ASSEMBLEE E DEMOCRAZIA SINDACALE , SERVE URGENTEMENTE UN SINDACATO CHE PARTA DALLE ESIGENZE DEI LAVORATORI E NON DELLA CONTROPARTE
Abbiamo atteso un po’ di tempo per commentare il recente giro di assemblee sugli accordi di secondo livello. Aspettavamo un comunicato delle sigle firmatarie, che fornisse i dati nazionali, ed il 20 gennaio è arrivato: uno scarno commento, con dati disaggregati per macroregioni, che comunica l’approvazione degli accordi con l’86% di favorevoli su una platea di 14.561 votanti.
Qualche confronto con i dati in nostro possesso sulla provincia di Torino è utile per un’analisi più approfondita.
Il risultato più in linea con quello nazionale è quello del Centro Contabile di Moncalieri: i dati a nostra conoscenza ci parlano di 130 favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti, con una partecipazione al voto abbondantemente al di sotto del 10%!!!
Sconcertante il modo di condurre le assemblee sulla rete filiali.
Nella prima assemblea tenutasi sull’Area Torino è stato annunciato dai sindacalisti presenti al tavolo che l’assemblea non aveva alcun potere decisionale, che gli accordi erano già operativi e che il voto finale avrebbe solo misurato il gradimento dei lavoratori.
In un crescendo di dichiarazioni, pochi giorni dopo, in un’altra assemblea è stato ulteriormente precisato che, come previsto dal contratto nazionale, se gli accordi di secondo livello vengono firmati da sindacati che rappresentano il 51% degli iscritti la questione è chiusa e le assemblee sono solo una gentile concessione.
Visto che ormai le assemblee sono “per conoscenza”, in tre concentramenti della cintura torinese, Orbassano, Rivoli, Moncalieri (dove peraltro il dibattito non aveva espresso un grande entusiasmo per gli accordi sottoscritti) alla fine è stato deciso di non votare neppure.
Ovunque si è assistito ad un tentativo di tirare in lungo le assemblee, favorendo la “fuga” dei colleghi dopo una certa ora e lasciando a votare un numero di lavoratori piuttosto esiguo.
Nonostante tutto questo, il “plebiscito” a favore delle slides aziendali, mascherate da accordo sindacale, non è riuscito, perlomeno a Torino città, dove i voti favorevoli hanno superato i contrari di una manciata di voti e, comunque, sono rimasti abbondantemente sotto il 50%.
Questo esito, ovviamente, non dipende dal fatto che i colleghi di Torino sono “geneticamente” diversi dal resto d’Italia, ma solo dall’opportunità di poter sentire, in quasi tutte le assemblee, una voce di dissenso, grazie alla presenza diffusa dei nostri quadri sindacali sulla piazza.
A riprova di questo, il risultato della provincia di Torino (dove la nostra presenza è meno capillare) vede un 70-80% di voti favorevoli (i dati in nostro possesso sono incompleti), peraltro inficiato dal numero di votanti molto basso, anche per il non voto dei tre concentramenti, già ricordato.
Questi episodi diventano ancora più significativi considerando che, soprattutto in provincia, le campagne di tesseramento dei sindacati firmatutto si basano sulla necessità di raggiungere gli 8 iscritti, su alcune piazze, per poter costituire la RSA e ottenere il diritto a poter fare le assemblee.
Abbiamo assistito ad un brutto spettacolo, dove la democrazia è sostituita dalla presunzione di rappresentanza derivante dal numero di iscritti dei sindacati al tavolo: il meccanismo (peraltro previsto dagli ultimi contratti nazionali) è che la firmadeisindacaticonilmaggiornumerodiiscrittivalepertuttienonpuòessere messain discussione.
E allora tanto vale prenderli sul serio: la scelta del sindacato cui iscriversi deve essere fatta in modo responsabile.
La nostra polemica sugli accordi firmati sotto dettatura è confermata dai fatti, visto che è esattamente quello che è successo con la contrattazione di secondo livello e non viene più nemmeno nascosto.
Tutti possono verificare, guardando la busta paga, come gli aumenti (futuri) dell’ultimo contratto nazionale siano finanziati dal taglio (immediato e retroattivo) su TFR e previdenza integrativa.
Per tornare agli accordi aziendali, tutti possono rendersi conto come, mano a mano che si viene a conoscenza della classificazione della complessità di filiali e portafogli, si manifesti la piena discrezionalità aziendale.
Non parliamo poi delle pressioni commerciali: vi pare sia cambiato qualcosa?
Ancora una volta emerge l’esigenza di un sindacato che rappresenti una posizione autonoma dei lavoratori e non subisca semplicemente l’iniziativa della controparte e che sia presente, in modo organizzato, su tutto il territorio nazionale.
Iscriversi alla Cub Sallca e partecipare attivamente alle nostre attività è la strada percorribile da chi non è più disponibile ad accettare questo stato di cose.
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