L'accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali, sottoscritto da Governo, imprese e sindacati concertativi (Cisl-Uil-Ugl, esclusa, al momento, la Cgil), nei settori bancario ed assicurativo aveva fatto scalpore, più che altro, per il fatto che Abi e Ania erano state le uniche organizzazioni datoriali a non sottoscrivere l'accordo stesso. Il motivo ufficiale era la necessità di attendere la firma della Cgil. Da allora sono successe molte cose, compresa la diffusione della voce di una richiesta di introduzione della cassa integrazione nel settore bancario.

Ma andiamo con ordine.

L'accordo si propone di sostituire il famigerato accordo del 23 luglio '93 (quello che vincolava gli aumenti contrattuali ai fantasiosi tassi d'inflazione programmata), grazie al quale, da allora, i salari hanno perso 10 punti percentuali del Pil a vantaggio dei profitti e delle rendite.

Il nuovo sistema non promette nulla di meglio.

Col nuovo sistema gli aumenti del contratto nazionale verrebbero riferiti ad un indice previsionale determinato sulla base dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l'Italia (IPCA) depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati (petrolio, elettricità, ecc).

Tradotto: nel calcolare l'aumento dei prezzi non si terrà conto dei beni energetici, che incidono fortemente sui processi inflazionistici. Non bastasse tutto ciò, questo IPCA, determinato da un non meglio precisato soggetto terzo, sarà applicato solo ad una parte della retribuzione, individuata da specifiche intese di settore.

A questo punto è difficile capire come potrebbe avvenire la difesa del potere d'acquisto.

Ma niente paura: c'è il secondo livello (contrattazione integrativa, locale o aziendale). E qui c'è subito una bella novità: in presenza di situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, potranno essere definite apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria. Tradotto: la contrattazione integrativa potrà peggiorare il contratto nazionale!!

   Ma per non essere sempre disfattisti, è anche previsto che la contrattazione di secondo livello (i contratti integrativi per intenderci)  subordini gli "incentivi economici al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti…"e deve consentire l'applicazione degli sgravi di legge.

   Quindi solo laddove ci saranno le condizioni (oggi solo il 20% dei lavoratori in Italia beneficia di un contratto di secondo livello), si tenderà a spingere sulla contrattazione integrativa, finendo per svuotare sempre più il contratto nazionale (dove gli aumenti riguardano tutti e sono certi), a favore di premi aziendali aleatori e …finanziati dalla fiscalità generale, cioè con risorse che, è facile prevedere, verranno sottratte alla spesa sociale (scuola, sanità, ecc). Insomma, ben che vada, una partita di giro dove i profitti non vengono mai toccati ed a conferma delle nostre preoccupazioni già si torna a parlare dell'ennesimo allungamento dell'età pensionabile.

   Il contratto nazionale assume scadenza triennale sia per la parte economica sia per la parte normativa e quindi l'eventuale recupero della differenza inflativa slitterà da due a tre anni.

   Tutte queste piacevolezze saranno condite da regole ulteriormente restrittive per quel che riguarda la democrazia sindacale e quello che resta del diritto di sciopero. In particolare per il settore dei trasporti il governo si prepara ad introdurre norme liberticide e grottesche (come lo sciopero virtuale….). Un atto grave ed una presa in giro, perché si ricordano dei diritti degli utenti solo nel giorno dello sciopero, mentre i disservizi di tutto l'anno (vedi i pendolari) non interessano.

E, come sempre, più vengono ridotti i diritti dei lavoratori, più crescono le prebende per i sindacati asserviti, sotto forma di nuovi enti bilaterali.

 

   Dicevamo in premessa che Abi e Ania non avevano firmato l'accordo in prima battuta. Poi sono uscite le voci sulla cassa integrazione ed il governo ha  fatto sapere che si poteva discuterne previa…. sottoscrizione dell'accordo. I sindacati firmatari sono subito insorti dicendo che il settore ha già il Fondo di solidarietà, anche se ci sono problemi in alcune piccole banche (ricordate il nostro volantino su Fonspa?).

   Abi ed Ania hanno infine deciso di firmare. Nell'audizione alla Camera dei Deputati del 25 febbraio, l'Abi non ha mancato di far notare che l'impianto contrattuale di settore contiene già molti aspetti del nuovo modello generale: durata triennale, non replicabilità nel secondo livello delle materie trattate nel CCNL, abbondante proliferazione di enti e commissioni bilaterali.

   Non è mancata una prolungata descrizione sul funzionamento del Fondo di Solidarietà, che ha funzionato bene, ma necessita di correttivi perché si prevede un calo di  redditività…

Abbiamo l'impressione che dietro queste manfrine ci sia il tentativo da parte dei banchieri di spillare altri soldi pubblici (sgravi fiscali e contributivi per l'uso del Fondo?) dopo aver gozzovigliato per anni con profitti stellari (avete presente il Roe a due cifre?) e stock option scandalose.

   Nel frattempo c'è stata anche una clamorosa sortita della Fabi, che ha dichiarato pubblicamente di essere pronta a firmare l'accordo a patto che le RSU non entrino mai nel settore.  In pratica si accettano politiche contro i dipendenti purchè siano garantiti il mantenimento dei privilegi per i sindacalisti e la possibilità di sottrarsi al giudizio dei lavoratori.

   Ora, finalmente, abbiamo un primo nome di chi ha ucciso la democrazia nei nostri settori. Per anni, nelle assemblee, sindacalisti di varie sigle ci hanno presi in giro addebitando ad altri la responsabilità di non voler fare votare ai lavoratori i propri rappresentanti.

   Certo le RSU hanno molti limiti (si pensi al terzo garantito per Cgil-Cisl-Uil), ma votare i rappresentanti è un diritto di cui solo bancari ed assicurativi sono privati.

 Ci scippano i diritti, ci negano la democrazia. E' ora di reagire prima che sia troppo tardi ed il sindacalismo di base chiama alla mobilitazione con le prime scadenze:

Manifestazione nazionale a Roma il 28 marzo 

Sciopero generale il 23 aprile

 

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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