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Valutando le nuove disposizioni comunicate dall’azienda ai sindacati firmatari, abbiamo scritto al Ceo ed alle funzioni di Tutela Aziendale per segnalare criticità e chiedere correttivi. Di seguito il testo della nostra mail inviata via pec.
Buongiorno,
Vi riportiamo alcune criticità che abbiamo rilevato in tema di gestione dell’emergenza coronavirus in vista della “fase 2”, anche alla luce dell’ultimo incontro tra sindacati firmatari e funzioni aziendali.
Partiamo dai ventilati ritorni al lavoro, seppure parziali, negli uffici di sede.
L’aspetto più significativo nell’affrontare l’attuale emergenza sanitaria è sicuramente quello di favorire il massimo ricorso allo smart working. Per quel che riguarda la prossima fase 2 la raccomandazione proviene da fonti istituzionali, oltre ad essere un aspetto ribadito dal Protocollo Abi del 28 aprile 2020.
In primo luogo, Vi segnaliamo che ci vengono riportate incomprensibili difficoltà a fornire ai lavoratori, ancora sprovvisti, i pc aziendali: eppure abbiamo potuto vedere pubblicizzato sulla rivista di Banca dei Territori che ISP For Value li offre in noleggio a tutte le aziende!
Se in alcune Direzioni Centrali abbiamo rilevato una particolare sollecitudine ad attivare il processo di fornitura già nei primissimi giorni di marzo, non comprendiamo come ad inizio maggio, invece, vi possano ancora essere delle situazioni di criticità sotto questo aspetto così fondamentale per il rispetto di una delle più significative misure di prevenzione!
Inoltre, per quanto riguarda i cellulari, le ultime comunicazioni interne richiedono di attivare l’app Strongauth sugli smartphone personali per chi non ha dotazione quelli aziendali, precisando che questa attivazione è volontaria ma indispensabile per poter svolgere alcune attività lavorative, “con possibili impatti sulla possibilità di svolgere lo smart working”.
Ben comprendiamo le esigenze di sicurezza nella gestione dei dati della Banca, ma Vi ricordiamo che l’utilizzo del cellulare personale è comunque da stigmatizzare ed anche in questo caso la cosa più ragionevole è quella di fornire a tutti coloro che ne hanno necessità un cellulare aziendale.
In generale, lo smart working deve essere favorito in tutti i modi, fornendo la necessaria strumentazione aziendale e senza chiedere improprie intrusioni negli smartphone personali.
Nonostante i documenti nel NOGE (Nucleo Operativo Gestione Emergenze) diano chiaramente una linea apprezzabile, la realtà sul territorio è ben diversa, anche per problemi gestionali locali che vanno superati.
Per quanto riguarda il rientro negli uffici di sede centrale, riteniamo debba avvenire solo per reali esigenze lavorative e rispettando la volontarietà.
Se in molti casi il messaggio ai colleghi è stato sotto questo aspetto ben rappresentato, Vi segnaliamo però che ci sono strutture per le quali il rientro è “caldamente consigliato” se non imposto. Non dubitiamo che anche in questo caso vi sia una responsabilità individuale di alcuni responsabili di struttura particolarmente zelanti ed ansiosi di fare “bella figura”, ma sicuramente il concetto andrebbe rafforzato in tutte le comunicazioni interne e tali comportamenti dovrebbero essere aziendalmente severamente ripresi.
Vi ricordiamo che, soprattutto in certe Regioni, va limitata il più possibile, in questa fase, la mobilità, considerando che il “distanziamento sociale” sui mezzi di trasporto pubblici, soprattutto con la ripresa delle attività, resta un’illusione, come confermato da dichiarazioni del presidente ATM Milano e Ferrovie Nord Milano “I mezzi di trasporto pubblico non sono in grado di soddisfare i requisiti di distanziamento sociale richiesti dal Governo. Lo si legge in una lettera dei presidenti di Agens e Asstta al ministro dei Trasporti Paola De Micheli.”
Per coloro che, anche per motivi personali, desiderano rientrare a lavorare nei locali aziendali (per esempio i fuori sede che spesso vivono in condizioni estremamente penalizzanti in alloggi spesso microscopici) abbiamo positivamente accolto il documento che dettaglia le soluzioni individuate dal NOGE.
Vi segnaliamo però almeno alcune criticità che ci sembra vengano trascurate all’interno del documento cha abbiamo ricevuto.
Un primo aspetto che vogliamo sottolineare è sicuramente quello della pulizia e delle sanificazioni periodiche.
La tutela dei colleghi passa in primo luogo dal miglioramento delle condizioni igienico sanitarie dei locali di lavoro.
Se la situazione era già prima ampiamente deficitaria a causa dei continui tagli nei capitolati degli appalti e delle riduzioni di ore lavorative per gli addetti, ora diventa una criticità indifferibile sia nelle sedi che nelle filiali.
Riteniamo assolutamente necessario che vi sia con un aumento significativo delle ore di lavoro degli addetti, che consenta un incremento sia della frequenza che della qualità delle pulizie effettuate.
In tal senso ci preoccupa particolarmente la situazione di alcune realtà, sia di sede, sia della rete filiali dove, ad esempio, i servizi igienici sono locali chiusi e potenzialmente fortemente a rischio contagio. Le soluzioni prospettate nel documento nel NOGE prendono in considerazione solo il rischio da contatto e non quello ben più rilevante della possibilità di contagio per via aeriforme.
In questi locali, come in molti altri (anche per l’avvicinarsi della stagione calda), è particolarmente importante la gestione degli impianti di condizionamento.
Questo aspetto è sostanzialmente ignorato nel documento del NOGE, e Vi chiediamo un approfondimento anche dal punto di vista scientifico. Ci risulta infatti che il problema stia diventando un aspetto critico in tutte quelle strutture, come ad esempio le Università, nelle quali la circolazione dell’aria è possibile solo attraverso impianti di aerazione forzata.
Anche su questo aspetto abbiamo rilevato nel tempo un graduale peggioramento del servizio di manutenzione e, in attesa dei necessari approfondimenti scientifici per valutarne la pericolosità nella diffusione del virus, riteniamo assolutamente necessario che vengano introdotte specifiche e più frequenti azioni di sanitarizzazione degli impianti e che si proceda alla puntuale sostituzione dei filtri. In generale sono necessari nuovi protocolli assai più stringenti di quelli finora attuati.
Passando alla realtà delle filiali, continuiamo a non comprendere il rifiuto dell’azienda a installare nelle filiali divisori in plexiglass, già ampiamente presenti in altre banche, oltre che in supermercati, farmacie e altri uffici aperti al pubblico. Dopo i ritardi nella fornitura delle mascherine auspichiamo che non si ripetano per gli annunciati arrivi delle visiere. Anche nelle future ed auspicabili fasi di allentamento dell’emergenza vengono raccomandati mantenimento delle distanze e protezioni.
Non condividiamo la riapertura delle casse alle 8,30. L’apertura delle filiali con ritardo di mezz’ora rispetto all’ingresso dei dipendenti era stata un’idea eccellente per evitare pericolosi assembramenti al momento dell’entrata al lavoro.
Nelle filiali con maggiore afflusso di clientela è indispensabile la presenza per tutto l’orario di sportello degli steward. La gestione delle entrate e delle uscite dei clienti fa perdere molto tempo ed in aggiunta, in molte realtà, si creano ogni volta capannelli di clienti all’ingresso ed estenuanti trattative con chi non ha l’appuntamento.
Anche il via libera a tutte le operazioni rischia di intasare ancora di più le agende di cassa rinviando gli appuntamenti a tempi lunghi. Rispetto agli appuntamenti dei gestori, la rinnovata insistenza dei responsabili di alcune realtà, per fissare appuntamenti commerciali che richiedono tempi lunghi, contrasta con la normativa vigente sulla limitazione dei tempi di permanenza dei clienti. La possibilità di fissare appuntamenti al pomeriggio potrebbe essere stata equivocata da qualche responsabile.
Si richiede, infine, maggiore equità nella gestione del personale delle filiali con meno di 12 addetti, che rischiano di dover essere presenti al lavoro in modo costante, mentre nelle filiali maggiori si continua a garantire l’alternanza su due turni. Tutto questo si evidenzia al fine di garantire a tutti la limitazione del rischio contagio e favorire la gestione dei figli con le scuole chiuse.
Distinti saluti
Segreteria Nazionale Cub Sallca
(comunicato dell’8 aprile)
A parte un po’ di chiarimenti “tecnici”, l’incontro tra sindacati firmatari e azienda è stato del tutto inconcludente.
Il titolo del comunicato delle sigle, “nessuna forzatura”, fa sorridere: la forzatura c’è e resta, è quella aziendale che pretende di farci programmare ferie in periodi in cui tutti devono ancora restare in casa “agli arresti domiciliari”.
Inoltre è evidente che le banche dovranno fare uno sforzo straordinario per garantire l’attuazione delle misure urgenti adottate dall’esecutivo per sostenere il sistema produttivo e l’occupazione. Soltanto organici a pieno regime (in smart working, in turni a rotazione, con tutte le tutele possibili e realizzabili per la sicurezza dei dipendenti…) sarebbero in grado di rispettare gli impegni, che per una volta tanto sono davvero utili (oseremmo dire esiziali).
La disposizione aziendale questa volta è veramente irragionevole e irresponsabile e si accompagna ai continui ostacoli che vengono disseminati sulla Rete Filiali, dalla messaggistica cervellotica (NAG) all’inversione dei turni comunicati all’ultimo momento.
Ma se l’azienda non cambia idea, neppure noi, confortati dai pareri legali.
Il nostro suggerimento è di procedere alla programmazione delle ferie da fruire nel corso dell’anno (tanto la stessa azienda ci dice che potranno esserci variazioni), ma di ignorare la richiesta di segnare ferie ad aprile e maggio se non ne avete necessità.
Restiamo, come sempre, a disposizione, per chiarimenti.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Venerdi 3 aprile i lavoratori hanno “scoperto” una comunicazione aziendale che imponeva di programmare 6 giorni di ferie ed ex festività entro il 30 aprile e altri 2 giorni entro il 2 giugno.
Questo atto unilaterale dell’azienda può essere valutato sotto 2 aspetti.
Dal punto di vista legale stiamo chiedendo un approfondimento ai nostri avvocati. Dal punto di vista dell’opportunità il discorso è più complesso.
Per chi ha sempre lavorato tutti i giorni, in ufficio o in smart working (il numero di lavoratori coinvolti è in costante e positivo aumento), questa richiesta di mettersi in ferie agli arresti domiciliari (visto che non si può uscire di casa se non per fare la spesa) appare ingiustificata.
Per chi lavora nella rete filiali e non ha alternative ad andare in ufficio, l’azienda ha stabilito (oltre alle chiusure avvenute in precedenza nelle “zone rosse”) dal 11 marzo l’alternanza tra giorni di lavoro e formazione flessibile, rimuovendo i limiti alla sua fruizione. Ha anche regalato 6 giorni di ferie aggiuntive, forse per compensare del rischio (a giorni alterni) di essere infettati.
Se i vertici aziendali si sono pentiti di tanta generosità, abbiano il coraggio di dirlo e di assumersene le responsabilità.
Ciò che è intollerabile è scaricare sui lavoratori l’autoprogrammazione di giorni di ferie non graditi e sui responsabili l’onere di far quadrare turni già complicati con organici al 50% che verrebbero ulteriormente ridotti. Oltretutto, lavorando su due turni, nelle filiali retail (e non solo) chi autorizza in assenza del direttore o del vice?
Senza considerare i carichi di lavoro che stanno arrivando con sospensione di rate e pagamento della cassa integrazione.
Tagliare gli organici in questa fase è una decisione sciagurata: chi l’ha presa la gestisca o la riveda!
La nostra prima indicazione “a caldo” che possiamo dare è di non programmare nulla, in attesa di sviluppi.
Abbiamo visto i primi commenti balbettanti dei sindacati firmatari. Finora si sono sempre intestati il merito di ogni decisione aziendale, adesso la situazione si complica: visto che hanno un tavolo di trattativa lo usino!!
Si chieda all’azienda il ritiro della circolare ed il rinvio di una trattativa sul tema ferie a quando si vedrà la fine dell’emergenza.
Sarà accettabile la programmazione di una quota delle ferie spettanti entro una determinata e successiva data, da individuare, però, solo quando si potrà ricominciare ad uscire di casa. Per favorire una programmazione ordinata si chieda di infrangere il vincolo di finire le ferie nell’anno in corso e consentire di portarne all’anno successivo una quota limitata.
Le ferie servono al benessere psico-fisico del lavoratore: mai come in questa occasione è vero.
L’azienda torni indietro. Se invece vuole persistere nel procedere d’imperio lo faccia e se ne assuma la responsabilità e le conseguenze del caso.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
COMUNICATO A LAVORATRICI E LAVORATORI DEL 2 APRILE
CON LETTERA INVIATA ALLE FUNZIONI AZIENDALI
Anche in questi giorni complicati non sono mancati, da parte di alcuni direttori di area (non tutti, sia chiaro) riunioni in video dove sono state lanciate fantasiose ed estrose idee per aumentare la potenza di fuoco commerciale. Incuranti delle difficoltà di filiali sommerse dalle telefonate dei clienti (per poter accedere su appuntamento, sospendere rate, chiedere notizie degli investimenti) questi (ir)responsabili continuano a ripetere il mantra di “cogliere l’opportunità del momento”: il video di Barrese del 6 marzo non è più disponibile, ma il suo “messaggio” aleggia ancora.
Riteniamo questi comportamenti un attacco diretto alla salute dei lavoratori, soprattutto in questa fase dove lo stress regna sovrano già solo per la situazione generale.
Per questo abbiamo scritto (leggete sotto) a chi deve tutelare la salute dei dipendenti, il Ceo ed il Datore di Lavoro, per segnalare le misure che ancora mancano in questo momento emergenziale: una presa di posizione netta dei vertici aziendali contro le sollecitazioni commerciali improprie, ulteriori sforzi per aumentare il numero dei lavoratori che possono lavorare da casa, la riduzione dei tempi per recarsi al lavoro anche con trasferimenti temporanei, misure di protezione che possano essere utilizzate subito e durare nel tempo, come il plexiglass.
Se non arriveranno segnali di attenzione dal vertice, possiamo e dobbiamo rimandare noi le pressioni commerciali al mittente.
Nessuno mette in discussione che l’azienda debba perseguire la redditività, ma oggi ci sono altre priorità e gli azionisti, nell’occasione, dovranno aspettare per incassare i dividendi (perlomeno fino al 1 ottobre).
In questo momento la priorità va alla salute dei dipendenti ed al rispetto delle esigenze immediate dei clienti (sospensione rate e altre cose urgenti).
A chi ancora insiste per “cogliere l’opportunità del momento” rispondiamo con un rifiuto di massa a metterci sul loro terreno.
MAIL INVIATA VIA PEC ALLE FUNZIONI AZIENDALI
Inviamo questa comunicazione a tutte le funzioni responsabili sui temi della Salute e Sicurezza e della Prevenzione e Protezione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Nell’attuale emergenza coronavirus permangono elementi di criticità che vogliamo sottoporre alla vostra attenzione.
Ancora una volta, e specificamente nell’attuale situazione, registriamo sollecitazioni alle politiche commerciali che impattano negativamente sui livelli di stress, già molto elevati, dei lavoratori.
Le filiali, principalmente Retail, ma, per alcuni aspetti anche Exclusive, Imprese e On line, sono messe in seria difficoltà dalla gestione dei clienti che si affollano all’ingresso dei punti operativi, dalle telefonate di chi insiste per appuntamenti per operazioni di cassa (che vanno gestite verificando le reali urgenze e indifferibilità , anche sulla base del decalogo aziendale), dalle telefonate ad iniziativa del cliente per la sospensione di rate, dalle telefonate che chiedono informazioni sulla situazione degli investimenti.
Il tutto, per le filiali che hanno contatto col pubblico, in un contesto di paura e preoccupazione per la propria salute e di tensione con l’utenza.
Sentire alcuni direttori di area che, nelle riunioni via Skype, forniscono suggerimenti pressanti sulla gestione delle telefonate in arrivo ed in uscita, sulla programmazione di proposte commerciali, magari conditi da indicazioni sul caricamento di what’s app sul cellulare aziendale per videochiamare i clienti, è un carico emotivo aggiuntivo di cui non si sentiva la necessità.
Nessuno nega la necessità di occuparsi, anche in questa circostanza, della redditività aziendale, ma è chiaro che, in questo momento, la priorità è costituita dalla gestione dell’emergenza: resta poco tempo per il resto o non ne resta proprio.
A prescindere da valutazioni etiche su queste sollecitazioni a cogliere le “opportunità commerciali del momento”, che contraddicono gesti apprezzabili di quest’azienda, come i 100 milioni donati per l’emergenza coronavirus, ricordiamo che alti livelli di stress fanno diminuire le difese immunitarie dei lavoratori con tutto quello che ne consegue.
Poiché è evidente che questi interventi, che richiamano tutti gli stessi concetti, salvo alcune sfumature, rispondono ad una strategia che arriva dall’alto, ci aspettiamo che dai massimi vertici di Banca dei Territori arrivi un messaggio chiaro ed inequivocabile sulla cessazione di queste pratiche e che giunga a tutta la catena gerarchica.
Riguardo la sospensione delle rate di prestiti e mutui, apprezziamo i tentativi di centralizzare le richieste per quel che riguarda le filiali retail. Ancora più pesante è la situazione per le filiali imprese, dove auspichiamo un rapido consolidamento della possibilità di operare da casa, allargando questa possibilità anche agli addetti.
Al fine di estendere al massimo le possibilità di effettuare lo smart working, laddove permanesse la carenza di pc portatili, va valutata la possibilità di utilizzare i pc personali con VPN.
Va estesa, in questa fase, la possibilità di evitare lunghe percorrenze per lavoratori lontani dal luogo di lavoro o che devono usare mezzi pubblici, favorendo trasferimenti temporanei che riducano disagi e pericoli.
Resta la nota dolente della carenza di dispositivi di protezione per i lavoratori a contatto con il pubblico. Stante le difficoltà generalizzate a rifornire i punti operativi di mascherine, non si capisce il motivo di non installare divisori di plexiglass per le postazioni di cassa e di consulenza. Tali apprestamenti sarebbero comunque uno strumento utile anche in prospettiva, sia per il prolungarsi dell’attuale emergenza, sia per non auspicabili ripetersi di situazioni simili.
Ci uniamo, infine, alla richiesta avanzata da altre organizzazioni sindacali, di ripristinare le funzionalità del messaggio AFN1 in emulazione, mantenendole provvisoriamente disponibili a fianco del nuovo applicativo NAG, messaggio non semplice e non intuitivo che sta complicando l’operatività allo sportello.
In questo momento ogni intervento che riduca il livello di stress lavorativo è necessario.
Distinti saluti
Segreteria Nazionale Cub Sallca
Commentiamo con un certo ritardo il livecast di Stefano Barrese del 6 marzo, anche perché, prima di farlo, volevamo vedere il video, reso disponibile per poco tempo lunedi 9 marzo, per poi venire misteriosamente rimosso, impedendo alla maggior parte dei colleghi di poter apprezzare le perle di saggezza dispensate dall’effervescente responsabile della Banca dei Territori.
Non vogliamo fare un riassunto degli alati concetti espressi in 15 minuti di esternazioni, ma concentrarci sul momento più elevato delle stesse.
La sera del 5 marzo avevamo scritto al Ceo Messina ed alle funzioni di Tutela Aziendale per chiedere interventi più incisivi per difendere la salute dei lavoratori e per chiedere la fine delle pressioni commerciali, evidenziando anche alcune inqualificabili sollecitazioni a collocare le polizze salute.
Ed ecco che il mattino dopo Barrese, snocciolando i quattro pilastri dell’azione commerciale, viene a spiegarci che l’attuale contingenza può creare un terreno favorevole per proporre le polizze salute.
Non siamo così egocentrici da pensare che volesse essere una risposta alle nostre osservazioni, ma certamente le affermazioni di Barrese suonano come un’autorevole approvazione per le sollecitazioni che avevamo segnalato.
Dobbiamo ringraziare il dott. Barrese per aver fatto cadere una volta per tutte il velo di ipocrisia sul tema delle pressioni commerciali: per anni i sindacati firmatari, quando sollevavano il problema, si sono sentiti raccontare la barzelletta che dai vertici non arrivano pressioni, ma che sono i responsabili intermedi che non capiscono i messaggi, li interpretano male e li realizzano peggio, ricorrendo anche ad inutili reportistiche per sollecitare il raggiungimento degli obiettivi.
Ora è chiaro da chi arrivano le direttive!
L’enfatizzazione, in questa situazione, di un prodotto come le polizze salute appare non solo eticamente discutibile (per usare un eufemismo), ma anche fuori dalla realtà. L’emergenza Coronavirus ha chiarito che in questi casi non servono polizze e sanità privata, ma investimenti nella sanità pubblica, l’unica in grado di affrontare queste situazioni.
Dobbiamo però riconoscere che l’emergenza Coronavirus un’opportunità effettivamente la offre: è in questi casi che si possono valutare pienamente le persone, i comportamenti e le strategie. I gestori che, in questi giorni, hanno deciso di cancellare gli appuntamenti, hanno mostrato più acume di chi ha continuato, imperterrito, a straparlare di budget.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo
DA CUB SALLCA INTESA SANPAOLO
(comunicato 5 marzo)
L’incontro tra sindacati firmatari e funzioni aziendali del 3 marzo ha portato ad alcuni risultati positivi, ma non del tutto soddisfacenti.
Se sulle sedi la soluzione dello smart working è abbastanza facile (a parte qualche rara resistenza locale che invitiamo, nel caso, a segnalarci), nella rete filiali la situazione è più complicata.
Abbiamo scritto al Ceo, Carlo Messina, segnalando criticità e proponendo alcune cose, senza pretese di avere soluzioni in tasca, ma provando ad affrontare le questioni più gravi, in particolare:
I colleghi e le colleghe non devono andare incontro ad altri rischi per la ressa che si determina, in molte realtà, per gli ingressi limitati dei clienti.
Vanno osservate le distanze tra le persone
Devono cessare le pressioni commerciali e gli inviti a mantenere un numero elevato di appuntamenti. Non commentiamo neppure certi suggerimenti a sfruttare il momento per piazzare le polizze salute. Intanto è stato chiarito che le filiali chiuse al pomeriggio sono CHIUSE e non devono essere piazzati appuntamenti, se non per chiudere pratiche urgenti già avviate (es. mutui).
Devono essere trovate soluzioni per i disagi derivanti dalle scuole chiuse.
Di seguito trovate la nostra lettera al Ceo ed ai responsabili della Tutela Aziendale: vi invitiamo a farci pervenire osservazioni e suggerimenti sulle varie questioni e segnalazioni sul permanere di pressioni improprie.
……………………………………………………………………………………………………………………
Ci rivolgiamo alle funzioni aziendali che, a vari livelli, devono tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Abbiamo letto dell’incontro tra funzioni aziendali e sindacati firmatari del 3 marzo. Concordiamo con le misure che sono state assunte, soprattutto per quel che riguarda il lavoro da casa nelle sedi; vanno, anzi, superate le resistenze e le limitazioni che possono essere opposte da qualche responsabile locale al pieno utilizzo dello smart working.
Restano, invece, gravemente deficitarie le misure per la rete filiali.
Il contingentamento degli ingressi dei clienti è misura necessaria, ma questo determina numerosi problemi. Spesso i clienti si ammassano nell’area self, antistante l’ingresso e dove sono collocati i bancomat, e la gestione dei flussi provoca malumori e proteste, con situazioni di grave tensione.
E’ necessario, in questi casi, vietare che i colleghi gestiscano la situazione all’esterno della filiale, per non mettere a rischio la loro incolumità.
A tal fine, è fondamentale garantire l’aumento della presenza di steward, ai quali, peraltro, vanno estese le stesse tutele. In questo caso sarebbe utile una cartellonistica molto visibile e chiara che intimi ai clienti che non devono sostare in area self ma devono formare code ordinate all’esterno, attendendo che vengano chiamati per entrare a piccoli gruppi.
L’osservanza della distanza minima richiede un’opportuna gestione dell’accoglienza e l’abolizione dell’accompagnamento dei clienti alle CSA. Laddove residuino postazioni di cassa queste vanno utilizzate al massimo, visto che le distanze, pur non ottimali, sono comunque maggiori rispetto ad essere fianco a fianco del cliente.
Va osservato, peraltro, che l’OMS ha dichiarato che le banconote possono veicolare il virus. Si richiedono quindi misure adeguate, a partire dalla dotazione di guanti in lattice per chi maneggia contanti.
Vanno valutati tutti i rischi di eccessiva vicinanza, come nelle filiali dove i clienti vengono accompagnati in ascensore per scendere alle cassette di sicurezza.
L’attività commerciale deve essere necessariamente ridimensionata e proseguita solo per via telefonica. La disposizione di limitare a 15 minuti gli incontri con il cliente va intesa come gestione di urgenze (bancomat smagnetizzati, problematiche del conto on line, per esempio) ed è di per sé incompatibile con la relazione commerciale che richiede tempi più lunghi.
Si invita a sensibilizzare qualche responsabile che ancora si ostina a chiedere un certo numero di appuntamenti ed il raggiungimento degli obiettivi. Laddove perdurassero questi comportamenti sarà nostra cura segnalarne gli autori.
La questione delle scuole chiuse ha portato alla giusta richiesta di concedere permessi retribuiti, banca del tempo e l’utilizzo di ogni altro strumento per aiutare i colleghi e le colleghe in difficoltà nella gestione dei figli.
In attesa di auspicabili interventi anche del governo, chiediamo la possibilità per il personale della rete filiali di potersi assentare e di effettuare la formazione da casa.
In una situazione di emergenza va valutata la possibilità di una riduzione dell’operatività delle filiali, tarata sugli organici del personale presente e mirata alla prestazione di servizi essenziali.
Distinti saluti
Segreteria Nazionale Cub Sallca
L’iniziativa di Intesa Sanpaolo di scalare UBI (terza banca italiana) è giunta inattesa e improvvisa. L’operazione richiederà tempo ed iter autorizzativi lunghi, incontrerà ostacoli seri (il Cda di UBI ha, prevedibilmente, respinto l’offerta), ma ha elevate probabilità di realizzazione. A
cose fatte, si sarà formata la terza banca europea per capitalizzazione e la settima per ricavi, con circa 50 miliardi di valore di borsa.
Sono state indagate ampiamente le ragioni di questa mossa, che segue di tre anni la fallita
scalata ad Assicurazioni Generali da parte di Intesa Sanpaolo: uno scenario che qualcuno
continua a ritenere possibile, una volta saliti di peso e consolidato il primato in Italia.
Cominceremo con l’elencare le ragioni che stanno alla base dell’assalto ad UBI, proseguiremo
con l’analisi delle criticità possibili e concluderemo con il punto di vista dei rappresentanti dei
lavoratori su questa vicenda.
Le ragioni
– Crescere di dimensioni è una mossa difensiva verso scalate ostili di provenienza
esterna: la quotazione in borsa rende contendibili, le fondazioni hanno cessato da tempo
di essere presìdi difensivi, una legge assurda le costringe addirittura a ridurre le
partecipazioni bancarie.
– Il mercato è a crescita zero, i tassi sono negativi, i margini sempre più ridotti: realizzare
6 miliardi di utili a fine piano industriale, come aveva promesso ISP, è impossibile senza
una scossa al “perimetro” della platea dei clienti.
– Il principale concorrente, Unicredit, ha varato un piano aggressivo che si basa
principalmente sul taglio dei costi, ma punta anche ad erodere quote di mercato alle
altre banche, in primis proprio ISP.
– Il consolidamento del settore bancario sta per ripartire, dopo il grande freddo dovuto
allo smaltimento dei crediti deteriorati e alle “fusioni per salvataggio” seguite al bail-in,
dopo il 2015: scegliere per primi significa trovarsi meglio dopo.
– I grandi nodi ancora da sciogliere sono la sistemazione del Monte dei Paschi (che deve
essere ceduto dal Tesoro entro il 2021), la ricerca di partner strategici per la Popolare di
Bari, la sorte sempre incerta di Carige e la crescita dimensionale delle banche intermedie
come BPM e BPER: essere già accasati significa potersi sottrarre alle pressioni per farsi
carico dei problemi “di sistema”.
– UBI non è messa male come conti, ma ha visto di recente rafforzarsi i soci piemontesi e
bergamaschi a scapito di quelli storici bresciani raccolti attorno a Bazoli: il successo
dell’OPS può far leva sulle divisioni interne alla compagine azionaria e sul favore dei
fondi d’investimento, che sono ormai decisivi e ragionano solo in termini di puro interesse
economico.
Le criticità
– Investire su UBI significa aumentare la concentrazione sul sistema italiano, un paese a
crescita lenta, con forti problemi strutturali, carenza di investimenti e squilibri territoriali
evidentissimi; la scommessa è l’ulteriore estrazione di valore da una clientela già
ampiamente sfruttata: se non dovesse funzionare?
– Per superare i vincoli anti-trust la banca attaccante ha già fatto un accordo con BPER
ed UNIPOL per cedere 400/500 sportelli e le attività assicurative di UBI: a BPER serve
un aumento di capitale da un miliardo di euro, il che implica una valutazione di 2 milioni
di euro a sportello. I precedenti sono inquietanti: chi comprò da ISP gli sportelli nel 2008
a prezzi sballati pagò cara la propria imprudenza (Carige, Veneto Banca, Popolare di
Bari, Creval avviarono così il proprio declino). Non si rischia il bis?
– Le promesse fantastiche dei promotori dell’offerta di scambio parlano di un aumento di
valore per tutti, manager, soci, azionisti e dipendenti, con dividendi più alti, impieghi più
elevati e decine di miliardi disponibili per investimenti sostenibili sul piano sociale e
ambientale: l’esperienza delle fusioni insegna che il credito si è ridotto e la politica dei
dividendi ha depauperato il capitale sociale, rendendo le banche più fragili al ritorno
della crisi.
Le conseguenze sui lavoratori
– L’unica vera ragione (mai dichiarata) per questo tipo di operazioni è il taglio dei costi,
attuato attraverso la riduzione del personale e la chiusura delle filiali: il mercato è asfittico
e i ricavi non crescono, quindi per tenere alti gli utili si possono solo fare tagli.
– L’obiettivo dichiarato è quello di tagliare 5.000 posti di lavoro, assumendo però 2.500
persone “specializzate” (quindi non nella rete): in questo l’azienda ha avuto l’accortezza
di anticipare la richiesta sindacale (un nuovo assunto ogni due esodati), per smussare
qualunque angolo che rappresenti un possibile ostacolo.
– Il saldo occupazionale si presenta dunque fortemente negativo, a livello aziendale
come a livello di sistema, dove, lo ricordiamo, incombono 6.000 esuberi dichiarati da
Unicredit, 1.300 da Carige, 1.000 da Popolare di Bari, cui aggiungere il completamento
del piano industriale del MPS; e a marzo è previsto il nuovo piano industriale BPM.
– I lavoratori si trovano dunque nel pieno dell’ecatombe, dopo la chiusura dell’accordo
sul CCNL, che era stata venduta come una svolta nelle relazioni industriali e l’inizio di
una nuova era basata sul recupero del potere perduto e dei diritti da riconquistare.
– A questo si aggiunge il forte disagio dei lavoratori che saranno presumibilmente ceduti
a migliaia, insieme agli sportelli che li contengono, alla BPER, in seguito agli accordi di
fusione, con il conseguente stress commerciale per recuperare il costo dell’investimento
e rendere profittevole l’aumento di capitale necessario a sostenerlo.
E’ con grande scetticismo e preoccupazione che dobbiamo quindi valutare
l’operazione della banca torinese: destinata certamente a dare grandi soddisfazioni
agli azionisti, a rafforzare il potere dei manager, a strappare dichiarazioni convinte ai
vertici sindacali.
Invece se ci mettiamo dal punto di vista di chi è vittima delle manovre societarie e delle
ristrutturazioni organizzative, dobbiamo trarre un bilancio decisamente diverso: stress
commerciale, ansia da prestazione, trasferimenti passivi, cessioni indesiderate,
peggioramento del clima aziendale, insicurezza professionale e lavorativa, crisi di
identità, sofferenza psico-fisica.
L’indicatore più preoccupante è la corsa verso l’esodo e la fuga dal “posto migliore dove
lavorare”: una via d’uscita sempre più ambita e indicativa del livello di disaffezione verso
questo lavoro e soprattutto il modo in cui si è costretti a svolgerlo…
E’ invece interesse dei lavoratori resistere ai peggioramenti della propria condizione lavorativa e
difendere i diritti anche e soprattutto nella fasi convulse delle trasformazioni imposte dall’alto:
come sindacato di base ci impegneremo a fondo perché questo accada.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni
DA CUB SALLCA INTESA SANPAOLO
a iscritti/e, lavoratrici e lavoratori
Piccola nota per chi ha ancora i buoni pasto cartacei.
La nuova legge di bilancio ha disposto che l’esenzione fiscale sia limitata fino all’importo di 4 euro. Nel nostro caso la parte eccedente (1,16) verrà tassata. Per questo motivo sarà possibile esercitare l’opzione per l’eventuale passaggio al buono pasto elettronico entro il 13 marzo 2020 (decorrenza 1 maggio), fermo restando che non in tutte le zone i buoni pasto elettronici sono facilmente spendibili.
NRI ABOLITA, SI, PERO’….
Proviamo a fare un po’ di chiarezza dopo che l’azienda (non commentiamo neppure l’ennesimo tentativo dei sindacati firmatutto di intestarsi l’ennesima “vittoria”) ha cambiato le regole per lo straordinario delle aree professionali.
Cogliamo l’occasione per ricordare, prima, che la prestazione dei quadri direttivi va resa, di massima, “in correlazione temporale con l’orario normale”delle aree professionali, con le caratteristiche di flessibilità, autogestione ecc..
Lo ribadiamo perché ogni tanto ci giunge notizia di qualche responsabile particolarmente “estroso” che sostiene che “i quadri non abbiano orario”, nel senso che sarebbe potenzialmente illimitato…..
Tornando alle aree professionali, la regola di fondo non cambia: lo straordinario va autorizzato ed è previsto solo per situazioni che abbiano “carattere di urgenza e di non differibilità”. Attenzione, però, perché, anche se autorizzata, la maggiore prestazione parte solo per un periodo pari o superiore a 30 minuti (non più 15) e solo successivamente per multipli di 15.
La maggiore prestazione va ad incrementare la banca ore, fino al raggiungimento di 50 ore (nelle quali sono comprese le 23 ore di dotazione iniziale di banca ore, eventualmente dedotte le 7,30 per il Fondo per l’Occupazione) e viene recuperata entro un massimo di 30 mesi e non viene persa in nessun modo.
Per le eventuali ulteriori ore che vanno da 51 a 100, il lavoratore può scegliere tra recupero o pagamento: tale scelta può essere modificata entro il 30 novembre per avere efficacia nell’anno successivo.
Dalla 101a ora scatta solo il pagamento.
Cambia il sistema anche per le prestazioni non autorizzate. Prima la prestazione non autorizzata veniva giustificata con la causale NRI (presenza senza prestazione). Ora, ma solo se la prestazione è di almeno 30 minuti (e successivi multipli di 15), il sistema genera in automatico un accredito con la causale PAO .
Questa prestazione non confluisce nella banca ore, ma va in un plafond a parte. Soprattutto il recupero (RAO) deve avvenire entro la fine del secondo mese successivo a quando si è verificata la maggiore prestazione. Se non viene fruita nei termini viene cancellata!!
Come commentare tutto questo?
Come prima cosa diremo che, se la maggiore prestazione non viene autorizzata, è buona norma chiudere il pc, salutare ed uscire. Se l’autorizzazione viene data, si deve fare in modo che la prestazione aggiuntiva raggiunga i fatidici 30 minuti. Riteniamo davvero discutibile che nel caso ci si fermi 20-25 minuti non venga riconosciuto nulla, ma, per ora funziona così.
Chi, nonostante la mancata autorizzazione, continuasse a lavorare deve tenere presente che la maggiore prestazione viene registrata, ma che il recupero deve avvenire molto più velocemente e che non ci sono norme di tutela a fronte di eventuali ostruzionismi di responsabili locali rispetto al recupero stesso.
Quindi, consigliamo di evitare di fermarsi, ma, nel caso lo faceste e nascessero problemi, contattateci.
E’ comunque utile ricordare un po’ di storia per capire come nasce il problema.
Nel 2012, dopo aver disdettato gli accordi aziendali e licenziato per rappresaglia gli apprendisti per indurre i sindacati firmatutto ad accordi più favorevoli per lei, l’azienda fa uscire la circolare n. 728 del 5 ottobre .
Nel Protocollo Occupazione e Produttività, firmato pochi giorni dopo, viene scritto e firmato, dai soliti sindacati dalla firma facile, che “il ricorso al lavoro straordinario/prestazioni aggiuntive sarà oggetto di attenta limitazione e sarà disposto dall’azienda solo in caso di particolare urgenza e necessità, come già comunicato con Circolare Intesa Sanpaolo n, 728 del 5 ottobre 2012, che qui si riconferma” (grassettatura nostra).Di fatto un avallo sindacale alla posizione aziendale!
Ovviamente non contestiamo il principio che lo straordinario debba essere autorizzato e pure limitato, ma questo non vuole dire che possa essere fatto e non pagato.
Perché la famigerata circolare recitava che: “tutte le unità in indirizzo eviteranno di richiedere prestazioni oltre il normale orario di lavoro, che ove rese non potranno pertanto essere compensate, fatte salve ovviamente le maggiori prestazioni aventi carattere di urgenza e di non differibilità che dovranno, come disciplinato nelle “Regole in materia di orario di lavoro” allegate, essere preventivamente autorizzate” ecc.
Di fatto si ammetteva che qualcuno potesse fermarsi a lavorare senza compensazione, come abbiamo fatto notare quasi subito con la lettera all’azienda allegata e come abbiamo sempre evidenziato nei nostri esposti di denuncia dello stress lavoro correlato.
Ci hanno messo solo 7 anni abbondanti per dare una risposta, peraltro parziale e discutibile, a questa situazione intollerabile.
In Intesa Sanpaolo c’è molta retorica sul senso di appartenenza e sulla valorizzazione delle risorse umane, ma la storia del nuovo Gruppo è sempre stata costellata, fin dalla sua nascita, dalla cessione di centinaia di lavoratori.
Per ricordare i casi più noti, si è cominciato nel 2007 e 2008 con le cessioni delle filiali a seguito della fusione tra Intesa e Sanpaolo e dell’intervento dell’autorità antitrust. Poi è stata la volta di Banca Depositaria nel 2010. Poi nel 2018 è toccato al Recupero Crediti e arriviamo ai giorni attuali con Banca 5 e, mentre ancora le trattative per la cessione di quest’ultima a Sisal sono in corso, lunedì 18 novembre è arrivata la notizia della cessione delle filiali del Monte Pegni, dove i lavoratori hanno appreso la notizia direttamente a mezzo stampa.
Tutte queste cessioni hanno coinvolto le attività, ma anche i lavoratori che le svolgevano.
Anche quando il contratto del credito è stato mantenuto, non sono mancati i problemi ogni qualvolta le aziende acquirenti hanno manifestato difficoltà (si pensi a Carige, Pop. Bari, fino alla Veneto Banca rientrata nel Gruppo dopo le note vicende delle ex banche venete) o quando alcune garanzie vengono a scadere.
Alla luce di queste considerazioni e della sgradevole sensazione, che deriva da queste vicende, di essere considerati come merce che può essere comprata e venduta, riteniamo che le trattative debbano sempre partire dal “diritto d’opzione”, cioè dalla possibilità per il lavoratore coinvolto di scegliere di non essere ceduto, ma di poter continuare il vecchio lavoro per il nuovo acquirente attraverso il “distacco”.
Si tratta di una richiesta del tutto ragionevole perché consente la continuità operativa e, nel momento in cui il distacco dovesse cessare, sfidiamo Intesa Sanpaolo a sostenere che nella rete filiali non ci sia posto per poche decine di lavoratori.
Era una richiesta già avanzata dai sindacati firmatutto in occasione della trattativa per il Recupero Crediti e lasciata cadere troppo in fretta.
Torneremo in un secondo momento ad analizzare il significato di questa operazione e le caratteristiche dell’acquirente. Nel frattempo, riteniamo che i lavoratori di tutto il Gruppo debbano far sentire la loro solidarietà ai colleghi di Banca 5 e del Monte Pegni. Nessuno pensi che a lui non toccherà mai l’esperienza di essere oggetto di cessione, il prossimo potresti proprio essere tu!
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo
L’autunno, dopo una lunga estate, porta anch’esso frutti importanti e preziosi; così è in natura ed anche in campo sindacale. In Intesa Sanpaolo non si fa eccezione: il 10 ottobre di quest’anno arriva il fondamentale accordo sul PVR (per chi fosse poco aduso agli acronimi sta per Premio Variabile di Risultato).
Finalmente i lavoratori sapranno per quale cifra stanno correndo, spinti dalle pressioni commerciali ufficialmente messe sotto controllo, da quasi 10 mesi. Che bello non dover convivere con l’angoscia di sapere da gennaio le regole del gioco della retribuzione variabile e correre “liberi” senza ansie da arricchimento.
Ormai da anni gli accordi sul premio sono frutti autunnali, ma questa volta le Organizzazioni Sindacali trattanti hanno voluto superarsi e nel bouquet elargito ai propri rappresentati hanno inserito nuovamente un accordo dedicato ad un premio integrativo dell’integrativo, chiamato SET (anche qui per gli insofferenti degli acronimi SET sta per Sistema Eccellenza Tutela) e persino un accordo sulla formazione flessibile.
Uno dei frutti più famosi ed apprezzati dell’autunno è l’uva, che, da mani esperte vendemmiata si trasforma nel sapido vino, cui sono dedicati sonetti, romanzi e poesie. A giudicare dal loro comunicato unitario sull’argomento le Organizzazioni trattanti hanno fatto una buona vendemmia. L’antico proverbio tuttavia recita “non chiedere mai se il vino è buono all’oste che te lo vende”.
Abbiamo verificato il mosto che sta fermentando nei tini per vedere se il proverbio è azzeccato. Possiamo subito dirvi che l’impianto generale è rimasto lo stesso. Le uniche variazioni riguardano un modesto aumento del premio base destinato a tutti di ben 50 euro, un’erogazione del premio aggiuntivo dalle maglie un pò più larghe, che permetterà a qualche collega in più di ricevere qualche altro centinaio di euro, che verrà erogato al 100% anche ai lavoratori di qualche agenzia dalle performance considerate non esaltanti.
Tutto qui. L’asticella, altissima, per arrivare al premio di eccellenza, che prevede cifre importanti, resta tale, anzi le cosiddette score cards si arricchiscono di nuovi e, naturalmente sfidanti, obiettivi. A ben vedere l’aumento del premio base, pari al 17% è ben poca cosa se raffrontata con un dividendo agli azionisti che in meno di 5 anni è quasi quadruplicato. Del resto nel 2017 è stata la stessa azienda di propria iniziativa, a raddoppiare il valore del premio base da 300 a 600 euro quale riconoscimento per aver raggiunto i 10 miliardi di euro di dividendi cumulati nel corso del piano industriale 2014-2017.
In conclusione di mosto di qualità al momento dell’imbottigliamento pare essercene ben poco, e se ne devono essere resi conto anche ai piani alti, poiché l’anno scorso è andato in scena, con replica quest’anno, un premio specifico sul collocamento di polizze, che da solo vale quasi il 40% di tutto il PVR .
Quale migliore prova del fatto che, da parte dei suoi stessi ideatori il premio risulta ben poco premiante ed è necessario la proliferazione delle erogazioni e la moltiplicazione degli indicatori per mettere insieme una somma annua che, per i comuni mortali, si possa paragonare a quanto ci veniva erogato quando esisteva il Vap. Figura retorica appartenente ad altra generazione di premio, ormai, che,per lungimirante scelta delle delegazioni trattanti, è stato trasferito al museo delle specie estinte.
Un vero peccato perché, quando si scende dall’empireo dei convegni pieni di aulici quanto inconsistenti dibattiti oggi in voga fra le file dei dirigenti sindacali, e si fanno i prosaici “conti della serva”, dati alla mano il confronto fra prima e dopo diventa impietoso. In un volantino di poco più di un anno fa avevamo analizzato in dettaglio quale fosse la situazione. Qui possiamo solo ricordare che, nell’ultimo anno di applicazione il Vap garantiva ad un collega medio 1700/1800 euro lordi. Oggi per la maggior parte dei lavoratori non si giunge a tale cifra neanche calcolando il Lecoip, che peraltro nella sua attuale versione è inchiodato al livello di partenza. Ben si comprende dunque perché nasce il SET per “lubrificare” l’entusiasmo della truppa.
In ultimo occorre dire qualcosa sulla formazione flessibile, argomento che pare lontano dal discorso delle erogazione premianti, ma che in realtà vi è legato; indirettamente a causa della necessità di capire almeno qualcosa di certi contratti che poi saranno oggetto degli appuntamenti. Ma direttamente perché il completamento della formazione entra nelle score cards e nelle valutazioni personali ai fini di un percorso professionale, là dove ancora esistono.
L’accordo è piuttosto stringato e, a nostro avviso consta di due soli punti concreti, si fa per dire. Nel primo l’Azienda si impegna a “favorire la fruizione della formazione in modalità cosiddetta protetta”. Non è precisato cosa il termine “protetta” voglia dire, ma speriamo che si tratti finalmente della possibilità di seguire i corsi on line non mentre si serve il cliente o fra una telefonata e l’altra. Il generico impegno aziendale, oltretutto sperimentale e a partire dal 2020, non promette molto nel concreto e il fatto che la formazione si possa svolgere nelle “strutture di appartenenza o in altri locali aziendali ritenuti idonei e disponibili” la dice lunga sull’esigibilità dell’impegno stesso da parte del singolo.
Nel secondo punto si toccano inarrivabili e ineffabili vette di ipocrisia. Infatti viene introdotto per il personale della Rete il diritto a ben due giorni di formazione flessibile da casa (badate bene in linea di massima 1 per semestre dell’anno, non vi allargate) a patto però che la fruizione non comprometta l’apertura della filiale e il funzionamento di tutte le sue componenti.
In epoca di esodi spesso non rimpiazzati, di assunzioni con il contagocce, oltretutto in gran parte contratti misti con orario part time, di difficoltà spesso insormontabili per ottenere o rinnovare un orario ridotto per quei colleghi che hanno necessità personali o familiari non rinviabili, il tutto suona come una barzelletta di pessimo gusto. Il commento ci sembra superfluo.
L’autunno concede buoni frutti, ma sembra che questi siano solo per qualcuno.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo