Dopo 4 giornate di sciopero, prolungate astensioni dagli straordinari, cortei e manifestazioni, la vicenda Banca Depositaria è giunta al termine, ma è un esito del quale non possiamo limitarci "a prendere atto".

L'ipotesi di accordo illustrata nelle assemblee dai sindacati trattanti (lunedì quelle indette dalla Falcri, martedì da tutte le altre sigle del primo tavolo) è stata votata, infatti, con esiti eclatanti e sorprendenti. Molti avranno notato il dato anomalo dell'assemblea di Milano del primo tavolo; non solo un esito rovesciato rispetto a Torino, ma anche rispetto all'assemblea del secondo tavolo del giorno prima.

Cosa è successo? I votanti all'assemblea del martedì sono quasi raddoppiati rispetto al giorno prima e in democrazia questo può starci. Ma il problema vero è che tra un'assemblea e l'altra è partita l'offensiva aziendale fatta di incontri e riunioni (a gruppi ed individuali) di alti dirigenti e responsabili per fare pressioni sui lavoratori e dipingere scenari catastrofici nel caso non avessero votato sì all'accordo.

Si può anche sostenere, come ha detto un esponente sindacale del primo tavolo a Torino, che tutto questo è stato ininfluente, ma certo noi ci saremmo sentiti molto imbarazzati a sostenere un accordo che ha trovato questo genere di sponsor.

Resta il fatto che a Torino i lavoratori hanno reagito denunciando subito questo comportamento, mentre a Milano è prevalsa la paura ed il timore di esporsi. Lì si è anche assistito alla scena surreale di una "delegazione aziendale" (guidata da un alto dirigente) che è rimasta per circa mezz'ora presente all'assemblea prima di allontanarsi opportunamente.

Facciamo queste valutazioni perché noi le assemblee le abbiamo viste. Abbiamo visto a Milano lavoratori che il giorno prima contestavano l'accordo ed il giorno dopo avevano sguardi assenti e rassegnati. Abbiamo visto il ghigno soddisfatto dei rappresentanti sindacali, al tavolo di Milano, che si compiacevano per aver completato la missione dopo l'esito del voto. Abbiamo visto i volti costernati ed increduli dei lavoratori di Torino. Tra il 15 ed il 16 marzo, a Milano, è stata scritta una delle pagine più nere e vergognose della storia sindacale di questa azienda.

Resta il dato di una battaglia sindacale memorabile e di un accordo che sarebbe stato ben peggiore senza le lotte dure di questi due mesi. L'accordo, come sempre, dovrà essere gestito per impedire colpi di mano aziendali.

Perché l'accordo ha creato così tanti malumori tra i lavoratori?

Per spiegarlo occorre fare questa premessa: "il metodo con cui il Gruppo Intesa Sanpaolo interpreta sempre in termini penalizzanti per i lavoratori le norme e gli accordi vigenti, producendo disaffezione del personale verso l'Azienda e alimentando inutile disagio e malcontento, sta ormai assumendo connotazioni inammissibili".

Questa frase era contenuta in un recente volantino della Uilca a commento dell'ultima "bravata" aziendale sulle ferie da segnare obbligatoriamente. Un commento che ci trova concordi (e immaginiamo condiviso da tutti i sindacati firmatari) e che ribadisce che ci troviamo di fronte ad una dirigenza aziendale inaffidabile.

Ma come si fa a dire che l'azienda è inaffidabile e poi firmare un accordo con garanzie che possono essere facilmente aggirate?

La garanzia totale ed assoluta derivante dall'accordo sul consorzio, che doveva prevedere la volontarietà rispetto alla cessione,  si è trasformata in una clausola di opzione di rientro a scoppio ritardato: nel dicembre 2015 i lavoratori potranno chiedere di tornare in Intesa Sanpaolo e lo potranno fare nel corso del 2017!!

A parte il fatto che se, casualmente, Intesa Sanpaolo dichiarasse una situazione di esubero di personale, avrebbe già la scusa per non rispettare gli impegni presi (e si tornerebbe alle cause individuali), la volontarietà è anche disincentivata, visto che il rientro potrebbe avvenire con un demansionamento e senza garanzie sulla ricollocazione territoriale.

I lavoratori a tempo determinato, che secondo i sindacati firmatari sono tutti confermati, dovranno attendere la scadenza del contratto (per alcuni i tempi sono ancora lunghi) e non avere "evidenze gestionali negative": una frasetta straordinaria che riconsegna ampia discrezionalità all'azienda e pone i lavoratori sotto ricatto.

L'unica vera garanzia (presente in molti accordi simili che hanno regolato la materia per altre banche) è la tutela per 10 anni in caso di tensioni occupazionali e chiusura di sedi con trasferimenti oltre i 100 km. Norma peraltro aggirabile con trasferimenti parziali di piccoli gruppi di lavoratori.

Tutto questo per rimanere alle questioni fondamentali di un accordo che, con scioperi e lotte in corso grazie al sindacalismo di base, poteva essere decisamente migliore.

Naturalmente noi speriamo che le previsioni negative non debbano mai verificarsi, ma è necessario attrezzarsi da subito per controllare la puntuale applicazione delle garanzie. Se per ricordarsi del rientro volontario bisognerà comprarsi un'agenda decennale, le conferme dei lavoratori a tempo determinato andranno puntualmente verificate tempo per tempo.

Ai lavoratori di Banca Depositaria diciamo che continueremo ad essere presenti perché la storia continua.

Ai colleghi di ISGS segnaliamo la puntuale smentita di tutte le promesse ricevute: la garanzia totale ed assoluta, la necessità dell'accordo per far sì che i nuovi assunti non avessero un contratto diverso (solo il 20% in meno lavorando di più), il lavoro che non sarebbe andato in Romania.

A tutti i colleghi del gruppo facciamo presente come questa vicenda abbia chiarito, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che i sindacati firmatari sono ormai un ufficio di consulenza per l'azienda: difficile distinguere l'una dagli altri.

Ma questa vertenza ha anche chiarito che quando i lavoratori si mobilitano con il sostegno del sindacalismo di base ogni risultato diventa possibile.

E' urgente costruire una forte alternativa sindacale per evitare in futuro di consegnarsi direttamente nelle mani dell'azienda.  Prima che sia troppo tardi.

Un'ultima cosa: la firma dell'accordo ha interrotto la raccolta di fondi per la Cassa di Resistenza che si è fermata a poco più di 6.000 Euro.

I rimborsi che potrà assicurare sono limitati, ma la gestione delle somme sarà trasparente. Chiediamo espressamente ai colleghi di Banca Depositaria di autorganizzarsi e comunicarci quanto prima i criteri con cui eseguire i rimborsi, al fine di non essere costretti a rendere i fondi raccolti a chi ha generosamente partecipato alla sottoscrizione (e cui va il nostro sentito ringraziamento). Attendiamo disposizioni dai lavoratori di Banca Depositaria. Vi daremo conto di quanto accadrà.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Intesa Sanpaolo

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