lottefranciaLa CUB-SALLCA è ovviamente al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori francesi da mesi, ormai, in lotta contro la Loi Travail, il loro Job Act per capirci.

Stridente è il contrasto con il nulla che è successo in Italia in primo luogo a causa della passività dei sindacati concertativi.

Allucinante il velo di silenzio che i principali mass media tentano di stendere su quanto sta accadendo.

Anche la maggior parte dei nostri colleghi ha un livello di informazione e conoscenza dei fatti del tutto inadeguato.


A SEGUIRE (e in allegato) TROVATE UN EFFICACE DOCUMENTO PREDISPOSTO DALLA NOSTRA STRUTTURA DEL MONTE PASCHI. 

Naturalmente la situazione è in costante evoluzione (si parla di casse di resistenza internazionali, di manifestazioni di fronte alle ambasciate francesi,…) e, per quanto possibile, cercheremo ancora di informarvi su eventuali iniziative che coinvolgano direttamente la nostra organizzazione ed il sindacato di base in generale.

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SOSTENERE LA LOTTA DEI LAVORATORI FRANCESI, RIPRENDERE QUELLA IN ITALIA

La grandiosa mobilitazione della classe lavoratrice francese per il ritiro della Loi Travail, dopo aver mostrato la forza della compattezza e della determinazione, inizia ad essere attaccata dal capitale e dai suoi mestatori politici e mediatici, con le consuete formule ideologiche che fanno perno sull’incompatibilità di quanto richiesto dai lavoratori, con le esigenze relative alla competitività del Paese sullo scenario internazionale. È una commedia già vista fin troppe volte, seppur con declinazioni diverse. È, in fondo, lo stesso ricatto posto al popolo greco al tempo del referendum.
La Loi Travail per alcuni aspetti ricalca il Jobs Act del governo Renzi, per altri anticipa quelle che sono le richieste presenti nell’agenda della Confindustria.
Il provvedimento del governo Hollande pone gli accordi aziendali in posizione prevalente rispetto ai contratti collettivi, estende la possibilità dei licenziamenti economici anche per l’abbassamento significativo degli ordinativi o per una riorganizzazione aziendale, offre al datore di lavoro la possibilità di imporre per cinque anni riduzioni di salario e aumenti dell’orario di lavoro.
La lotta dei lavoratori francesi riafferma la centralità del lavoro nei processi di trasformazione sociale, rompendo la cortina che ne aveva relegato il ruolo a mera appendice di dinamiche economiche e finanziarie autoreferenziali.
Questa volta noi lavoratori europei non possiamo fallire. Nostro compito è quello di delineare una chiara strategia di sostegno alla protesta francese.
Alcune organizzazioni sindacali e politiche hanno proclamato giornate di mobilitazione con manifestazioni e presidi davanti ai consolati francesi, in diverse città d’Italia.
Accanto a queste iniziative, noi proponiamo l’istituzione di una cassa di resistenza a supporto dei lavoratori francesi, che dopo un periodo di intensa mobilitazione, si apprestano ad affrontare il peso dello sciopero illimitato, proclamato dal fronte sindacale che si oppone alla controriforma del lavoro.
La cassa di resistenza va collocata in una prospettiva a lungo termine, nella quale si dovranno sviluppare forme maggiormente strutturate di lotta su scala sovranazionale, forme che finora si sono realizzate per quanto concerne l’Europa, attraverso la fusione a freddo dei vertici burocratici sindacali, senza alcun reale peso sulla dialettica tra imprese e lavoratori.
Da ciò l’inevitabile marginalità politica del lavoro, con il proliferare di “riforme” ostili attuate da governi di destra o di “sinistra”.
Le condizioni dei lavoratori – strette tra la morsa delle politiche deflattive assunte dalle autorità europee e la posizione di forza del capitale, determinata dalla sua ampia capacità di spostarsi alla ricerca di un costo del lavoro inferiore – stanno progressivamente tornando ad essere quelle preesistenti alle conquiste del movimento operaio del secondo dopoguerra.
Con la cassa di resistenza, oltre a perseguire lo scopo di un sostegno concreto alla lotta dei lavoratori francesi, possiamo esprimere la nostra distanza dai vertici dei nostri sindacati collaborativi e dalla loro inerzia complice.
Che continuino a non proclamare scioperi per riforme come quella della Fornero o il Jobs act, passate come noto, senza colpo ferire. Che perseverino sulla strada dell’ammiccamento con un potere politico, che non si sbarazza di loro definitivamente, solo per il ruolo di ammortizzatori del conflitto sociale che continuano a svolgere. Lasciamoli soli a raccogliere firme per una Carta dei diritti universali che mai nessun parlamento nazionale approverà, visto che dovrebbe verificarsi una completa inversione di tendenza, degli stessi rappresentanti che hanno provveduto a smantellare il perno su cui si reggeva lo Statuto dei lavoratori, attraverso la cancellazione dell’articolo 18, di cui le imprese richiedono ora l’applicazione nella nuova forma senza reintegro, anche per gli assunti prima dell’entrata in vigore del Jobs Act…
Cruciale diviene allora porci al fianco dei lavoratori francesi, per sostenere la loro lotta e per riprendere quella in Italia. Tutto deve contribuire a materializzare la nostra presenza al loro fianco, anche per rompere il muro di silenzio che i nostri asserviti mezzi di comunicazione di massa hanno innalzato su tali vicende.
Il limite del contesto nazionale si può abbattere così.
Oggi il fuoco divampa in Francia. Domani sarà di nuovo in Grecia o in Portogallo. Chissà forse in Italia.
E avremo solo una certezza: quanto faremo adesso, verrà metabolizzato dal soggetto collettivo in fieri, di respiro europeo, che accrescerà sé stesso.
La lotta di ci dirà il resto.

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