Mentre al 30 settembre le adesioni alla "proposta" di esodo sono arrivate a 2450 per la parte A e 1498 per la parte B, continuano a rincorrersi notizie e comunicati sui problemi che stanno sorgendo per gli esodati in seguito all'allungamento delle finestre pensionistiche, per cui vorremmo chiedere alle organizzazioni sindacali che hanno firmato questi accordi:

sareste così cortesi da spiegare ai lavoratori, anche alla luce dell'incontro con Sacconi, cosa sta succedendo?

Ci ha lasciato particolarmente esterrefatti la lettera che le sigle sindacali del primo tavolo hanno indirizzato al Ministro del Welfare.

Emerge che il governo è in ritardo nell'emanazione del decreto definitivo sulla sezione emergenziale del Fondo (per i licenziamenti "veri", introdotta nel dicembre 2009), che non ha emanato il decreto attuativo sull'accordo del 2 febbraio 2011 per "coprire" chi è rimasto senza Fondo per l'allungamento delle finestre (deve intervenire il Fondo Sociale) e che non è stato tradotto in decreto l'accordo dell'8 luglio 2011 sul "nuovo" Fondo Esuberi di settore.

Da altre fonti scopriamo che l'Inps non ha ancora provveduto a stilare la lista dei 10.000 lavoratori, in mobilità o in esodo, aventi diritto alla deroga sull'allungamento delle finestre (pare siano in tutto 45.000 persone, di settori diversi, in attesa di conoscere il proprio destino).

Colpa del governo, colpa dell'Inps, certo, tanto è vero che la nostra Confederazione ha protestato con forza e sta organizzando i lavoratori, di vari settori, coinvolti (vedi il sito http://www.cub.it/). Ma i sindacati firmatari sono esenti da colpe? Potremmo dire che negli accordi firmati avrebbero dovuto chiedere garanzie alla controparte in caso di cambiamento delle regole, ma, se questo non fosse stato possibile, perché non è stato detto chiaramente ai colleghi che certezze non ve ne erano e non ve ne possono essere? Perché firmare accordi, in particolare l'ultimo di fine luglio, sapendo già che lavoratori dell'esodo precedente erano senza reddito da alcuni mesi? Perché accettare la fretta sospetta dell'azienda nell'imporre termini stringenti per accettare le uscite? Perché un tale livello di acritica accondiscendenza?

E' evidente che se il governo, come il buon senso suggerisce, avesse esentato dal prolungamento delle finestre pensionistiche i lavoratori in esodo/mobilità non si sarebbero creati questi problemi.

Però è curioso che il ministero di Sacconi venga tacciato di "insipienza, indifferenza, estenuazione burocratica" dai sindacati di categoria aderenti a Cgil-Cisl-Uil. Ricordiamo che è lo stesso Sacconi con cui le tre confederazioni hanno concluso l'ignobile accordo interconfederale del 28 giugno che consente accordi in deroga al CCNL ed alle leggi! E' lo stesso ministro che sostiene di avere ricevuto da Cisl e Uil "suggerimenti" sul progetto (poi sommerso di polemiche e abbandonato in fretta e furia) di escludere dal computo previdenziale i contributi dell'anno di militare e del riscatto degli anni di laurea! A quanto ci consta, nessuno ha smentito le affermazioni di Sacconi…

In questo momento non possiamo che unirci alla richiesta di sanare immediatamente la situazione dei lavoratori rimasti senza reddito in attesa della "finestra" pensionistica.

Ma vogliamo anche chiarezza per i lavoratori che devono decidere se aderire o meno al fondo attuale. E' loro diritto ottenere un prolungamento del termine di scadenza, per operare una scelta meditata e con tutti gli elementi di conoscenza necessari. Invece di sbandierare con toni esaltati i risultati ottenuti in termini di adesioni (dati in realtà preoccupanti per il clima aziendale che denunciano), sindacati del primo tavolo ed azienda dovrebbero accordare una proroga e anche consentire ripensamenti!

O, al contrario, stanno già pensando di aprire una grottesca procedura di licenziamento per 50 dipendenti (quelli mancanti ai 2.500 della parte A) con la Legge 223?

Insieme alla gestione dell'emergenza è necessario avviare anche una riflessione più generale.

Quanto sta avvenendo sulla vicenda del prolungamento delle finestre pensionistiche (a livello generale, non solo di settore) evidenzia una stridente contraddizione tra: a) appelli per ritardare l'età pensionabile (BCE, FMI,  Confindustria, politici al governo e anche della sedicente opposizione), b) esigenze delle aziende di "liberarsi" dei lavoratori più anziani, c) necessità di questi ultimi di uscire dal mondo del lavoro per "raggiunti limiti di età".

Noi pensiamo, come tutto il sindacalismo di base, che 35 anni di lavoro bastino ed avanzino. L'attuale situazione reale dell'Inps è di equilibrio finanziario (l'ha detto persino Bonanni…) ed il ritorno a tempi di fuoriuscita più "umani" sarebbero sostenibili, se si intervenisse sul settore della precarietà, del lavoro nero e della conseguente evasione contributiva.

Liberi tutti, insomma, di uscire con 35 anni di contributi o di rimanere, per chi se la sente, lasciando posti di lavoro (stabili e dignitosi) ai giovani.

Basta con un utilizzo "allegro" del fondo esuberi nel nostro settore, fatto non per gestire reali eccedenze, ma solo la riduzione dei costi stabilita a tavolino dalle aziende. Serve un sindacato vero affinché gli ambienti di lavoro tornino ad essere vivibili e non un inferno dal quale si cerca di fuggire appena possibile, anche rischiando di restare senza reddito.

I tempi stanno cambiando, le aziende cercano di scaricare sui lavoratori i costi della loro crisi e anche il settore bancario/assicurativo non fa eccezione. Cullarsi su sogni di mantenimento delle pratiche concertative è pericoloso.

E' necessario tornare a mobilitarsi per la difesa dei nostri diritti.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Intesa Sanpaolo

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