INTESA SANPAOLO – QUALE FUTURO, DOTTOR PASSERA?
"Pensare al futuro" è il tema della comunicazione del dottor Passera nell'ambito di Biennale Democrazia, ma, come lavoratori di Intesa Sanpaolo, vorremmo intervenire anche noi sull'argomento.
E' dal momento della fusione dei gruppi Intesa e Sanpaolo che i dipendenti della nuova banca si interrogano sul loro futuro, vista la velocità degli eventi che li hanno coinvolti e l'insicurezza che hanno ingenerato.
Nel dicembre 2006 la nuova azienda firmava un accordo sugli esuberi (con i sindacati "responsabili") che così recitava: "le Parti al fine di prevenire per quanto possibile almeno parte delle probabili tensioni occupazionali e le relative eccedenze…pur nelle more della definizione del relativo Piano Industriale – nell'ambito del quale dette eccedenze saranno puntualmente individuate -…hanno condiviso l'intento di attivare il fondo di solidarietà del settore del credito". Un'incredibile dichiarazione "preventiva" di esuberi, una riduzione del personale prima ancora che la fusione cominciasse a produrre qualsivoglia effetto. Crediamo che una cosa del genere non si sia mai vista prima!!!
Non vogliamo fare vittimismo: le uscite sono state volontarie (almeno le prime), accompagnate da incentivi (ora molto ridimensionati), compensate solo parzialmente da nuove assunzioni, ma il risultato finale è stata una riduzione di organico nel gruppo stimabile in circa 7.000 lavoratori (e non è ancora finita). Il mancato ricambio del turn-over ha garantito forti risparmi sui costi, ma causato pesanti ricadute sulla qualità del servizio per la clientela.
Poi vi è stata la vendita di 400 sportelli con annessi circa 4.000 lavoratori.
La vendita degli sportelli per decisione dell'autorità Antitrust dopo una fusione non è una novità (anche se l'Antitrust obbliga a vendere le attività, non necessariamente i lavoratori), ma la prima tornata di vendite a Credit Agricole era stato il tributo necessario ad ottenerne l'approvazione alla fusione, poiché, all'epoca, Credit Agricole era il primo azionista di Banca Intesa. Insomma, i lavoratori sono stati ridotti a puro oggetto di compravendita tra gli azionisti.
Aldilà delle perdite normative e salariali e del disagio di imparare nuove procedure lavorative, essere considerati alla stregua delle suppellettili di una filiale non è stato piacevole: i lavoratori coinvolti hanno appreso della loro cessione in base ad un fax riportante l'elenco delle filiali vendute. Ed ancora una volta sono stati pesanti i disservizi causati alla clientela, come ampiamente riportato dalle lettere di protesta comparse a più riprese sui principali quotidiani.
L'ultima "attenzione" aziendale è stata la nascita di una società consortile, che include oltre 8.000 dipendenti, il cui contratto di lavoro è stato ceduto insieme al ramo d'azienda. Il tutto motivato da esigenze di esenzione Iva, ma molti dipendenti hanno visto in questa manovra la premessa per essere mandati fuori dalla banca. Ci sono state assemblee sindacali infuocate e numerose manifestazioni di dissenso. La cosa più straordinaria di tutto questo è che i lavoratori si agitano prima che sia successo qualcosa, perché la sfiducia nei vertici aziendali è fortissima. Che futuro può avere un'azienda dove i dipendenti non si fidano a tal punto dei loro dirigenti?
Inoltre la partenza del consorzio è stata accompagnata da una nuova riduzione di organici nelle filiali, per accentrare in sede alcune procedure lavorative. Lavoratori e lavoratrici sono stati trasferiti d'imperio senza nessun riguardo per problemi ed esigenze familiari o personali. La clientela è costretta a fare code più lunghe, a sopportare un aggravio delle incombenze burocratiche, ad aspettare le ricevute nei giorni successivi: un servizio molto peggiore di prima!
I primi tre anni di vita della nuova banca sono stati segnati da continue ristrutturazioni interne, che hanno mortificato le professionalità di molti lavoratori e sono state imposte in modo arrogante dalla nuova dirigenza. Prima ancora dell'ultima fusione con il Sanpaolo, i lavoratori che avevano vissuto le fusioni precedenti chiamavano ironicamente la loro banca "Manca Intesa".
D'altronde lo stile manageriale della "banca del sistema" è risultato evidente anche in occasione del "salvataggio" di Alitalia, su commessa del Presidente del Consiglio. Solo lo spirito servile di troppa parte dei mezzi d'informazione ha permesso di occultare la realtà dell'operazione della costruzione della cordata di "capitani coraggiosi". Il "coraggio" imprenditoriale si è tradotto nello scaricare sui contribuenti 3 miliardi di euro di debiti, ridurre i dipendenti di almeno un terzo (con forti discriminazioni nelle riassunzioni) e abbassarne gli stipendi. In quanto all'efficienza del servizio della nuova Cai, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
La ragione di questo volantino è di invitare i giovani a non farsi incantare dalle sirene dei potenti ed a riflettere su quale debbano essere oggi il ruolo manageriale e lo scopo primario del fare impresa: una missione per sviluppare le aziende in modo sostenibile e durevole o un'azione sui tempi brevi per massimizzare i profitti, magari ricavandone ricchi premi per sé ed una ristretta cerchia di dirigenti? Cercare un modello di sviluppo compatibile con i bisogni primari dell'umanità, o continuare a dilapidare risorse? Costruire modelli sociali coesi e solidali, o scatenare la competizione individuale in vista di vantaggi materiali privati? Il futuro di questo paese dipende anche dalle risposte a queste domande.
Credito e Assicurazioni
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