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“PROROGATO” IL CONTRATTO DEL CREDITO

firmacontrattoCome d’abitudine negli ultimi tempi, alle 5 del mattino del 1 aprile è stata firmata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto del credito.

Forse ricorderete che martedì mattina, 24 marzo, avevamo pubblicato un volantino che segnalava anche la possibilità di una chiusura del contratto in tempi rapidi. Leggendo il messaggio della newsletter, giunto lo stesso giorno dell’annuncio della rottura delle trattative, molti avranno pensato ad una nostra clamorosa svista.

In realtà, non conoscendo tutti i retroscena della trattativa, avevamo, in qualche modo, intuito la conclusione: dopo neppure 48 ore dalla rottura uscivano notizie sulla ripresa delle trattative ed in effetti lunedì 30 marzo le parti sono tornate ad incontrarsi, fino alla firma finale di quello che, a prima vista, appare come un congelamento della situazione in essere, insieme a vari rinvii.

Per ora vi invitiamo alla lettura dell’ipotesi di accordo: torneremo a breve con un commento approfondito sul merito dell’accordo e sul percorso che ha portato alla sua firma.

ALLARME CONTRATTO DEL CREDITO

CCNL-ABI-2012.001Il 31 marzo è prossimo. La vigenza del CCNL termina dopo la disdetta dell’ABI, nonostante uno sciopero massiccio e pressochè unanime della categoria il 31 gennaio scorso. Manifestazioni di  piazza,  presìdi, ampia  testimonianza dei mezzi di informazione hanno reso pubblico ed evidente il malessere di circa 300.000 addetti. Da ultimo si aggiunga anche lo sciopero dei dipendenti della Banca d’Italia, storicamente ritenuta una sorta di isola privilegiata del settore.

Come è stata spesa, al tavolo delle trattative con l’ABI, questa giornata di lotta da parte delle OO.SS. trattanti? Le aspettative dei colleghi possono ritenersi adeguatamente rappresentate.

Le nostre informazioni ci dicono che le parti sono distanti, sia dal punto di vista normativo,  che  dal  punto  di  vista  economico  e,  quindi,  è  doveroso preoccuparsi. La nostra esperienza ci dice che questo stallo potrebbe anche indurre a firmare, sul filo di lana, un accordo a qualsiasi costo ovviamente senza il necessario consenso dei lavoratori.

Non vorremmo che ci venisse riproposto l’argomento che è meglio un brutto contratto, piuttosto che restare senza, una volta scaduto:  la giurisprudenza relativa, in materia di ultrattività del contratto, non è univoca né, tantomeno, consolidata. Questo ricatto non regge e persino il segretario della Fabi Sileoni ha dichiarato che la disdetta creerebbe una giungla.

Il precedente del 2012 è troppo vicino e le cicatrici non ancora rimarginate. La reazione di migliaia di lavoratori, che si espresse contro quel contratto attraverso il Comitato per il NO, fu mortificata da consuntivi delle assemblee artatamente modificati. Ciononostante un esiguo 60 % (secondo fonti sindacali firmatarie) approvò quell’accordo.

Cosa fare allora?

Da parte nostra riteniamo necessario continuare ad intervenire, per tenere alto il livello di attenzione e di tensione tra i colleghi: chi andrà a firmare (senza mai essersi sottoposto ad una libera elezione per ottenere la necessaria legittimazione  democratica) sappia che non siamo né  distratti, né disinteressati. La piattaforma votata dai lavoratori nelle assemblee è stata, di fatto, abbandonata. In una trattativa può accadere, ma allora è necessario tornare dai lavoratori prima di chiudere un accordo.

Ai colleghi diciamo di pressare continuamente i loro rappresentanti sindacali di riferimento, chiedere la massima trasparenza e la massima diffusione delle informazioni, chiedere di tenere assemblee e di non nascondere la testa sotto la sabbia. Una cosa sono le dichiarazioni ufficiali stampate su carta intestata, un’altra le intese che si raggiungono in camera caritatis! Queste ultime non si possono rendere pubbliche, ma il più delle volte sono decisive.

Facciamo sentire la nostra voce.

A PASSI DI GAMBERO VERSO IL CONTRATTO

sorvegliareIl 25 febbraio scorso sono riprese le trattative per il contratto del credito. Subito dopo l’inizio, si è rischiato di rompere di nuovo, in particolare sul tema dell’adeguamento economico. L’ABI ha infatti sostenuto di voler conteggiare il costo degli scatti di anzianità nella dinamica economica complessiva, offrendo di fatto un aumento pari a circa 26 euro al mese medi a regime (lo 0,35% in più entro il 30 giugno 2017).

La richiesta dei sindacati trattanti, che inizialmente era di 175 euro lordi al mese, era già nel frattempo scesa a circa 120 euro lordi al mese, ma la distanza tra le parti rimane evidentemente notevole. Tuttavia è stato calendarizzato un ciclo di incontri dedicati ad entrare nel merito della trattativa.

Dopo gli scioperi del 31.10.2013 e del 30.01.2015 (riusciti) e relative manifestazioni (partecipate), la trattativa sembra finalmente ad un punto di svolta. Deve quindi alzarsi il livello di attenzione della categoria, perché entriamo nella fase più delicata. C’è il rischio concreto di trovarci con un contratto rinnovato attraverso una trattativa frettolosa, sotto la scadenza incombente della disapplicazione a partire dal 1^ aprile. A tal proposito va segnalato che, prima della ripresa delle trattative, il segretario della Fabi, Sileoni, aveva dichiarato: “non ci spaventa né la possibilità di andare dal Governo né il ricatto della disapplicazione del contratto nazionale, che renderebbe il settore una jungla”. Peccato non l’abbia detto in occasione dell’ultimo rinnovo!

Nell’incontro del 25 febbraio sono già stati toccati alcuni punti delicati, che sarà bene  soppesare  adeguatamente.  Le  parti  sembrano  trovare  punti  di convergenza sul tema del mercato del lavoro, dopo l’approvazione definitiva del Jobs-Act. In particolare i sindacati trattanti hanno posto il tema del salario d’ingresso per i neo-assunti, che attualmente hanno un abbattimento del 18% del trattamento economico. La richiesta sindacale è quella di scendere all’8%. L’ABI si è detta disponibile a rivedere la percentuale di sconto al 10-12%.

Per valutare appieno la “disponibilità” dell’ABI, va tenuto presente che il personale assunto nel 2015 godrà per 3 anni di una totale decontribuzione… In questo senso è inquietante un altro elemento: il Jobs-Act recentemente approvato, nella sua versione definitiva, consente ai datori di lavoro di applicare il contratto a tutele crescenti non solo ai neo-assunti, ma anche al personale a tempo determinato o in apprendistato, che viene confermato a tempo indeterminato.

Sotto questo aspetto, quindi, l’ABI riceverebbe dal governo Renzi un incredibile assist, nel vedere applicabile già agli attuali apprendisti un contratto di lavoro ulteriormente vantaggioso, sia in termini di flessibilità e soggezione che i lavoratori così confermati sarebbero costretti a subire, sia in termini di esiguità dell’importo da indennizzare in caso di licenziamento “economico” o “disciplinare”.

Per quanto riguarda gli altri aspetti del FONDO per l’OCCUPAZIONE c’è disponibilità dell’ABI a vedere confermati gli attuali contributi (a carico prevalentemente dei lavoratori), compreso il 4% a carico del Top Management. Il FOC verrebbe utilizzato anche per gestire eccedenze di lavoratori privi dei requisiti per accedere al Fondo Esodi e per favorire la riqualificazione professionale del personale in esubero. Le nuove norme sul mercato del lavoro verrebbero discusse nell’ambito della tematica Area Contrattuale.

Gli incontri sono proseguiti in data 5 marzo sul tema degli inquadramenti. L’ABI ha presentato una proposta definita dalle OO.SS. “irricevibile”, tesa ad un semplice e massiccio risparmio di costi e alla riduzione del numero dei livelli. Le distanze sembrano aumentare, anziché ridursi, e le organizzazioni sindacali trattanti fanno dichiarazioni poco chiare circa una presunta lotta di potere interna all’ABI, mentre la proposta della controparte è cristallina nella sua cinica determinazione di appiattire i livelli, ridurre i costi, cancellare i diritti. Ed allargare così gli spazi per interventi discrezionali.

 

 

Gli incontri proseguiranno il  10 marzo (area contrattuale) e il 13 marzo (parte economica).  Seguiranno  i  direttivi  sindacali  e  se  le  posizioni  delle  parti dovessero convergere (evento al momento improbabile), si svolgerebbe il 23-24 marzo una sessione conclusiva che potrebbe portare alla sigla di un’intesa.

E’ quanto mai importante tenere le antenne dritte, perché se da questa lunga e sfiancante maratona contrattuale dovesse profilarsi un accordo abborracciato, non potrebbe che prevedere ampi demandi alla contrattazione aziendale ed al lavoro delle commissioni, dove è possibile con più facilità eludere il controllo dal basso su quanto viene deciso.

Vogliamo invece trasparenza, informazione, coinvolgimento dei colleghi su ogni singolo aspetto della trattativa contrattuale ed una discussione assembleare approfondita  e documentata, prima di qualunque ipotesi di conclusione di un accordo.

DOPO LO SCIOPERO: UN SEGNALE IMPORTANTE

chiusoI lavoratori bancari hanno aderito compatti allo sciopero del 30 gennaio per il rinnovo del CCNL. Le cifre ufficiali parlano del  90% di adesioni allo sciopero e del 95% di sportelli chiusi.

Dopo 15 anni di “colpevole tregua sindacale”, stabilita senza il permesso della base dalle organizzazioni sindacali  “mal trattanti”,  c’è stata una partecipazione massiccia alle manifestazioni indette dalle stesse a Milano, Roma, Ravenna e Palermo con numeri totali di partecipanti tra i 20.000 e i 30.000. Tutto ciò ha determinato una forte rottura dell’immagine, ormai obsoleta, di una categoria protetta e quindi passiva.

Per un giorno i lavoratori si sono fermati,  per rendere evidente che c’è il lavoro dietro gli utili delle banche, e anche per conquistare spazio e visibilità nel paese e sui mezzi di informazione.

Spazio e visibilità che in parte abbiamo acquisito anche noi come CUB-SALLCA, perché a Torino, in Piazza San Carlo, davanti alla sede della principale banca italiana, chiusa per sciopero, il presidio era stato organizzato da noi, dopo le iniziative dei giorni prima (volantinaggi ai lavoratori, tra cui il primo volantinaggio al nuovo grattacielo di Intesa Sanpaolo, sensibilizzazione della clientela davanti alle banche di varie città): sono eventi ripresi dai TG regionali di Campania e Piemonte e da Radio Popolare con due interviste ad un nostro dirigente (presto sarà tutto disponibile sul nostro sito).

Adesso non ci sono più alibi: i lavoratori del credito si attendono, legittimamente, la partenza urgente della trattativa e la discussione nel merito delle richieste avanzate alla controparte. L’ABI e i sindacati trattanti devono smettere di fare melina e affrontare le questioni aperte, a cominciare dal presidio su occupazione e area contrattuale.

Il primo elemento su cui fare chiarezza è la centralità del CCNL nell’impianto contrattuale: la minaccia che alcune aziende, ed in particolare l’Unicredit, intendano uscire dall’ABI per trattare un contratto aziendale specifico deve essere sventata con la più assoluta determinazione. Un concorrenza selvaggia al ribasso sui diritti del lavoro è la peggiore delle soluzioni possibili.

Dopo il favorevole rapporto di forza costruito con la lotta unitaria di tutto il settore, i lavoratori hanno aspettative importanti sull’esito della vertenza. E’ compito di tutti fare in modo che si esca da questa vicenda con un avanzamento delle tutele e dei diritti per chi lavora.  Arretramenti, compromessi, rinunce, svendite, non sarebbero tollerabili.

Non vogliamo vedere film già visti. Questa volta il finale deve essere diverso e la consultazione  non dovrà essere “autocertificata”.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

SIAMO BANCARI, NON SIAMO LAMPADARI !

lampadariNon siamo oggetti da buttare quando sono passati di moda e non servono più. Non siamo costi, siamo lavoratori in carne ed ossa che producono valore.

Non siamo lampadari che possono essere accesi o spenti, a seconda di come conviene, dalle segreterie nazionali dei sindacati trattanti: si lotta per vincere, non per limitare i danni. Si parte e si torna tutti insieme.

Il 30 gennaio scioperiamo per un contratto nazionale di lavoro giusto.

Quello che vogliamo è chiaro come l’acqua.

  • Difendere l’area contrattuale ed il valore del contratto nazionale
  • Ottenere aumenti salariali dignitosi ed egualitari che ripristinino il potere d’acquisto
  • Ristabilire la base di calcolo di TFR e previdenza complementare
  • Diminuire gli orari di lavoro per tutelare l’occupazione
  • Contenere le discrezionalità aziendali in tema di orario di sportello
  • Ridurre al minimo lo spazio dei premi discrezionali per pochi
  • Avere strumenti per difenderci dalle pressioni commerciali
  • Lavorare per la crescita del paese e non dei profitti degli speculatori
  • Eleggere democraticamente i nostri rappresentanti sindacali

L’ABI, l’associazione delle banche che vuole riportare indietro le lancette della storia, è stata guidata per anni da banchieri inquisiti e condannati. Sono gli stessi che, da una parte, hanno prodotto 180 miliardi di sofferenze e, dall’altra, hanno tagliato di 100 miliardi il credito al sistema paese.

Non hanno mai rinunciato ai loro ricchi emolumenti, in soldi e in azioni, ma hanno sempre tagliato i posti di lavoro e le paghe degli altri.

E’ arrivato il momento di fermarli e di riprenderci quanto ci è dovuto.

Il primo passo è resistere al tentativo di sbriciolare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro che, per quanto manomesso da anni di arretramento, rimane l’ostacolo principale ad uno sfondamento verso il basso azienda per azienda.

Venerdì 30 gennaio

SCIOPERO NAZIONALE DEI BANCARI

 MANIFESTAZIONE del SINDACATO DI BASE

TORINO – PIAZZA SAN CARLO – ORE 10

 Lo sciopero sarà preceduto da iniziative di coinvolgimento della clientela.

 

 CUB-SALLCA  Credito e Assicurazioni

30 GENNAIO, BANCARI IN SCIOPERO PER UN BUON CONTRATTO

sciopero30gennDA SEGRETERIA NAZIONALE CUB SALLCA
Pubblichiamo il nostro appello allo sciopero del 30 gennaio, indetto anche dal sindacato di base con proclamazione autonoma e a sostegno della propria piattaforma.
Non c’è dubbio che lo sciopero debba riuscire in modo compatto e partecipato per manifestare in modo inequivocabile che la categoria rifiuta l’attacco dei banchieri al contratto e non vuole fornire alibi ai sindacati trattanti per chiusure al ribasso.
Per questo, venerdi 30 gennaio, invitiamo tutti coloro che ne hanno la possibilità a partecipare al presidio nazionale di Torino in Piazza San Carlo 156, dalle 10 alle 12.

CCNL CREDITO: UNA BATTAGLIA DECISIVA

salariunioniDopo il fallimento di ogni tentativo di cominciare una vera trattativa nel merito della piattaforma rivendicativa, per la rigidissima posizione dell’ABI, i sindacati firmatari hanno interrotto le relazioni sindacali anche a livello aziendale.
Si apre così la fase di mobilitazione della categoria che porterà al primo sciopero per il contratto, previsto per il 30 gennaio.
Anche la nostra organizzazione ha avviato le procedure di sciopero, a sostegno della nostra piattaforma presentata all’ABI ad aprile 2014.
Nel volantino riassumiamo il nostro punto di vista sulla vicenda. Occorre uno sforzo straordinario per fare desistere l’ABI dai suoi propositi minacciosi e impedire che l’esito del negoziato produca sgradite sorprese.
Vi terremo aggiornati su ogni sviluppo.

CCNL CREDITO: DOPO LA DISDETTA DEL CONTRATTO, ORA EVITIAMO COMMEDIE

disdettacontrattoAlla fine, dopo svariati incontri inconcludenti al tavolo di trattativa, l’Abi ha disdettato il contratto in scadenza al 31 dicembre 2014, con effetti dal 1 aprile 2015.

Un bel pesce d’aprile dopo che la minaccia era aleggiata nei giorni precedenti,  provocando la reazione dei segretari dei sindacati firmatari che  avevano alzato la voce di fronte all’ipotesi di una disdetta del contratto,  minacciando terribili reazioni, che magari sarebbero state più opportune in occasione dell’ultimo rinnovo contrattuale, quando l’accordo-bidone del 2012 venne giustificato proprio con il timore di una disdetta.

Quanto accaduto era già stato anticipato da Alessandro Profumo a Focus Economia di Sebastiano Barisoni su Radio 24” del 26 novembre:

La nostra volontà è quella, prima o poi di fare un contratto. Se per il 31 dicembre non è successo nulla, e comunque la disdetta deve essere data, noi potremmo dire che la eventuale disapplicazione avviene dopo un certo periodo di tempo se non si fa un accordo”.

Il ricatto della cessazione degli effetti del contratto dal 1 aprile 2015 non dovrà essere un alibi per una chiusura al ribasso.

Un’Abi mai così screditata, che ha avuto ai suoi vertici Mussari e Berneschi e che ora affida la trattativa all’indagato Profumo, non può permettersi di fare la morale sui costi dei lavoratori.

Auspichiamo che nelle assemblee i lavoratori si pronuncino chiaramente per la mobilitazione e gli scioperi, ma su obiettivi ben definiti.

Abbiamo sentito il segretario della Fabi, Sileoni, ed altri tuonare contro i propositi dell’Abi di un blocco strutturale degli scatti d’anzianità e la revisione delle voci di calcolo del TFR. Molto bene, ma non sono certo questi gli unici problemi sul tappeto.

Nello stesso tempo ci preoccupa il segretario della Uilca, Masi, quando afferma che “i cassieri sono in via di estinzione, i bancari devono essere sempre di più gestori, consulenti e venditori di prodotti” (Eco di Bergamo, 26 settembre 2014). La parolina venditori ci inquieta perchè ha un significato ben preciso, che svilisce la professione del bancario e apre la strada all’idea che ha l’Abi del lavoro in banca.

Se poi si riflette sul fatto che nella piattaforma dei sindacati del primo tavolo c’era l’ennesimo, ambiguo, tentativo di regolare il sistema incentivante anche in relazione ai budget (laddove si deve operare per la loro completa eliminazione), si capisce che forse il terreno di incontro con l’Abi non è così distante.

Inoltre, se il futuro dei bancari è fare i venditori, che futuro verrà riservato  ai colleghi dei consorzi? Sarà per questo che concluse le assemblee di approvazione della piattaforma, i sindacati trattanti hanno tirato fuori, in modo del tutto scorretto, perchè non hanno chiesto ed avuto nessun mandato in tal senso, l’idea di un mega consorzio di categoria?

E’ evidente che l’Abi la sua idea di contratto la sta già applicando nei principali gruppi bancari, dove si assiste alla continua chiusura di sportelli, riduzione delle casse, aumento delle pressioni commerciali, esternalizzazioni di parti del consorzio (MPS e Unicredit in prima fila).

La categoria va chiamata alla mobilitazione su una linea di contrasto complessivo a queste politiche. Quello che è in gioco è il modello di banca del futuro, il cui esito riguarda i lavoratori ma anche i clienti e l’intero paese.

Per questo la battaglia contrattuale va portata anche all’attenzione dell’opinione pubblica denunciando le malefatte dei banchieri.

Per parte nostra riproponiamo ai lavoratori i contenuti della nostra piattaforma che su alcuni punti si è dimostrata più coerente e più seria di quella dei sindacati trattanti. Si pensi alle richieste salariali, ben inferiori nella nostra piattaforma (ma in una fase di recessione/deflazione sapevamo bene che non si potevano fare richieste esagerate, per questo avevamo chiesto, in questo contesto, 100 Euro di aumento uguale per tutti), ma accompagnate da un rafforzamento delle voci “strutturali” (automatismi e scatti d’anzianità) che non a caso sono state oggetto degli attacchi dell’Abi.

In conclusione, chiameremo i lavoratori a lottare con determinazione ma anche con lucidità e consapevolezza degli obiettivi da raggiungere. Non sarà accettabile una gestione della vertenza, nel merito e nel metodo, come quella che ha portato alla firma dell’ultimo contratto.

TRATTATIVA SUL CCNL ALLA RESA DEI CONTI

CCNL-ABI-2012.001

Volantino Doc ABI

DA SEGRETERIA NAZIONALE CUB SALLCA

Anche dopo gli incontri del 5 e 13 novembre, continua la fase di stallo sul contratto nazionale del credito. Il prossimo incontro è in programma per il 25-26 novembre, ma l’ABI nell’esecutivo del 19 novembre ha ribadito l’appoggio a Profumo sulla linea intransigente adottata e quindi la rottura sembra inevitabile.

A fine ottobre l’ABI aveva presentato il documento allegato, con le sue richieste.

In buona sostanza si chiede la cancellazione del contratto.

L’area contrattuale verrebbe svuotata; gli aumenti economici sarebbero risibili e dovrebbero accompagnarsi all’abolizione di scatti d’anzianità e di quel che resta degli automatismi, insieme alla riduzione della base di calcolo per il TFR; gli orari potrebbero essere contrattati aziendalmente, così come in generale dovrebbero essere ampliate le materie oggetto di contrattazione peggiorativa e derogatoria a livello aziendale; gli inquadramenti dovrebbero essere dimezzati; nella rete filiali dovrebbero essere introdotte forme di lavoro autonomo.

Elenchiamo queste richieste per puro dovere di cronaca: queste proposte non sono solo da respingere, ma non possono neppure essere prese in considerazione per una trattativa al ribasso per “ridurre il danno”. Ci chiediamo cosa aspettino i sindacati trattanti a indire assemblee per informare i lavoratori dello stato della trattativa ed iniziare la mobilitazione.

Ricordiamo che il contratto ha subìto l’ennesima proroga fino a fine anno, ma il tempo sta di nuovo scadendo.

Non vorremmo ritrovarci con la replica dell’ultimo rinnovo, firmato sotto il ricatto della disdetta.

Ricordiamo che la trattativa si svolge con un’organizzazione, l’ABI, che ha avuto alla sua guida Mussari e Berneschi, responsabili diretti di due disastri aziendali (il primo condannato di recente a 3 anni e mezzo di reclusione per ostacolo alla vigilanza, il secondo reduce da 4 mesi di carcere per truffa ed appropriazione indebita).

L’attuale capodelegazione, Alessandro Profumo, rinviato a giudizio per dichiarazione fraudolenta dei redditi (inchiesta Brontos), indagato per bancarotta (vicenda Divania), è stato liquidato da Unicredit con 40 milioni di euro.

Non sarebbero accettabili nuovi sacrifici dei lavoratori per consentire a questi signori di continuare a fare i loro comodi.

TANTO I BANCARI SONO TUTELATI ED A LORO NON SUCCEDE

DA SEGRETERIA NAZIONALE CUB SALLCA

Spesso tra i lavoratori di banche e assicurazioni si ritiene che gli scioperi più importanti siano quelli aziendali, poi vengono quelli di categoria e ultimi gli scioperi generali, considerati una perdita di tempo inutile.
Dobbiamo, invece, ricordarci che gli effetti delle politiche generali impattano, da sempre, anche sulla vita lavorativa quotidiana e sulle normative di categoria ed oggi questo è ancora più evidente. Il recente decreto, denominato Jobs Act, sul quale abbiamo già scritto, è molto fumoso e lascia le mani libere al governo su molte materie, ma alcuni punti sono sufficientemente chiari.
Uno di questi, il demansionamento con contestuale riduzione di stipendio, è richiesto con forza dall’Abi, come si può leggere nell’articolo uscito a suo tempo .
Il 14 novembre, per l’intera giornata, tutto il sindacalismo di base ha indetto lo sciopero generale per cambiare le politiche dell’attuale governo  

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