smart2Egr. Dr. Antonio Beraldi,

abbiamo letto con interesse l’articolo pubblicato da Corcom.it, il quotidiano online di riferimento della digital community italiana, dal titolo “ Smart working, addio a uffici e scrivanie. Ecco i pionieri del lavoro agile” che riporta una sua intervista sul tema “smart “working”.

Non  ci  addentriamo  nel  contenuto  dell’articolo  che  in  fondo  aggiunge  poca sostanza  ad  un  tema  oggetto  d’attenzione  in  Unicredit  da  più  di  un  anno. L’intervista riporta le solite notizie trite e ritrite che Unicredit sbandiera ad ogni occasione. Bene o male le solite dichiarazioni di rito, molta propaganda e pochi contenuti; ma forse dovremmo dire più male che bene visto le imprecisioni riportate che sicuramente saranno da ascrivere a chi ha redatto l’articolo e non certo a Lei.

Lo “Smart Work” è un progetto di revisione delle allocazioni di spazi e modalità di lavoro in cui Unicredit sta investendo notevoli risorse, poco importa se poi questi decantati risparmi – reali o virtuali? – saranno fatti a spese dei lavoratori e degli utenti.

Già perché la rivisitazione degli spazi è fatta sulla base di statistiche stilate da consulenti esterni e spesso legate a realtà neppure italiane. “Gli americani insegnano che il 20% delle postazioni di lavoro non viene utilizzata” era stato dichiarato alla presentazione del progetto giusto un anno fa a quei colleghi di Ubis che si apprestavano a traslocare nella Palazzina A ai piani 4° e 5° in modalità “Smart Work(ing)”. Statistiche che avevano messo in evidenza da subito la limitata affidabilità, non a caso nell’Area Planning   “l’overbooking” era la regola, e si è dovuti correre subito ai ripari costringendo colleghi ad utilizzare aree dedicate per gli “informal meeting” o le focus area per non restare in piedi.

E a distanza di un anno poco è cambiato.

Non solo. Le strutture e gli arredi già mostrano i loro limiti. Al quinto piano è difficile trovare nei salottini un tavolo che non traballi, senza considerare che le lampade in queste aree sono prive di lampadine (ce le dobbiamo portare da casa? Basta saperlo!).

Dobbiamo forse pensare che gli investimenti per gli arredi siano stati “dirottati” per la realizzazione del “giardino zen” al quarto piano? Una spesa che “radio serva” quantifica in alcune centinaia di migliaia di Euro, il tutto per garantire una vista decente ai nostri Top Manager. Non è forse eccessivo?

Tagliamo il personale ma non gli sprechi. Una politica HR quanto meno discutibile. La rumorosità delle location, le chiacchiere ininterrotte dei colleghi, seguite dal costante passaggio di persone tra le scrivanie, sono tra i fastidi principali. Se poi ci aggiungiamo climatizzazione inefficiente, impianto d’illuminazione inefficace e limiti nella dotazione tecnica (pc, locker, giusto per citarne alcuni) la frittata è fatta.

L’Azienda per adempiere alle disposizioni di Legge ci impone di svolgere corsi on line sulla salute e sicurezza in cui dichiara che ogni lavoratore non può utilizzare per lavorare il proprio PC portatile se non collegato ad un monitor ed una tastiera esterna, che occorre rendere ergonomica la postazione di lavoro, ma poi nella realtà uno si deve adattare a tutt’altro tanto che ci sono colleghi che per evitare di ritrovarsi col mal di schiena o problemi alle articolazioni si affidano a coloro che arrivano presto in ufficio per farsi riservare dei posti decenti.

Dalla prenotazione delle sale riunioni a quella della scrivania. Avete già pensato ad un’App da istallare sullo smartphone?

La cosa è ovviamente ironica…ma ci sarebbe da piangere…

Si sta stretti e si perde concentrazione facilmente. Le aree che dovrebbero essere utilizzate come “pensatoi” sono occupate da chi non trova una postazione di lavoro e questo vanifica l’applicazione delle regole che dovrebbero garantire una gestione ottimale del lavoro. Ormai vige l’anarchia; ognuno fa ciò che vuole.

Le aree che dovrebbero garantire privacy durante le telefonate hanno i muri di carta velina, di fatto non tutelano nulla.

L’affannosa ricerca del posto di lavoro al mattino e qualche battibecco tra i colleghi dimostrano che forse questa metodologia di lavoro non è poi così ottimale. E mentre Ubis ai consulenti esterni rende disponibili postazioni di lavoro fisse, ai dipendenti toglie la scrivania. Anche questa è una politica HR quanto meno discutibile ma soprattutto, dal nostro punto di vista, inaccettabile.

Se l’organizzazione del lavoro attuale impone sempre più la condivisione degli spazi in ufficio, la decisione su come utilizzarli andrebbe presa tenendo conto di tutti gli aspetti che quotidianamente coinvolgono l’ambiente professionale. Altrimenti il rischio è che ad aumentare siano solo le tensioni tra i colleghi e lo stress dei lavoratori.

Ci aspettiamo quindi che Lei prenda a cuore la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori su questo tema, affinché i pionieri del lavoro agile non diventino martiri da sacrificare in nome di una (presunta) spending review, perché che se ne dica, lo smart working parte dalla volontà di risparmiare sulle postazioni di lavoro e non da strani astratti concetti di condivisione sociale ed è figlio delle ennesime consulenze inutili perché si sa, le decisioni strategiche sono prese fuori dall’azienda.

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