LA CRICCA DEI MAGRI E DELLE TESTE DI PERA
“Associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e alla truffa, successivo riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti tra Italia, Svizzera e Spagna”.
Sono le accuse che hanno portato all’arresto di Giovanni Berneschi (“Il magro”), di Ferdinando Menconi (“Testa di pera”) ed altri 5 personaggi, tra cui la nuora di Berneschi, Francesca Amisano, per aver organizzato, almeno dal 2006, un’operazione di compravendita di immobili a prezzi gonfiati (a spese della compagnia assicurativa Carige Nuova Vita), con plusvalenze intascate a titolo personale e reinvestite in altre attività (tra cui l’acquisto da parte di Berneschi dell’Holiday Inn di Lugano).
Ora l’inchiesta si allarga e si parla di altri 34 indagati.
L’organizzazione a delinquere non è stata messa in piedi da sprovveduti: Berneschi ha comandato per 20 anni la quinta banca italiana, è Cavaliere del Lavoro, ma soprattutto era vice-presidente in carica di Abi e Acri, che hanno atteso gli arresti domiciliari prima di prendere qualunque iniziativa di dimissionamento. La banda è accusata di avere intascato almeno 22 milioni di euro, sequestrati a Milano e Genova.
Incalcolabili i danni inferti dalla gestione Berneschi ad una istituzione bancaria che ha sempre avuto un ruolo determinante in Liguria e non solo, oggi ridotta a entità pericolante, con un aumento di capitale dall’esito incerto e richieste di ulteriori e drastici sacrifici ai lavoratori.
Eppure Berneschi è stato l’emblema di un sistema di gestione del potere bancario molto trasversale, un padre padrone che mediava gli interessi di Pd e Coop (Burlando), Forza Italia (Scajola e Luigi Grillo), la Curia di Tarcisio Bertone, i francesi della C.d.c., i privati della famiglia Bonsignore, e così via. Pare che dall’inchiesta emergano legami e coperture ad ogni livello, dalla Procura ai carabinieri, fino ai servizi segreti. Solo un caso (il maldestro tentativo di riportare in Italia le quote delle società illegalmente detenute all’estero) ha permesso la scoperta degli illeciti, dopo la defenestrazione del “Magro” nell’estate scorsa, in seguito alla gravissima crisi aziendale di Carige.
E’ solo l’ennesimo caso di banchieri inquisiti: Profumo e Ghizzoni sono indagati per la bancarotta di una impresa cliente (Divania), Ponzellini era finito agli arresti per i reati commessi in BPM (attinenti alla collusione con organizzazioni criminali), il Banco Desio ha subito condanne per anti-riciclaggio, il Monte dei Paschi ha visto decapitare i suoi vertici per varie inchieste connesse all’acquisto di Antonveneta e ai retroscena che nascondeva. Ultimamente le inchieste della magistratura hanno colpito sempre più in alto e toccato i santuari ritenuti intoccabili.
A Bergamo sono stati indagati Giovanni Bazoli ed Emilio Zanetti, nell’ambito dell’inchiesta UBI che cerca di appurare se l’attività di leasing servisse anche a procurare regali e favori a personaggi importanti: il primo è dalla metà degli anni ’80 l’uomo forte del sistema bancario, il principale tessitore delle operazioni “di sistema” (Telecom, Alitalia, Rcs, ecc.), il secondo è, come era Berneschi, vice-presidente dell’ABI.
L’ABI sembra specializzata nell’avere leader ingombranti: fino al gennaio 2013 è stata presieduta, per ben due mandati, da Giuseppe Mussari, il principale responsabile del disastro Monte dei Paschi, sempre pubblicamente difeso. Soltanto i terremoti giudiziari sembrano far prendere coscienza all’Abi della qualità dei suoi manager…
Se la privatizzazione del sistema ha prodotto questo scempio, se il meglio che i banchieri associati riescono a selezionare è questo, allora era meglio quando le banche erano pubbliche e perlomeno rispondevano a criteri di orientamento del credito non solo dettati dalla ricerca del profitto (societario e, ahimè, personale).
Come si può continuare a parlare di sacrifici per i lavoratori in questo contesto? Come si fa a parlare di tagli e di riduzione dei costi del personale? Quanto ci sono costati invece gli errori e i reati contestati (siamo garantisti…) a Mussari, a Berneschi, a Ponzellini, a Bazoli, a Profumo, a Ghizzoni?
Dov’erano la Banca d’Italia, l’Isvap, la Consob, prima che si muovesse la magistratura?
E perchè è sempre necessario che cadano i potenti prima che qualcuno muova un dito?
Dove sono i sindacati che trattano e firmano accordi con questi banchieri, incensando ogni volta la controparte dialogante, anche quando è rappresentata da personaggi impresentabili? Non hanno mai niente da dire sui bilanci, sui mezzi utilizzati per ottenere i risultati, sui conflitti d’interesse, sui rapporti consociativi tra i vari esponenti delle lobby, sulle porte girevoli tra politici, amministratori, affaristi?
Perchè non denunciano le porcherie? Non toccherebbe a loro svolgere un ruolo di controllo dal basso?
Sarebbe bene ricordare tutto questo quando, tra qualche giorno, comincerà la trattativa per il CCNL: non quanto costiamo noi, ma quanto ci sono costati LORO!
Credito e Assicurazioni
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