disdettacontrattoAlla fine, dopo svariati incontri inconcludenti al tavolo di trattativa, l’Abi ha disdettato il contratto in scadenza al 31 dicembre 2014, con effetti dal 1 aprile 2015.

Un bel pesce d’aprile dopo che la minaccia era aleggiata nei giorni precedenti,  provocando la reazione dei segretari dei sindacati firmatari che  avevano alzato la voce di fronte all’ipotesi di una disdetta del contratto,  minacciando terribili reazioni, che magari sarebbero state più opportune in occasione dell’ultimo rinnovo contrattuale, quando l’accordo-bidone del 2012 venne giustificato proprio con il timore di una disdetta.

Quanto accaduto era già stato anticipato da Alessandro Profumo a Focus Economia di Sebastiano Barisoni su Radio 24” del 26 novembre:

La nostra volontà è quella, prima o poi di fare un contratto. Se per il 31 dicembre non è successo nulla, e comunque la disdetta deve essere data, noi potremmo dire che la eventuale disapplicazione avviene dopo un certo periodo di tempo se non si fa un accordo”.

Il ricatto della cessazione degli effetti del contratto dal 1 aprile 2015 non dovrà essere un alibi per una chiusura al ribasso.

Un’Abi mai così screditata, che ha avuto ai suoi vertici Mussari e Berneschi e che ora affida la trattativa all’indagato Profumo, non può permettersi di fare la morale sui costi dei lavoratori.

Auspichiamo che nelle assemblee i lavoratori si pronuncino chiaramente per la mobilitazione e gli scioperi, ma su obiettivi ben definiti.

Abbiamo sentito il segretario della Fabi, Sileoni, ed altri tuonare contro i propositi dell’Abi di un blocco strutturale degli scatti d’anzianità e la revisione delle voci di calcolo del TFR. Molto bene, ma non sono certo questi gli unici problemi sul tappeto.

Nello stesso tempo ci preoccupa il segretario della Uilca, Masi, quando afferma che “i cassieri sono in via di estinzione, i bancari devono essere sempre di più gestori, consulenti e venditori di prodotti” (Eco di Bergamo, 26 settembre 2014). La parolina venditori ci inquieta perchè ha un significato ben preciso, che svilisce la professione del bancario e apre la strada all’idea che ha l’Abi del lavoro in banca.

Se poi si riflette sul fatto che nella piattaforma dei sindacati del primo tavolo c’era l’ennesimo, ambiguo, tentativo di regolare il sistema incentivante anche in relazione ai budget (laddove si deve operare per la loro completa eliminazione), si capisce che forse il terreno di incontro con l’Abi non è così distante.

Inoltre, se il futuro dei bancari è fare i venditori, che futuro verrà riservato  ai colleghi dei consorzi? Sarà per questo che concluse le assemblee di approvazione della piattaforma, i sindacati trattanti hanno tirato fuori, in modo del tutto scorretto, perchè non hanno chiesto ed avuto nessun mandato in tal senso, l’idea di un mega consorzio di categoria?

E’ evidente che l’Abi la sua idea di contratto la sta già applicando nei principali gruppi bancari, dove si assiste alla continua chiusura di sportelli, riduzione delle casse, aumento delle pressioni commerciali, esternalizzazioni di parti del consorzio (MPS e Unicredit in prima fila).

La categoria va chiamata alla mobilitazione su una linea di contrasto complessivo a queste politiche. Quello che è in gioco è il modello di banca del futuro, il cui esito riguarda i lavoratori ma anche i clienti e l’intero paese.

Per questo la battaglia contrattuale va portata anche all’attenzione dell’opinione pubblica denunciando le malefatte dei banchieri.

Per parte nostra riproponiamo ai lavoratori i contenuti della nostra piattaforma che su alcuni punti si è dimostrata più coerente e più seria di quella dei sindacati trattanti. Si pensi alle richieste salariali, ben inferiori nella nostra piattaforma (ma in una fase di recessione/deflazione sapevamo bene che non si potevano fare richieste esagerate, per questo avevamo chiesto, in questo contesto, 100 Euro di aumento uguale per tutti), ma accompagnate da un rafforzamento delle voci “strutturali” (automatismi e scatti d’anzianità) che non a caso sono state oggetto degli attacchi dell’Abi.

In conclusione, chiameremo i lavoratori a lottare con determinazione ma anche con lucidità e consapevolezza degli obiettivi da raggiungere. Non sarà accettabile una gestione della vertenza, nel merito e nel metodo, come quella che ha portato alla firma dell’ultimo contratto.

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