INTESA SANPAOLO – CONTRATTO DIS-INTEGRATIVO AZIENDALE: VINCE IL RICATTO OCCUPAZIONALE
Cucchiani, Micheli e Mc Kinsey portano a spasso i sindacati "trattanti" per oltre tre mesi, poi li mettono all'angolo e vincono per MANIFESTA SUPERIORITA'.
Le lavoratrici ed i lavoratori di questa banca devono reagire prontamente all'avvilimento ed al senso di impotenza.
Attenzione! LA PARTITA "ESUBERI" È TUTTA DA GIOCARE e lo faranno ora che sono state smantellate gran parte delle tutele che ancora avevamo e che è stato sancito il principio che "i conti" li dobbiamo far quadrare noi.
L'accordo siglato il 19/10 dopo cinque mesi di menate è la sintesi di tutto ciò che la nostra organizzazione combatte: il ricatto occupazionale, la messa in discussione dei diritti pregressi, la regressione sociale spacciata come esempio di solidarietà intergenerazionale, la difesa dei profitti costruita sui sacrifici imposti alle "risorse umane".
C'era una volta la contrattazione integrativa aziendale: serviva per "integrare" il contratto nazionale, distribuire i frutti della produttività a livello di impresa, modellare la contrattazione sulle esigenze specifiche, portare vantaggi aggiuntivi al lavoratore, in termini di reddito e di migliorie regolamentari. Sostiene Micheli che la C.I.A. pesa per il 16% del costo del lavoro totale. Per lui, è un margine su cui "lavorare", per ridurlo ovviamente.
Siamo così passati alla contrattazione disintegrativa aziendale: oggi serve per togliere dei pezzi al CCNL, per scardinarlo e farlo diventare inutile, finto, vuoto. Questo è stato reso possibile da una serie di accordi, interconfederali e settoriali, che hanno reso possibili i patti in deroga: in pratica l'azienda lamenta uno stato di crisi o l'esigenza di ristrutturare, minaccia licenziamenti, chiede risparmi sul costo del lavoro e poi ottiene ciò che vuole senza che nessuno provi a reagire. Il presagio di ciò che sarebbe accaduto era ben presente già nel CCNL firmato il 19/01/2012 (10 mesi fa, esatti).
Le banche hanno vinto, i sindacati no. I lavoratori l'avevano capito e avevano bocciato l'accordo, anche se i loro sedicenti rappresentanti (mai votati) hanno fatto di tutto per dimostrare il contrario. Si poteva partire da questa salutare lezione di democrazia, invece si è preferito fare finta di niente e passare oltre. I frutti li vediamo in decine di vertenze aziendali, finite con pessimi accordi, o sospese nel limbo di una situazione drammatica. Le banche chiedono tutto, i sindacati al loro servizio collaborano, i lavoratori subiscono.
Non può essere così sempre.
I contenuti dell'accordo Intesa Sanpaolo vanno valutati nel merito e così faremo, come sempre, cercando di epurare le componenti emotive che la controparte ha di proposito "caricato" con la sua strategia del terrore:
- la conferma dei 1.300 apprendisti è l'unico elemento positivo dell'accordo e nessuno (men che meno noi) avrebbe potuto sopportare che questi giovani se ne tornassero a casa; ma questo ricatto, calato come una mannaia nella fase finale del negoziato, è ancora più odioso proprio per il carattere evidentemente strumentale che ha assunto nella tattica dell'azienda;
- il rifiuto di un nuovo ricorso al Fondo esodi, questa volta in forma obbligatoria, chiesto dall'azienda per altri 1.000 lavoratori, non è che un debole paravento che nasconde (sempre meno) la realtà: se i lavoratori non accettano di andarsene con l'incentivo alla prima tornata, si passa alla seconda fase, dove la volontarietà non c'è più; tutti sanno che il problema si ripresenterà fra qualche mese, quando Micheli sarà riuscito a ottenere dal governo la copertura normativa alla solidarietà espansiva, formalmente volontaria, ma con molti strumenti per l'azienda per farla diventare "spintanea";
- l'obbligo di fare le ferie di competenza e le ex festività, da dichiarazione congiunta nel CCNL, diventa accordo firmato; ci piacerebbe sapere meglio quali siano le "misure più opportune" che l'azienda intende adottare per realizzare l'obiettivo (forse la fissazione d'ufficio delle ferie che tutti i volantini sindacali stigmatizzano come illegittima?); comunque vada l'esigibilità della norma sarà tutta da verificare;
- il divieto di fare straordinario, se non nei casi necessari ed urgenti, ci trova totalmente d'accordo; ci piace un po' meno il criterio interpretativo adottato da vari responsabili, che invitano a fare straordinario senza farselo pagare, oppure premono sui quadri perché si fermino oltre l'orario, per fare ciò che non possono più fare le aree professionali; qui è fondamentale il ruolo dei lavoratori: applichiamo rigorosamente il diktat aziendale ed usciamo in orario, tutti, impiegati e quadri!
- la riduzione della prestazione lavorativa per 4 – 5 – 6 giornate lavorative nel triennio (a seconda dell'inquadramento) comporta un taglio del salario, seppure mitigato (per Aree Professionali e Quadri) da parziale compensazione (60%); a parte il fatto che non è condivisibile che la pianificazione avvenga a discrezione aziendale, la vera questione è che si afferma il principio che l'azienda potrà far quadrare i conti mettendo a casa i lavoratori!
- l'accordo sugli inquadramenti viene totalmente svuotato, con la salvaguardia dei percorsi in essere al 30/6/2012 per la sola parte del raggiungimento del livello in corso di maturazione, con 18 mesi di differimento ed esclusione del passaggio alla categoria dei Quadri (con assegnazione del solo differenziale retributivo tra 3A4L e QD1, riassorbibile in seguito a promozione); per il resto se ne riparlerà nel 2014. In compenso l'automatismo per il passaggio a 3A4L viene spostato dal ventottesimo al trentaduesimo anno di anzianità! Senza percorsi e con un automatismo infinito, resterà solo la corsa per il salario incentivante?
- le indennità di Direzione, Ruolo Chiave, Rischio, Centralino, Monte Pegni, vengono ripristinate come prima; anche il Buono Pasto resta a 5,16 euro; quello dei Part-Time viene conservato solo in presenza di intervallo di 15-30 minuti e con impegno dell'azienda a rimodulare il contratto, ma in assenza dell'intervallo il buono pasto per i part-time non viene erogato;
- è pesante la revisione delle norme sui trasferimenti disposti d'ufficio, per cui il consenso del lavoratore è richiesto solo per spostamenti oltre i 70 km (Aree Professionali), 90 km (Quadri Direttivi), 25 km (Part-Time); inoltre queste tutele non vengono applicate quanto si è in presenza di cessazione totale o parziale delle attività, oppure chiusura/accorpamento di filiali;
- il demansionamento in deroga all'art. 2103 del codice civile in caso di accorpamento, fusioni, chiusura o riduzione di attività era già previsto dall'accordo 29/7/2011, ma certo chiudere 1.000 filiali (anziché 400) significa aumentare di molto la gravità e l'estensione del problema;
- il pendolarismo scatterà solo a partire dai 25 km (50 a/r) per tutti i trasferimenti disposti dall'azienda dopo il 1/7/2012 e l'indennità aumenta con la distanza, ma i primi 25 km (50 a/r) sono in franchigia; in pratica risulta più oneroso per l'azienda il trasferimento fino ai limiti massimi consentiti, ma il limite minimo si allunga di altri tre km e se viene superato di poco il costo è quasi azzerato;
- le norme sull'estensione degli orari di sportello recepiscono il CCNL, con orari 8-20 dal lunedì al venerdì e apertura di filiali al sabato, in modo correlato ad esigenze commerciali e di mercato; si pensa in questo modo di assorbire e reimpiegare il personale "liberato" dalla razionalizzazione della rete e dalla chiusura di 1.000 filiali; che tutto questo porti ad una espansione dei ricavi (e quindi degli utili) è ancora da dimostrare. Certamente sarà un processo estremamente complicato sul piano organizzativo, con ovvie ripercussioni su costi di funzionamento, disagi da turni, soglie di sicurezza, ruoli di responsabilità; resta l'incognita sul richiamo alla possibile introduzione di un altro "regalo" dei precedenti CCNL, cioè l'orario multiperiodale, che significa, in determinati periodi, lavorare per 48 ore in una settimana! Altra incognita quella delle attività commerciali "anche al di fuori dalla rete fisica";
- il richiamo all'occupazione suona involontariamente ironico, laddove si ribadisce di voler prestare grande attenzione ai giovani e alla loro formazione; a fronte dell'impegno a confermare i contratti di apprendistato e di inserimento in essere, si annuncia l'abbandono di ogni impegno contenuto nell'accordo 29/7/2011 che prevedeva l'assunzione di 1.000 giovani a fronte di 5000 esodati. Alla faccia del bicarbonato…
Questo è il sugo dell'accordo, che scade il 31 dicembre 2015. Ma attenzione, non pensiate che sia finita qui. Le Parti si incontreranno semestralmente per, tra l'altro, "verificare gli eventuali scostamenti dagli obiettivi di riduzione di costo prefissati ed illustrati alle OO.SS. nel corso della procedura e conseguentemente individuare tutte le soluzioni che ne consentano il tempestivo riallineamento" . Nella sostanza, se qualcosa non funziona a puntino, si ricomincia….
Il giudizio negativo che attribuiamo a questo accordo discende da una serie di considerazioni:
- esisteva un potenziale per resistere e contrastare gli obiettivi aziendali; lo sciopero del 2 luglio era riuscito oltre le aspettative, era possibile costruire un percorso democratico di partecipazione e coinvolgimento; i rapporti di forza sono importanti in sede di trattativa e lasciare cadere la mobilitazione ha aperto la strada ai ricatti aziendali;
- la cultura della crisi ha permeato gli stessi dirigenti sindacali, che non mettono più in discussione "i saldi finali": i risparmi aziendali sono leggi scolpite nella roccia e si può solo tentare di scegliere il tipo di corda cui potersi impiccare;
- la questione delle consulenze è stata rimossa e nessuno ha posto in discussione voci di bilancio "sensibili" come il premio incentivante, che pur pesa per centinaia di milioni di euro e continua ad essere distribuito in modo unilaterale; la richiesta di farlo confluire in forma unificata nel VAP ci sembra pericolosissima, perché rischia di diventare un meccanismo ultra-selettivo, oltre che distorsivo sul piano dell'etica professionale e del modello di sviluppo socialmente sostenibile; non vorremmo che, realizzati i risparmi voluti sui costi fissi, l'azienda partisse alla grande con il salario variabile discrezionale e discriminante..
Non pensiamo che sia facile esprimere un punto di vista critico sull'accordo: la consultazione verrà organizzata per raccogliere il consenso su un accordo blindato, che in base agli accordi vigenti potrebbe anche essere firmato senza sentire nessuno.
E' necessario reagire ed evitare che la delusione, la sfiducia, il senso di scoramento prevalgano nella mentalità collettiva; cogliamo questa occasione per ribadire la convinzione di poter invertire la rotta. E' un lavoro lungo che richiede tenacia e pazienza, con la consapevolezza che oggi vincono le ragioni della forza, ma che nel lungo periodo potranno tornare a prevalere le forze della ragione.
Il significato, la lezione, la direttiva che possiamo trarre da questo accordo sono di una semplicità disarmante: mai più essere costretti a scegliere tra rinunciare ai propri diritti e privare di un lavoro e di un reddito altre persone che lavorano.
Non siamo noi a portare la responsabilità per le leggi e gli accordi che hanno consentito la formazione di ampie sacche di precariato, in banca come in tutti gli altri settori. Siamo noi però che dobbiamo impegnarci per eliminare questa piaga, che indebolisce tutti e che lascia nelle mani delle aziende un'arma di distruzione di massa. Auspichiamo che i lavoratori tutti condividano il nostro punto di vista e ci sostengano in questa difficile sfida.
Spesso concludiamo i nostri comunicati con l'invito a organizzarsi con il sindacalismo di base. Questo è indispensabile, ma non basta: serve uno scatto dei lavoratori, serve una conflittualità quotidiana contro le scelte sciagurate dei vertici aziendali.
Reagiamo alla cultura del meno peggio, all'accettazione passiva degli arretramenti e dei ricatti, allo sfascio dell'azienda determinato dalle politiche del top management e sostenuto dalla complicità dei sindacati firmatari.
Serve un nuovo atteggiamento tra i lavoratori e serve un sindacato diverso che se ne faccia portavoce.
Intesa Sanpaolo
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