RIFLESSIONI SU QUALE SINDACATO SERVIREBBE
DOPO IL RECENTE ACCORDO SULLE AGIBILITA' SINDACALI.

Il 7 luglio l'Abi ha firmato l'accordo sulle agibilità con le otto sigle del primo tavolo (Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Sinfub, Dircredito, Ugl e Silcea) e con la Falcri del secondo tavolo.

Prima di addentrarci nella valutazione dell'accordo diciamo subito che la sua firma rinvia, per l'ennesima volta, ad un imprecisato futuro l'elezione delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie). Ancora una volta si ripropone lo scandalo per cui bancari ed assicurativi sono gli unici lavoratori in Italia a non aver mai potuto votare i propri rappresentanti.

L'accordo, dicevamo: complessivamente vi è stata una "sforbiciata" di 13.000 ore; però le organizzazioni più grandi (i tre confederali più Fabi) hanno ricevuto in premio un incremento di oltre 70.000 ore, mentre le altre organizzazioni hanno pagato un tributo pesante perdendo circa 85.000 ore. Nell'insieme si parla, comunque, di un totale di oltre 1.800.000 ore di permessi all'anno per le sigle firmatarie.

Il criterio adottato, è stato detto, è quello della rappresentatività, anche se non sfugge (basta leggere l'articolo del Sole 24 Ore dell'8 luglio a commento) che il premio ai più grandi ha coinciso con quello ai più affidabili, tanto è vero che viene esplicitamente stabilito un collegamento tra la felice conclusione dell'accordo ed il prossimo rinnovo contrattuale.

Forse è il caso di cominciare a preoccuparsi, anche perché l'Abi ha già cominciato a dettare l'agenda del contratto. Subito dopo l'accordo sulle agibilità sindacali ha comunicato, con una lettera ai sindacati, che non intende farsi carico dell'allungamento dei tempi di permanenza nel fondo esuberi per effetto dello slittamento delle finestre pensionistiche decise con l'ultima manovra economica del governo. Ne sanno qualcosa i colleghi di Unicredit "stoppati" proprio mentre stavano per entrare nel fondo.

La lettera finisce in modo preoccupante: "si rende comunque necessaria una riforma strutturale del Fondo di solidarietà del settore, nella prospettiva di valorizzare gli elementi positivi sin qui emersi e di ricondurne la disciplina ad un assetto più adeguato alle attuali esigenze di settore".

Tornando all'accordo, vi è stata invece una drastica riduzione dei dirigenti sindacali, che da 22.562 si sono ridotti a 10.666, anche se va detto che già prima meno di 8.000 usufruivano dei permessi.

Resta, comunque, un esercito di sindacalisti con ampia dotazione di permessi e la domanda che poniamo ai lavoratori è: per fare che cosa?

Da tempo i lavoratori assistono, con un misto di sconcerto e di rassegnazione, al progressivo degrado delle condizioni economiche e normative, seguendo peraltro la nefasta corrente che sta investendo tutto il mondo del lavoro.

La grande quantità di sindacalisti e di permessi a disposizione dei sindacati firmatari viene spesa non per organizzare le lotte e la resistenza, ma per rassicurare, tranquillizzare, spiegare che "di più non si poteva ottenere", svolgere attività di "servizio" (tipo proporre polizze per cassieri e responsabilità patrimoniale per fare tessere) e promettere qualche favore, il più delle volte più millantato che reale.

L'accordo precedente estendeva la possibilità di partecipare alle assemblee ai lavoratori di filiali con organico da 5 a 7 dipendenti. L'attuale accordo estende questa possibilità a quelle fino a 3 addetti, ma "assicurando comunque l'operatività degli sportelli": una possibilità solo teorica?

Peraltro, proprio la scarsa partecipazione alle assemblee sta mostrando la crescente disaffezione esistente tra i lavoratori. Si crea un circolo vizioso tra rassegnazione e passività dei dipendenti e accordi sindacali "oltre i quali non si poteva andare". Chiediamo ai colleghi, a partire dai molti iscritti alle sigle firmatarie: è questo il sindacato che volete?

Noi proponiamo un modello sindacale che punti alla partecipazione consapevole, che sostenga le rivendicazioni con momenti di conflittualità, se necessario, che rompa con la logica asfittica del "meno peggio", un meccanismo che determina il progressivo ma inesorabile peggioramento delle condizioni lavorative ed il prevalere di una rassegnata passività.

Tutto questo si può fare e nelle realtà dove siamo più forti e radicati abbiamo dimostrato che si può anche incidere su molti problemi. Lo facciamo tutti i giorni con poche decine di militanti e circa 1.500 ore all'anno di aspettativa sindacale non retribuita e questo perché le aziende possono scegliere di escludere dal tavolo e dalla firma degli accordi chi, come noi, non rispetta le loro "compatibilità". Queste regole non sono né naturali, né eterne, ma dipendono dalle scelte dei colleghi: continuare a delegare queste organizzazioni significa rinunciare a cambiare.

Certamente quello che proponiamo è un modello faticoso per i lavoratori: implica l'abbandono degli atteggiamenti di delega e dello stare alla finestra. La partecipazione richiede sacrificio e la consapevolezza che non si può conquistare nulla senza la pressione derivante dalla mobilitazione dei dipendenti.

Ma per costruire una vera alternativa sindacale dobbiamo rafforzarci molto di più: servono nuovi quadri sindacali, nuovi iscritti, nuova volontà di cambiare lo stato delle cose, soprattutto tra i giovani, spesso passivi eppure le maggiori vittime dei contratti a perdere degli ultimi anni.

Noi crediamo che si possa fare: a voi decidere se essere solo spettatori della partita o se volete giocarla da protagonisti.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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