Morelli e la rottamazione degli orologi
Durante il XXI Congresso della Fabi, l’amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, Marco Morelli, ha dichiarato le seguenti cose:
- La banca deve tornare a fare utili.
- Se i lavoratori rispettano l’orario di lavoro, andando via dopo sette ore e mezza, i risultati non possono raggiungersi.
A voler pensar male, sulla base di quanto detto esplicitamente dall’AD, si potrebbe ricostruire l’implicito non detto, cioè la convinzione che la causa dei mali dell’azienda sia da individuare nello scarso coinvolgimento dei lavoratori. Ma noi vogliamo disporci nel migliore dei modi nell’analizzare le parole dell’AD e non prenderemo in considerazione la colpevolizzazione dei lavoratori che da esse emana, né il tentativo di mistificazione della realtà, confidando nel fatto che l’AD non possa ignorare quali siano le cause dell’attuale situazione in cui versa il Monte dei Paschi.
La richiesta di un allungamento dell’orario di lavoro (perché di questo si tratta) crediamo che abbia destato un certo stupore in tutti. Forse anche chi in banca non ci lavora, ma giudica i fatti della vita con il semplice buon senso, avrà percepito le affermazioni di Morelli come la classica nota stonata in una melodia che dice tutt’altro.
Ma come, si sarà chiesto l’uomo di buon senso, il settore del credito non è quello dove, a voler considerare solo gli ultimi dieci anni, vi sono stati processi di ristrutturazione che hanno riguardato tutte le banche, portando all’uscita di tantissimi lavoratori dal ciclo produttivo? Non è uno dei settori dove gli “esuberi” hanno assunto proporzioni bibliche?
Niente, più della parola esubero, descrive meglio l’asse portante su cui si sono basate le politiche aziendali. Il lavoro umano è divenuto, nella misura di migliaia e migliaia di prepensionamenti, sempre più superfluo.
Perché? Come ci ha spiegato bene l’ABI in occasione anche degli ultimi rinnovi contrattuali del 2012 e del 2015, le innovazioni tecnologiche, in particolare quelle di tipo informatico, conducono allo spostamento di una serie di servizi prima svolti in filiale verso i canali remoti.
Che il lavoro umano sia per le banche un fattore in esubero, per le esigenze di redditività, è attestato anche dall’attivazione in molte di esse, di giornate di sospensione dell’attività lavorativa. Noi al Monte siamo esperti della materia, poiché dal 2012 ci asteniamo dal lavorare per 6 giorni (o 5 o, da quest’anno, 4, per chi ha un RAL inferiore a determinate soglie) con corrispondente riduzione del salario.
Dallo stesso anno, il 2012, qui al Monte, sappiamo anche che esiste un accordo tra Banca e sindacati firmatari, per il contenimento degli straordinari.
Ma allora perché Morelli ha deciso di andare controcorrente?
In realtà le prescrizioni dell’AD sono solo apparentemente in contraddizione con i processi riguardanti il settore, ed anzi rappresentano emblematicamente la posizione che caratterizza non solo le banche, ma l’intero sistema delle imprese.
L’espulsione di forza lavoro dalla produzione di beni e servizi che si è accompagnata alla rivoluzione digitale, dopo aver permesso alle imprese di incamerare i benefici conseguenti la maggiore produttività, le pone adesso in condizione, grazie ad un quadro politico e sindacale favorevole, di poter aumentare i profitti, agendo sull’altro fattore, l’estensione del tempo lavorativo.
Lavorare in pochi, lavorare sempre di più. Questo potrebbe essere lo slogan che sintetizza la linea della parte padronale. Gli strumenti di “persuasione” non mancano, e si autoalimentano proprio grazie ad una tendenza che crea bacini di forza lavoro inutilizzata sempre più ampi, da cui attingere per sostituire i refrattari non disponibili a subordinare qualsiasi bisogno proveniente dai tempi di vita, alle primarie esigenze di profitto. In tal senso il settore del commercio, con le aperture 365 giorni all’anno e 24 ore su 24, sintetizza bene questa irrefrenabile pulsione.
I sindacati collaborativi protestano. Ma intanto il loro agire è, come sempre, fido alleato dei disegni aziendali.
Di fronte ad accordi come l’ultimo contratto di secondo livello del Monte dei Paschi, quello firmato la vigilia di Natale del 2015, che stabilisce che le prestazioni di lavoro straordinario, “potranno essere richieste dalle Aziende firmatarie esclusivamente nei casi di particolare necessità ed urgenza e non verranno autorizzate per periodi inferiori ad 1 ora e per quelle di durata superiore a detto limite, frazioni inferiori a 30 minuti.”, le chiacchiere stanno a zero.
Perché un accordo del genere, che, ricordiamolo, trova collocazione nel quadro di misure idonee al contenimento dei costi (ossia per ottemperare alle esigenze aziendali), ha semplicemente favorito una pratica di lavoro straordinario (che evidentemente continua ad essere richiesto, sempre per ottemperare ad esigenze aziendali…), con modalità che configurano vero e proprio lavoro svolto in “nero”, in quanto la registrazione delle prestazioni aggiuntive avviene dopo il cumulo di frazioni che permettono di raggiungere il minimo autorizzabile, con la inaccettabile sussistenza di lavoro effettuato ma temporaneamente non registrato e le ovvie conseguenze in termini assicurativi, infortunistici, ecc…
Morelli in definitiva, non fa altro che il suo lavoro: adoperarsi affinché dalla forza lavoro sia estratto il maggior plusvalore possibile. Vigila sul tasso di sfruttamento.
Si chiama lotta di classe ed è sempre lì. Non può cancellarla nessuna ubriacatura ideologica o postmodernismo che sia, perché rappresenta la struttura dei rapporti sociali che determinano la nostra esistenza.
L’AD svolge con zelo il suo ruolo di agente degli interessi del capitale. Noi come rispondiamo? Continuando a delegare in bianco, sindacati ormai collusi, che dovrebbero contrapporsi al rullo compressore che distrugge qualsiasi ipotesi di futuro degno di essere vissuto?
Ritirare questa delega in bianco è il primo atto per controbattere l’offensiva poderosa dei banchieri, che si abbatterà sui lavoratori per il prossimo rinnovo del contratto collettivo, e di cui, le dichiarazioni di Morelli, rappresentano le avvelenate avvisaglie.
Noi della CUB-Sallca siamo pronti ad organizzare la resistenza e la lotta dei lavoratori, contro attacchi che non hanno neanche più il pudore, delle ipocrite indorature di pillola.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Gruppo Monte Paschi
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