Lo sciopero della categoria contro la disdetta del contratto da parte dell'ABI merita un intervento ed una riflessione anche da parte della nostra organizzazione.

All'inizio del 2012 ci eravamo opposti duramente ad un contratto che di colpo abbatteva norme ed istituti contrattuali consolidati, frutto di miglioramenti lenti e conquiste storiche. L'impianto contrattuale veniva seriamente picconato, in ossequio agli imperativi della crisi e alla caduta di redditività delle aziende bancarie. Il costo del lavoro bancario veniva ad essere l'unico imputato: comodo passare un bel colpo di spugna sulle responsabilità dei manager e degli azionisti, che hanno copiato tardi e male modelli di banca dimostratisi fallimentari anche in altri sistemi economici!

Il contratto toglieva diritti, abbassava le tutele, bloccava gli scatti, introduceva un salario d'ingresso ridotto, regolamentava i contratti complementari con più orario e meno salario, sterilizzava numerose voci retributive per l'accantonamento del t.f.r. (che poi le banche hanno esteso anche ai fondi pensione), estendeva l'orario di sportello fino al doppio di prima su discrezione aziendale, toglieva a tutti un giorno di libertà per finanziare il fondo per l'occupazione giovanile, imponeva il godimento "forzato" delle ferie ed altre amenità varie.

In cambio, concedeva qualche aumento salariale scaglionato (autofinanziato dalle riduzioni su TFR e previdenza integrativa), prometteva, almeno sulla carta, una tornata di assunzioni e favoriva il rientro di lavorazioni prima date in appalto all'esterno.

A 18 mesi dalla firma dell'accordo, avvenuta nell'aprile 2012, dopo una tornata assembleare molto combattuta, piena di colpi bassi, scorrettezze e falsità da parte dei sindacati firmatari, per isolare, ignorare e poi tradire la grande opposizione di massa (che bocciò nella sostanza l'intesa raggiunta), tutti sono in grado di riconoscere che la strategia sindacale ha fallito e che l'ABI è incontenibile nella sue richieste.

Tutta la parte "positiva" dell'accordo, quella che doveva compensare i "sacrifici", è rimasta lettera morta.

Di nuova occupazione neanche l'ombra: qua e là la conferma di qualche apprendista, già in servizio, magari brandendo la clava ricattatoria del licenziamento, per ottenere ulteriori vantaggi in sede aziendale, come è accaduto in Intesa Sanpaolo un anno fa. Invece le giornate di ferie o di ex-festività sono state regolarmente prelevate in automatico (a differenza degli striminziti contributi dei Top Manager) e versate sul Fondo per l'Occupazione, che adesso ammonta a 82 milioni di euro, inutilizzati!

Di rientro di lavorazioni, nessuna notizia. Le banche anzi ci hanno dato dentro per costituire nuove società, con altri partner, ed infilarci dentro centinaia o migliaia di lavoratori, tendenzialmente da sganciare da un contratto ritenuto troppo oneroso. Unicredit e Mps insegnano.

Invece l'estensione degli orari è partita, purtroppo, nella più totale irrazionalità organizzativa, nella banca di Micheli, che deve funzionare sempre da cavia, come per l'accordo del 2010 sulle assunzioni con contratti in deroga. L'enorme disagio arrecato ai lavoratori e gli imbarazzanti disservizi causati alla clientela gridano vendetta, ma il furore ideologico impedisce di rivedere un esperimento nato morto, questo sì costoso e inadeguato al modello di servizio oggi richiesto.

L'ultimo regalo dell'ABI ai sindacati ultra-firmatari è stato il mancato accordo sul fondo esuberi, dove sono "depositati" 15.000 lavoratori ed altri 20.000 devono transitare entro il 2020. Una situazione paradossale, perché si continuano a firmare accordi o annunciare piani che lo danno per scontato, mentre dopo il 31 ottobre, senza trasformazione in ente bilaterale, il Fondo Esodi potrebbe virtualmente scomparire dentro l'Inps. L'ennesimo ricatto (teorico: senza Fondo le banche non potrebbero mandare via i lavoratori più anziani) è palese, per inchiodare i sindacati ad un nuovo accordo che "restituisca" altri pezzi contrattuali e peggiori ancora un po' la nostra situazione…

E tutto questo si inserisce in una cornice dove migliaia di lavoratori bancari rischiano il posto per le scelte sbagliate o per i comportamenti penalmente perseguibili di banchieri incapaci, collusi o corrotti.

I documenti e le posizioni dell'ABI esprimono toni arroganti e tesi offensive, preannunciando una linea dura, tracotante, inflessibile. Nelle prese di posizione sindacali si intravede una speculare mancanza di progetto, una rinuncia a battersi davvero, una malcelata nostalgia per i bei tempi andati e la voglia di ritornare ad una qualsivoglia concertazione.

Solo una risposta adeguata da parte dei lavoratori può rompere questa incudine micidiale, che vede i banchieri chiedere e ottenere dai sindacati "amici" i favori necessari, sulla pelle di chi manda avanti la baracca.

Nella vertenza che si apre dobbiamo fare venire fuori (anche attraverso un nuovo ruolo del "Comitato No al contratto aiuta-banchieri") le nostre priorità: occupazione, riduzione d'orario, aumenti uguali per tutti, smantellamento del sistema incentivante, ritorno ad un modello di banca sostenibile.

Il nostro progetto deve crescere dal basso, essere discusso con modalità democratiche, venire arricchito dal contributo di tutti, imporsi alle controparti. Dobbiamo sperimentare la democrazia e pretendere che chi va a trattare ne tenga conto, ne risponda e ne tragga le conseguenze. Questa volta non accetteremo pastrocchi. Non vi deleghiamo più nulla. 

Smettiamo di subire, organizziamoci autonomamente, costruiamo il sindacato di base. 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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