Cronaca di quanto accaduto in una filiale del Banco di Napoli

Sono questi i sentimenti che, sforzandosi di usare una terminologia civile, qualificano una vicenda che assume caratteri grotteschi e paradossali se non fossero tremendamente veri e non colpissero violentemente una nostra collega, ferendone la dignità.

Il 14 febbraio scorso alcune telefonate anonime minacciavano lo scoppio di una bomba, posta all'interno dei locali della filiale 22 di Napoli del Banco di Napoli, se i colleghi non avessero portato fuori il contante presente nelle casse. Immediatamente i colleghi e la clientela presente in filiale abbandonarono, senza panico, i locali della banca dopo avere messo in sicurezza le casseforti.

Per alcune ore la piazza fu invasa da Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco, artificieri, ecc. Fu individuato il pacco (finto) e, da subito, cominciarono le prime indagini. Alcuni colleghi della filiale furono ascoltati la sera stessa, altri nei giorni successivi, tutti firmando la propria deposizione. 

Il 7 marzo, 22 giorni dopo l'evento, viene convocata in Questura una dei due addetti alla cassa della filiale. Chi l'ascolta è un funzionario della Polizia, diverso dai precedenti investigatori, che pone alla collega come prima domanda: "chi sono i suoi complici?"

Da questa iniziale, diffamante, richiesta di informazioni comincia un calvario che dura più di 5 ore, in cui la collega viene messa sotto torchio. Le vengono dettagliatamente ricostruite fasi trascorse della sua vita lavorativa; si tratta, insomma, di un vero e proprio interrogatorio svolto da persone (funzionari dello Stato) informate su aspetti della vita privata della lavoratrice assolutamente incongruenti con la vicenda "bomba".

Ma il colpo di scena avviene alla fine, allorquando le vengono richieste le impronte digitali e un altro funzionario della Polizia scientifica chiede all'investigatore se debba fare anche le foto segnaletiche. Alla veemente reazione della collega finalmente desistono, dopodiché lei può fare ritorno a casa.

Questi i fatti.

La pubblicazione di questo documento è la prima delle iniziative che porremo in essere per tutelare non solo la collega, ma tutti i lavoratori che devono sentirsi offesi ed indignati. Mentre sei impegnato nel tuo lavoro quotidiano, divieni all'improvviso vittima di una minaccia di vita (la bomba), subordini la tua sicurezza alla tutela dei beni aziendali (chiusura dei mezzi forti) e, all'improvviso, divieni presunto "colpevole", subendo tutti i contraccolpi psicologici ed emozionali che si possono facilmente intuire.

Non va sottaciuto, per chi non l'avesse colto, il livello di informazioni in possesso degli inquirenti che hanno, necessariamente, raccolto da fonti aziendali le notizie riguardanti la vita lavorativa e privata della collega. Ciò ci induce a diffidare chi per l'azienda o per eccesso di zelo si è permesso di diffondere notizie riservate e diffamatorie riguardo ad una collega.

Sono già in corso, da parte nostra, le azioni necessarie volte alla tutela della collega ma, nel frattempo,  allertiamo  tutti i lavoratori, chiedendo loro che venga data massima diffusione e pubblicità alla vicenda perché riguarda tutti noi.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Federazione di Napoli

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