Nell'incontro con i sindacati del 29 maggio scorso, Intesa Sanpaolo ha comunicato novità importanti. La più rilevante riguarda la revisione sperimentale del modello di servizio in circa 150 filiali delle Direzioni Piemonte Liguria Val d'Aosta e della Direzione Milano e provincia.

Il nuovo modello prevede dal 7 luglio il passaggio di  11  filiali al modello "100%" commerciale (senza casse) e di 138   filiali (di cui 8 filiali estese) ad un orario ridotto di apertura delle casse (fino alle 13). L'attività di cassa tradizionale manterrà gli attuali nastri orari solo in una serie di filiali "complete", dove i clienti dovranno spostarsi per soddisfare i propri bisogni.

Il giudizio che diamo di questi continui andirivieni è estremamente severo. Crescono anche le preoccupazioni per la contraddittorietà dei messaggi che vengono inviati alla clientela, il conseguente disorientamento, la mancanza di certezze, gli inquietanti segnali di abbandono. Se perdiamo clienti finiremo per perdere masse gestite, quindi ricavi e redditività, e alla fine tutto finirà per tradursi in posti di lavoro in meno. Sbagliare le proprie mosse sul  piano commerciale non danneggia solo l'azionista, è interesse anche dei lavoratori che la strategia aziendale abbia un senso e una buona probabilità di esecuzione.

Da questo punto di vista il recente piano industriale si propone risultati fantasmagorici,  estrapolati evidentemente da un trend favorevole, riscontrato negli ultimi mesi sui volumi dei prodotti finanziari collocati ed estesi ottimisticamente sui futuri trimestri/anni. C'è un'evidente sottovalutazione dei rischi e si sorvola sul fatto evidente che la ripresa dei mercati (in particolare di quelli periferici dell'area euro, a partire da quello domestico) non può durare in eterno. La  salita dei mercati azionari (fatta eccezione per i paesi emergenti),  il record delle quotazioni raggiunto dai nostri titoli di stati, la rotazione incessante dei prodotti collocati, venduti, reinvestiti, a ritmi da speculazione selvaggia, non possono essere sostenibili nel medio-lungo periodo.

Quando il conto economico smetterà di crescere a livello accelerato per il freno ai collocamenti, resteranno soltanto i crediti incagliati, inarrestabili, ed il riconoscimento delle provvigioni sui "prodottini" di tutela, troppo esigue e graduali per compensare il resto.

L'entusiasmo per i successi immediati, ottenuto il più delle volte  con pressioni commerciali che sfiorano l'ossessione compulsiva, dovrebbe essere quindi smorzato e ricondotto a coerenza, fissando obiettivi più modesti, ma realistici.

In questo senso rimane centrale il rispetto della clientela, sia sul piano della gestione del risparmio, sia nella soddisfazione delle esigenze più elementari in termini di servizio tempestivo e affidabile.

Da questo punto di vista la logica che ha guidato le scelte aziendali ci sembra molto discutibile, oseremmo dire quasi inesistente. Hanno pesato certamente i cambi del management, in particolare in Banca dei Territori (Micheli, Morelli, Castagna, Messina, Lodesani?), ma anche nell'olimpo dei Ceo (Passera, Cucchiani, Messina) nell'arco di pochi anni, il fallimento di esperimenti come le Filiali Superflash, il ruolo nefasto delle società di consulenza, l'espansione territoriale, prima perseguita con accanimento , poi ribaltata di recente nella chiusura di migliaia di filiali, il cambiamento rapido delle abitudini dei clienti.

Il contratto del 19/1/2012 ha però aperto una porta larghissima alle manovre sugli orari di sportello e l'azienda (solo la nostra, ribadiamo) ha deciso di usare tutti i nuovi spazi discrezionali disponibili, con un furore ideologico degno di migliori cause. Nell'arco di pochi mesi, dal 2013, ha deciso di aprire 600 filiali dalle 8 alle 20, senza contrattare nulla con nessuno, come consentito dal contratto sciagurato, firmato dalle organizzazioni sindacali sulla testa dei lavoratori.

I lavoratori coinvolti, oltre 12.000, hanno dovuto affrontare, senza alcun compenso sostanziale,  né monetario né di riduzione d'orario,  disagi pesanti, legati alla girandola dei turni, alla gestione improvvisata di problematiche nuove, alla carenza di organico che si è subito dimostrata gravissima.

Nelle dichiarazioni aziendali l'estensione degli orari doveva servire ad assorbire l'occupazione diventata eccedente per la chiusura delle filiali e per la razionalizzazione delle strutture nei servizi centrali: nella rete sarebbero dovuti arrivare i lavoratori in fase di riconversione e riqualificazione professionale. I dati rassegnati a consuntivo nei periodici incontri trimestrali denunciano che gli eventi non sono stati né contestuali, né sufficienti a compensare le nuove esigenze della rete, lasciando le filiali in gravissime difficoltà, in particolare durante le ferie estive e le scadenze, ma in generale anche durante l'ordinario tran-tran, per le incombenze normative, i corsi, le assenze per maternità o malattia, la rinegoziazione dei part-time e così via.

La difficoltà delle filiali si è tradotta in un avvio difficilissimo di banca estesa, con code e tempi di attesa allungati a dismisura, per la carenza di cassieri e di casse aperte. Anziché porre rimedio a questo problema oggettivo con misure concrete (più cassieri e miglior organizzazione dei turni), l'azienda e soprattutto i suoi più zelanti esecutori hanno cominciato a premere per chiudere il più possibile le poche casse rimaste e forzare i clienti all'utilizzo dei canali remoti. Ne sono scaturite risse, discussioni, tensioni, tra la clientela esasperata, da una parte, e i poveri  colleghi esposti sul fronte delle casse e della linea di sportello, dall'altra.

Su questa linea di condotta hanno tenuto a distinguersi alcuni direttori e coordinatori, ben decisi a mettersi in evidenza per potersi fregiare del titolo di migliori "anticipatori" del ciclo. Così facendo hanno scaricato su altre filiali e su altri coordinamenti l'onere di servire i clienti alle casse violando le più elementari norme di correttezza e di parità di trattamento (oseremo dire di "competizione") interne alla stessa azienda.

Ora viene spontaneo porsi alcune domande.  Ci sono zone franche in cui ciascuno può decidere per sé e scaricare le grane sui punti operativi limitrofi? Sono comportamenti stigmatizzabili, o l'azienda condivide questo modo di fare? C'è un avallo dei vertici,  perché i risultati commerciali giustificano tutto? Sono risposte che sarebbe bene avere in forma pubblica e trasparente…

Intanto, dopo le roboanti dichiarazioni che "indietro non si torna", la macchina farà marcia indietro ed i clienti dovranno rassegnarsi a fare le operazioni di cassa di mattino presto, oppure cercarsi le casse aperte in filiali lontane. I cassieri dovranno adeguarsi ai nuovi orari e cambiare, in tutto o in parte,  mansione.

Non era più semplice usare la logica sin dall'inizio? Non si poteva lasciare intatto il servizio di cassa e continuare a lavorare come prima? Attivare una graduale e parziale estensione degli orari per la consulenza fino ad ore accettabili e gradite anche per la clientela (fino alle 18 -18.30?).

Il nuovo esperimento lascerà sul terreno nuove vittime e la partenza in un periodo "tranquillo" come quello estivo dimostra una volta ancora la profonda ignoranza, indifferenza, arroganza di chi ci comanda e di chi li consiglia.

Non facciamoci carico, come sempre, dei problemi che ci scaricano addosso con colpevole accanimento. La nostra pazienza è ampiamente esaurita e adesso dobbiamo reagire, denunciando pressioni commerciali intollerabili e code esasperanti.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Intesa SanPaolo

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