SERVONO OCCHI APERTI, NERVI SALDI, DETERMINAZIONE E CONTINUITA'  NELLA LOTTA

Occorre avviare un'ampia riflessione in categoria dopo l'impatto emotivo della disdetta del contratto nazionale da parte dell'Abi. Va ribadito che non è in discussione l'attuale contratto, ma la sua prosecuzione oltre la scadenza del 30 giugno 2014. Con questo atto l'Abi esercita quanto previsto dall'art. 6 comma 4 del CCNL ("il contratto si intenderà tacitamente rinnovato per un triennio, qualora non venga disdetto almeno 6 mesi prima della scadenza") ma lo fa annunciando propositi bellicosi.

I sindacati firmatari lanciano l'allarme ma va ricordato anche quanto previsto dall'articolo  7 comma 1: "le organizzazioni sindacali dei lavoratori/lavoratrici stipulanti si impegnano a presentare la piattaforma ad Abi in tempo utile per consentire l'apertura delle trattative 6 mesi prima della scadenza del presente contratto", per accelerare le trattative di rinnovo e favorire la "saldatura" tra un contratto in scadenza e quello successivo.

L'inadempienza su questo punto è evidente poiché, per presentare la piattaforma entro il 31 dicembre, dovrebbe esserci già ora una bozza su cui discutere, far pronunciare gli organismi dirigenti sindacali,  per poi arrivare alle assemblee e all'approvazione dei lavoratori.
E' evidente che queste norme sono state fortemente volute dall'Abi ed è singolare che chi le  ha firmate mostri oggi sorpresa ed indignazione: le dichiarazioni roboanti dei segretari delle sigle firmatarie e le minacce di risposte durissime sarebbero state ben più utili e opportune quando venne rinnovato l'attuale contratto. Resta il fatto che per respingere le pretese dell'Abi si renderanno sicuramente necessarie lotte, anche prolungate, che però devono avvenire a precise condizioni se non si vuole che gli scioperi si risolvano in un nulla di fatto.

Il ricordo dell'ultimo rinnovo contrattuale è ancora fresco: i sindacati del primo tavolo presentarono una piattaforma molto avanzata (su alcuni punti persino più "oltranzista" di quella proposta dalla Cub-Sallca), subito abbandonata per recepire le richieste avanzate dalla controparte.
Dobbiamo ricordare le promesse che Abi e sindacati firmatari hanno usato per fare approvare dalla categoria il loro pessimo CCNL (quello del 19/1/2012) e che si sono dimostrate clamorosamente false?
A fronte delle 30.000 ipotetiche nuove assunzioni nell'arco di validità del nuovo contratto, si sono persi 5.800 posti di lavoro nel solo 2012. Dal 2009 al 2012 sono stati 30.000 i posti di lavoro bruciati nel settore. Nessuna lavorazione è rientrata, sono andate avanti le esternalizzazioni e l'estensione degli orari, laddove introdotta, ha significato solo pesanti disagi per chi lavora  e disservizi per la clientela.
Non si può evitare, oggi, di fare un bilancio di quella vicenda, dove alla fine il contratto venne dato per approvato senza aver mai reso noti i dati reali della consultazione e  usando   come argomento principale che o si accettava l'accordo o saremmo rimasti senza contratto.

Altrimenti si rischia di ripetere un copione già visto. L'Abi ha le idee chiare,  rivendica, tra le altre cose, il doppio contratto (uno per la rete filiali, uno per le sedi), l'azzeramento degli inquadramenti, la riduzione delle ferie e via di questo passo. In assenza di una piattaforma rivendicativa dei lavoratori si rischia una contrattazione solo difensiva per limitare i danni.
Non siamo certo disponibili ad accettare la riproposizione di una simile commedia, dove prima si scatena il panico ("ci tolgono tutto") e poi si giustifica un accordo al ribasso perchè altrimenti poteva andare peggio.

Inoltre sul tappeto c'è un altro problema che ha spinto l'Abi a mostrare i muscoli: deve essere rinnovato l'accordo sul Fondo di Solidarietà perchè la Legge Fornero (92/2012) impone la trasformazione dello stesso in ente bilaterale. L'Abi cerca di  sfruttare questo obbligo formale per tentare di ottenere l'obbligatorietà degli esodi e la contemporanea riduzione dell'assegno di accompagnamento alla pensione.
La legge Fornero pone la scadenza per trovare l'accordo al 31 ottobre ed è grave che su questo argomento non si sia ancora aperto un confronto con i lavoratori sulle rivendicazioni da avanzare, insieme ad una verifica e ad un bilancio sull'uso di questo strumento dalla sua origine.
Troppo spesso, infatti, il ricorso al Fondo è avvenuto non solo e non tanto per gestire esuberi, ma anche per consentire riduzioni di costi a prescindere dalle effettive situazioni di organico, determinando in alcuni casi  un aggravamento delle condizioni lavorative per chi rimane.
E' dal 1999 che l'esistenza del Fondo di Solidarietà viene utilizzato come merce di scambio per la firma di contratti nazionali indecenti: non deve più accadere!

Alla luce di tutto questo, vanno risolte subito le questioni della rappresentanza e del mandato. Chi propone scioperi deve dire quali sono gli obiettivi e tornare dai lavoratori a verificare se il mandato ricevuto è ancora valido mentre la trattativa procede e gli obiettivi (com'è normale accada in una trattativa) si modificano. In ogni caso il risultato finale dovrà essere verificato consentendo parità di presenza nelle assemblee, in caso di posizioni diverse, e verifica congiunta dei risultati.

I segretari dei sindacati del primo tavolo, usando toni bellicosi, hanno espresso il rammarico per il fatto che la disdetta da parte dell'Abi determini la fine dell'epoca felice della concertazione.
Su questo tema, da sempre, ci troviamo in contrapposizione alla linea dei sindacati concertativi, e c'è un aspetto di quest'epoca che andrebbe valutato. Ci riferiamo al fatto che negli anni sono cresciuti scandali bancari e vicende imbarazzanti che fanno sì che la definizione di banksters (banchieri gangsters) possa essere ben applicata ad alcuni top manager della categoria. Un nostro volantino dell'anno scorso si intitolava "bancari licenziati da banchieri inquisiti". La lista comprendeva Mussari (presidente Abi!), Passera, Profumo, Ponzellini, Verdini. Siamo garantisti e pensiamo che nessuno sia colpevole fino a condanna definitiva, ma da allora la collezione si è arricchita.
Mussari è incappato in nuove grane giudiziarie ed è stato costretto a dimettersi da presidente dell'Abi. Peraltro anche il vicepresidente dell'Abi, Berneschi, è stato dimissionato da presidente di Carige dopo l'intervento della  Banca d'Italia che ha censurato la sua gestione della banca ligure.
Banca Marche è stata commissariata, mentre i vertici di Banco Desio Lazio sono stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. E' una vicenda che abbiamo raccontato più volte perché il lavoratore che aveva denunciato alcuni episodi, Enrico Ceci, è stato licenziato. E poi si bloccano d'ufficio i conti di interdetti, minorenni e pensionati al minimo, scatenando il caos organizzativo ed il panico generalizzato, mentre i grandi elusori, evasori e criminali finanziari fanno quello che vogliono con la consulenza di banchieri compiacenti!
Aggiungiamo che l'epoca della concertazione è nata quando a capo dell'Abi vi era Maurizio Sella, a capo della omonima banca di famiglia, che non brilla esattamente come esempio di rispetto delle norme contrattuali!  E' proprio il caso di vantarsi di aver concertato con questi personaggi, anziché denunciarne le malefatte, e di aver sublimato quest'epoca felice con 20 anni di assenza di scioperi nazionali di categoria???

Da tutto questo si capisce che la chiamata alle armi dei sindacati firmatari deve partire dalla chiarezza su obiettivi e metodi e magari anche da un po' di sana autocritica.
La mobilitazione dei lavoratori è indispensabile per fermare le banche, ma deve perseguire obiettivi condivisi ed esprimersi con regole democratiche chiare: la delegazione trattante deve essere credibile e non tradire il mandato. Per questo è di vitale importanza il rientro in campo del Comitato No al contratto aiuta-banchieri, non limitato alla sola protesta ma anche con proposte rivendicative. Chi si è opposto al precedente contratto è l'unico soggetto con le carte in regola per chiedere il sostegno dei lavoratori contro le pretese dei banchieri!

Anche per questo è importante lo sciopero generale del sindacalismo di base del 18 ottobre.
Occorre partire dalla radice del problema: sono le politiche recessive dei governi degli ultimi anni (compreso l'attuale) ad aver creato uno stato di crisi permanente per tutti i settori economici, comprese banche e assicurazioni che non possono pensare di mietere profitti mentre il paese naufraga. E' inutile lamentarsi per lo "scenario" difficile se non si fa nulla per cambiarlo.
Il capo-delegazione dell'Abi, Micheli, si lamenta che la riforma delle pensioni ha lasciato i bancari ultracinquantacinquenni sul groppone delle banche, ma non siamo certo noi che abbiamo plaudito al governo dei tecnici Monti, Passera e Fornero. Perché non chiede a Letta e Saccomanni di ripristinare le norme pensionistiche precedenti?

Un'alta adesione allo sciopero del sindacalismo di base sarebbe un segnale chiaro e forte verso i banksters: non provate a chiedere altri sacrifici ai lavoratori!

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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