COMITATO PER IL NO AL CONTRATTO AIUTA-BANCHIERI – AVEVAMO RAGIONE, RIPRENDIAMO IL LAVORO
DA SEGRETERIA NAZIONALE CUB SALLCA
Inoltriamo l'ultimo messaggio del Comitato per il no al contratto aiuta-banchierI
Il CCNL del credito 19/01/2012 è stato bocciato nelle assemblee dei lavoratori, anche se chi l'ha firmato non ammetterà mai la verità. Ad un anno da quell'intesa, nessuna delle balle raccontate per renderlo attraente è diventata realtà.
Quel contratto doveva garantire l'occupazione (30.000 posti in 5 anni) e vediamo solo tagli d'organico, a migliaia, in tutti i piani industriali varati dopo quella data (Abi parla di 35.000 esuberi, ma qualcuno spara 50.000). Doveva riportare dentro il ciclo produttivo principale le lavorazioni date in appalto ad altri soggetti e vediamo solo nuovi tentativi di esternalizzazione. Doveva garantire il potere d'acquisto delle retribuzioni, ma quel poco che ci hanno concesso se lo sono ripresi subito in altro modo, e con gli interessi (basti pensare a quanto risparmiano riducendo il perimetro su cui accantonano per TFR e Fondi Pensione). Doveva rafforzare il controllo sul sistema incentivante, ma dai primi segnali emerge che la riunificazione con il V.a.p. rischia di rendere aleatorio tutto il premio di produttività, aumentando solo la discrezionalità aziendale. Doveva sfruttare l'estensione degli orari di sportello per assorbire gli esuberi delle filiali chiuse, ma l'unica banca che ha cominciato (Intesa Sanpaolo) ha messo in piedi un progetto insostenibile, passando da 32,5 a 59 ore settimanali, a parità di organico. Doveva rappresentare una base per discutere senza traumi dei nuovi piani industriali a livello aziendale, invece è stato un bagno di sangue, con blocchi dei percorsi, taglio delle indennità, giornate di sospensione dal lavoro, riduzione secca dei trattamenti integrativi, straordinario non pagato, demansionamenti, mobilità selvaggia. Doveva costituire una rinuncia temporanea, per consentire la ripresa dei bilanci aziendali, mentre tutto lascia intuire che le banche puntano ad una riduzione strutturale dei diritti e delle paghe nel settore, da conseguire in modo pressante e permanente. Le aziende mettono le mani avanti sostenendo che anche il miglioramento della redditività del settore (che dovrebbe passare dai 4 miliardi di utili netti del 2012 ai 6,5 miliardi del 2013) non sarà sufficiente per un ritorno ad una contrattazione più favorevole, anzi bisogna ancora tagliare per riallinearsi alle banche europee. La situazione è ben rappresentata da quanto avviene nelle tre principali banche italiane:
- in Intesa Sanpaolo si è chiuso l'accordo sulla produttività sfruttando il ricatto del licenziamento degli apprendisti, con imposizione di sacrifici pesanti ed il varo di un piano di maggiore apertura degli sportelli (dalle 8 alle 20), senza contrattazione né consenso, che sta già determinando un vero e proprio stravolgimento della vita dei lavoratori della rete;
- in Unicredit si è firmata una revisione del piano esodi (senza farlo votare) ed ora l'azienda insiste con il progetto Newton, per scorporare 2.000 lavoratori, tra cui 800 addetti italiani del consorzio Ubis, al solo fine di ridurre i costi;
- in Monte dei Paschi di Siena Fabi-Fiba-Ugl-Uilca avevano, già prima degli ultimi scandalosi sviluppi, siglato un accordo separato che mandava a casa 1.000 lavoratori e ne esternalizzava altri 1.100 senza garanzie reali (non si conosce neanche l'acquirente); inoltre azzerava l'integrativo e consegnava all'azienda carta bianca.
In questo ultimo caso si pone anche un problema serio di violazione delle regole "democratiche" che le stesse OO.SS. si sono date, perché le assemblee sono state effettuate in modo separato, senza un conteggio affidabile dei risultati da parte delle sigle sindacali firmatarie: nelle assemblee certificate in modo serio (7.000 partecipanti) ha votato no il 94% dei partecipanti! Che sistema è quello in cui non si fissa neanche una soglia minima per decidere quanti devono votare per considerare valido un accordo? Nel resto del sistema bancario non va molto meglio: nelle popolari sono stati firmati accordi sempre sulla stessa falsariga, mentre ora anche le banche estere presenti nel nostro paese (Credit Agricole, Bnp Paribas, Deutsche Bank) cominciano a denunciare risultati critici e attuare piani di ridimensionamento. Dobbiamo dunque riprendere il lavoro di coordinamento tra le forze sindacali, i singoli delegati, i semplici iscritti, i militanti di base, riannodando le fila di quell'esperienza che un anno fa è riuscita a svolgere un grande lavoro di contrasto, di resistenza, di verità. Il coordinamento del COMITATO per il NO ha deciso di ripartire, con il progetto di costruire una rete permanente tra tutte le forze sane che si muovono sul terreno sindacale nel settore e che intendono misurarsi con i problemi durissimi che i lavoratori si trovano a vivere quotidianamente. Come già in passato, non ci interessano tanto le logiche di schieramento, l'appartenenza o l'identità di ciascuno, ma il confronto sui contenuti e la necessità di agire immediatamente per difendere le condizioni di lavoro e di vita dei colleghi, che si trovano di fronte difficoltà inedite. L'attacco delle aziende non è destinato a cessare a breve. Organizzarsi per fermarli è la principale preoccupazione di tutti coloro che condividono il nostro progetto. Riusciremo a farlo se, come in passato, ci darete una mano a tutti i livelli per farci pervenire informazioni, proposte, idee, sostegno, sotto qualsiasi forma. Cominceremo a fare circolare materiali e riflessioni sui casi aziendali più eclatanti. E' necessaria la collaborazione di tutti, perché aumentino le adesioni al Comitato e si estenda il suo radicamento, sia come aziende, che come aree geografiche. Non lasceremo nulla di intentato. Non lasciateci soli…
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