Nell'indifferenza generale lo scorso 16 settembre è stata proclamata la Giornata Mondiale del Telelavoro, strumento di flessibilità organizzativa che potrebbe favorire tanto le imprese quanto i lavoratori; invero ancora poco utilizzato nonostante la tecnologia pervada il nostro mondo.

E' emblematico che questa iniziativa in Italia sia passata del tutto inosservata. Le aziende si manifestano fredde verso questo nuovo modello organizzativo; un modello che secondo noi ha potenzialità che meritano un approfondimento pur nascondendo al suo interno anche qualche rischio.

Rischi legati alla sicurezza sul posto di lavoro, al rischio ergonomico, alla dequalificazione fino alla possibilità di essere discriminati o demansionati.

E nel nostro Gruppo? Qualche cosa si sta muovendo. Dopo la partenza pilota di Ucbp, ora spetta ad Ubis continuare nel progetto che non è più pilota, sperimentale, ma pienamente operativo; anche se con molti "se" e qualche "ma".

In primis l'assenza di un accordo sindacale che regoli la materia, oggi lasciata pienamente nelle mani aziendali e alla sua più ampia discrezionalità; non a caso il contratto individuale che viene fatto sottoscrivere ad ogni telelavoratore lascia parecchi dubbi sulla sua valenza giuridica e numerosi sono i punti in contrasto con il contratto di categoria e la normativa nazionale.

In Ubis poi è difficile per i lavoratori interessati al telelavoro riuscire ad accedervi; tutto è lasciato alla più ampia discrezionalità dei singoli responsabili. Facile per noi raccogliere segnalazioni di teleworker – o aspiranti tali – che comunicano palesi discriminazioni. Ci sono colleghi ai quali non vengono forniti strumenti di lavoro, altri ai quali viene negata la possibilità di seguire corsi di lingua, altri che vengono sottoposti ad indebite pressioni tipo "ti do il telelavoro ma tu…", responsabili che stabiliscono non solo con quali strumenti il lavoratore deve svolgere le sue mansioni ma anche la modalità con la quale tale lavoro deve essere svolto, cosa assurda e sconclusionata.

Insomma vi è una sorta di ipocrisia da parte di qualche responsabile, nell'indifferenza della funzione HR; perché si sa che ogni azienda è un sistema antropologico che non fornisce solo lavoro e stipendio ma anche un sostegno morale, un campo da gioco per il proprio agonismo competitivo, dove convivono  vittime da sacrificare alla propria aggressività e frustrazione,  capi cui dedicare la propria devozione infantile, all'interno di una socialità forzata, malata, distorta quanto si voglia, ma pur sempre socialità.

E' in questo difficile contesto che ricordiamo a tutte le lavoratrici ed ai lavoratori di Unicredit che la nostra organizzazione è a disposizione per fornire supporto e consulenza. Non rinunciate ai vostri diritti.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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