L'accordo del 19 dicembre 2012 è già stato ampiamente analizzato anche da altre sigle sindacali: in genere le firme separate generano una corposa letteratura critica.
Il problema è che non solo l'accordo è duramente penalizzante per i lavoratori, ma è anche funzionale ad un progetto di gestione, da parte dei manager, che non offre prospettive incoraggianti per il rilancio aziendale.
Profumo e soci hanno delineato un programma basato su due soli filoni d'intervento: taglio del costo dei lavoratori (anche attraverso esternalizzazioni) e aggressività delle politiche commerciali.  
Il primo punto ci vede contrari non solo per ovvi motivi di tutela dei lavoratori, ma anche perché il ritorno economico, visto pure in ottica aziendalista, non c'è (rimandiamo al nostro comunicato in risposta ad alcune dichiarazioni di Profumo).
Sul secondo punto ci verrebbe da dire che l'esperienza non insegna mai nulla. Basterebbe citare le vicende di Banca 121 per capire che certe pratiche, alla fine, diventano dannose anche sul piano economico, oltre che su quello reputazionale.

E' una questione che investe l'intero sistema bancario italiano: chiudere con pratiche commerciali aggressive, per passare ad un approccio di reale e qualificata consulenza al cliente, consentirebbe di acquisire un vantaggio competitivo enorme, oltre che prevenire il contenzioso giudiziario e ricostruire un rapporto di fiducia con gli utenti.
E' gravissimo che, tra le varie nefandezze dello sciagurato accordo del 19 dicembre, vi sia anche l'accettazione, da parte sindacale, di principi di incentivazione salariale legati a risultati individuali, che sono il corollario di politiche commerciali discutibili.
Quali benefici possano dare simili politiche, in una situazione obiettivamente complicata come quella del Monte, ognuno lo può immaginare.

Oltretutto ci sbilanceremmo a pensare che la situazione dei conti non sia del tutto trasparente: dopo le malefatte del vecchio management (sulle quali si pronuncerà la magistratura) si ha l'impressione che anche quello nuovo possa avere interesse a minimizzare la situazione (sull'argomento è stato presentato un esposto dal Codacons), per evitare una conseguenza che altrimenti diverrebbe inevitabile: la nazionalizzazione della banca.
Crediamo che questa misura andrebbe valutata serenamente, senza pregiudiziali aprioristiche, come abbiamo visto fare in una pregevole lettera aperta a Profumo di un lavoratore in pensione, Mauro Aurigi, che abbiamo contribuito a diffondere.

Oggi la situazione vede conti in affanno ed un prestito da restituire allo Stato con interessi salatissimi, insostenibili nell'attuale situazione di mercato.

Il management propone la ricetta di sacrifici a senso unico e di politiche commerciali aggressive.
Noi pensiamo che la banca si possa salvare solo percorrendo una strada ben diversa.
A questo punto lo Stato nazionalizzi la banca, mettendo i conti in sicurezza, affidandola ad un management interno, non compromesso con la passata gestione, che conosca il lavoro e sia in grado di svolgerlo bene, senza le fantasiose iniziative cui ci hanno abituato manager tuttofare provenienti da società di consulenza come McKinsey: davvero qualcuno pensa che Profumo, dopo le brillanti performances in UniCredit, sia l'uomo giusto per salvare MPS?

Noi pensiamo che MPS possa rinascere come banca al servizio del paese con un approccio corretto alle politiche commerciali, con un occhio di riguardo per la piccola e media impresa, con un rapporto virtuoso con il territorio, ma non per proseguire con pratiche clientelari.
Solo su queste princìpi è ipotizzabile la ripresa della banca, sulla base cioè di una redditività sostenibile, scevra da politiche di rapina, e attraverso la tutela delle condizioni dei dipendenti, a cominciare dallo stop alle esternalizzazioni ed al mantenimento dell'unità del processo lavorativo.
Su questo programma riteniamo che vada aperto un dibattito tra i lavoratori ed aperta una mobilitazione contro le attuali politiche tese a smantellare diritti e normative.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo MPS

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