DA SEGRETERIA NAZIONALE CUB SALLCA

Il 16/9/13 l'Abi ha disdetto il contratto nazionale del settore credito.
Un segnale "politico" per drammatizzare lo scontro, visto che il CCNL vigente produrrà regolarmente i suoi effetti fino al 30 giugno 2014, ma subito dopo andrebbe a decadere.
Torneremo a breve ad approfondire le implicazioni di questo gesto. La notizia è arrivata mentre ci apprestavamo a far uscire il volantino allegato.
Riteniamo che lo sciopero generale del sindacalismo di base del 18 ottobre (come spieghiamo nel volantino stesso) possa essere la prima risposta all'arroganza dell'Abi, da sempre sponsor del governo e delle sue politiche. Politiche, peraltro, dettate dagli euroburocrati e basate sulla riduzione dei diritti di tutti i lavoratori, bancari ed assicurativi compresi.
Tutto questo a prescindere dagli annunci di mobilitazioni dei sindacati concertativi di categoria. Mobilitazioni che proprio loro non vollero promuovere pur di far digerire l'ultimo rinnovo contrattuale, perchè altrimenti i bancari … avrebbero rischiato di rimanere senza contratto.
 


Molti lavoratori e lavoratrici pensano che gli scioperi aziendali siano più importanti di quelli di categoria e che solo al fondo vengano, ultimi, gli scioperi generali.

Mai come in questo periodo l'approccio andrebbe rovesciato. Le vertenze di categoria sono quasi scomparse, quelle aziendali limitate ai casi disperati, e comunque tutte vengono compresse nelle "gabbie" definite da accordi e vincoli stabiliti a livello generale. Addirittura gli ultimi accordi confederali (firmati da Cgil- Cisl-Uil) consentono agli accordi aziendali/territoriali di derogare in peggio al contratto nazionale (e nei nostri settori ne sappiamo qualcosa).

Tutto ciò dipende anche dalle politiche economiche varate dai governi degli ultimi 20 anni, con un'accelerazione prodotta dagli esecutivi "tecnici" e di "unità nazionale".
Sono politiche che hanno impoverito il paese, dilatato l'insicurezza sociale, accumulato ritardo tecnologico e prodotto una redistribuzione dei redditi a tutto favore delle elite dominanti, spogliando di diritti e reddito i lavoratori di tutte le categorie ed i ceti meno abbienti.

Contro questo stato di cose, il giorno 18 ottobre è stato indetto lo sciopero generale da parte del sindacalismo di base.

Dopo la pesantissima cura del governo Monti, l'attuale governo sopravvive sulla base del comune denominatore, bipartisan, di difendere i capitali, i patrimoni e le rendite, e viceversa tassare il lavoro e i consumi. La reclamizzata abolizione dell'Imu finirà per farci pagare di più come Service Tax, spostando il peso dalla proprietà al possesso, cioè dai ricchi ai poveri.

Al centro dello sciopero ci sono le priorità ben note: difesa e crescita dell'occupazione stabile, difesa del reddito e del potere d'acquisto, aumento dei salari più bassi, servizi sociali di qualità, lotta agli sprechi ed equità fiscale.

Serve un radicale cambiamento di rotta rispetto alle politiche recessive, applicate in tutta Europa, serve una svolta di politica economica, orientata allo sviluppo e alla giustizia sociale.

Nei prossimi comunicati preciseremo nel dettaglio i contenuti dello sciopero generale e le richieste che devono caratterizzare la lotta nelle nostre categorie.

Vogliamo uscire dalla palude della rassegnazione che, dopo anni di concertazione, politica e sindacale, regna in questo paese. Chiediamo un radicale rovesciamento delle politiche rovinose che, in tutta Europa, generano recessione e che in molti paesi stanno mettendo in ginocchio i popoli, costretti a sacrifici inauditi, che finiscono solo per peggiorare ulteriormente la situazione. Ridurre l'occupazione, comprimere gli stipendi, tagliare i servizi e abbassare i consumi finisce per peggiorare anche i saldi di finanza pubblica, come il cane che si morde la coda.

La crisi economica non è una catastrofe naturale, ma il risultato colpevole e consapevole delle politiche ricordate prima, che stanno colpendo i lavoratori di tutti i settori economici.

Ora anche bancari ed assicurativi si stanno accorgendo di non essere protetti dal disastro che avanza. La disdetta del contratto da parte dell'Abi ed i processi di ristrutturazione che coinvolgono importanti imprese assicurative dimostrano che nessun settore è indenne.

Se le aziende chiudono, le sofferenze aumentano e le risorse finanziarie diminuiscono, mettendo in pericolo anche il settore bancario/assicurativo, già provato dalle malefatte dei "bankers". Lo sanno bene i lavoratori di Fonsai, reduci dal fallimento Ligresti, così come i lavoratori di Ubis (UniCredit) e Daaca (Mps) alle prese con progetti di esternalizzazione in parte già realizzati. Lo sanno i lavoratori di Mps, di Carige o di Banca delle Marche, immersi in situazioni aziendali nebulose, incerte, imprevedibili. L'unica cosa certa è il tentativo dei manager e degli azionisti di sottrarsi alle proprie responsabilità e scaricare sul lavoro le conseguenze dei propri errori.

L'ultimo contratto nazionale del credito ha dimostrato che anche nel settore la democrazia sindacale viene calpestata per consentire di far passare accordi fortemente peggiorativi.

Per questo la scadenza del 18 ottobre deve vedere la convinta partecipazione di bancari ed assicurativi a fianco delle altre categorie di lavoratori. Non scioperiamo solo per solidarietà con chi sta peggio, scioperiamo per noi e per il nostro futuro.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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