Archivio Intesa Sanpaolo - Page 12
Come spieghiamo meglio nel comunicato allegato,
azienda e vertici dei sindacati “firmatari” hanno concordato che, dal 2019, per presentare liste di candidature alternative a quelle di Fisac-Fabi-First-Uilca-Unisin per le elezioni dei “rappresentanti” delle lavoratrici e dei lavoratori negli Enti del Welfare (previdenziali, sanitari) occorre raccogliere non più il 3% ma il 5% delle firme degli aventi diritto al voto.
Si tratta di una percentuale assurda (che non ha pari nel mondo politico e sindacale) che annienta quasi del tutto la possibilità di rendere effettive le previsioni statutarie.
In fondo ci fanno un grande complimento perché dimostrano quanto in questi anni la presenza di eletti indipendenti o del sindacalismo di base abbia dato fastidio ai manovratori.
E poi non c’è da stupirsi. Continuiamo ad essere una delle poche categorie dove i sindacalisti non sono mai stati eletti dall’insieme dei lavoratori. E dove gli accordi ormai vengono firmati sotto dettatura aziendale. Le assemblee non ci sono praticamente più (si tratta di un diritto dei lavoratori che è stato letteralmente scippato con un regalo all’azienda di centinaia di migliaia di ore di lavoro all’anno) e comunque, stante le nuove regole sulla rappresentanza, non hanno più alcun potere decisionale.
Nel volantino leggerete anche che, seppure con grande rabbia, abbiamo deciso di non partecipare alle prossime elezioni dei Fondo Pensione di Gruppo.
Probabilmente, anche questa volta (come sempre è avvenuto) ce l’avremmo fatta a raccogliere il numero di firme necessario. Forse.
Ma una cosa è sicura. Per raggiungere lo scopo i nostri quadri (privi, ricordiamo, di qualsivoglia agibilità sindacale) avrebbero dovuto concentrarsi esclusivamente su quello per oltre un mese e poi nuovamente, per pari tempo, in occasione del voto.
E’ una scelta che non ci siamo sentiti di fare anche in considerazione dal fatto che, in questi quasi vent’anni di presenza negli Enti, crediamo di essere riusciti a raggiungere gran parte degli obiettivi che ci eravamo inizialmente dati, tenendo conto ovviamente del potere assoluto di ultima istanza delle cosiddette “fonti istitutive” (sempre l’azienda e i sindacati di regime) che travalica gli stessi consigli di amministrazione.
Restiamo un sindacato di base che continua a vivere solo sulla faticosa militanza dei suoi quadri e grazie all’appoggio delle/dei proprie/i iscritte/i.
Per noi c’è tanto da fare nella tutela delle/dei colleghe/i sul posto di lavoro. Diamo la priorità all’attività sindacale quotidiana.
E per quanto riguarda il Welfare, il patrimonio di conoscenze accumulate nel tempo ci consentirà comunque di dare il nostro pieno supporto alle lavoratrici ed ai lavoratori che si rivolgeranno a noi.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Quasi tutti i colleghi saranno stati sorpresi nel vedere la mail in cui l’azienda ci comunicava la necessita’ di compilare il questionario “Teti” (che non si sa perche’ si chiami cosi’) sulle proprie conoscenze in ambito bancario.
Saranno stati ancora piu’ sorpresi e, magari, irritati nel ricevere una email dal tono intimidatorio e minaccioso, in cui si sollecitava la compilazione dell’Autovalutazione delle competenze, che altrimenti sarebbe stata “inviata in automatico al Responsabile”.
Tale Autovalutazione, oggetto di contrattazione da parte dei sindacati firmatari (che, incapaci di contrattare inquadramenti decenti, si accontentano di questi surrogati) , in teoria dovrebbe servire a tarare meglio, sulla base delle competenze possedute, lo svolgimento di ulteriori corsi di formazione (ricordiamo che ci sono gia’ 30 ore di corso IVASS e altrettante di corso CONSOB da fruire entro novembre)
In assenza di compilazione del questionario (facoltativo e non obbligatorio) le competenze saranno certificate dal proprio superiore o direttore di filiale, che dovra’ anche validare il questionario ove compilato.
Il questionario tocca tutti i punti dello scibile economico-finanziario a livelli accademici: il nuovo superuomo bancario dovrebbe sapere di corporate, alta finanza, marketing, normativa europea e internazionale, psicologia delle vendite, lay out di filiale, e altre cento cose che omettiamo.
Pensiamo che un questionario serio dovrebbe essere tarato sulla storia pregressa del lavoratore e sul ruolo ricoperto, altrimenti serve a poco, se non a certificare che la media dei colleghi è impreparata e priva di conoscenze adeguate ( obbiettivo dell’azienda?)
Il comune bancario, dopo avere messo una sfilza di n.p o, al piu’, base alle varie competenze, attendera’ la convocazione di nuovi corsi di formazione, che non si sa bene quando potrà seguire: probabilmente da casa, senza riconoscimento alcuno, come troppo spesso avviene per i corsi consueti.
Peraltro la stessa compilazione del questionario è lunghissima: pensano che abbiamo niente da fare, o pensano che anche questo possa essere fatto in straordinario non retribuito??
In realta’, in questo sistema perfetto (aziendale ed extra-aziendale) che hanno costruito, come nel famoso libro di George Orwell “1984”, una parola dal significato positivo si muta nel suo contrario e quindi formazione non è detto che faccia rima con evoluzione ed elevazione, ma, magari, con un semplice affastellamento di nozioni ed una diminuzione di salute psichica per il lavoratore.
Questa pretesa di avere un dipendente universale (che sappia tutto ma proprio tutto) ci sembra totalitaria e anche in gran parte irrealizzabile, meglio sarebbe creare per ognuno una specificita’ specialistica e da quella partire ampliandola progressivamente .
Cose di buon senso, basterebbe poco per farle presente all’azienda…o no?
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Vogliamo proporvi una riflessione sul futuro dei dipendenti e degli agenti di commercio presenti nelle strutture satellite della casa madre Intesa Sanpaolo.
Il 13 marzo è stato votato ed approvato il disegno di legge Europea 2018, che pone limiti importanti per lo svolgimento di attività di intermediazione.
All’art. 2 del provvedimento, in particolare, si vieta di essere al contempo agenti, professionisti contigui all’immobiliare e lavoratori dipendenti, specialmente delle banche .
La norma pone qualche preoccupazione rispetto al futuro di ISP Casa.
Noi ci auguriamo che ISP Casa possa proseguire normalmente il proprio lavoro, ma non ci pare lungimirante l’atteggiamento di azienda e sindacati firmatari, che tendono a minimizzare il problema.
E’ evidente che, pur non dipendenti diretti di Intesa Sanpaolo, i colleghi di ISP Casa fanno parte del gruppo e hanno il contratto del credito (seppure complementare).
Non vogliamo fare allarmismi, ma ci pare ragionevole pensare ad una soluzione se le cose dovessero andare nel senso contrario a quello auspicabile. E la soluzione ci pare a portata di mano: esiste già un accordo che consente, a chi lo vuole, di entrare in banca, uscendo da ISP Casa. In caso di problemi, quindi, si dovrà consentire a chiunque ne farà richiesta di potere effettuare il passaggio in Intesa Sanpaolo.
Altra situazione poco chiara è la collaborazione tra colleghi dipendenti Intesa Sanpaolo e agenti ISP for Value (società del gruppo con agenti a partita iva, presenti nelle filiali del gruppo “senza una stanza dedicata e ben delineata” ) .
Infatti, ad un anno dall’esordio della nuova società’ del gruppo, i colleghi di Intesa Sanpaolo (delle filiali imprese che sono a maggior contatto con gli agenti di ISP for Value) ci segnalano di aver sostenuto un corso sulla separatezza e modus operandi tra le due realtà, manifestando qualche perplessità sul metodo da adottare poiché, nel frattempo, alcune regole dettate dalla separatezza sono state palesemente non rispettate.
Perche’ l’informazione sulle regole da seguire arriva solo dopo un anno?
Seguiremo con scrupoloso interesse la materia e terremo informati i lavoratori coinvolti in queste vicende.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Mano a mano che procede e si allarga l’”esperimento” delle filiali medio/grandi che tengono le casse chiuse, emergono sempre più evidenti le criticità di questo modo di operare e l’intollerabile assenza di regole formalizzate. Inoltre emergono ulteriori problemi per le ferie “comandate” Quindi, siamo tornati a scrivere ai vertici aziendali per denunciare lo stato delle cose e sollecitare iniziative per rimediare.
Spett. Intesa Sanpaolo
Al CeoCarlo Messina
Al Responsabile di Banca dei Territori Stefano Barrese
Al Responsabile Sicurezza sul lavoro Dario Russignaga
Al Medico competente Maurizio Coggiola
p.c. alle lavoratrici ed ai lavoratori del Gruppo Intesa Sanpaolo
Torino,12-3-2019
Oggetto: Ulteriori problematiche sulle filiali con casse chiuse e sulle ferie comandate.
Siamo costretti a tornare sul tema dell’”esperimento” delle filiali di dimensioni medio-grandi che lavorano con le casse chiuse.
Il progressivo aumento delle filiali coinvolte ci conferma che non si può più parlare di esperimento e che non è accettabile che queste modifiche del modello di filiale passino in modo strisciante e silenzioso.
La prima questione è che non è possibile che i clienti delle filiali coinvolte non vengano informati preventivamente con comunicazioni scritte e con il necessario preavviso.
Al contrario, chi entra nelle filiali oggetto dell’esperimento, si ritrova la “sorpresa” ed i colleghi devono spiegare cosa sta accadendo, quasi fosse una loro idea balzana.
Accade sovente che parte dell’utenza reagisca con aggressioni verbali, quando non con insulti, nei confronti dei lavoratori. Il fatto di costringere i clienti che non ne sono in possesso di dotarsi di bancomat, ora a pagamento, è un altro fattore di tensione.
Chiediamo quindi che l’avvio di queste modifiche organizzative sia comunicato in forma ufficiale alla clientela coinvolta.
Oltre a ciò, rinnoviamo la richiesta di aprire un confronto sulle problematiche che il nuovo modello organizzativo determina e sulla necessità di stabilire regole sull’operatività, considerato che su molti aspetti della stessa ogni filiale si comporta in modo diverso.
A fare le spese dell’”esperimento” è soprattutto la clientela anziana, parte della quale non è in grado di gestire le operazioni con bancomat. Capita frequentemente che venga chiesto ai colleghi di fare l’operazione al loro posto, mostrando candidamente il codice segreto. Allo stesso tempo c’è il rischio di un aumento delle truffe per la cattiva gestione degli stessi codici, per non parlare di quelli che arrivano su cellulari che non sanno usare.
Rinnoviamo, inoltre, la richiesta di superare l’obbligatorietà delle ferie comandate nelle filiali che chiudono nei “ponti”. Emergono ulteriori problematiche per le filiali retail che convivono con le filiali personal, che dovranno farsi carico anche della loro clientela, in permanenza di turni e delle ferie, servirebbe quindi un rafforzamento dell’organico recuperando i colleghi che non intendono fruire di ferie imposte. Stesso ragionamento vale per uffici di sede tra loro collegati, dove le ferie comandate di un ufficio hanno ricadute negative su altri.
Ancora una volta scriviamo a tutte le funzioni aziendali interessate per tutelare la salute dei lavoratori e metterli al riparo dalle conseguenze di errori determinati dall’approssimazione organizzativa e dall’assenza di regole certe e formalizzate.
Segreteria Nazionale Cub Sallca
In questo periodo si assiste ad una serie di cambiamenti significativi nelle filiali, dagli “esperimenti” delle casse chiuse alla riportafogliazione che ha coinvolto le filiali imprese e retail. Il tutto avviene in modo disordinato e senza regole.
A complicare la vita dei lavoratori è anche arrivata la “sorpresa” dei ponti e delle ferie comandate (scusate, collettive) che quest’anno coinvolge filiali retail, personal, imprese e vari uffici di sede.
Abbiamo voluto segnalare in modo formale e scritto una serie di questioni e anche di richieste al Ceo ed al Responsabile della salute sul lavoro. Riteniamo che non si debba assistere passivamente a tutto questo e che l’azienda debba dare risposte convincenti alle questioni sollevate.
Ecco il testo della lettera inviata (vedi anche allegato)
Al Ceo Carlo Messina
Al Responsabile Sicurezza sul lavoro Dario Russignaga
p.c. alle lavoratrici ed ai lavoratori
Torino,18-2-2019
Oggetto: problematiche relative alle recenti modifiche organizzative.
Partiamo dall’analisi dell’esperimento delle filiali che stanno lavorando con le casse chiuse: doveva essere un provvedimento temporaneo, ma la sua prosecuzione ed estensione lo sta trasformando in un modello operativo consolidato e tutto questo pone questioni normative importanti.
Intanto ci sono possibili conseguenze rilevanti sulla salute dei lavoratori, si pensi solo al periodo prolungato nel quale i colleghi devono stare in piedi o sullo sgabello rialzato della postazione dell’accoglienza. Il DL 81/2008 prevede che significative modifiche nell’organizzazione del lavoro devono essere valutate preventivamente con gli RLS per le ricadute che possono avere sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. E’ stato fatto?
Inoltre una modifica così significativa imporrebbe una formazione adeguata per gli addetti (che non c’è stata) e l’apertura di una contrattazione per normare adeguatamente il nuovo modo di operare. Si pensi, solo per fare un esempio, ai frequenti episodi di clienti che consegnano ai colleghi che li stanno aiutando il loro pin, con tutti i rischi che questo può comportare.
Apprendiamo da siti sindacali che nel corso dell’incontro trimestrale dell’Area Torino e provincia con i sindacati firmatari l’Azienda ha sostenuto che non si tratta né di una sperimentazione, né di una nuova modalità: a suo dire i colleghi devono “semplicemente” accompagnare la clientela verso il cambiamento come stanno già facendo “al fine di ridurre le code e le attese”. Ha inoltre sottolineato che le casse rimangono comunque aperte per particolari operazioni che non possono essere effettuate alle macchine.
Riteniamo questa posizione unilaterale e non corrispondente alla realtà dei fatti. Per quello che ci riguarda ci dichiariamo disponibili a discutere di queste tematiche, essendo noi esclusi dal tavolo di trattativa non per nostra scelta e per una discriminazione ingiustificata, avendo dimostrato in più occasioni il nostro livello di rappresentatività.
Un altro problema che vogliamo evidenziare è quello della massiccia chiusura di filiali prevista in occasione dei vari ponti festivi.
Come noto, le ferie devono servire al recupero psico-fisico del lavoratore ed imporre un numero elevato di giorni spezzettati e non concordati è motivo di disagio per parecchi colleghi. L’estensione dei ponti obbligatori a filiali personal, imprese ed uffici di sede, determina il coinvolgimento nel problema di un numero sempre crescente di dipendenti. Rilanciamo quindi la richiesta che, fermo restando il potere dell’azienda di decidere la chiusura dei punti operativi, i lavoratori possano scegliere se fare le ferie, lavorare in una filiale vicina, oppure anche collegarsi da casa per completare la formazione.
Segnaliamo altresì il particolare accanimento verso i colleghi di Intesa Sanpaolo Casa, costretti a due settimane di ferie in agosto che vanno da mercoledi a mercoledi, con tutti gli inconvenienti immaginabili per le prenotazioni e lo sfruttamento completo dei giorni di vacanza.
Altra fonte di preoccupazione deriva dal passaggio di un numero significativo di rapporti di aziende dalle filiali imprese alle filiali retail. Apprendiamo, sempre da comunicati sindacali, che è previsto un piano formativo e questo è apprezzabile.
Resta il fatto che buoni progetti restano spesso sulla carta e che, nel frattempo, i gestori imprese retail si ritrovano a dover affrontare prodotti e procedure (soprattutto per l’operatività estero ma non solo) che non conoscono.
Questa comunicazione è da intendersi, a tutti gli effetti, come manleva per eventuali errori in cui potrebbero incorrere i lavoratori per carenze formative.
Segreteria Nazionale Cub Sallca
Da circa un mese Intesa Sanpaolo sperimenta la chiusura delle casse in filiali medio-grandi con caratteristiche diverse.
L’innovazione vorrebbe puntare all’eliminazione definitiva della figura del cassiere tradizionale, già falcidiata dalla massiccia ondata di esodi e dal draconiano ridimensionamento del servizio. L’obiettivo sarebbe quello di costringere l’utenza all’utilizzo dei canali remoti e imporre di forza la digitalizzazione della clientela.
Ma non tutto funziona come vorrebbe chi ha lanciato l’esperimento: esiste il rischio concreto di ottenere conseguenze indesiderate e paradossali (LEGGETE IL VOLANTINO ALLEGATO) dal perdere un pezzo di clientela, al rovesciare su chi dovrebbe fare solo attività “commerciale” il compito di dare assistenza operativa fine a se stessa, con effetti limitati e temporanei. Se poi anche la tecnologia non aiuta, con bancomat e CSA spesso fermi, la situazione si complica.
Anche per i lavoratori l’esperimento non è una passeggiata: la “riconversione professionale” implica fatica e stress, spesso anche un aumento del rischio. Servirebbe aprire un tavolo di trattativa per garantire a tutti diritti e tutele nella nuova organizzazione del lavoro di sportello, ma questa vicenda è l’ennesima prova di come i sindacati “firmatutto” abbiano completamente perso il controllo su questo tema e la possibilità di contrattarne le ricadute.
Questo è il frutto di anni di “moderne” relazioni industriali, in cui la ricerca del riconoscimento da parte delle aziende ha sostituito il rapporto con i lavoratori. E’ singolare che, a fronte del proliferare di commissioni paritetiche inutili (se non per chi beneficia dei permessi per parteciparvi), sia scomparsa la Commissione Organizzazione del Lavoro, attiva fino a non molti anni fa: ma ovviamente la sua utilità dipenderebbe da una presenza sindacale non subalterna ai voleri aziendali.
Dalla Direzione Regionale Piemonte una notizia che segnala un (parziale) barlume di buon senso: gli orari di molte filiali flexi vengono ridimensionati.
Cogliamo l’occasione per ricordare che dal 1/1/2019 partirà l’iniziativa “arrotonda solidale”, prevista dall’accordo “inclusione”, che fa parte degli accordi di 2^ livello firmati dai sindacati trattanti il 3 agosto scorso (mai sottoposti al voto dei lavoratori).
Il progetto è gestito dal Comitato Welfare e tende a favorire l’occupazione delle persone con disabilità.
Per finanziare l’iniziativa è previsto “il riversamento dell’arrotondamento all’euro inferiore dello stipendio mensile netto (con un massimo di 99 centesimi) di tutti i dipendenti del Gruppo che non manifesteranno espressamente la volontà di non aderire all’iniziativa. Le Aziende del Gruppo contribuiranno a versare mensilmente l’importo pari al completamento ad 1 euro dei singoli arrotondamenti donati dai propri dipendenti”.
Quindi, come già accaduto per Prosolidar, per aderire non è necessario fare nulla, mentre chi volesse recedere deve seguire questo percorso:
- accedere alla piattaforma People
- selezionare in alto a sinistra l’icona con foglio/matita
- vai a “le mie richieste”
- selezionare “arrotonda solidale”
- selezionare “revoca” e fare conferma.
CUB_SALLCA Intesa Sanpaolo
Il sistema incentivante 2018 di Intesa Sanpaolo è fortemente orientato ai risultati tesi a realizzare il Piano d’Impresa 2018-2021.
Viene data molta enfasi alla crescita nel segmento delle polizze di tutela: l’obiettivo è moltiplicare per 5/6 volte il volume dei premi nell’arco del Piano.
Si è puntata una cifra importante sul SET: il Sistema di Eccellenza Tutela. Chi riesce ad andare a premio può mettersi in tasca qualche migliaia di euro. Chi riesce a posizionarsi nel gruppo di testa, può addirittura raddoppiare la posta. Chi ricopre ruoli di coordinamento, oppure è specialista di tutela, può puntare ad un premio con quattro zeri.
Peccato però che esista una certa distonia tra sistemi incentivanti e programmi di rendiconto. E nessuno che possa, o voglia, fare chiarezza, in tempo utile.
Può capitare così che si galoppi tutto l’anno, intravvedendo una carota consistente alla fine della pista, per poi scoprire che era tutta una finta, perché il budget viene rivisto al rialzo.
Leggete cosa è appena accaduto nelle Filiali Imprese…
(VEDI ANCHE VOLANTINO ALLEGATO)
Forse non c’è frase più adatta di quella pronunciata da Virgilio al traghettatore
Caronte, nel terzo girone dell’Inferno, per rispecchiare la situazione in cui si
sono venuti a trovare i colleghi delle Filiali Imprese di Intesa Sanpaolo.
Intesa Sanpaolo, ogni anno, per spingere alcuni prodotti, annuncia che chi
raggiungerà il budget comunicato sarà premiato con un riconoscimento
economico variabile a seconda della percentuale di raggiungimento.
Spesso tali iniziative sono normate da accordi sindacali che però non
riescono mai ad impedire larghi margini di discrezionalità all’azienda, in
particolare sui budget: anziché tentare improbabili operazioni per regolare
le competizioni decise dall’azienda, il mestiere del sindacato dovrebbe
essere quello di contrattare il più possibile quote salariali certe ed a
beneficio di tutti.
Quest’anno i prodotti assicurativi sono tra quelli a cui l’azienda tiene molto e
quindi sono stati oggetto di un eventuale premio al raggiungimento del bugdet
assegnato.
Fino a qui niente di anomalo rispetto all’ormai consueto standard aziendale
con cui purtroppo dobbiamo convivere.
Nel mese di novembre, a circa 45 gg. dal fine anno, il bugdet delle Filiali
Imprese è misteriosamente cambiato, senza preavviso e soprattutto senza
nessuna comunicazione, alzando sensibilmente l’asticella del traguardo.
Solo i direttori più attenti, facendo il confronto con il mese precedente, si sono
accorti di tali variazioni che possiamo sintetizzare:
Aumento del budget per i premi incassati
Aumento del budget per le commissioni retrocesse
Cosa sia successo esattamente è difficile da capire, ma sicuramente
riconducibile all’ approssimazione con cui l’azienda imposta questi sistemi
incentivanti e li rendiconta periodicamente. Mentre il regolamento parlava di
premi “di nuovo rischio”, il rendiconto periodico conteggiava anche le
mensilità delle polizze 2017, gonfiando i risultati e illudendo i “contendenti” sul
buon esito dei loro sforzi. Sforzi che si sono protratti fino almeno a novembre
inoltrato.
Citando una frase del meno nobile Andreotti – a pensar male si fa peccato
ma si indovina – rileviamo che in base ai rendiconti periodici diffusi
(tardivamente) moltissime Filiali Imprese sembravano potenzialmente in
grado di raggiungere i budget, in misura ben superiore alle filiali Retail e
Personal. Non è la prima volta che chi inventa queste gare sbaglia i conti
perché si avvale di sistemi astrusi e inadeguati e poi non esita a correggere il
tiro in corsa, con pieno disprezzo delle regole che loro stessi hanno
introdotto.
Infatti i budget sono stati rivisti al rialzo per sterilizzare l’effetto dei premi
riconducibili a contratti siglati nel 2017, ma per quasi l’intero 2018 i colleghi
hanno “corso” avendo in mano carte truccate.
Tale comportamento, esecrabile per moralità in quanto cambia in vista del
traguardo i numeri finali, è perfettamente in linea con lo spirito aziendale, che
non tiene per niente conto dei dipendenti e delle loro aspettative e non è
contestabile se non, forse, da chi ha firmato gli accordi in materia. Ma non
abbiamo alcuna aspettativa nei confronti dei sindacati firmatari, che non
hanno alcuna intenzione di contrastare le politiche incentivanti, né le sanno
comprendere o padroneggiare.
Comunque ancora una volta tale comportamento ribadisce che, se ancora
qualcuno non lo avesse capito, si deve cambiare l’atteggiamento con cui i
lavoratori si pongono nei confronti delle politiche aziendali:
abbiamo imparato sulla nostra pelle che la trasparenza non abita qui.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Chi risponde in modo affermativo a questa domanda può evitare di leggere il seguito.
Questo messaggio è rivolto ai tanti/e, non iscritti o anche iscritti alle sigle firmatarie che, come noi,considerano insostenibile la situazione lavorativa e non condividono gli accordi che vengono sottoscritti.
Ricordiamo che a livello aziendale, negli ultimi tempi, abbiamo subìto l’accordo sulle assunzioni miste e l’accordo di secondo livello, senza che ai lavoratori sia mai stato chiesto nulla, né prima né dopo la firma.
Anche il recente accordo per la cessione dei lavoratori del Recupero Crediti (NPL) è stato vissuto come un’amara beffa dai colleghi coinvolti.
Tutto questo in un quadro di pesante deterioramento delle condizioni lavorative, con straordinari non riconosciuti, formazione fatta spesso fuori orario, mansioni svolte senza le conoscenze necessarie (magari pagando poi multe per l’inosservanza delle regole o subendo provvedimenti disciplinari).
Molti ci chiedono come si può uscire da questa situazione e ci chiedono come può fare il nostro sindacato a sedere al tavolo delle trattative.
Non ci dilungheremo in questa sede a spiegare perché l’attuale legislazione consente, di fatto, alle aziende di trattare con sindacati che le fanno comodo (nel caso abbiamo ampia documentazione da inviare a chi interessato).
La risposta non consiste solo nello spostare le tessere dai sindacati firmatutto al nostro (il che non guasterebbe, sia chiaro), ma serve soprattutto un’assunzione di responsabilità.
Serve che cresca la partecipazione e l’attenzione di tutti. Per far rispettare le regole serve una presenza sui luoghi di lavoro per vigilare su quanto accade. Servono quadri sindacali disposti a fare gli interessi dei lavoratori (e non preoccupati solo di quanti permessi retribuiti hanno a disposizione).
Quando si vota per gli organismi del welfare aziendale sentiamo intorno a noi la mobilitazione di decine di simpatizzanti, che si attivano per la raccolta firme e poi ci votano e ci fanno votare, facendoci ottenere un livello di consensi ben superiore al numero dei nostri iscritti.
Se tutto questo diventasse prassi normale e quotidiana per tutti gli aspetti sindacali, si potrebbe fare molto, ma dipende dai lavoratori, perché il concetto di fondo del sindacalismo autorganizzato e di base è che il sindacato siete VOI.
Se siete interessati leggete l’allegato.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
DA SEGRETERIA CUB-SALLCA
I comunicati delle sigle sindacali di inizio novembre informano del progetto aziendale di procedere ad alcune modifiche organizzative in rete. In particolare viene ipotizzata una riportafogliazione di circa 70.000 aziende, che passeranno dalle Filiali Imprese alle Filiali Retail, mentre circa 20.000 aziende con caratteristiche di Small Business faranno il percorso inverso.
Contemporaneamente verranno riorganizzate le Filiali Imprese, raggruppando le aziende clienti in base ad una classificazione di omogeneità dimensionale e settoriale.
Non è ancora chiaro quale ricadute avrà questo rimescolamento sugli organici e sul personale: in particolare se ci saranno trasferimenti di lavoratori tra filiere, modifiche dei turni, spostamenti di orario, intensificazione ulteriore delle pressioni commerciali sul segmento.
Certamente possiamo affermare che in questi anni c’è stato un forte depauperamento di professionalità e di riconoscimenti nel settore Small Business delle Filiali Retail ed una forte “torsione” commerciale anche nell’attività caratteristica delle Filiali Imprese. Non è semplice ricostruire un “saper fare” che è stato in larga misura trascurato e svilito e che invece resta al centro dell’attività di una banca che voglia ritornare a fare credito in maniera seria e qualitativa.
Resta densa di incognite anche la decisione di introdurre la figura di un “Coordinatore di Relazione” nelle filiali ad alta attività transazionale ed elevato flusso spontaneo di clientela. Potrebbe essere un fatto positivo, se riconoscesse la necessità di un presidio attento e continuativo della componente amministrativa e di cassa del nostro lavoro, per tornare a fornire un servizio adeguato che spesso è il nostro vero biglietto da visita. Se invece fosse l’ennesimo sforzo per smantellare quel poco che resta e concentrare tutto sul “commerciale” vorrà dire che si insiste nel dimostrare che “errare è umano, ma perseverare è diabolico”: le code si allungheranno ulteriormente, così come le risse e l’insoddisfazione dei clienti…
A questo proposito, dall’Area Torino, ci giunge notizia dell’avvio dell’esperimento, su alcune filiali medio grandi, della chiusura completa delle casse, con utilizzo del solo CSA. Commenteremo a breve questa trovata che non esitiamo a definire geniale: se scarseggiano i cassieri togliamo le casse!!
Si è conclusa nello scorso mese di ottobre l’offerta di capitalizzazione della Cassa per i colleghi dell’ex Sanpaolo di Torino. Hanno aderito all’offerta oltre il 90% dei lavoratori in servizio o in esodo, oltre l’80% dei pensionati e circa il 20% dei “differiti” (i colleghi precedentemente ceduti o dimessi).
La nostra richiesta di prorogare i termini dell’offerta, per dare modo agli aventi diritto di decidere con maggior cognizione di causa, non è stata accettata dall’azienda, che ha risposto alla nostra lettera dopo la chiusura dell’operazione, giustificando il rifiuto proprio con l’accertato buon esito della manovra. E in effetti l’azienda si può dire soddisfatta, per essersi liberata quasi integralmente di quella fidejussione che continuava a comparire in bilancio come debito differito nei confronti di una parte dei dipendenti e che avrebbe potuto assumere valori crescenti imponderabili.
Anche i lavoratori aderenti hanno evidentemente dimostrato con i fatti di gradire la proposta, sia per l’entità delle risorse finanziarie individuali acquisite (in molti casi positivamente sorprendenti), sia per l’incertezza che circonda le varie riforme che ciclicamente investono le pensioni (non da ultimo il timore di vedere penalizzato con il contributivo pieno chi volesse optare per “quota 100”), sia infine per la forte convenienza fiscale che si può intravvedere con il riscatto del proprio zainetto previdenziale tramite la R.I.T.A. recentemente introdotta.
Tuttavia continuiamo a pensare che si sarebbe potuto fornire ai colleghi un quadro espositivo migliore, informazioni più trasparenti e dettagliate, la possibilità di un confronto assembleare e una consulenza individuale più seria. Carenze che abbiamo tentato di supplire con il nostro impegno e le nostre forze, prima con l’organizzazione a Torino di un’assemblea straripante in cui non siamo riusciti a fare entrare tutti gli interessati, e poi con una costante assistenza a chi ce lo chiedeva.
Non tutti i problemi sono stati risolti: resta una grande insoddisfazione in chi si è visto offrire poco, per motivi non sempre comprensibili, e in coloro che avevano lasciato la banca d’origine, magari non di propria scelta in quanto ceduti, e che non riusciranno più a ricostruire interamente quei diritti di cui sono stati privati. L’accordo siglato dai sindacati su pressione aziendale avrebbe potuto perseguire obiettivi diversi, magari ispirarsi a logiche minimamente “redistributive”: penalizzare i trattamenti scandalosamente elevati, per riconsegnare qualcosa a chi avrà pensioni prevedibilmente più basse. Invece si è scattata una fotografia dell’esistente, per chiuderla in fretta e senza intoppi.
Mentre i pensionati sono già stati quasi completamente liquidati per contanti, il trasferimento delle posizioni di attivi ed esodati avverrà alla fine di novembre, con decorrenza delle nuove posizioni a partire dal 31 dicembre.
Ricordiamo che l’aumento del 4% della contribuzione aziendale per i lavoratori in servizio potrebbe talvolta portare al superamento del plafond fiscalmente deducibile (5.164,57 euro), che include i contributi datoriali e quello del lavoratore (il TFR è escluso). Potrebbe dunque risultare conveniente abbassare, nel mese di dicembre con decorrenza dal 1/1/2019, la propria quota contributiva, per non superare il plafond. Per il 2018 la quota non è più modificabile e quindi l’eventuale superamento può essere segnalato al Fondo come “contributi non dedotti” entro il 30/09/2019.
Ricordiamo ai colleghi di verificare periodicamente l’adeguatezza del/i proprio/i comparto/i previdenziale/i al proprio profilo finanziario e orizzonte temporale, vista anche la rilevante volatilità che è tornata sui mercati. Ricordiamo che esistono finestre per fare switch ogni tre mesi e che devono essere trascorsi almeno 12 mesi dal precedente.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo