INTESA SANPAOLO – FARE FIDI SENZA FEDE, EVITANDO ANCHE LE FRODI
La difficile arte della sopravvivenza quotidiana per gestori qualunque
Il 16 luglio a Settimo Torinese una direttrice di Unicredit viene gambizzata da un cliente imprenditore cui era stato negato un fido. L'episodio fortunatamente non ha conseguenze tragiche.
Pochi giorni dopo Adriano Maestri, Direttore Regionale di Intesa Sanpaolo per Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, indirizza una mail alle Filiali dal contenuto singolare. Partendo dall'episodio in questione, il messaggio stigmatizza la criminalizzazione delle banche ad opera dei media, ma incita i colleghi a darsi da fare per recuperare i ritardi e mettersi in linea con i budget. Lamenta un posizionamento troppo difensivo dei gestori, una carenza di coccole per i rappresentanti delle Associazioni di categoria sul territorio, la mancata proiezione "esterna" per andare a cercare lavoro. Bisogna fare di più, riposizionarsi su quote di mercato più ampie, "strategiche" per il prossimo triennio, curare la qualità del credito, ma anche i volumi, prevenire le sofferenze e gli incagli, affrontare in tempo le questioni "scabrose", tenere d'occhio Basilea 2, ma anche il conto economico.
Sono due episodi intrecciati ed esemplificativi della morsa che inchioda l'agire quotidiano di tanti gestori fidi, sia nello Small Business che nelle Filiali Imprese, dove la scelta è tra negare il credito (rischiando le ritorsioni del cliente) e concederlo (rischiando le sanzioni dell'azienda).
Le difficoltà economiche indotte e ampliate dalla crisi aumentano l'esasperazione collettiva, comportano atteggiamenti socialmente disperati, da una parte, e l'affannosa rincorsa alla redditività, dall'altra. Questo meccanismo sta arrivando però a livelli francamente intollerabili, scaricando sui lavoratori problemi e tensioni che non possono più essere padroneggiati in modo adeguato.
Da una parte i media raccontano di un sistema bancario disponibile a concedere credito senza riserve e i 12 miliardi di euro di Tremonti Bonds sono stati "venduti" come strumento destinato a fare da volano per almeno 100 miliardi di euro di nuova liquidità all'economia. Le banche si impegnano formalmente a garantire linee di credito dedicate e concedono la moratoria sui mutui alle PMI in difficoltà. La clientela si aspetta giustamente che i propositi si traducano in realtà e preme sui gestori perché assumano comportamenti coerenti con le dichiarazioni ufficiali.
Le imprese accusano le banche per un razionamento del credito tutto da dimostrare, soprattutto laddove la ristrutturazione finanziaria dei grandi gruppi in difficoltà o in pieno dissesto non è stata certo negata, ma semmai favorita e gestita secondo i consueti criteri "politici" (Alitalia, Telecom, Tassara, Fiat , Risanamento, ecc.) assorbendo enormi risorse, ad altri negate. Ancora una volta vale il criterio del "troppo grande per fallire": mentre piccole e medie imprese, artigiani, commercianti, faticano a comprendere come possano essere investite enormi risorse per salvare le finanziarie degli amici dei banchieri, a loro viene negato un sostegno congiunturale che può significare la differenza tra la vita e la morte per le loro aziende e le famiglie che ne dipendono.
Mentre diventa difficile capire chi ha ragione tra Marcegaglia e Faissola, i nostri poveri gestori si trovano ogni giorno a barcamenarsi tra difficoltà senza precedenti. La disponibilità dichiarata dall'azienda e l'incitamento dei Direttori Regionali si misura poi con la realtà del lavoro, delle pratiche effettive e delle procedure applicate. Dire che si lavora nel caos è un mero eufemismo. Le istruzioni fornite sono palesemente contraddittorie, le circolari sono strumenti inquietanti, il ritmo con cui si succedono è incalzante, lo spessore quantitativo delle stesse è spaventoso, la chiarezza inesistente e la sintesi un'utopia.
La facoltà di massima è cambiata almeno cinque volte nell'ultimo anno. Le procedure di valutazione del rating sono proibitive. La facoltà in capo ai direttori di filiale è talmente limitata, che qualunque decisione di un qualche significato deve essere presa ai livelli superiori. Persino i fidi ai privati sono diventati un percorso ad ostacoli destinato a fallimento sicuro. Oltre alla rigidità delle procedure, aleggia poi una cappa di terrorismo che incombe sulla residua capacità discrezionale di assumere decisioni autonome sulla base dell'esperienza e della conoscenza personale del cliente. Il peggioramento del rating può dipendere anche solo da un semplice ritardo nella normale attività di rinnovo dei fidi, cosa frequentissima, data la mole d'incombenze che gravano sull'attività routinaria dei gestori fidi.
Fare questo lavoro è quindi diventato un vero percorso ad ostacoli: la lunghezza e la meticolosità delle procedure applicate anche solo per emettere una semplice carta di credito implicano colossali perdite di tempo, che si traducono in sconforto e frustrazione, nella convinzione che sia praticamente impossibile riuscire a fare qualcosa di utile o di costruttivo. Oberati da controlli burocratici e da assurdi formalismi, si perde di vista la gestione sostanziale del cliente, la conoscenza vera di come funziona la sua attività e la natura del rapporto fiduciario e consulenziale necessario per nutrire la relazione.
La paura di rischiare in prima persona porta così alla paralisi del credito, soprattutto per quei rapporti commerciali che non sono assistiti da garanzie reali imponenti o rapporti di conoscenza ad alto livello. Il deterioramento di un rapporto affidato, magari anche legato a cause esterne e imponderabili, rischia di essere seguito da pesanti provvedimenti disciplinari, che quest'azienda non disdegna di applicare in forma abbastanza massiccia, a titolo d' esempio e di monito.
Non si tratta dunque di reclamare una gestione del credito disinvolta e leggera, a prescindere dalla qualità dell'attivo. Si tratta però di impostare una profonda revisione dell'organizzazione del lavoro in questo vitale segmento dell'attività creditizia, il fulcro di quel tornare a "fare banca" che deve guidare la ricostruzione di un sistema finanziario sostenibile:
- razionalizzare la normativa in modo coerente e definitivo, o almeno pervenire a soluzioni meno provvisorie;
- semplificare le procedure applicative in modo da renderne più agevole l'utilizzo;
- attuare un vasto piano formativo che accresca le capacità professionali di base e specialistiche;
- riformulare le facoltà di massima in modo decentrato e coerente con la vicinanza al territorio;
- sbloccare le rigidità nell'assegnazione dei rating in modo da consentire maggiori livelli di decentramento e discrezionalità e così valorizzare la professionalità degli addetti;
- ritornare ad affidare le responsabilità a chi lavora sul campo, non per individuare facili capri espiatori da sanzionare e colpire, ma per creare soggetti autonomi in grado di decidere e scegliere;
- rafforzare gli organici dei gestori e sgravarli delle attività di back-office più onerose.
La strada è molto lunga, ma ci sembra l'unica praticabile per un rilancio sano del credito, del ruolo e dello spirito di servizio che ogni banca deve avere verso l'economia e la società, in una fase di grave crisi generale. In attesa che venga intrapresa, suggeriamo ai gestori di non seguire l'invito ad essere più "sfacciati", formulato dal Direttore Generale durante un incontro ufficiale con i Sindacati firmatutto.
Recenti provvedimenti disciplinari, proprio sull'Area Torino ed in materia di fidi, apparsi sproporzionati, dimostrano come questa dirigenza continui a pensare l'attività ispettiva come occasione per fare "cassa", cogliendo ogni pretesto per fare partire azioni disciplinari. Perciò, molta cautela.
Area Torino, Piemonte Nord, Valle d'Aosta
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