Nel corso del mese di luglio Intesa Sanpaolo ha comunicato ai sindacati trattanti gli esiti del sistema incentivante 2008 e descritto quello in vigore per il 2009. Già il ritardo segnala le difficoltà nel varare un meccanismo che suscita ogni anno che passa un crescente senso di insofferenza e di fastidio nei destinatari dell'incentivo. Grande è la nausea o lo stress, per le pressioni commerciali e gli obiettivi irraggiungibili. C'è anche imbarazzo evidente, ad alto livello, nel fare trapelare questi dati all'opinione pubblica, a fronte di  una situazione sociale ed economica grave, imputabile anche ai comportamenti predatori e irresponsabili del sistema bancario, alle sue pratiche commerciali, ai  premi scandalosi attribuiti al suo top management. Verrebbe voglia di cestinare tutto, ma sarebbe troppo facile: questi meccanismi orientano il comportamento di molti colleghi e rappresentano un oggettivo elemento di distorsione nel loro approccio con il lavoro. E' quindi utile ragionarci sopra in modo critico.

Nel 2008 sono andati a premio 34.535 colleghi, circa il 50% del totale. In totale sono stati pagati 129,5 milioni di euro. In media fanno 3.752 euro a testa. I criteri di distribuzione producono ovviamente un grande sventagliamento: ci sono colleghi che agguantano poche centinaia di euro lordi e capi che prendono premi sufficienti a comprare  Suv di marche prestigiose…

Nello stesso 2008 sono stati pagati, sotto forma di VAP (premio aziendale contrattato), 154 milioni di euro. La quantità di risorse che la direzione gestisce in proprio per "stimolare" i risultati  è quindi quasi pari a quella contrattata per la produttività e la redditività aziendale. Se a questo aggiungiamo la parte di remunerazione incentivante che va al top management (un dato irreperibile) e quella che va ad amministratori e dirigenti strategici (118 milioni di euro nel 2008) abbiamo una dimensione adeguata del peso sempre più marcato assunto dalla parte discrezionale del salario sulla struttura complessiva.

Nemmeno gli otto sindacati trattanti hanno firmato l'accordo: non hanno beninteso criticato il sistema, anzi ne hanno riconosciuto la semplificazione e la valorizzazione del lavoro di squadra, ma hanno definito gli obiettivi assegnati troppo ambiziosi e quindi difficilmente raggiungibili. Giudicato non condivisibile l'impianto, hanno pensato bene di chiuderla lì e lasciare l'azienda, rattristata, a gestire da sola la situazione…

Noi vogliamo entrare nel merito, segnalando le cose che cambiano, rispetto all'anno prima. Mentre l'azienda tende a sottolineare la continuità con il passato, noi pensiamo invece che ci siano differenze sostanziali e niente affatto migliorative. Leggendo il materiale esplicativo (la solita noia mortale) abbiamo infatti notato che:

  • l'obiettivo base da raggiungere per poter agguantare il malloppo nella Banca dei Territori è come sempre il conto economico (di Filiale/Area/Direzione). La delimitazione della grandezza è però molto diversa da prima: ora si parla di MINT di 2^ livello e non più di margine d'intermediazione ante rettifiche. In pratica per penalizzare i lavoratori si mette nel conto economico anche la perdita attesa sui crediti, definita in modo meticoloso e addirittura ipotetico, prima ancora della realizzazione effettiva. Ora si capisce il significato del gran parlare di qualità del credito: il deterioramento in atto, l'aumento di sofferenze e incagli dovuti alla crisi economica, si scaricano sui premi destinati ai lavoratori. L'azienda scarica il rischio, prima di tutto, sul salario variabile dei dipendenti!
  • La soglia minima necessaria per andare a premio viene lasciata al 95% del budget, ma gli incrementi pesanti scattano solo sopra il 102% (per le filiali imprese addirittura 103%). L'anno scorso bastava arrivare a 100. L'asticella per raggiungere l'eccellenza è collocata sempre più in alto!
  • Vengono affinati e rafforzati i meccanismi selettivi per aumentare o ridurre i premi di riferimento in base al raggiungimento di tre obiettivi commerciali differenziati in base alla figura professionale. Anche una volta, superata la soglia minima del Mint (95%), il premio viene ridotto del 15% se nessun obiettivo viene raggiunto e incrementato del 30% se si raggiungono tutti e tre gli obiettivi. Aumenta la sperequazione del meccanismo in funzione di piccoli spostamenti percentuali!
  • Viene rivisto lo schema per attribuire i premi individuali: la valutazione della prestazione professionale deve superare i 5 punti, il premio viene assegnato in base allo schema "un lavoratore su quattro" e corrisponde al 20% del premio totale (prima era il 30%). Il premio è più basso ma la discrezionalità dei direttori rimane altissima!
  • I direttori (proprio loro) sono inseriti in quattro diverse fasce incentivanti, in base alla dimensione della filiale. I premi sono più alti di prima (possono andare da 3.000 a 30.000 euro, con ulteriori incrementi possibili del 30%), anche se sono spariti i moltiplicatori che prima facevano decollare il premio previsto  fino a 2,5 volte l'importo maturato. Oggi si fa molta retorica sulla centralità del direttore e s'introduce un premio all'eccellenza (fino al 15% della retribuzione fissa), che, insieme al resto, può fare salire la parte variabile della sua paga anche al 70% della parte fissa. Alla fine però solo uno su dieci ce la fa e l'azienda pompa la competizione fra direttori con il minimo sforzo economico. Tra sottoinquadramenti e aggravi di responsabilità, si scopre che anche loro devono correre molto di più, per guadagnare magari di meno…
  • Rimane l'esclusione dal premio incentivante per chi riceve l'assegnazione di un giudizio professionale inferiore a 4 e addirittura l'esclusione dal premio di squadra (i miseri 400 euro lordi) per chi riceve un giudizio inferiore a 3.
  • Nei servizi centrali e ausiliari (come ISGS) permane un meccanismo selettivo di segno assurdamente discrezionale. Il premio erogabile è infatti condizionato inizialmente dal raggiungimento degli obiettivi di EVA di gruppo; in seguito viene calcolato la percentuale di raggiungimento degli obiettivi di Divisione/Business Unit (94% minimo); infine viene individuata la fascia di "eccellenza" e sulla base di questo dato viene fissata la quantità dei colleghi "premiabili". Alla fine il Capo, a suo insindacabile giudizio, sceglie chi va a premio.

Nel complesso ci sembra evidente che mai come questa volta si corra con le mani legate. Le regole del gioco vengono definite dalla controparte aziendale, gli obiettivi fissati a livelli siderali, le possibilità di andare a premio sempre più ridotte. Il deterioramento della situazione economica, lo stato di crisi di molte aziende, le sofferenze, il crollo del margine d'interesse, rendono estremamente problematico il raggiungimento dei risultati richiesti. Nelle filiali si cerca di sopperire al calo della contribuzione del credito con una spinta sui collocamenti, con preferenza verso il ramo assicurativo e la gamma dei prodotti finanziari più opachi, ma redditizi (con commissioni d'ingresso e di mantenimento più alte ed occulte).

Tutto ciò avviene nell'ambito di un'ipocrita mozione d'intenti in cui si cita continuamente la sostenibilità del modello di business, la ricerca della relazione di qualità ed il massimo rispetto degli interessi della clientela.

Auspichiamo che emerga anche un cambio di passo delle organizzazioni sindacali trattanti, che dovrebbero alla fine prendere atto del fallimento del "protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile" siglato con l'Abi nel 2004 e passare ad una critica più coerente e chiara della gestione delle banche.

Si deve riconoscere l'impossibilità di ritornare ai profitti faraonici degli anni d'oro e gli azionisti devono rassegnarsi al taglio drastico dei loro dividendi.

Quello che è certo è che nessuno può pensare di fare girare indietro l'orologio della storia e scaricare sui lavoratori i sacrifici necessari per risolvere problemi di cui non sono responsabili. Non accetteremo tagli dei costi senza reagire e non intendiamo affidare a precari meccanismi d'incentivazione economica la difesa dei nostri redditi. Il salario certo e contrattato, la difesa dell'etica professionale, la critica aperta a politiche commerciali dissennate sono gli strumenti migliori per difendere i diritti e gli interessi dei lavoratori del credito.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Intesa Sanpaolo

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