto il conto economico anche per il 2009;
  7. rilevanti problemi connessi alla ridefinizione dei Centri Imprese, con mobilità e riallocazione di almeno parte del personale sulla rete filiali: un segmento chiave per la rinnovata centralità del fare credito nella attività bancaria del mutato contesto finanziario.

Nella confusione e nella mancanza di direttive chiare e tempestive, le filiali più direttamente coinvolte (in genere quelle medie e grandi) hanno in linea di massima adottato un approccio flessibile per sopravvivere e  prevenire criticità già evidenti, visto che sulla carta scompaiono delle figure professionali, ma nella realtà restano i lavori che effettivamente queste persone svolgevano e che qualcuno dovrà continuare a svolgere.

La prima e più importante emergenza è stata quella degli addetti Small Business, soprattutto nell'ex Sanpaolo, costretti spesso,  nell'arco di pochi giorni, a subire un cambiamento radicale di mansioni o di filiale, senza avere alcuna possibilità di scelta, sotto la pressione di spostamenti ultimativi e di minacce o ricatti di vario genere. Questa mezza rivoluzione ha fatto emergere le gravi carenze sedimentate nel tempo in questo specifico segmento lavorativo, che ricomprende spesso professionalità di elevato spessore e difficile riproducibilità. Investiti da svariati anni da politiche di ciclico "rilancio" del segmento Small Business, i colleghi hanno dovuto gestire innumerevoli cambiamenti delle procedure di erogazione del credito, che hanno complicato enormemente le difficoltà dell'operatività quotidiana, ed in più hanno dovuto subire con ritmo crescente un innalzamento delle pressioni di vendita. Il Sanpaolo aveva deciso però di non investire sulla professionalità dei colleghi, rifiutandosi di concedere ai gestori Small Business l'inquadramento minimo a Quadro Direttivo di 1^ livello, come sarebbe giusto e come è previsto in Intesa, dove si diventa QD1 dopo 5 anni e mezzo di adibizione. Accade così che molti gestori formati rifiutino l'assunzione di responsabilità,  compiti e incombenze gravose, non adeguatamente riconosciute e valorizzate anche dal punto di vista economico. L'insofferenza è quindi cresciuta ed in alcuni casi esplosa, per l'ingiustizia del trattamento subito nel tempo e la tracotanza che spesso contraddistingue alcuni  responsabili del personale in fase di colloquio, quando il rispetto verso la persona scompare e rimane solo la scorciatoia di "chiudere" in fretta e unilateralmente l'imbarazzante situazione.

Il disagio non è certo limitato a questo specifico segmento: anche i consulenti investimenti escono provati da un anno straordinariamente negativo e lo sconvolgimento dei portafogli non si può certo definire appropriato e tempestivo: i risultati disastrosi dei prodotti collocati in un recente passato pesano nel rapporto con i clienti ed ora si accompagnano anche  al disappunto per essere costretti a cambiare gestore, magari perché il proprio deposito titoli è sceso sotto la soglia fatidica dei 100.000 € per eccesso di fiducia nei prodotti della banca e nei suoi "consigli"!

Il risparmio di costi che il nuovo modello persegue riflette già il nuovo scenario post-crisi: la banca si sta attrezzando per sopravvivere ad un drastico calo degli utili, un aumento delle sofferenze e degli incagli, uno spostamento del risparmio privato verso investimenti privi di rischio e quindi a bassa marginalità. L'Abi stessa ha confezionato uno studio in cui prevede un calo degli utili del 30% nel 2008 e del 17% nel 2009, con una timida inversione di tendenza nel 2010 (+10%). Altri dati (Merrill Lynch) prevedono per le banche europee un calo anche nel 2010, nell'ordine del 25%.

Gli assi di intervento per Intesa Sanpaolo diventano quindi contenimento dei costi, modifiche di prezzo su prodotti e servizi, revisione dell'offerta. E' prevedibile che torni di moda la raccolta diretta, tramite emissioni obbligazionare, tese a riscadenziare il debito in maturazione, imponente nel 2009, in una fase di mercato critica sul piano della fiducia verso le banche e disastrosa per il risparmio gestito (-140 miliardi di euro il bilancio del sistema per il 2008). Chiuso il ciclo delle obbligazioni strutturate, delle polizze vita indicizzate, delle gestioni in fondi comuni, resta prioritaria la ricerca di profitto sul risparmio della clientela e soprattutto l'individuazione di fonti ricorrenti di ricavo che bilancino la volatilità dei mercati finanziari e i nuovi orientamenti conservativi dei risparmiatori. Da questo punto di vista, il contratto di consulenza, cui la Mifid ha aperto la strada, potrebbe rappresentare per le banche una tentazione forte: si tratta però di fare digerire questo nuovo costo fisso ad una clientela quanto mai delusa e disincantata da 10 anni di continue batoste finanziarie, inferte e organizzate dal sistema bancario nel suo complesso.

Sul piano degli impieghi, il processo di rarefazione della liquidità in atto porterà a criteri più rigorosi nell'erogazione del credito, al di là della retorica di facciata sul sostegno all'economia che quotidianamente i vertici rilasciano agli organi di informazione. Si susseguono previsioni negative sul settore immobiliare e sulla annessa attività creditizia dei mutui, calata già nel 2008 del 13% a livello di sistema, ma con cifre più serie se consideriamo che per il 30% dei mutui si tratta di rinegoziazione di contratti già in essere, più che stipula di contratti nuovi. Si profila un incremento pesante delle sofferenze e delle insolvenze, mentre una serie di "brillanti" operazioni come "banca di sistema", a partire da Alitalia, stanno conoscendo gli esiti ben noti.

Sul piano sindacale, diventa dunque urgente definire una serie di priorità su cui concentrare l'analisi, l'intervento, la contrattazione, seguendo con molta attenzione i cambiamenti organizzativi e l'evoluzione connessa ai nuovi inquadramenti, la cui trattativa rischia di consegnare all'azienda ulteriore discrezionalità nella gestione delle promozioni e degli avanzamenti. In generale possiamo dire che tutte le questioni aperte trovano un punto di sintesi:

  • nella tutela intransigente dei lavoratori rispetto alle pressioni commerciali;
  • nella difesa degli organici e nel ricambio pieno del turn-over;
  • nella valorizzazione piena delle professionalità e delle competenze;
  • nella rivendicazione di un cambiamento radicale nella gestione del personale, in modo da rispettare le esigenze dei lavoratori, in un contesto di mobilità e riconversione professionale.

Questi obiettivi vanno conseguiti ovviamente attraverso una impostazione vertenziale, condivisa con i lavoratori tutti, attraverso una piattaforma rivendicativa portata alla discussione delle assemblee. Da due anni invece vediamo succedersi accordi parziali che limano continuamente i diritti pregressi, senza alcuna significativa resistenza.

Soltanto la ripresa di un rapporto democratico con i lavoratori, il rilancio della conflittualità come strumento di pressione sulla controparte e l'impostazione di una trattativa basata su una piattaforma votata possono portare ad una inversione di rotta in questo inarrestabile declino dei diritti sindacali.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Intesa Sanpaolo

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