Volantino pdf
"Gli operai e gli impiegati, che apportano un contributo decisivo all'economia, sono stati finora esclusi da una efficace cogestione. La democrazia postula però tale partecipazione nelle imprese e nella economia generale. Da suddito dell'economia, il lavoratore deve diventarne cittadino"

dal programma socialdemocratico tedesco di Bad Godesberg, 15 novembre 1959

"Una banca multistakeholders, consapevole dei deficit della governance oligarchica, sarà orientata all'allargamento del governo dell'impresa, sperimentando modalità di partecipazione a partire dalla presenza di rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Sorveglianza delle aziende e dei gruppi con modelli duali e nei Consigli di Amministrazione delle banche popolari, laddove l'azionariato dei lavoratori lo consenta"

dalla piattaforma dei sindacati trattanti per il rinnovo del CCNL del Credito, 7 aprile 2011

"Dal 2006 ad oggi all'interno della Banca Popolare di Milano sono stati promossi 130 esponenti dell'Associazione Amici o delle Organizzazioni Sindacali interne su 175. L'incidenza è quindi pari al 74% del totale dei soggetti interessati, mentre considerando la totalità dei dipendenti BPM le promozioni hanno riguardato il 47% del totale"

Radiocor, 21/10/2011, ore 13:19:40

Basterebbero queste tre citazioni per descrivere la parabola del "governo democratico" dell'impresa, rivendicato da generazioni di riformisti, e applicato in forma coerente, sinora, soltanto nei modelli dell'economia sociale di mercato tipici dei Paesi Scandinavi e del sistema tedesco.

Inaugurato verso la meta degli anni '70 dopo aspre polemiche, il sistema tedesco della cogestione ha sempre rappresentato una forma di controllo piuttosto pesante sulla autonomia e sulla libertà di azione del movimento sindacale. E' innegabile che l'ingresso di rappresentanti di lavoratori nei Consigli di Sorveglianza ne ha imbrigliato la forza contrattuale, bloccando il conflitto e tenendo il sindacato militante fuori dalle fabbriche. Alla fine la forza lavoro è stata inquadrata in un modello rigido e privo di alternative, dove un discreto livello di tutela si è associato ad un basso grado di libertà. La forza del modello renano e la sua maggior tenuta economica hanno comprato a lungo un consenso blindato, costruendo un modello ammirato e invidiato da molti, oggi che sembra crollare ogni certezza sociale, soprattutto nelle aree periferiche dell'euro.

    A dire il vero, il modello mostra delle crepe preoccupanti ed è tutto da vedere se il suo mantenimento sarà compatibile con la crescente competizione mondiale. Qualche scandalo non è mancato neanche nella Germania puritana e teutonica: qualche leader dell'IG Metall arricchitosi con i fondi del sindacato e con generose prebende delle aziende con cui trattava, qualche banchiere importante pescato a festeggiare il capodanno con tutta la famiglia, con nota spese a carico della Deutsche Bank che presiedeva. Tuttavia sembravano casi isolati, l'eccezione che conferma la regola.

   Invece in Italia, dove la cogestione formale non è mai veramente decollata, abbiamo degli esempi assai poco edificanti proprio nel settore in cui lavoriamo, esempi che purtroppo vengono proposti come modello per l'intero sistema. Ci riferiamo alla Banca Popolare di Milano, un'azienda a ragione sociale cooperativa in cui i sindacati concorrono, attraverso l'Associazione Amici della BPM, a scegliere gli amministratori. Dal 2003, ad ogni rinnovo delle cariche, si assiste quindi ad un vero e proprio scatenamento di guerra per assicurarsi posizioni di comando tramite nomina di dirigenti amici che possano poi restituire il favore, sdebitandosi con ricche promozioni di carriera per i sindacalisti appartenenti alle cricche in competizione.

  Se questa era la prassi ricorrente in tempi normali, la presente tornata elettorale ha visto profilarsi uno scontro di dimensioni inusitate, con gravi complicazioni per la credibilità di un istituto che versa già, come e più delle altre banche, in condizioni pietose.

Dopo reiterate pressioni della Banca d'Italia, BPM si è convinta a varare un aumento di capitale da 800 milioni di euro e a modificare la propria struttura di governance, introducendo il sistema duale. Avrà quindi un Consiglio di Sorveglianza ed un Consiglio di Gestione, modello che molti altri gruppi stanno pensando di abolire per semplificare i processi decisionali e risparmiare sui costi operativi.

La necessità di capitali freschi, difficili da reperire, ha reso necessario il ricorso a gruppi privati, che vogliono mettere le mani su una azienda molto mal gestita ma ricca di potenziale.

   In particolare sono emerse due cordate, disponibili a mettere un po' di soldi in cambio del bastone del comando: Investindustrial di Andrea Bonomi (disponibile a tirare fuori 150 milioni di euro) e la Sator di Matteo Arpe (che ventilava l'ipotesi di entrare con 200 milioni di euro). Il primo gruppo si è alleato con l'attuale D.G. Enzo Chiesa e con due organizzazioni sindacali, la Fisac e la Uilca, nel segno di una sostanziale continuità gestionale. Il secondo gruppo ha assoldato Marcello Messori come capolista e si è alleato con Fiba e Fabi, cui si sono poi aggregati Dircredito, Ugl, Sinfub e Falcri: la scommessa era replicare il "miracolo" compiuto da Arpe in Capitalia, prima della fusione con Unicredit. Lo schieramento delle sigle è stato preceduto dal commissariamento di alcune strutture sindacali aziendali interne, in generale colluse con il sistema delle promozioni di carriera, garantite da amministratori compiacenti e del tutto sganciate da meriti professionali diversi dall'appartenenza ad una fitta rete clientelare consociativa.

   Lo schieramento coagulatosi attorno a Matteo Arpe si presentava come radicalmente innovatore: il suo programma era fare diventare BPM una banca normale, con redditività comparabile a quella dei concorrenti e sistemi di governo simili a quelli vigenti nelle principali banche italiane. Si incaricava in sostanza di "chiudere l'anomalia". Il tentativo è fallito clamorosamente: gli Amici della BPM hanno preso 4.246 voti contro 2.274 voti della cordata concorrente. Il sistema cerca di autoperpetuarsi, spurgandosi dei comportamenti più indifendibili: rischiano di andarci di mezzo i lavoratori, l'anello più debole della catena. Tanto mancano tre anni al prossimo rinnovo! 

   Come sindacato di base dei lavoratori, non abbiamo alcuna posizione di rendita da difendere. Pensiamo che il sistema consociativo vigente in BPM sia l'applicazione estrema di un modello di governo delle banche italiane in cui i sindacati firmatari e trattanti giocano un ruolo importante, sebbene subalterno. Un ruolo importante nel garantire tramite la firma degli accordi l'applicazione di piani industriali inattendibili, predisposti da manager strapagati. Manager che hanno perso il senso della realtà e faticano ad adattare le proprie astratte strategie ad un contesto economico finanziario in gravissima difficoltà che non può reggere ulteriori devastazioni ad opera delle banche e delle loro politiche predatorie.

   Non ci schieriamo né per la conservazione dell'esistente, né per la innovazione selvaggia dettata dall'applicazione di modelli rivelatisi devastanti per gli equilibri sociali ed economici del Paese.

La privatizzazione e la quotazione in borsa dei grandi gruppi bancari ne hanno esaltata la fragilità di fondo, esponendoli a scalate aggressive e incontrollabili da parte di soggetti più portati alla speculazione che all'investimento strategico. Tutti hanno da perdere da dinamiche del genere: famiglie, piccole imprese, istituzioni, risparmiatori, utenti. I lavoratori delle banche sono però quelli che rischiano di più, perché i primi ad essere chiamati all'appello, quando si tratta di tagliare i costi e chiudere le attività, siamo sempre noi.

   Non è quindi entrando nei Consigli di Sorveglianza che si risolve qualcosa: è la separazione dei ruoli e la rappresentanza degli interessi, in termini chiari e trasparenti, che fa la differenza.

Non ci serve un sindacato ancora più collaborativo di quello esistente: ci serve un sindacato aperto, disponibile a discutere, capace di farsi interprete dei bisogni più urgenti dei lavoratori e deciso a organizzare la resistenza agli attacchi che verranno, in difesa di diritti che sono patrimonio comune.

   Il resto è soltanto gioco sporco per obiettivi estranei ad una seria strategia rivendicativa.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

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