Essere o non essere Essere o non essereLa decadenza del clima lavorativo, l’evaporazione dei diritti delle persone (dentro e fuori i luoghi di lavoro) e (non a caso) la contemporanea dissolvenza della corretta attività sindacale sono evidenti, ma la maggioranza di noi non ci fa caso, come la rana nella pentola sul fuoco…sì sentiamo che la temperatura si fa man mano più calda, ma rimaniamo sul fondo, fermi e sempre più “bolliti”.

I più anziani sperano di uscire/esodare/prepensionare al più presto; i più giovani sperano di rimanere, di essere confermati, di essere “inquadrati”, più in generale la maggioranza assoluta dei lavoratori pensa che la propria tutela passi per l’azione autonoma del Sindacato, che tutto sa e tutto può, forte della delega in bianco che loro stessi gli hanno da anni consegnato.

La realtà è un’altra, lo dicono i fatti storici e lo confermano le statistiche: il Sindacato da solo (…o meglio la miriade di sigle sindacali confederali/autonome/ di settore/di categoria, ecc…) niente sa e niente può fare se non firmare porcherie nazionali o locali, settoriali o aziendali, con lo scopo principale di auto-conservarsi come struttura burocratica e finanziarsi con i servizi di assistenza fiscale, assicurativa e formativa; lo vediamo da anni, lo borbottano in tanti da molto tempo, ma poco o nulla facciamo per cambiare le cose… evidentemente in fondo ci va bene così.

Il Sindacato (nella sua accezione corretta e storicamente migliore) è: L’insieme di lavoratrici e lavoratori  costituito  in  associazione con  rappresentati  e  rappresentanti  (eletti democraticamente e soggetti a periodica verifica del loro operato) che cooperano in modo continuo e attivo, sostenendosi e stimolandosi vicendevolmente per assumere le corrette strategie e tattiche da impiegare nel continuo conflitto tra Capitale e Lavoro.

Lo   abbiamo   già   detto   e   scritto   tante   volte,   ha   senso   ripeterlo   ancora?   Dire,   ridire, dormire…sognare forse? Sì sognare che, a partire dal Mondo del Lavoro, le persone la smettano di delegare ad altri la tutela dei loro diritti, della loro vita, senza pretendere di contare veramente, senza chiedere di avere  reale e continua voce in capitolo (stesso discorso vale più in generale per la Politica, per la Res Pubblica).

Tutto si ripete, in stanchi riti: le firme degli accordi (generalmente di merda) in tarda serata o all’alba, dopo “eroiche” trattative, le successive rare assemblee-monologo, fuorvianti, noiose, castranti, poi le votazioni “a spanne”, i referendum evitati come la peste, le voci dissonanti isolate, bloccate, aggirate (magari con le assemblee divise per iscritti/abbonati come per il CCNL del 2012). I regalini di Sigla a Natale, il comunicato in sindacalese ma “con il petto in fuori” quando il Padrone annuncia l’ennesima ristrutturazione “lacrime e sangue” (che poi si condivide nelle “premesse” relative all’immancabile accordo che segue, anno dopo anno, semestre dopo semestre) poi le frasi di circostanza nei corridoi per “rasserenare” i preoccupati, le battutine sferzanti a quelli (pochi) che protestano veramente, con i classici : <<è facile dire sempre di NO!>> , <<bisogna essere responsabili>>, << le cose e gli accordi   vanno viste nel loro insieme, ci sono anche cose positive…>>, << la  tua è solo demagogia, solo qualunquismo>>.

…E già!  Com’è dura la vita del “sindacalista” nei reparti o negli uffici, per fortuna che ogni anno ci sono almeno un paio di direttivi e spesso qualche congresso dove andare a “ricaricarsi”, per stare tutti insieme e sentirsi giusti e forti!

La  stanca  routine  va  avanti  grazie  al  nostro  permesso  (inteso  come  inerzia  generale  delle lavoratrici e dei lavoratori) e continuerà fino a quando la “base”, anziché sopportare il “peso” del vertice, si convincerà a cambiare radicalmente atteggiamento, passando dalla passività e dalla delega “in bianco”, alla proattività nei confronti dell’attività sindacale (che non è di pertinenza dei soli sindacalisti!!!).

Tutto questo poi non basta: dobbiamo capire che è in atto una vera e propria guerra ai posti di lavoro, che ne attacca sia il numero che la qualità, guerra alla quale si deve reagire non solo con quanto detto sopra, ma anche con una sempre maggiore responsabilità verso la nostra attività lavorativa, volta a difendere quel che rimane della nostra professionalità.  Ai banchieri non frega niente dei bancari che sia chiaro a tutti, questa poltiglia lavorativa, questo “casino” di mansioni a pezzi e bocconi, è funzionale non solo per giustificare il livellamento dei ruoli (e quindi delle retribuzioni) ma anche e soprattutto per convincerci a sentirci delle “zavorre inutili” e per farci comportare come tali. La mossa finale sarà quella di eliminare le suddette zavorre.

L’immagine   che   sovrasta   questo   “sfogo”   è   emblematica:   un   essere  spremuto,  svuotato, “riavvitato”  da  una Matrigna/Zoccola con diverse  “creature” attaccate al culo, che osservano senza far nulla…a cosa vi fa pensare?

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