INTESA SANPAOLO – NUOVI ORARI: “INDIETRO NON SI TORNA”…
A distanza di un mese dall'avvio del progetto Banca Estesa, è possibile tracciare una prima valutazione sull'impatto della nuova struttura degli orari.
Va ricordato il contesto in cui la nuova organizzazione del lavoro prende vita:
- la possibilità di estendere gli orari è stata conquistata dalle aziende in un contratto nazionale siglato sulla testa dei lavoratori e da questi bocciato in assemblea;
- i sindacati firmatari sono in evidente imbarazzo perché nessuno dei presupposti che dovevano fare da contorno ai nuovi orari sono stati rispettati dalla controparte;
- Intesa Sanpaolo, unica tra le grandi aziende ad applicare i nuovi orari, ha stabilito sin da subito di usare il modello "Voglio, Posso, Comando" sfruttando gli spazi contrattuali acquisiti con la massima rigidità "ideologica";
- i sindacati aziendali e i dirigenti periferici delle stesse sigle firmatarie si muovono su un terreno stretto e scivoloso, perché si rendono conto delle difficoltà del progetto, degli enormi disagi imposti ai lavoratori e dell'impossibilità di negare all'azienda i suoi "diritti esigibili".
Ne viene fuori un grande minestrone, per cui (quasi) tutte le strutture periferiche dei sindacati firmatari prendono posizioni pilatesche: non osano rinnegare o criticare quanto i loro vertici hanno firmato, ma non vogliono neanche condividere la responsabilità del disastro incombente. Da qui una patetica serie di distinguo e di accuse all'azienda, rivolte non al progetto in sé, ma alle modalità applicative adottate.
Come CUB-SALLCA riteniamo necessaria una riflessione seria sui contenuti del progetto, sulla sua applicazione e sui rimedi che riteniamo urgenti per riportarlo ad una dimensione condivisibile e sostenibile dal punto di vista che solo ci interessa: l'interesse dei lavoratori ed il diritto ad una vita lavorativa e privata decente.
Il primo aspetto che emerge è lo sfasamento temporale tra articolazione dei nuovi orari e chiusura delle filiali, con conseguente trasferimento dei lavoratori nelle filiali contigue. La carenza di organico nelle filiali e nella rete era evidente già prima: aprire gli sportelli per 64 o 66 ore alla settimana, dalle precedenti 32,5, a parità di personale, è demenza pura.
Il secondo aspetto è il coinvolgimento nell'allargamento anche delle casse. Dopo anni mirati a svilire l'attività di cassa, ridurla, smantellarla, spostarla sui back office o trasferirla sui canali remoti, questa ossessione per le casse aperte 12 ore al giorno appare contraddittoria. Sarebbe meglio intanto tornare a garantire un servizio efficiente, con organico adeguato, negli orari tradizionali, ritornando piuttosto a quando il cliente veniva servito in modo completo, gli veniva consegnata la ricevuta ed al back-office andava il minimo delle lavorazioni.
Il terzo aspetto è l'articolazione degli orari anche per i servizi di consulenza. L'affluenza del pubblico tende a concentrarsi negli orari tradizionali, comunque non prima delle 8,30 e non dopo le 19. Il sabato mattina invece sembra riscontrare (lo diciamo con un certo rammarico) un interesse notevole e questo non sorprende, data anche la concorrenza di operatori solidi come le Poste. Sarebbe ragionevole posizionare gli orari in modo confacente alle richieste del pubblico, ma rispettoso delle esigenze dei lavoratori (in tema di trasporti, servizi, ritmi familiari e, come vedremo, volontarietà).
Il quarto aspetto è l'impatto commerciale dei nuovi orari. I primi riscontri non sono particolarmente incoraggianti, perché le filiali che hanno aperto per prime appaiono in ritardo sui risultati, rispetto ai rispettivi coordinamenti. Nonostante i forti disagi imposti ai lavoratori, e anche tenendo conto della difficoltà fisiologica ad assestarsi sui nuovi equilibri, l'azienda non sembra aver conseguito alcun particolare vantaggio commerciale, anzi.
Qualcuno potrà sostenere che è presto per trarre bilanci definitivi. Vero, però se il buon giorno si vede dal mattino, sfidiamo chiunque a negare che si sia partiti con il piede sbagliato. E qui occorre un ragionamento che si confronti con i dati di realtà e che si sforzi di andare al di là del proprio naso. Se la scelta per aumentare la redditività è orientata allo sviluppo dei ricavi, non vediamo perché debbano essere penalizzate la qualità del servizio e le condizioni di lavoro quotidiane. Abbassare gli standard di servizio alla clientela e maltrattare i lavoratori è l'esatto contrario di quello che è necessario fare. La clientela ha diritto ad un buon servizio, il lavoratore deve poter svolgere i suoi compiti senza dover fare i salti mortali, l'azienda può conseguire i suoi fini solo con il consenso di entrambi.
Il progetto di estendere gli orari non deve rivestire solo carattere quantitativo, ma deve rappresentare l'occasione di un miglioramento qualitativo vero, basato su un modello consulenziale adeguato alla complessità della situazione. Cercare fonti di utile diversificate e sostenibili nel tempo richiede un grande investimento di risorse e di energie. Nel nostro settore significa principalmente tempo dedicato ai clienti. Significa investire sul personale, valorizzare l'occupazione esistente e crearne di nuova, viaggiare ad organici pieni.
Tutti gli aggiustamenti che sono stati proposti per sanare le assurdità del progetto iniziale possono essere utili, ma non sufficienti. Dagli apprestamenti per la sicurezza alla generalizzazione del cash-in cash-out, dall'introduzione del 4^ turno alla rimodulazione dei part-time, fino ad un'ipotizzata disponibilità a sospendere i nuovi orari ad agosto, possono derivare moderati miglioramenti, che non sono però in grado di cogliere o risolvere i problemi di fondo.
L'azienda sostiene ufficialmente che la scelta è ir-re-ver-si-bi-le e indietro non si torna: ci viene da ridere a pensare a quanti annunci simili abbiamo già sentito e la memoria corre ad un anno fa e alla grottesca vicenda dei referenti operativi. D'altronde i sindacati firmatari non potranno mai smentire se stessi, chiedendo modifiche concrete a quanto hanno irresponsabilmente firmato. La soluzione può venire solo dalla risposta dei lavoratori, attraverso i sindacati non compromessi.
La partenza degli orari estesi in una fase economica di recessione è un'idea balorda che non dubitiamo provenga da qualche consulenza profumatamente retribuita. Resta il fatto che il contrattotruffa consente ai vertici aziendali di procedere, ma alcuni correttivi seri sono indispensabili per evitare il collasso finale.
La prima e fondamentale questione è che i turni non possono prescindere da un corposo incremento degli organici che può derivare da tre strade.
L'orario esteso è stato "venduto" come strumento per riassorbire i presunti esuberi derivanti dalla chiusura di filiali. Cominciamo a dubitare della fondatezza dell'allarme (si era parlato di 5.000 esuberi!) ma, supponendo che la cosa abbia un senso, andrebbe ripristinata una sequenza logica: prima si chiudono le filiali, poi si determinano gli eventuali esuberi, poi si assegnano risorse alle filiali prima che partano con i nuovi orari.
La seconda possibilità è il recupero per la rete di risorse da sedi centrali e ISGS che hanno già dato, volontariamente, disponibilità in tal senso.
Come terza possibilità l'azienda ritorni al rispetto dell'impegno ad assumere 1.000 lavoratori (cancellato con un tratto di penna): altrimenti a che servono banca ore ed ex festività sottratti ai lavoratori e destinati al Fondo per l'occupazione?
Come secondo correttivo va detto che persino alcune funzioni aziendali hanno riconosciuto che dopo le 19,00 i clienti si vedono con il lumicino. Per questo riteniamo credibile limitare i nuovi orari dalle 8,30 alle 19,00 con chiusura degli sportelli alle 18,30. Nel nuovo CCNL sono rimaste le norme che garantiscono mezz'ora di stacco tra fine dell'orario di sportello e fine dell'orario di lavoro ed il limite di adibizione individuale di 6,30 ore allo sportello, salvo accordo aziendale che, ad oggi, non esiste.
Va quindi ripristinata la mezz'ora, sia per la quadratura delle casse, sia per i gestori ed i consulenti, prima che finisca la giornata lavorativa. Questo deve valere anche per chi esce alle 16,30, prevedendo che l'ultimo appuntamento sia fissato un'ora prima della fine del proprio orario e che non si debbano servire clienti fino all'ultimo minuto.
Va prevista la pausa caffè anche per il turno pomeridiano. Deve essere previsto il mantenimento della banca ore anche per chi effettua il turno del pomeriggio e il 6 per 6.
A queste condizioni si può introdurre la priorità alla volontarietà nella scelta dei turni ed uneffettivo rispetto delle esigenze familiari e di quelle dei pendolari.
Invitiamo i lavoratori ad aprire un dibattito su queste proposte che possono essere la base per avviare una vertenza, unica strada per evitare quanto di irrazionale sta avvenendo sotto i nostri occhi: lo spreco di risorse, la carenza di organico, lo scadimento della qualità del servizio, la pesantezza delle condizioni di lavoro in rete, l'aumentare dello straordinario non pagato, l'emergenza continua e costante nel fare funzionare la macchina organizzativa.
Una soluzione è possibile e nessuno può far finta di nulla, di fronte al rischio concreto di un collasso implodente all'approssimarsi delle ferie estive. Che nessuno osi negare che noi l'avevamo detto e soprattutto nessuno pensi di sfruttare un fallimento annunciato per passare al piano B, ovvero taglio dei costi e riproposizione degli esuberi. In questo caso non dovranno pagare i lavoratori, ma chi è responsabile di scelte sbagliate.
INTESA SANPAOLO
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