Le due principali banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno concordato con i sindacati firmatari una definizione del VAP che per la prima volta prevede un taglio rispetto agli anni precedenti. Intesa Sanpaolo ha tagliato dell'11% mentre Unicredit ha tagliato del 15%. Sono valori medi, che nascondono sacrifici in alcuni casi molto più rilevanti per alcune figure professionali che in precedenza avevano premi più elevati..

Il taglio del Vap si inquadra in un contesto di forte preoccupazione per lo stato delle relazioni sindacali in tutto il settore e per l'attacco a tutto campo che le banche hanno sferrato contro il resto del mondo.

Le banche avevano a più riprese premuto sul governo per ottenere trattamenti fiscali favorevoli, dopo i lamenti sollevati nel 2007/2008 per le misure note come Robin Tax e fine dell'esenzione Iva per i servizi infragruppo. Dopo avere sfruttato a pieno le agevolazioni previste sugli ammortamenti dell'avviamento (miliardi di euro per i gruppi bancari formatisi con le fusioni), le banche hanno ripreso in grande stile una campagna di pressione sul governo mirata ad ottenere maggiore deducibilità fiscale sui crediti finiti in malora e una revisione degli ammortizzatori sociali utilizzati (il fondo per gli esodi). Passera è arrivato a chiedere una nuova legge fallimentare, la riforma del codice penale e la revisione di Basilea 2, come passaggi necessari per poter continuare a fare il proprio lavoro…

Nello stesso tempo le banche hanno respinto nella grande maggioranza il ricorso ai Tremonti Bond, che verranno usati solo da Bpm. Banco Popolare, Credito Valtellinese e Banca MPS. I due principali gruppi hanno preferito fare altro, ricorrendo Unicredit ad un aumento di capitale, ed Intesa Sanpaolo all'emissione di un bond ibrido e soprattutto alla vendita di autentici gioielli di famiglia, come Fideuram, Intesa Vita e Banca Depositaria. E' d'altronde una prassi consolidata di questo gruppo dirigente quella di fare cassa con la vendita di qualche pezzo del gruppo per far fronte alle difficoltà gestionali.

Il ricorso ai bond governativi è stato ritenuto troppo costoso, ma soprattutto troppo ingombrante sotto il profilo del controllo pubblico su incentivi dei manager e politica del credito. Passata la paura di fallire e rientrato il panico finanziario, si ritorna a snobbare il ruolo pubblico nell'economia, elemento fondamentale, non più di un anno fa, per prevenire il crollo totale del sistema bancario internazionale "privato", a spese dei contribuenti e delle finanze pubbliche. Nel confronto sanguigno tra Tremonti e i banchieri, abbiamo anche dovuto registrare la solidarietà con i banchieri da parte di alcuni sindacati dei bancari (Fisac e Uilca in testa), schierati a difesa dell'"autonomia" dei manager contro il "ritorno al passato"!

Il ritorno di aggressività dei banchieri, della loro arroganza e della loro autoreferenzialità non è però soltanto diretto alla politica ed ai politici, a cui intendono dettare l'agenda, o al sistema economico, verso cui non intendono assumere responsabilità. E' rivolto soprattutto ai lavoratori e ai loro diritti, alle norme contrattuali che li tutelano e li difendono dalla più totale discrezionalità padronale.

La riduzione del VAP colpisce il reddito dei lavoratori facendo loro pagare colpe improprie: le colossali svalutazioni di bilancio non dipendono dalle loro responsabilità, ma dall'agire dei manager. Quei manager che viaggiano di nuovo  senza controllo, al di fuori di piani industriali ormai dimenticati, refrattari ad ogni richiamo etico, pronti a spartirsi nuovi bonus, a vendere per fare cassa, o a chiedere soldi agli azionisti per nuove avventure speculative.

Avremo un autunno pesante perché l'Abi è determinata ad ottenere risultati anche sul versante normativo. E' in corso, a livello di settore, una trattativa sui temi occupazionali, dove la controparte ha già dichiarato l'intenzione di tagliare i costi con interventi relativi a "il Fondo Esuberi, l'applicazione dei Contratti complementari (anche ampliandone la funzione per rispondere ad esigenze di nuove assunzioni), il ricorso ai Contratti di solidarietà, la mobilità territoriale e la fungibilità delle mansioni" (citiamo da un comunicato Uilca).

E' un'impostazione inaccettabile, che oltretutto dimentica il fatto che oggi nel settore vi siano alcune realtà dove il rischio di licenziamenti è reale: parliamo di banche di piccole dimensioni, ma con centinaia di posti di lavoro a rischio.

Avevamo, a suo tempo, denunciato la situazione di Fonspa, ma questo è un caso tutt'altro che isolato. Possiamo ricordare solo alcuni esempi tra gli altri:  Europrogetti e Finanza (con capitale detenuto da Unicredit Group, Cassa Depositi e Prestiti, Intesa Sanpaolo, MPS, Banco Popolare), Abaxbank (del gruppo Credem), Interbanca (proprietà della statunitense General Electric), Dresdner Bank, che ha chiuso la filiale italiana.

Come si vede, si tratta di banche controllate da gruppi italiani (che potrebbero e dovrebbero farsi carico della ricollocazione dei lavoratori) o da gruppi stranieri in forte difficoltà.

La cosa che più preoccupa è che queste situazioni di crisi non potranno essere gestite solo attraverso l'uso del Fondo Esuberi, a dimostrazione dell'insufficienza di questo strumento di fronte a situazioni di vera emergenza occupazionale.

L'uso disinvolto di questo strumento, oggi peraltro considerato troppo costoso dalle aziende, deve essere bloccato; si pensi solo all'incredibile utilizzo "preventivo" del Fondo nelle megafusioni di Intesa Sanpaolo e Unicredito Capitalia. Oggi è necessario introdurre norme tese a favorire misure per il riassorbimento, nel settore del credito, di lavoratori che possono perdere il posto di lavoro.

Nel settore del credito cooperativo è già previsto uno strumento di questo genere, che va rafforzato e generalizzato per i contratti del credito e delle assicurazioni.

Nel contempo è necessario avviare una profonda riflessione sul modo di fare banca che ha contraddistinto questi anni di gestione disinvolta delle banche, tanto più che molte delle situazioni di crisi ricordate sono state determinate dalla condotta sconsiderata di qualche manager; riflessione urgente perché molti segnali inducono a pensare che tutto stia ricominciando come prima.

L'altro fronte, da dove potrebbero arrivare problemi occupazionali, è quello delle delocalizzazioni di operazioni "a basso valore aggiunto" all'estero.

E' necessario aumentare le informazioni e la vigilanza su quello che accade nel settore. La crisi può diventare un comodo alibi per i grandi manager per scaricare sui lavoratori i costi della stessa, magari riproponendo il ricatto occupazionale per ottenere l'arretramento dei livelli normativi e salariali come accaduto con il contratto del 1999.

Dobbiamo dire forte e chiaro che i lavoratori hanno difeso con impegno e responsabilità la redditività delle aziende, la loro reputazione presso i clienti, il rapporto di fiducia con i risparmiatori e le imprese: il tutto in anni difficilissimi, in cui sono stati lasciati spesso senza risorse, senza indirizzi, senza strumenti. Deve esser ben chiaro, ora che i bilanci bancari hanno ripreso a respirare, che ci spetta un meccanismo compensativo, non solo di tipo monetario: rafforzamento degli organici, conferma degli apprendisti, tutele sul piano dell'area contrattuale e della mobilità, welfare aziendale, contrattazione sindacale autentica. Le responsabilità dei sindacati firmatari sono state enormi, nell'accettare un deterioramento generale. Ora questo non è più tollerabile ed occorre che i lavoratori, per primi, ne prendano atto e ne tirino le conseguenze, organizzandosi con il sindacato di base.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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