Roma, Torino, Bologna, sono tre i tribunali che si sono pronunciati riconoscendo l’inesistenza del ramo d’azienda ceduto ad Intrum ed il diritto dei lavoratori che hanno fatto ricorso ad essere reintegrati in Intesa Sanpaolo.

Certamente siamo ancora alle sentenze di primo grado, ma tutte convergenti e ben motivate, così da poter dire che difficilmente questi pronunciamenti potranno essere ribaltati in secondo grado.

E’ quindi già possibile avviare qualche riflessione su questa vicenda.

Intanto queste prime sentenze sono una bella risposta all’arroganza aziendale, che in questi anni ha proceduto a vendere (lucrosamente) attività ed espellere lavoratori. Alla faccia dell’appartenenza, negli ultimi anni l’elenco delle esternalizzazioni è lungo, da Banca Depositaria a Banca 5, dal Recupero Crediti al Monte Pegni.

Ma la vicenda dovrebbe avviare serie riflessioni anche tra i sindacati trattanti, sempre pronti a firmare qualsiasi pezzo di carta gli venga messo davanti. Alla faccia del bellissimo accordo firmato per tutelare i lavoratori oggetto della cessione del Recupero Crediti (NPL), i tribunali hanno detto molto semplicemente che la cessione non doveva proprio essere fatta.

E quando i giudici tutelano i lavoratori più di quanto abbiano fatto i sindacati firmatari, questi dovrebbero trarne le dovute conseguenze.

Anche perché ora si porrà un problema: non siamo certi di quanto stiamo per affermare, ma dalle informazioni che ci giungono sembrerebbe che circa un terzo dei lavoratori ceduti abbia impugnato la cessione e fatto causa. Ovviamente le sentenze varranno solo per chi in causa è andato. Peraltro è la giusta ricompensa per chi non ha mollato ed ha difeso i propri diritti fino in fondo.

Ma se i successivi gradi di giudizio confermeranno le sentenze, è pensabile che un terzo dei lavoratori di Intrum rientri in azienda, peraltro lavorando ancora a fianco degli altri lavoratori che resteranno nell’azienda cessionaria? Al momento, ai ricorrenti vittoriosi, è stato proposto il distacco in Intrum: ma come è tollerabile una situazione del genere nel lungo periodo?

E’ necessario riaprire una trattativa che sani il danno fatto, a tutti, con la cessione illegittima. Peraltro la soluzione è semplice, sempre caldeggiata dal nostro sindacato in situazioni analoghe passate: nessuno contesta la libertà dell’azienda di cedere lucrosamente le attività che ritiene più opportune, ma si consenta ai lavoratori di scegliere se essere ceduti o rimanere in Intesa Sanpaolo, continuando a seguire le attività precedenti attraverso il distacco all’azienda acquirente.

Comunque, per finire, un ringraziamento ai lavoratori ed alle lavoratrici ceduti che hanno intentato le cause, dimostrando che all’arroganza aziendale si può resistere e anche alla mancanza di combattività dei sindacati firmatari.

 

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

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