Tra le numerose brutte sorprese trovate nell'uovo di Pasqua, i lavoratori e i pensionati del Gruppo hanno pescato anche una situazione di forte squilibrio in una delle sezioni del Fondo Sanitario. Dal preconsuntivo 2011 emerge, infatti, una situazione preoccupante: mentre la sezione dei lavoratori in servizio chiude con un avanzo di 15 milioni di euro (saldo positivo tra 113 milioni di contributi e 98 milioni di prestazioni), la sezione pensionati contabilizza un disavanzo di 12,5 milioni di euro (saldo negativo tra 26 milioni di contributi e 38,5 milioni di prestazioni).

Per noi quanto è accaduto non è per nulla sorprendente: l'avevamo previsto sin dalla costituzione del Fondo, nell'ottobre del 2010, e nel nostro volantino di critica dell'accordo (datato 29/10/2010) avevamo dato spazio adeguato alle giuste rimostranze dei pensionati, che si vedevano scippare le riserve ed aumentare i contributi, per mettere in piedi un meccanismo che li avrebbe sicuramente penalizzati in futuro. Infatti, tutte le associazioni dei pensionati protestarono, perché era a tutti evidente che la loro gestione (una evidenza separata nel bilancio del Fondo) sarebbe presto andata in dissesto.

Alcuni pensionati  impugnarono anche la delibera di scioglimento della Ex-Cassa Intesa, perché lo Statuto prevedeva un referendum vincolante tra gli iscritti alla Cassa, che le fonti istitutive evitarono disgraziatamente di indire. Bisognava fare in fretta e non si poteva perdere tempo per dei cavilli del genere: c'era in ballo una grande operazione d'immagine e si doveva procedere con colpi di mano per spezzare ogni resistenza.

La Cub-Sallca fu l'unica organizzazione a battersi contro l'accordo, per motivi ben fondati:

  • l'utilizzo delle riserve in modo inversamente proporzionale a chi aveva contribuito al loro formarsi;
  • l'uso improprio del concetto di solidarietà intergenerazionale, invocato dalle aziende quando vogliono scaricare sui lavoratori (in servizio e non) l'ingrato compito di spartirsi i sacrifici;
  • la deresponsabilizzazione dell'azienda, che demanda ai lavoratori l'ardua impresa di fare quadrare i conti, senza assumersi impegni per eventuali costi aggiuntivi;
  • le modalità antidemocratiche con cui venne gestito il passaggio, privando di ascolto i pensionati, sciogliendo le casse preesistenti e i rispettivi consigli direttivi, nominando d'ufficio i rappresentanti sindacali negli organi amministrativi e imponendo un periodo transitorio di democrazia sospesa.

Il varo del Fondo tutto è stato, fuorché una passeggiata. In fretta e furia si sono dovuti trasferire alla nuova struttura i dati anagrafici ed il consenso alla privacy, con tempi stretti, istruzioni poco chiare e disagi rilevanti, soprattutto a carico di pensionati ed esodati non più presenti in azienda. I tempi d'attesa, le difficoltà di contatto, i ritardi nei pagamenti e i disguidi sono stati un incubo per mesi, per migliaia di persone.

Già a maggio 2011 era emerso il primo disavanzo nella gestione dei colleghi Cariparo, ripianato con un aumento dei contributi a carico degli iscritti. A gennaio 2012, accogliendo il ricorso dei pensionati ex-Intesa, il Tribunale di Milano sospendeva la delibera del 18/10/2010 con cui la Cassa Intesa era stata sciolta e fatta confluire nel nuovo Fondo: a termini di Statuto solo un referendum tra gli iscritti avrebbe potuto deliberare lo scioglimento. Teniamo a ricordare che solo la rappresentante indipendente, eletta dai lavoratori e sostenuta dalla Cub-Sallca, nel Consiglio Direttivo della Cassa Sanpaolo, si era opposta allo scioglimento d'ufficio della cassa pre-esistente! Adesso è il Tribunale di Milano a dirci che la scelta era stata corretta.

Il 9 febbraio 2012 è ancora il Tribunale di Milano a respingere il ricorso del Fondo Sanitario Intesa Sanpaolo, ribadendo il blocco delle riserve ex-Intesa finché non ci sarà una pronuncia nel merito: per i giudici gli accordi tra le fonti istitutive (azienda e sindacati) non possono modificare lo statuto dell'ente e gli atti dispositivi del patrimonio devono derivare da una delibera assembleare, che a norma di statuto è il referendum degli iscritti.
La pronuncia del Tribunale non è questione di lana caprina: rende indisponibili le riserve, che erano uno dei serbatoi da cui attingere in caso di squilibrio gestionale. Proprio quello che si è verificato per la sezione pensionati nel bilancio preconsuntivo 2011!

Vediamo ora cosa hanno deciso di fare le fonti istitutive con l'accordo del 29 marzo 2012, teso a tamponare l'imbarazzante situazione che si è venuta a creare.
In primo luogo hanno trasferito circa 4 milioni di euro dalla gestione lavoratori attivi a quella pensionati (quota prevista di "solidarietà"), riducendo l'avanzo della prima a 11 milioni ed il disavanzo della seconda a 8,5 milioni di euro.
In secondo luogo, stante il blocco delle riserve, hanno dovuto stabilire una ulteriore quota di solidarietà "straordinaria" (pari a 2,5 milioni di euro) da stornare dagli attivi ai pensionati.
In terzo luogo hanno stabilito il mancato pagamento ai pensionati della quota differita (stimata in 3,5 milioni di euro per il 2011).
In quarto luogo hanno deciso di individuare il 10% delle riserve bloccate (stima di 1,5 milioni di euro per il 2011) come perdita di esercizio della sezione pensionati, da ripianare alla conclusione della vertenza legale in corso.
In quinto luogo hanno concordato il ripianamento del disavanzo residuo (1 milione di euro) addebitando ai pensionati un aggravio di contributi, stimato in circa 100 euro medi a testa.

Per riportare in equilibrio la gestione, le parti hanno infine deciso di intervenire sulle prestazioni della sezione pensionati del prossimo biennio, agendo sia sulle prestazioni che sulla quota differita. I pensionati subiranno quindi un drastico peggioramento di prestazioni, con decorrenza 1/1/2012, ma senza addebito retroattivo (per paura di ulteriore contenzioso legale). La nuova normativa quindi toccherà le tasche dei pensionati a partire dai rimborsi presentati dopo il giorno 1/4/2012 (bel pesce d'aprile!) e dovrebbe lasciare nelle casse del Fondo circa 6 milioni di euro in più all'anno.
Queste modifiche prevedono:

  • una franchigia del 20% per i ricoveri ospedalieri ordinari e del 10% per i Grandi Eventi Patologici (con tetto massimo a 1.500 euro in entrambi i casi);
  • rette di degenza fissate entro un tetto di 300 euro al giorno per ricoveri ordinari e 350 euro per Grandi Eventi Patologici;
  • rimborso dell'accompagnatore solo per spese di pernottamento legate a Grandi Eventi Patologici nel limite di 100 euro al giorno;
  • massimale per prestazioni specialistiche limitato a 3.000 euro anche per 2012 e 2013 (sarebbe dovuto salire rispettivamente a 3.500 e 4.000 euro).
  • massimale per mezzi correttivi oculistici ridotto a 360 euro;
  • massimale per cure dentarie ridotto a 1.200 euro;
  • introduzione di una differita del 15% per le prestazioni in diretta/convenzionata ed aumento dal 20% al 30% della differita per le prestazioni in strutture private.

In ogni caso è già stato deciso un ulteriore trasferimento di una "quota di solidarietà", da attivi a pensionati, pari a 1,5 milioni di euro anche per il 2012.

Le conclusioni che possiamo trarre da questa successione di eventi non casuali sono evidenti:

  • ai pensionati è stata sottratta, al momento della costituzione del Fondo, una significativa quota di riserve, accantonate soprattutto con il loro lavoro;
  • contemporaneamente hanno dovuto subire un quasi generale aumento dei contributi;
  • dopo un solo anno di esercizio la loro sezione ha visto prodursi un vistoso disavanzo;
  • il rimedio è consistito nel taglio della differita, in un ulteriore aumento dei contributi, in un peggioramento delle prestazioni;
  • i lavoratori in servizio hanno dovuto intaccare l'avanzo della loro sezione per offrire alla sezione pensionati ben 3 quote di solidarietà nel biennio 2011-2012 (per un totale di 8 milioni di euro);
  • le riserve dell'ex-Cassa Intesa restano indisponibili per le discutibili (e illegittime) procedure adottate per trasferirle d'autorità nel nuovo Fondo all'atto della sua costituzione;
  • l'azienda non deve scucire un euro in più, perché sino alla fine del primo triennio di gestione provvisoria non scatterà alcun intervento strutturale, che potrebbe includere un aumento della contribuzione aziendale…

Un insieme di circostanze che ci conferma nella convinzione che anche il welfare aziendale sia divenuto oggetto di trattative al ribasso, con esigenze aziendali di risparmio sempre più marcate e assuefazione delle sigle firmatarie al leit-motiv in base al quale noi dobbiamo tirare cinghia e le aziende poter ritornare a fare profitti. Una logica che dovrebbe essere estranea a chi pretende di rappresentare i lavoratori….

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Intesa Sanpaolo

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