La Cub-Sallca partecipa con la propria piattaforma allo
SCIOPERO GENERALE
Indetto da Cgil e dai sindacati di base per martedì
6 SETTEMBRE 2011
e si impegna alle manifestazioni di piazza insieme alle organizzazioni non concertative


La manovra economica del governo rappresenta un epocale passaggio di fase.
Ancora una volta si sfrutta una situazione di emergenza economica per addossare il costo del risanamento finanziario tutto sulle spalle di lavoratori e pensionati, lasciando intatti gli interessi dei grandi possidenti, dei redditieri, dei poteri forti.
Per strappare qualche giorno di respiro alle boccheggianti finanze statali, si attaccano diritti e conquiste che hanno richiesto decenni di lotta.
La Cgil ha indetto uno sciopero per il 6 settembre. Un ampio cartello di sindacati di base ha deciso di scioperare nello stesso giorno, pur con una piattaforma distinta e separata, che tiene conto delle differenze di impostazione e di progetto strategico. Saranno organizzate "piazze alternative" in tutte le città dove questo sarà ritenuto possibile.
La Cub nazionale non ha ritenuto di aderire a questa proposta, ma la Cub-Sallca (insieme a tutta la Cub-Piemonte) ha deciso di partecipare allo sciopero del 6 settembre, considerandolo un momento importante per battersi uniti contro la manovra del governo. 


Invitiamo tutti i lavoratori del settore bancario e assicurativo ad aderire allo sciopero e a partecipare alle manifestazioni sotto le bandiere del sindacalismo di base. Ulteriori dettagli sulle manifestazioni alternative saranno reperibili sui siti nei prossimi giorni. In  caso di necessità non esitate a contattarci.


"C'è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo" Warren Buffet, Il Saggio di Omaha

Sarebbero bastate quattro misure semplici e dirette:

  • una patrimoniale ragionevole e sensata sui grandi patrimoni, da pagare in modo costante e continuativo (es. 0,10% sopra il milione di euro);
  • una pressione determinata e incisiva per recuperare nel tempo quei 120 miliardi di euro che sfuggono al fisco ad opera di evasori metodici e impuniti;
  • l'abbattimento delle spese militari, il ritiro della partecipazioni agli "interventi umanitari" in terra straniera e il ritiro del progetto per costruire i bombardieri F35;
  • l'annullamento dei progetti di costruzione delle grandi opere, a partire dalla Tav Torino Lione e dal Ponte sullo Stretto di Messina.

Sarebbero bastate quattro misure mirate per fronteggiare la massiccia pressione speculativa che ha preso di mira il fronte debole dell'Europa Unita (?) ed in particolare l'Italia, il paese dai 1.900 miliardi di euro di debito pubblico, accumulati nel tempo, non per pagare pensioni, cure sanitarie e prebende statali ad una popolazione viziata, ma per riempire di soldi le fauci insaziabili di imprenditori assistiti, consulenti voraci, politici corrotti, intrallazzatori di vario genere.
Misure che avrebbero però urtato gli interessi di chi mangia a sbafo e fa pagare il conto ai contribuenti onesti, mentre loro sfruttano il lavoro nero, esportano i capitali, tengono all'estero i profitti che realizzano, organizzano le operazioni incrociate per frodare il fisco, difendono con le unghie e con i denti i capitali accumulati con ogni mezzo possibile.
Invece è più semplice imporre tagli e sacrifici a chi è abituato, a chi è costretto a subire perché non ha lobby su cui appoggiarsi: i lavoratori dipendenti traditi e abbandonati dai loro sindacati, i poveri, i malati, i deboli, i precari, i disoccupati, i portatori di handicap.
Le due manovre, varate alla disperata da un governo marcio, sotto le bombe della speculazione finanziaria e sotto dettatura della BCE, colpiscono nel mucchio, come fanno gli ubriachi, ma perseguono un obiettivo lucido e spietato, come può essere l'annientamento del proprio avversario di classe.
La sanità viene colpita attraverso la reintroduzione dei ticket, le minori detrazioni ed il taglio dei trasferimenti alle Regioni.
Le pensioni vengono attaccate su vari fronti: accelerazione del percorso per allungare l'età pensionabile per le donne a 65 anni, revisione anticipata dei coefficienti di trasformazione, abbassamento del grado di indicizzazione delle pensioni già erogate (alla faccia della Lega che dice di difenderle).
Il contributo di solidarietà che graverà sui redditi superiori ai 90.000 euro (5%) e 150.000 euro (10%) tocca solo la fascia alta del lavoro dipendente (gli autonomi dichiarano in media 30.000 euro…) e già si parla di rivederlo in funzione del coefficiente familiare.
L'aumento dell'imposta di bollo sui depositi amministrati (una patrimoniale distorta, modesta e camuffata) colpisce anche le famiglie con quattro soldi da parte (basta superare i 50.000 euro di risparmi) e consente ampie manovre di elusione e aggiramento, che i grandi investitori hanno già cominciato ad adottare. La tassa del 20% sulle rendite finanziarie esenta i titoli di stato e consente ai capitali finanziari un impiego improduttivo con golosi interessi, senza assunzione di rischio (tanto il risanamento lo paghiamo noi!).
Il mastodontico taglio dei finanziamenti agli enti locali finirà per obbligare questi ultimi a sopprimere i servizi, oppure farli pagare a prezzi di mercato, o infine ad alzare le tasse addizionali, rendendo sempre più opprimente la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti. Per fare cassa dovranno mettere a gara anche servizi e aziende municipalizzate, in totale contrasto con gli esiti clamorosi del recente referendum sull'acqua.
In questo quadro confuso e terribile, spiccano i provvedimenti che sono stati adottati contro il lavoro, i suoi istituti contrattuali e persino le sue ricorrenze tradizionali. L'arroganza del Governo si è spinta fino al punto di svuotare di senso il contratto nazionale di lavoro e lo Statuto dei Lavoratori, con la facoltà concessa ai contratti aziendali di derogare al CCNL e persino all'art. 18 dello Statuto sulla libertà di licenziamento senza giusta causa. Come se non bastasse sono state introdotte norme che consentono il ripristino dei reparti confino dove ghettizzare i portatori di handicap, cancellando il percorso di integrazione perseguito sin qui dal legislatore.
Il modello contrattuale che ne esce finirà per ricalcare quanto già è stato deciso per il pubblico impiego: blocco dei contratti per un intero triennio, possibilità di sospendere le tredicesime se non vengono raggiunti gli obiettivi, rinvio del pagamento del TFR per due anni per operare risparmi di costi.
Si tenta persino di sacrificare sull'altare della produttività le tre feste laiche che suggellano senso e identità storica dei lavoratori: il 1^ maggio, il 25 Aprile, il 2 giugno. Feste che celebrano il lavoro e il ritorno alla ritrovata libertà, alla riconquistata democrazia, ma che sono sempre state sul gozzo ad una compagine di governo che inquina la vita pubblica e mira a prendersi delle rivincite, riscrivendo la storia.
Le ricadute sociali di un progetto politico così palesemente sbilanciato sono evidenti: si attacca frontalmente il lavoro organizzato e le sue conquiste sociali, le strutture del welfare e le residue tutele contrattuali.
Quello che si disegna è un modello di società ripiegata su stessa, piena di poveri e di precari, con una democrazia blindata e un futuro incerto: una divisione netta tra chi ha tutto (capitali, redditi, potere) e chi non ha niente, neanche gli strumenti per poter rivendicare le proprie ragioni.
Persino l'opposizione è annichilita, subalterna, "responsabile": condivide le dure necessità e anzi accusa il governo di non avere la forza di imporre misure più serie. La Cgil chiama allo sciopero, ma due mesi fa aveva tentato di rientrare al tavolo, abiurando due anni di resistenza, per riprendere la concertazione, alla faccia della democrazia sui posti di lavoro.
L'aberrante teoria neoliberista dilagante, nonostante il clamoroso fallimento del mercato, emerso con la devastante crisi finanziaria, si spinge fino al punto di voler introdurre in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio, rovesciando il nesso logico tra causa ed effetto.
La finanza speculativa, le banche, gli hedge funds, i capitali privati sono stati salvati con soldi pubblici e oggi si rivoltano contro gli stati che li hanno soccorsi, rischiando di trascinare tutto a fondo.
Occorre uscire da questa spirale infernale a ricondurre la finanza nel recinto delle regole stabilite politicamente: la dittatura dei mercati deve finire per lasciare spazio alla vita umana.
Il percorso che occorre conquistare va nella direzione opposta alla doppia manovra:

  • redistribuzione del carico fiscale dal lavoro dipendente al capitale e alla rendita (con aliquota fiscale omogenea e patrimoniale sui grandi patrimoni);
  • recupero dell'evasione fiscale e contributiva per pagare tutti di meno;
  • rilancio dei servizi sociali, adeguamento economico delle pensioni, blocco dell'età pensionabile, piano straordinario per stabilizzare tutti i precari;
  • forte recupero salariale per fare ripartire i consumi, la produzione, l'occupazione;
  • blocco alle grandi opere e forti investimenti nella ricerca e nella formazione.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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