Com'era prevedibile, le inopportune (e per certi versi provocatorie) dichiarazioni di Salza, che, ricordiamo, ha definito i sanpaolini "felici e contenti" di lavorare nella banca post-fusione, hanno suscitato un vespaio di polemiche.  
Tenendo conto del clima pesante che si respira in azienda, non sono stati pochi i colleghi che hanno deciso di rispondere direttamente o di attivarsi per diffondere la protesta, come dimostrano inequivocabilmente le catene di mail circolate nei giorni scorsi.

Per quanto ci riguarda, nel clamoroso silenzio di tutti gli altri sindacati, abbiamo immediatamente risposto al Presidente con una lettera aperta che è circolata molto ed ha anche avuto una eco nella stampa locale.
Le reazioni dei colleghi, centinaia e tutte di segno positivo, non si sono fatte attendere: mail, telefonate, pacche sulle spalle. In prima fila, ovviamente, i vecchi sanpaolini, colpiti nell'orgoglio, ma anche tanti giovani colleghi e molti ex-Intesa che hanno imparato a conoscere ben prima degli altri le cure e lo stile di questa dirigenza.

In questo contesto, è stata davvero brava la giornalista de La Stampa, la già ben nota (a noi) Marina Cassi, a scovare due lavoratori, per di più sanpaolini di lungo corso, che non condividessero affatto i contenuti della nostra lettera, intervistando peraltro solo loro. Il primo, Maurizio, assistente alla clientela dell'agenzia 20 di Torino, riconosce che i lavoratori non sono felici, ma quasi non se lo sa spiegare perchè, dice, "non si sono persi soldi, nè diritti, nè benefit". Un'affermazione davvero incredibile per suffragare la quale parla di torinesi con un "grumo di rimpianto" e rammenta le lotte e gli scioperi duri che si facevano al San Paolo. Un'autentica perla!
Non si preoccupi Maurizio, quelle lotte e quegli scioperi li ricordiamo bene anche noi. Si trattava quasi sempre di vertenze condotte per migliorare le nostre condizioni di vita e di lavoro e per costruire quell'insieme di garanzie che, nel dopo fusione, sono state sgretolate una dopo l'altra senza che nessuno, tranne il Sallca, proclamasse nemmeno un minuto di sciopero !!   

Angela, assistente alla clientela dell'agenzia 24 di Torino, tocca le stesse corde, parla di trauma da fusione e conclude che è "come quando si perde una persona cara: si ricorda solo il bello."
Ad Angela non possiamo che rispondere ripetendo, per l'ennesima volta, che a noi ed alla maggior parte dei lavoratori non interessa più di tanto se i padroni parlano torinese o milanese, o se lo stemma di riferimento è un arco variopinto o un marchio verde.
Il punto sono le condizioni di lavoro, i livelli salariali, i diritti normativi, il clima aziendale.
Non siamo sostenitori e non ci interessa nessuna "operazione nostalgia". Le cose che dicono i sanpaolini, le hanno dette prima, per esempio, i lavoratori della Comit e, continuano o cominciano a dirle quelli di Carive o di Carifirenze.

Noi contestiamo un modello di banca arcaico, burocratico ed autoritario, un gruppo dirigente  ristretto che produce profitti e stock options esclusivamente con la strategia dello "spezzatino" e attraverso una sistematica compressione del costo del lavoro; pensiamo all'aumento dei prezzi ed al clamoroso declino della qualità del servizio per la clientela; abbiamo in mente lo slogan della banca dei territori e la realtà degli intrecci con immobiliaristi e grandi interessi politico-industriali, per non parlare degli inviti ad andare a pregare nelle chiese adiacenti alle sedi centrali prima delle feste comandate.

E ovviamente constatiamo le conseguenze "sindacali" di tutto ciò: la riduzione dei livelli occupazionali; la perdita del controllo sulle assunzioni; le dimissioni forzate; la vendita dei lavoratori-suppellettili con i loro sportelli; le esternalizzazioni (Banca Depositaria?) e la Romania; gli open space ed i back office; la riduzione della sicurezza delle filiali a voce di costo; la contrazione dei finanziamenti al welfare aziendale; l'introduzione di sistemi incentivanti ancora più discriminanti ed iniqui; le classifiche ed i game individuali; la totale opacità delle promozioni; la riduzione dei diritti per visite mediche, giorni malattia, trasferte, mobilità, indennità varie; l'aumento dei provvedimenti disciplinari per futili motivi; gli scandaletti continui delle buste paga sbagliate e dei ticket non spendibili.
Dobbiamo davvero proseguire? 
Solo grumi di nostalgia o il ricordo di quando si era giovani?

Giunti a questo punto, qualcuno si potrebbe domandare perchè ripetiamo per l'ennesima volta queste cose (peraltro note a tutti ivi compresi Enrico, Corrado, Maurizio e Angela) solo per rispondere a due colleghi che non hanno condiviso la nostra risposta a Salza a fronte dei tanti favorevoli.

Il problema è che Maurizio (Zoè) ed Angela (Rosso) sono tra i più importanti dirigenti aziendali della Fisac-Cgil e della Fabi, i due principali sindacati del Sanpaolo che fu. E che quando parlano, presumiamo (anche perché nessuno si è apertamente dissociato) lo facciano a nome delle loro potenti organizzazioni alle quali sono iscritte/i migliaia di colleghe e colleghi di Intesa Sanpaolo (che poi sono tra quelle/i che ci fanno i complimenti….).

E allora, solo contraddizioni in seno al popolo?

Una cosa è certa. In questi anni il gruppo dirigente ristretto di questa banca ha dimostrato di saper perseguire con coerenza e determinazione i propri interessi. Purtroppo non lo ha saputo fare la maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori tra cui prevalgono passività e rassegnazione. Anche l'indignazione brucia troppo rapidamente e non produce risposte adeguate.
Sarà forse questo che permette ad Enrico, Maurizio ed Angela di continuare a parlare così? 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Intesa Sanpaolo

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