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Intesa Sanpaolo: una corsa senza tregua

Si susseguono nell’ambito del Gruppo accordi e iniziative sotto la martellante regia dell’azienda, che procede come un caterpillar nella costruzione di una macchina forgiata sulle proprie esigenze. L’integrazione dell’accordo sugli esodi, con le modifiche apportate alla legge Fornero, è l’ultima tappa della vicenda. Con l’accordo sale di altre 1.600 unità il numero di coloro che lasciano il Gruppo anticipatamente, che, aggiungendosi ai 9.000 precedenti, arrivano così’ a 10.600 da quando è stato deliberato il salvataggio delle due banche venete con (molti) soldi pubblici.
La grande fuga è compensata dall’impegno aziendale alla risibile cifra di 150 assunzioni, che si aggiungono alle 1650 già previste, da effettuarsi non prima del secondo semestre 2021: un piano che si configura esplicitamente come un salasso di personale, con blocco del turn-over.
E del resto nulla di meglio può venire da un’azienda che punta le sue carte prevalentemente sulla riduzione dei costi del personale e sullo smantellamento progressivo della rete fisica, da rimpiazzare con il ricorso al digitale, i servizi da remoto e la crescita di Banca 5, sul circuito delle tabaccherie. Tutto questo si svolge in un contesto dove restano fortissime le pressioni commerciali, tese soprattutto a recuperare conto economico, sia tramite l’offerta di prodotti di tutela assicurativa (ma organizzare il tutela day nei giorni di pagamento dell’IMU non è proprio il massimo…), sia attraverso il ritorno della raccolta sul risparmio gestito, accoppiato al servizio di consulenza evoluta, dopo un 2018 molto critico e la chiusura di numerosi fondi a finestra, che, giunti a scadenza, hanno fornito risultati deludenti o registrato perdite patrimoniali.
Pressioni commerciali che non conoscono sosta e stanno pregiudicando in via permanente il clima aziendale (con utilizzo di toni sempre più autoritari) e la serenità professionale di tutti coloro che lavorano in rete.
A fronte di una situazione che continua ad assomigliare ad un bollettino di guerra, con comunicati sindacali che descrivono tutti la stessa drammatica tensione su risultati, metodo, imposizioni e minacce, registriamo il totale fallimento degli accordi e delle commissioni con cui si è provato ad affrontare il problema, senza aggredirlo in modo frontale, ma aggirandolo con varie furbizie.
E’ chiaro che finché non si aprirà una fase conflittuale sulla base di una piattaforma seria, discussa con i lavoratori, per obiettivi concreti ed esigibili, tutto finirà in chiacchiere. E continueremo a dover leggere mail come quella che ci ha segnalato un lavoratore, dove un Capo Area, tra i tanti in cerca di visibilità, così incita i suoi sottoposti nell’occasione del recente collocamento della obbligazione Cassa Depositi e Prestiti:
“La proposta commerciale ai nostri clienti dovrà essere TASSATIVAMENTE CONFEZIONATA prevedendo il rapporto di uno a due fra obbligazione e nuovo flusso RG, preferibilmente su UNIT. Se il cliente si dimostrasse non disponibile ad accettarla insisteremo…IL PROCESSO VA FATTO COSI’, SENZA SEMPLIFICAZIONI”.
Evidentemente c’è ancora molta strada da fare prima di arrivare ad un modello di consulenza serio e professionale: siamo invece oberati da obiettivi di collocamento stratosferici che non fanno i conti con la mediocrità dei risultati mediamente ottenuti con il gestito, il livello insostenibile dei costi applicati, l’insoddisfazione della clientela, cui si propongono continui restyling di prodotto per spostare il problema nel tempo.
Non saranno le firme sui “protocolli etici e sostenibili” a difendere la vivibilità del clima aziendale e meno che mai la condivisione con l’aziendadi sistemi incentivanti che alzano la concorrenza tra i lavoratori e tra le filiali, tra le Areee le Direzioni territoriali. Servirebbe un’azione di contrasto culturale e sindacale, accompagnata da estesi e coinvolgenti giri di assemblee su questo specifico tema, finalizzata ad aprire una vertenza per obiettivi e risultati concretamente esigibili. Ma i sindacati firmatari non andranno su questo terreno.
Continuate a segnalarci quello che avviene nelle vostre realtà e utilizzeremo tutti gli strumenti di cui disponiamo per contrastare il degrado lavorativo.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

L’ESTATE ROVENTE DI UBI BANCA

Che il clima aziendale fosse pesante per i lavoratori di UBI, schiacciati fra l’incudine di una dirigenza mai sazia di risultati commerciali e il martello di organici sempre più ridotti all’osso, era cosa ormai assodata; ora, ad aggravare, e non poco, questa penosa situazione ci si mette pure il clima, quello vero, ormai impazzito pure lui, che passa in pochi giorni dal freddo polare al caldo africano senza soluzione di continuità.
Tuttavia ciò non può diventare un alibi per l’azienda che sistematicamente, ad ogni cambio di stagione, si ritrova “puntualmente” in ritardo nell’accensione degli impianti, di riscaldamento in inverno e di raffreddamento in estate, lasciando anche per lunghi periodi di tempo i colleghi (e l’utenza) ad attendere con ansia l’intervento salvifico del tecnico di turno.
Molte strutture ed impianti di UBI sono evidentemente datati ed obsoleti, alcuni in pessime condizioni e, oltre al ritardo della loro accensione, non di rado funzionano male, con zone della stessa unità produttiva molto fredde e altre dove non sembra neppure che circoli aria. Spesso vanno in blocco, si spengono, perdono acqua costringendo a ricorrere, per la loro sistemazione, alla classica “pezza” per tappare un buco oramai diventato voragine.
Emblematico, ma anche incredibile, è il fatto che queste problematiche riguardino anche le filiali oggetto del nuovo restyling, perché, come si sa, l’importante è apparire, non importa se a forza di nascondere polvere sotto i tappeti non ce ne stia più.
Purtroppo siamo arrivati al punto che, in alcune filiali, sarebbe addirittura utile e necessario chiedere il parere delle autorità sanitarie per essere certi di non mettere a repentaglio la propria salute nel prestare opera in tali ambienti.
Non è difficile riscontrare sempre più spesso, in troppe realtà, la presenza di muffe e umidità sulle pareti oltre ad una sporcizia e polvere generalizzate figlie del continuo taglio delle spese per questi capitoli.
Viviamo in ambienti sempre più insalubri e in aggiunta dobbiamo sopportare, ad ogni cambio di stagione, questa ulteriore seccatura per la mancanza di organizzazione della banca nell’accendere con tempismo gli impianti termici.
Invitiamo “caldamente” i sedicenti sindacalisti e RLS (responsabili dei lavoratori per la sicurezza) a farsi un giretto, in questi periodi, in quei punti operativi per toccare con mano e provare sulla propria pelle l’inebriante sensazione di lavorare con 30°, con la testa che scoppia e l’umidità al 90%
Ai colleghi coinvolti, invece, consigliamo vivamente di segnalare senza indugio anche eventuali patologie, dal semplice ma continuo mal di testa alle bronchiti/polmoniti (tra l’altro già tristemente verificatesi), che potrebbero essere riconducibili alla prolungata permanenza in ambienti privi di adeguato sistema di ricambio d’aria o di filtri non puliti (dovrebbero esserlo almeno ogni 3 mesi) o altre cause legate all’ambiente in cui vivono e pretendere di poter lavorare almeno senza rimetterci la salute.
Ricordiamo a tal proposito che al punto 6 del tanto decantato e orgogliosamente sottoscritto Codice Etico, nell’elencare i principi di condotta nelle relazioni con il personale dipendente, UBI banca sottolinea che “perseguiamo la tutela dell’integrità pisco-fisica dei nostri dipendenti e collaboratori, promuovendo la salute e sicurezza degli strumenti e dei posti e metodi di lavoro….valutiamo e gestiamo i rischi e cerchiamo di eliminarli alla fonte, programmando la prevenzione e dando priorità alle misure di protezione collettiva.”
Anche questo dovrebbe essere “fare banca per bene”

CUB-SALLCA Ubi Banca

 

UBI: SMETTIAMOLA DI REGALARE LAVORO GRATUITO ALL’AZIENDA:

O LO STRAORDINARIO VIENE RICONOSCIUTO E COMPENSATO,

OPPURE SI ESCE IN ORARIO E SI VA A CASA

La questione degli straordinari non riconosciuti e non compensati si arricchisce di una nuova puntata.

Ubi Banca da qualche tempo si sta ‘’rifacendo il trucco’’ con l’avvio delle ristrutturazioni delle filiali, sempre più smart, accattivanti e possibilmente con sempre meno cassieri (ops scusate CONSULENTI!!).

Luoghi dove la privacy per i clienti e lavoratori è diventata un optional: i primi, costretti in un ambiente open-space, si ritrovano a discutere con l’operatore dei loro affari lasciando che tutti possano tranquillamente ascoltare come al bar; i secondi, con l’eliminazione delle bussole dotate di metal detector, monitorati h24 da telecamere che puntano ovunque con un controllo da remoto.

In queste realtà si sta consumando la farsa degli accordi per il contenimento dei costi (sempre per gli stessi, chiaro) legati all’orario di lavoro.

E’ noto ormai da anni a tutti i colleghi che, di fatto, gli straordinari non vengono più riconosciuti, ma in questo caso si supera ogni limite di decenza.

L’accordo, anche comprensibile e accettabile in un contesto di crisi, rimane tuttora in vigore nonostante il peggio sia passato e anzi UBI Banca non perda giorno per vantarsi, con tutti gli stakeholders, di essere un’azienda solida da tutti i punti di vista: patrimoniale, economico, di reputazione ecc. ecc. Peraltro l’accordo dice che gli straordinari non devono essere fatti, non che si deve lavorare gratis oltre l’orario!!

Veniamo al punto della questione che ha ispirato questo comunicato.

In queste nuove filiali stanno installando i cosiddetti ATM evoluti e CSA, veri e propri cassieri in metallo, che purtroppo (o per fortuna) per ora non sono ancora del tutto autonomi e di conseguenza il cassiere deve svuotarli dei versamenti effettuati dalla clientela (cash in) e successivamente caricare le banconote per i prelievi bancomat (cash out), oppure effettuare una rimessa di contanti per rimanere all’interno dei massimali assegnati.

Fin qui nessun problema se non fosse per il fatto che ai colleghi addetti vengono richieste facoltà nell’esecuzione che farebbero imbarazzare persino Superman…perché? Sempre per questioni legate alla sicurezza, queste avveniristiche macchine si possono aprire solo ed esclusivamente non prima delle 16.45, senza possibilità di deroga alcuna.

Ricordiamo che l’orario di uscita dalla filiale è fissato INDEROGABILMENTE  alle 16.50.

Ora in queste condizioni è materialmente impossibile per qualsiasi essere umano, benché a volte i bancari ci facciano dubitare dell’appartenenza a questa categoria, svolgere tutte le incombenze con precisione, attenzione e diligenza in soli 5 minuti; se va bene e non ci sono intoppi, ne servono almeno 20, anche per i più svelti.

Ormai non ci stupiamo più del fatto che i sindacati firmatari non muovano un dito per denunciare questa che è, ad ogni evidenza, una palese ammissione di lavoro gratuito!!!

Per questo abbiamo scritto all’azienda chiedendo di modificare l’orario di  apertura dei mezzi forti in modo da garantire, da un lato la sicurezza della filiale rispetto alla eventualità che si verifichino eventi criminosi, ma dall’altro lato che venga riconosciuta la possibilità di poter uscire dalla filiale in orario senza dover regalare tempo prezioso alla banca.

Sappiamo che il fenomeno dello straordinario non retribuito o non compensato riguarda ormai quasi tutti i colleghi, che svolgono i ruoli più disparati, ciononostante vogliamo lasciare un messaggio di speranza a tutti coloro che non ci stanno a fare della inutile beneficenza alle banche e che possono trovare nel nostro sindacato una forza libera e indipendente, disposta anche al confronto duro con la controparte pur di non tradire il mandato  che dovrebbe muovere l’agire di ogni sindacalista che si rispetti e cioè la difesa del diritti dei lavoratori.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Ubi Banca

Intesa Sanpaolo. Pressioni commerciali, dalla prosa alla poesia

Ci è capitato spesso di commentare interventi pesanti, al limite dell’offensivo (ed anche oltre) per spingere i lavoratori a raggiungere risultati commerciali.

Questa volta commentiamo un messaggio, inviato da uno specialista tutela, che si segnala per la sua ipocrisia.. Si arriva a rivendicare un presunto “compito culturale e sociale” che si estrinseca nel fatto che “devi decidere TU per il tuo cliente”. Il seguito del ragionamento è davvero forzato e subdolo, se vogliamo anche un po’ iettatore (guarda cosa potrebbe succedergli e tu non l’hai convinto a fare la polizza).

Diciamo che non finiscono mai di stupirci per la fervida fantasia con cui inventano messaggi “motivanti”. Aggiungiamo che neppure il miraggio (che spesso resterà tale) del premio di 16.000 euro, previsto per gli specialisti tutela, può giustificare l’invio di queste nefandezze.

Noi continuiamo a pensare che i lavoratori non debbano decidere per altri, ma debbano spiegare in maniera completa e professionale i prodotti che vengono proposti ai clienti. E’ l’unico modo per alzarsi al mattino e guardarsi allo specchio senza crisi convulsive.

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

Ecco il messaggio che abbiamo commentato:

Buongiorno a tutti ,

in allegato una poesia che ci riguarda e che credo sia un ottimo punto di riflessione e credo anche di PARTENZA .

PER RIUSCIRE A FARE CONSULENZA devi decidere TU per il tuo cliente: ecco come …

Naturalmente la psicologia ci ha spiegato che le persone non decidono per paura di commettere errori.

Provate a dirlo a chi ha temporeggiato durante la chiusura di una trattativa sull’acquisto dell’antifurto della casa e ha subito una rapina con sparatoria dove hanno perso la vita moglie e figli.

Provate a dirlo a dire a chi ha temporeggiato sull’acquisto del rilevatore antifumo ed è scoppiato l’incendio, dell’assicurazione sulla vita e sono morti lasciando la famiglia sul lastrico, della consulenza sulla Vendita Relazionale e la loro azienda adesso è in banca rotta.

Ma anche senza andare nel tragico, ci sono mille esempi che dimostrano come DECIDERE DI NON DECIDERE non solo si dimostra sbagliato nel tempo, ma spesso anche SBAGLIATO A PRIORI.

Ecco il limite umano più grande: pur di evitare il rischio di sbagliare si sceglie di sbagliare con sicurezza. (L’ho sempre detto io che la sicurezza è proprio una brutta bestia..).

Ecco perché con i nostri prodotti assicurativi abbiamo un grandissimo compito Culturale e sociale . Partiamo da questa domanda:

Quanta responsabilità abbiamo nell’indecisione dei nostri clienti?

Se vuoi aiutare il tuo cliente a decidere e chiudere una trattativa, concentrati sul fargli capire una cosa, prima del prodotto, del servizio, del prezzo e di tutti le altre informazioni che gli serviranno a prendere una decisione: fagli capire che TU SEI IL SUO UOMO.

la cosa più importante è il concetto: prima la relazione, poi la vendita.

Il cliente fa fatica a decidere perché il gestore pone queste domande

  • Quali sono le tue esigenze?
  • Ti presento il mio prodotto?
  • Vorresti acquistarlo?
  • Hai delle obiezioni?
  • Come vuoi pagarlo?

Forse cambieranno un po’ le parole, ma la sostanza è questa.

il cliente è costretto a prendere una decisione sul prodotto PRIMA di aver preso una decisione su DI TE.

e se invece cominciassimo cosi’…..

  1. Quali problemi hai che posso risolverti?
  2. Vuoi sapere cosa posso fare per te GRATIS?

Dare in modo incondizionato fa in modo che la relazione venga prima della trattativa di vendita

Se porti il cliente a fidarsi di te, potrai vendere con facilità e il cliente saprà prendere decisioni alla velocità della luce.

Ecco alcuni consigli veloci per guadagnare da subito la fiducia del cliente:

  1. Trasmetti un obiettivo ‘sano’ e privo di conflitti di interessi, che riguardi sia te che il cliente
  2. Usa le testimonianze
  3. Usa una Garanzia

L’obiettivo della nostra banca ….quello di BANCA ASSICURAZIONE deve essere quello di CREARE un Modello di Vendita che funziona, NON avere GESTORI CHE VENDONO

Solo lavorando in modo OMOGENEO ad un obiettivo comune il nostro modello di banca assicurazione inizierà a crescere .

INTESA SANPAOLO: UN ALTRO SCHIAFFO ALLA DEMOCRAZIA

 

Come spieghiamo meglio nel comunicato allegato,

azienda e vertici dei sindacati “firmatari” hanno concordato che, dal 2019, per presentare liste di candidature alternative a quelle di Fisac-Fabi-First-Uilca-Unisin per le elezioni dei “rappresentanti” delle lavoratrici e dei lavoratori negli Enti del Welfare (previdenziali, sanitari) occorre raccogliere non più il 3% ma il 5% delle firme degli aventi diritto al voto.

Si tratta di una percentuale assurda (che non ha pari nel mondo politico e sindacale) che annienta quasi del tutto la possibilità di rendere effettive le previsioni statutarie.
In fondo ci fanno un grande complimento perché dimostrano quanto in questi anni la presenza di eletti indipendenti o del sindacalismo di base abbia dato fastidio ai manovratori.
E poi non c’è da stupirsi. Continuiamo ad essere una delle poche categorie dove i sindacalisti non sono mai stati eletti dall’insieme dei lavoratori. E dove gli accordi ormai vengono firmati sotto dettatura aziendale. Le assemblee non ci sono praticamente più (si tratta di un diritto dei lavoratori che è stato letteralmente scippato con un regalo all’azienda di centinaia di migliaia di ore di lavoro all’anno) e comunque, stante le nuove regole sulla rappresentanza, non hanno più alcun potere decisionale.

Nel volantino leggerete anche che, seppure con grande rabbia, abbiamo deciso di non partecipare alle prossime elezioni dei Fondo Pensione di Gruppo.
Probabilmente, anche questa volta (come sempre è avvenuto) ce l’avremmo fatta a raccogliere il numero di firme necessario. Forse.
Ma una cosa è sicura. Per raggiungere lo scopo i nostri quadri (privi, ricordiamo, di qualsivoglia agibilità sindacale) avrebbero dovuto concentrarsi esclusivamente su quello per oltre un mese e poi nuovamente, per pari tempo, in occasione del voto.

E’ una scelta che non ci siamo sentiti di fare anche in considerazione dal fatto che, in questi quasi vent’anni di presenza negli Enti, crediamo di essere riusciti a raggiungere gran parte degli obiettivi che ci eravamo inizialmente dati, tenendo conto ovviamente del potere assoluto di ultima istanza delle cosiddette “fonti istitutive” (sempre l’azienda e i sindacati di regime) che travalica gli stessi consigli di amministrazione.

Restiamo un sindacato di base che continua a vivere solo sulla faticosa militanza dei suoi quadri e grazie all’appoggio delle/dei proprie/i iscritte/i.
Per noi c’è tanto da fare nella tutela delle/dei colleghe/i sul posto di lavoro. Diamo la priorità all’attività sindacale quotidiana.

E per quanto riguarda il Welfare, il patrimonio di conoscenze accumulate nel tempo ci consentirà comunque di dare il nostro pieno supporto alle lavoratrici ed ai lavoratori che si rivolgeranno a noi.

 

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

 

Intesa Sanpaolo. Il grande teti

 

Quasi tutti i colleghi saranno stati sorpresi nel vedere la mail in cui l’azienda ci comunicava la necessita’ di compilare il questionario “Teti” (che non si sa perche’ si chiami cosi’) sulle proprie conoscenze in ambito bancario.

Saranno stati ancora piu’ sorpresi  e, magari, irritati  nel ricevere una email dal tono intimidatorio e minaccioso, in cui si sollecitava la compilazione dell’Autovalutazione delle competenze,  che altrimenti sarebbe stata “inviata in automatico al Responsabile”.

Tale Autovalutazione, oggetto di contrattazione da parte dei sindacati firmatari (che, incapaci di contrattare inquadramenti decenti, si accontentano di questi surrogati) , in teoria dovrebbe servire a tarare meglio, sulla base delle competenze possedute, lo svolgimento di ulteriori corsi di formazione  (ricordiamo che ci sono gia’ 30 ore di corso IVASS  e altrettante di corso CONSOB  da fruire entro novembre)

In assenza di compilazione del questionario (facoltativo e non obbligatorio)  le competenze saranno certificate dal proprio superiore o direttore di filiale, che dovra’ anche validare il questionario ove compilato.

Il questionario tocca tutti i punti dello scibile economico-finanziario a livelli accademici: il nuovo superuomo bancario dovrebbe sapere di corporate, alta finanza, marketing, normativa europea e internazionale, psicologia delle vendite, lay out di filiale, e altre cento cose che omettiamo.

Pensiamo che un questionario serio dovrebbe essere tarato sulla storia pregressa del lavoratore e sul ruolo ricoperto, altrimenti serve a poco, se non a certificare che la media dei colleghi è impreparata e priva di conoscenze adeguate ( obbiettivo dell’azienda?)

Il comune bancario, dopo avere messo una sfilza di n.p o, al piu’, base alle varie competenze, attendera’ la convocazione di  nuovi corsi di formazione, che non si sa bene quando potrà seguire: probabilmente da casa, senza riconoscimento alcuno, come troppo spesso avviene per i corsi consueti.

Peraltro la stessa compilazione del questionario è lunghissima: pensano che abbiamo niente da fare, o pensano che anche questo possa essere fatto in straordinario non retribuito??

In realta’,  in questo sistema perfetto (aziendale ed extra-aziendale) che hanno costruito, come nel famoso libro di George Orwell  “1984”, una parola dal significato positivo si muta nel suo contrario e quindi formazione non è detto che faccia rima con evoluzione ed elevazione, ma, magari, con un semplice affastellamento di nozioni ed una diminuzione di salute psichica per il lavoratore.

Questa pretesa di avere un dipendente universale (che sappia tutto ma proprio tutto) ci sembra totalitaria e anche in gran parte irrealizzabile, meglio sarebbe creare per ognuno una specificita’ specialistica e da quella partire ampliandola progressivamente .

Cose di buon senso, basterebbe poco per farle presente all’azienda…o no?

 

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

Le banche ed i nuovi mestieri

 

Vogliamo proporvi  una riflessione sul futuro dei dipendenti e degli agenti di commercio presenti nelle strutture satellite della casa madre Intesa Sanpaolo.

Il 13 marzo è stato votato ed approvato il disegno di legge Europea 2018, che pone  limiti importanti per lo svolgimento di attività di intermediazione.

All’art. 2 del provvedimento, in particolare, si  vieta di essere al contempo agenti, professionisti contigui all’immobiliare e lavoratori dipendenti, specialmente delle banche .

La norma pone qualche preoccupazione rispetto al futuro di ISP Casa.

Noi ci auguriamo che ISP Casa possa proseguire normalmente il proprio lavoro, ma non ci pare lungimirante l’atteggiamento di azienda e sindacati firmatari, che tendono a minimizzare il problema.

E’ evidente che, pur non dipendenti diretti di Intesa Sanpaolo, i colleghi di ISP Casa fanno parte del gruppo e hanno il contratto del credito (seppure complementare).

Non vogliamo fare allarmismi, ma ci pare ragionevole pensare ad una soluzione se le cose dovessero andare nel senso contrario a quello auspicabile. E la soluzione ci pare a portata di mano: esiste già un accordo che consente, a chi lo vuole, di entrare in banca, uscendo da ISP Casa. In caso di problemi, quindi, si dovrà consentire a chiunque ne farà richiesta di potere effettuare il passaggio in Intesa Sanpaolo.

Altra situazione poco chiara è la collaborazione tra colleghi dipendenti Intesa Sanpaolo e agenti ISP for Value (società del gruppo con agenti a partita iva, presenti nelle filiali del gruppo “senza una stanza dedicata e ben delineata” ) .

Infatti, ad un anno dall’esordio della nuova società’ del gruppo, i colleghi di Intesa Sanpaolo (delle filiali imprese che sono a maggior contatto con gli agenti di ISP for Value) ci segnalano di aver sostenuto un corso sulla separatezza e modus operandi  tra le due realtà, manifestando qualche perplessità sul metodo da adottare poiché, nel frattempo, alcune regole dettate dalla separatezza sono state palesemente non rispettate.

Perche’ l’informazione sulle regole da seguire arriva solo dopo un anno?

Seguiremo con scrupoloso interesse la materia e terremo informati i lavoratori coinvolti in queste vicende.

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

Intesa Sanpaolo: ulteriori problematiche sulle filiali con casse chiuse e sulle ferie comandate.

 

Mano a mano che procede e si allarga l’”esperimento” delle filiali medio/grandi che tengono le casse chiuse, emergono sempre più evidenti le criticità di questo modo di operare e l’intollerabile assenza di regole formalizzate. Inoltre emergono ulteriori problemi per le ferie “comandate” Quindi, siamo tornati a scrivere ai vertici aziendali per denunciare lo stato delle cose e sollecitare iniziative per rimediare.

 

Spett. Intesa Sanpaolo

Al CeoCarlo Messina

Al Responsabile di Banca dei Territori Stefano Barrese

Al Responsabile Sicurezza sul lavoro Dario Russignaga

Al Medico competente Maurizio Coggiola

p.c. alle lavoratrici ed ai lavoratori del Gruppo Intesa Sanpaolo

 

Torino,12-3-2019

Oggetto: Ulteriori problematiche sulle filiali con casse chiuse e sulle ferie comandate.

 

Siamo costretti a tornare sul tema dell’”esperimento” delle filiali di dimensioni medio-grandi che lavorano con le casse chiuse.

Il progressivo aumento delle filiali coinvolte ci conferma che non si può più parlare di esperimento e che non è accettabile che queste modifiche del modello di filiale passino in modo strisciante e silenzioso.

La prima questione è che non è possibile che i clienti delle filiali coinvolte non vengano informati preventivamente con comunicazioni scritte e con il necessario preavviso.

Al contrario, chi entra nelle filiali oggetto dell’esperimento, si ritrova la “sorpresa” ed i colleghi devono spiegare cosa sta accadendo, quasi fosse una loro idea balzana.

Accade sovente che parte dell’utenza reagisca con aggressioni verbali, quando non con insulti, nei confronti dei lavoratori. Il fatto di costringere i clienti che non ne sono in possesso di dotarsi di bancomat, ora a pagamento, è un altro fattore di tensione.

Chiediamo quindi che l’avvio di queste modifiche organizzative sia comunicato in forma ufficiale alla clientela coinvolta.

Oltre a ciò, rinnoviamo la richiesta di aprire un confronto sulle problematiche che il nuovo modello organizzativo determina e sulla necessità di stabilire regole sull’operatività, considerato che su molti aspetti della stessa ogni filiale si comporta in modo diverso.

A fare le spese dell’”esperimento” è soprattutto la clientela anziana, parte della quale non è in grado di gestire le operazioni con bancomat. Capita frequentemente che venga chiesto ai colleghi di fare l’operazione al loro posto, mostrando candidamente il codice segreto.  Allo stesso tempo c’è il rischio di un aumento delle truffe per la cattiva gestione degli stessi codici, per non parlare di quelli che arrivano su cellulari che non sanno usare.

Rinnoviamo, inoltre, la richiesta di superare l’obbligatorietà delle ferie comandate nelle filiali che chiudono nei “ponti”. Emergono ulteriori problematiche per le filiali retail che convivono con le filiali personal, che dovranno farsi carico anche della loro clientela, in permanenza di turni e delle ferie, servirebbe quindi un rafforzamento dell’organico recuperando i colleghi che non intendono fruire di ferie imposte. Stesso ragionamento vale per uffici di sede tra loro collegati, dove le ferie comandate di un ufficio hanno ricadute negative su altri.

Ancora una volta scriviamo a tutte le funzioni aziendali interessate per tutelare la salute dei lavoratori e metterli al riparo dalle conseguenze di errori determinati dall’approssimazione organizzativa e dall’assenza di regole certe e formalizzate.

Segreteria Nazionale Cub Sallca

 

Modifiche all’organizzazione del lavoro in Intesa Sanpaolo; il Sallca scrive al CEO Messina

In questo periodo si assiste ad una serie di cambiamenti significativi nelle filiali, dagli “esperimenti” delle casse chiuse alla riportafogliazione che ha coinvolto le filiali imprese e retail. Il tutto avviene in modo disordinato e senza regole.

A complicare la vita dei lavoratori è anche arrivata la “sorpresa” dei ponti e delle ferie comandate (scusate, collettive) che quest’anno coinvolge filiali retail, personal, imprese e vari uffici di sede.

Abbiamo voluto segnalare in modo formale e scritto una serie di questioni e anche di richieste al Ceo ed al Responsabile della salute sul lavoro. Riteniamo che non si debba assistere passivamente a tutto questo e che l’azienda debba dare risposte convincenti alle questioni sollevate.

Ecco il testo della lettera inviata (vedi anche allegato)

Al Ceo Carlo Messina

Al Responsabile Sicurezza sul lavoro Dario Russignaga

p.c. alle lavoratrici ed ai lavoratori

 

Torino,18-2-2019

Oggetto: problematiche relative alle recenti modifiche organizzative.

 

Partiamo dall’analisi dell’esperimento delle filiali che stanno lavorando con le casse chiuse: doveva essere un provvedimento temporaneo, ma la sua prosecuzione  ed estensione lo sta trasformando in un modello operativo consolidato e tutto questo pone questioni normative importanti.

Intanto ci sono possibili conseguenze rilevanti sulla salute dei lavoratori, si pensi solo al periodo prolungato nel quale i colleghi devono stare in piedi o sullo sgabello rialzato della postazione dell’accoglienza. Il DL 81/2008 prevede che significative modifiche nell’organizzazione del lavoro devono essere valutate preventivamente con gli RLS per le ricadute che possono avere sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. E’ stato fatto?

Inoltre una modifica così significativa imporrebbe una formazione adeguata per gli addetti (che non c’è stata) e l’apertura di una contrattazione per normare adeguatamente il nuovo modo di operare. Si pensi, solo per fare un esempio, ai frequenti episodi di clienti che consegnano ai colleghi che li stanno aiutando il loro pin, con tutti i rischi che questo può comportare.

Apprendiamo da siti sindacali che nel corso dell’incontro trimestrale dell’Area Torino e provincia con i sindacati firmatari l’Azienda ha sostenuto che non si tratta né di una sperimentazione, né di una nuova modalità: a suo dire i colleghi devono “semplicemente” accompagnare la clientela verso il cambiamento come stanno già facendo “al fine di ridurre le code e le attese”. Ha inoltre sottolineato che le casse rimangono comunque aperte per particolari operazioni che non possono essere effettuate alle macchine.

Riteniamo questa posizione unilaterale e non corrispondente alla realtà dei fatti. Per quello che ci riguarda ci dichiariamo disponibili a discutere di queste tematiche, essendo noi esclusi dal tavolo di trattativa non per nostra scelta e per una discriminazione ingiustificata, avendo dimostrato in più occasioni il nostro livello di rappresentatività.

Un altro problema che vogliamo evidenziare è quello della massiccia chiusura di filiali prevista in occasione dei vari ponti festivi.

Come noto, le ferie devono servire al recupero psico-fisico del lavoratore ed imporre un numero elevato di giorni spezzettati e non concordati è motivo di disagio per parecchi colleghi. L’estensione dei ponti obbligatori a filiali personal, imprese ed uffici di sede, determina il coinvolgimento nel problema di un numero sempre crescente di dipendenti. Rilanciamo quindi la richiesta che, fermo restando il potere dell’azienda di decidere la chiusura dei punti operativi, i lavoratori possano scegliere se fare le ferie, lavorare in una filiale vicina, oppure anche collegarsi da casa per completare la formazione.

Segnaliamo altresì il particolare accanimento verso i colleghi di Intesa Sanpaolo Casa, costretti a due settimane di ferie in agosto che vanno da mercoledi a mercoledi, con tutti gli inconvenienti immaginabili per le prenotazioni e lo sfruttamento completo dei giorni di vacanza.

Altra fonte di preoccupazione deriva dal passaggio di un numero significativo di rapporti di aziende dalle filiali imprese alle filiali retail. Apprendiamo, sempre da comunicati sindacali, che è previsto un piano formativo e questo è apprezzabile.

Resta il fatto che buoni progetti restano spesso sulla carta e che, nel frattempo, i gestori imprese retail si ritrovano a dover affrontare prodotti e procedure (soprattutto per l’operatività estero ma non solo) che non conoscono.

Questa comunicazione è da intendersi, a tutti gli effetti, come manleva per eventuali errori in cui potrebbero incorrere  i lavoratori per carenze formative.

Segreteria Nazionale Cub Sallca

 

SPERIMENTAZIONE FILIALI SENZA CASSE: OPERAZIONE RIUSCITA, IL PAZIENTE E’ IN COMA

Da circa un mese Intesa Sanpaolo sperimenta la chiusura delle casse in filiali medio-grandi con caratteristiche diverse.

L’innovazione vorrebbe puntare all’eliminazione definitiva della figura del cassiere tradizionale, già falcidiata dalla massiccia ondata di esodi e dal draconiano ridimensionamento del servizio. L’obiettivo sarebbe quello di costringere l’utenza all’utilizzo dei canali remoti e imporre di forza la digitalizzazione della clientela.

Ma non tutto funziona come vorrebbe chi ha lanciato l’esperimento: esiste il rischio concreto di ottenere conseguenze indesiderate e paradossali (LEGGETE IL VOLANTINO ALLEGATO) dal perdere un pezzo di clientela, al rovesciare su chi dovrebbe fare solo attività “commerciale” il  compito di dare assistenza operativa fine a se stessa, con effetti limitati e temporanei. Se poi anche la tecnologia non aiuta, con bancomat e CSA spesso fermi, la situazione si complica.

Anche per i lavoratori l’esperimento non è una passeggiata: la “riconversione professionale” implica fatica e stress, spesso anche un aumento del rischio. Servirebbe  aprire un tavolo di trattativa per garantire a tutti diritti e tutele nella nuova organizzazione del lavoro di sportello, ma questa vicenda è  l’ennesima prova di come i sindacati “firmatutto” abbiano completamente perso il controllo su questo tema e la possibilità di contrattarne le ricadute.

Questo è il frutto di anni di “moderne” relazioni industriali, in cui la ricerca del riconoscimento da parte delle aziende ha sostituito il rapporto con i lavoratori. E’ singolare che, a fronte del proliferare di commissioni paritetiche inutili (se non per chi beneficia dei permessi per parteciparvi), sia scomparsa la Commissione Organizzazione del Lavoro, attiva fino a non molti anni fa: ma ovviamente la sua utilità dipenderebbe da una presenza sindacale non subalterna ai voleri aziendali.

 

Dalla Direzione Regionale Piemonte una notizia che segnala un (parziale) barlume di buon senso: gli orari di molte filiali flexi vengono ridimensionati.

 

Cogliamo l’occasione per ricordare che dal 1/1/2019 partirà l’iniziativa “arrotonda solidale”, prevista dall’accordo “inclusione”, che fa parte degli accordi di 2^ livello firmati dai sindacati trattanti il 3 agosto scorso (mai sottoposti al voto dei lavoratori).

Il progetto è gestito dal Comitato Welfare e tende a favorire l’occupazione delle persone con disabilità.

Per finanziare l’iniziativa è previsto “il riversamento dell’arrotondamento all’euro inferiore dello stipendio mensile netto (con un massimo di 99 centesimi) di tutti i dipendenti del Gruppo che non manifesteranno espressamente la volontà di non aderire all’iniziativa. Le Aziende del Gruppo contribuiranno a versare mensilmente l’importo pari al completamento ad 1 euro dei singoli arrotondamenti donati dai propri dipendenti”.

Quindi, come già accaduto per Prosolidar, per aderire non è necessario fare nulla, mentre chi volesse recedere deve seguire questo percorso:

  • accedere alla piattaforma People
  • selezionare in alto a sinistra l’icona con foglio/matita
  • vai a “le mie richieste”
  • selezionare “arrotonda solidale”
  • selezionare “revoca” e fare conferma.

 

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