Archivio Intesa Sanpaolo - Page 17

ACCORDO INTESA SANPAOLO SULLE ASSUNZIONI “MISTE”: COME PREPARARE LA DISTRUZIONE DELLA CATEGORIA RIVENDICANDO LA TUTELA DEI PROMOTORI

 

Il punto più importante e controverso dell’accordo sul Protocollo per lo sviluppo sostenibile del Gruppo Intesa Sanpaolo sono le nuove assunzioni di personale iscritto all’albo dei promotori. I
nuovi assunti lavoreranno part time come dipendenti, due o tre giorni alla settimana ed
i restanti come promotori, cioè lavoratori autonomi.

Quello che per i sindacati firmatutto è un positivo ed innovativo accordo, che consente ai lavoratori autonomi (i promotori assunti nell’occasione) di poter godere, in misura molto limitata, di malattia, infortunio e maternità, nonché del “welfare aziendale” (previdenza e sanità integrativa, ma solo nella “veste” di dipendenti), per noi è l’apertura di un processo che, nelle intenzioni aziendali, porterà ad avere lavoratori della rete commerciale con sempre meno stipendio fisso e garantito, su cui scaricare il rischio d’impresa (niente risultati, niente reddito) e risolvendo così il problema delle pressioni alla vendita (i nuovi assunti si “presseranno” da soli).

E’ il caso di ricordare che, in occasione dell’ultimo rinnovo del CCNL, nel documento sulle posizioni ufficiali dell’Abi era ben evidenziata la richiesta di utilizzo più ampio di rapporti di lavoro autonomo per gli addetti alla rete”.

Non ci pare un eccesso di dietrologia ipotizzare che questo accordo potrebbe essere la prima tappa per arrivare al risultato finale voluto dai banchieri. Altrimenti perché mai Intesa Sanpaolo ci teneva tanto a fare queste assunzioni stravaganti, mettendo insieme, nella stessa persona, le figure, totalmente diverse, del dipendente e del promotore?

La motivazione ufficiale dell’azienda di fare queste assunzioni come strumento per acquisire nuove masse gestite non ci convince, così come la possibilità per i nuovi assunti di chiedere, alla fine dei due anni, la conferma come dipendenti, che Intesa Sanpaolo potrà accogliere entro nove mesi con assunzione nell’ambito della regione o di quelle adiacenti.

La filosofia dell’operazione è ben visibile in queste dichiarazioni del segretario della Fabi Sileoni (ma immaginiamo condivise dagli altri firmatutto), rilasciate pochi giorni prima della firma dell’accordo  “In questi giorni, all’interno del gruppo Intesa, le organizzazioni sindacali stanno discutendo sull’opportunità di dare stabilità contrattuale e professionale a quei dipendenti assunti anche con contratto da promotori finanziari (in Intesa sono oltre 5mila, nel settore bancario italiano oltre 40mila). Prevedere nuove flessibilità contrattuali e nuove attività professionali sarà un percorso obbligato per mantenere gli attuali livelli occupazionali del settore e il movimento sindacale, tutto, se ne deve fare una ragione perché è nell’interesse del sindacato allargare il proprio campo d’azione e tutelare al meglio più tipologie di lavoratori, ad iniziare dai giovani. Il Contratto di lavoro scade a dicembre 2018 – conclude – ma le condizioni per un cambiamento radicale devono essere discusse ora perché, nei vari piani industriali, troppe aziende stanno andando in deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro”.

E’ davvero grottesco che i sindacati al tavolo, incapaci di difendere i dipendenti di banca, si vantino di voler tutelare i promotori, finendo per agevolare l’obiettivo finale dei banchieri di avere una categoria sempre più debole e ricattabile.

Un obiettivo da raggiungere gradualmente, perchè i banchieri sanno che se la rana viene messa a cuocere nell’acqua tiepida, anziché bollente, non si accorgerà di cosa sta succedendo, ma gli scenari che si aprono sono inquietanti per tutta la categoria.

Grave il contenuto dell’accordo, grave il metodo: ancora una volta, senza consultare i lavoratori e senza chiedere alcun mandato, hanno fatto tutto da soli, come nel contratto del 2012, quando firmarono la manovra sugli orari, con le filiali aperte fino alle 20 ed al sabato mattina con i turni.

La democrazia sindacale è morta, la categoria è allo sbando, siamo rimasti solo noi a difendere il fortino. Aspettiamo i rinforzi.

 

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Banco di napoli: filiali al freddo INACCETTABILE

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Come accade almeno due volte l’anno, ancora una volta assistiamo alla pantomima dell’aria condizionata. Locali caldi in estate e freddi in inverno. Decine di telefonate alle strutture aziendali competenti, elenchi lunghissimi di punti operativi da visitare, attese di giorni e i disagi per i lavoratori persistono.

La risposta più irritante, in tali casi, è: se fuori aumenta il caldo evidentemente anche all’interno aumenta la temperatura. Viceversa con il freddo. Figuriamoci con il gelo di questi giorni.

Replichiamo a queste opinabilissime eccezioni che, in casa di ognuno di noi (almeno tra tutti quelli che hanno il privilegio di possedere climatizzatori) questo differenziale non esiste: se all’esterno la temperatura è caldissima, all’interno si regola il condizionatore in modalità corrispondente e non si avverte il picco esterno, seppur limitato nel tempo. Se all’esterno la temperatura è rigida e va sottozero, all’interno si può anche stare in maniche di camicia.

Perché tutto ciò non può accadere nei luoghi di lavoro e, segnatamente, in tanti punti operativi del Banco di Napoli? Perché non consentire, dappertutto incondizionatamente, che i punti operativi possano calibrare la temperatura interna sulla scorta delle proprie esigenze?

E‘ utile richiamare il codice etico (approvato dal CdA del gruppo) che al capitolo “Principi di condotta nelle relazioni con i collaboratori”, paragrafo “il rispetto delle persone”, al penultimo alinea così recita: “rendiamo più agevole il lavoro semplificando prodotti, procedure e forme di comunicazione e garantiamo la salute e la sicurezza con misure sempre più efficaci”.

E’ utile richiamare il D. Lgs. 81/2008 (T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro) che al Titolo II Capo I  All IV (requisiti dei luoghi di lavoro) al punto 1.9 (microclima) comma 1.9.2 (temperatura nei locali) così recita:

“la temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione”.

E’ utile richiamare l’ l’INAIL che  raccomanda di mantenere negli uffici una temperatura di almeno 18° e massimo 22° in inverno. In estate la differenza tra temperatura esterna ed interna non deve superare i 7°.

Dobbiamo ancora fare leva sulla pazienza e tolleranza dei lavoratori, vederli in canottiera in estate e con i giacconi in inverno, o possiamo pretendere il rispetto delle norme vigenti e dell’esercizio del buon senso ?

 

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ACCORDO UBI: COSA C’E’ SOTTO L’ALBERO DI NATALE?

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Commentare un accordo, come quello firmato dalle OO.SS riguardo al nuovo piano industriale 2017/2020, necessita inevitabilmente di alcune premesse perché un patto o un contratto è buono o cattivo solo relativamente al contesto in cui nasce.
Per una banca sull’orlo del fallimento, come potrebbe essere il caso di MPS, Popolare di Vicenza e Carige, solo per citare le più significative, mantenere le posizioni  o anche lasciare sul terreno dello scontro qualche vittima sacrificale può ritenersi  una vittoria.

Ma non è il caso di UBI, che sforna utili, distribuisce dividendi, viene elogiata all’unisono dal mercato ed ha amministratori che non perdono occasione ad ogni trimestrale per mostrare quanto è  bella e brava la loro azienda.
Ubi  viene considerata da tutto l’establishment economico/finanziario come una delle banche più solide, sane e redditizie del panorama generale, vincitrice del titolo  ‘’banca dell’anno’’ del Financial Time nel 2014, e che si è aggiudicata il certificato di banca ‘’top employers’’ nel 2015 per la gestione del personale. La BCE individua in UBI l’istituto in grado di rilevare le good bank proprio grazie alla sua solidità patrimoniale ed alla capacità di generare redditività.

Magari la realtà non è esattamente questa, ma certamente era ipotizzabile di nutrire qualche ambizione in più  al tavolo di trattativa, magari presentando una piattaforma su cui ottenere l’approvazione dei lavoratori ed il sostegno ad eventuali azioni di lotta. Magari, visto che siamo in periodo di grandi innovazioni tecnologiche, si poteva ricominciare a discutere (almeno discutere) di riduzione d’orario a parità di salario.

Invece nulla di tutto ciò: citando il volantino dei sindacati firmatari, vi è stata “una trattativa che – iniziata quasi 5 mesi fa – ha conosciuto momenti di grande difficoltà e di estrema tensione tra le Parti che in più occasioni hanno reso incerto il suo esito”.  In assenza di obiettivi di partenza su cui misurare il risultato finale, dovremo credere sulla parola a chi sedeva al tavolo e sostiene di aver ottenuto il massimo possibile. Insomma, il solito metodo censurabile, oltretutto per una trattativa che è solo una parte di un’operazione più complessa per arrivare ad un contratto aziendale unico.

Proviamo a vedere un po’ meglio com’è andata.

Nella premessa all’accordo troviamo la  solita lamentazione sul ‘’ perdurare di una situazione di mercato difficile e che quindi si rende necessario l’intervento previsto nel piano industriale’’, che prevede, a regime, una perdita di 2750 dipendenti, chiusura di sportelli, tagli sul costo del personale e via cantando.
Per quanto riguarda le spiegazioni,  aspettiamo le assemblee che le OO.SS dovrebbero indire a breve, sperando che almeno questa volta possano partecipare tutti i lavoratori e non solo quelli nei grandi centri urbani o nelle sedi centrali!!

I più temerari potrebbero avventurarsi nella lettura sempre criptica del testo, ma in sostanza  possiamo affermare che, per chi andrà in esodo, vi sarà una minore copertura economica  rispetto all’accordo sugli esodi precedenti, con l’assegno che passa dall’85 all’80% dell’ultima retribuzione: tanto la voglia di fuga, presente in categoria, non verrà meno per questa sforbiciata.
Sono previste uscite per 600 dipendenti in questa prima fase e altri 700 a partire dal 2018 con un impegno ad assumere 200 risorse entro tale data  (dovranno essere 1100 le nuove assunzioni da qui al 2020 …ce la faranno i nostri eroi??) e la stabilizzazione (col job’s act si fa per dire…) di 96 .

Confermate le giornate di cassa integrazione volontaria . ..ehm scusate le giornate di solidarietà pagate al 40% per un totale di almeno 130.000 giornate (anche in questo caso non dubitiamo del successo dell’iniziativa). Viene proclamato  di nuovo un generico impegno a ridurre le spese amministrative e di consulenza, nulla di quantificato e quindi nulla di più aleatorio.

Da sottolineare la mancanza ormai cronica di personale e lo stato di emergenza generale che vivono moltissime filiali, con colleghi costretti a prestare soccorso sistematicamente ad altre unità per poter aprire la cassa: situazioni all’ordine del giorno, che imporrebbero non una dichiarazione di esuberi ma, al contrario, la necessità di assunzioni ben oltre lo stato attuale degli organici.
Stride, quindi, la conferma della stretta sugli straordinari, che, per decreto divino, nel 2017 non potranno essere autorizzati oltre il limite predefinito per il 2016: questo non significa che non ci sarà un maggior numero di ore di straordinario, ma che non verrà compensato nulla oltre tale limite e ci sarà lavoro regalato all’azienda! Naturalmente nessun alibi per nessuno sul raggiungimento del budget, sia chiaro!!!

E’ stata unificata una parte dell’integrativo per tutti i dipendenti delle 7 banche, di fatto prendendo come riferimento il migliore e livellandolo verso il basso, per cui alcuni dipendenti riceveranno qualche briciola, mentre altri perderanno qualcosa: ognuno dovrà leggersi l’accordo e, in base alla banca di provenienza, capire se avranno vantaggi o meno riguardo buoni pasto, mobilità, rimborsi chilometrici, indennità di rischio, indennità di sostituzione, indennità di turno, contributo monoreddito, borse di studio, TFR.

Forti malumori sono già stati registrati per l’accettazione della norma che prevede, per i nuovi mutui, un ottimo tasso parametrato all’euribor (con un minimo dello 010%), che però non si potrà estendere a coloro che il mutuo lo hanno già in essere. Una discriminazione inaccettabile, che penalizza fortemente chi attualmente paga l’1,50%!!! A parziale compensazione si è stabilita la possibilità di optare per un tasso fisso legato all’eurirs + uno spread di 0,50.

Sono stati confermati i contenuti dell’accordo  del 14 agosto 2007 relativo alle garanzie di UBISS.

In definitiva un accordo interlocutorio che  mantiene aperte numerose incognite.
Considerando le premesse iniziali del commento e  la valutazione che abbiamo dato nel nostro precedente volantino, il nostro giudizio è di insoddisfazione nel metodo e nel merito, Si conferma, ancora una volta, la necessità impellente di un sindacato diverso, conflittuale, e della ripresa del protagonismo e della partecipazione dei lavoratori se non vogliamo continuare ad arretrare.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. UBI Banca

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cicl in p 5-1-2017

 

 

INTESA SANPAOLO: COME TI TRASFORMO I CONSULENTI IN PROMOTORI (CON LA COMPLICITA’ DEI SINDACATI FIRMATUTTO?)

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E’ in corso la trattativa sul Protocollo di sviluppo sostenibile del Gruppo. Tra i punti più importanti in discussione ci sono il pensionamento volontario e agevolato per il personale che matura il diritto entro il 2018 e la possibilità di trasformazione

del rapporto di lavoro a part time per chi maturerà il diritto entro il 2020, con l’azienda disponibile a pagare l’intera contribuzione previdenziale (compresa la quota a carico del lavoratore) come se si lavorasse a tempo pieno.

A fronte di questi part-time “agevolati”, l’azienda però chiede (con nonchalance) di poter procedere “sperimentalmente” all’assunzione di iscritti all’Albo dei promotori finanziari con modalità davvero originali: i nuovi lavoratori sarebbero dipendenti per 2 o 3 giorni della settimana e promotori (consulenti finanziari) per i giorni rimanenti.

Non occorre essere dei geni per capire che quello che interessa all’azienda (e all’ABI di cui Intesa Sanpaolo è in questo caso l’apripista) non è tanto un nobile scambio tra riduzione volontaria di orario dei lavoratori anziani e nuova occupazione giovanile, quanto l’introduzione surrettizia di una figura professionale ibrida la cui potenzialità devastante sull’integrità della categoria (e sui suoi livelli salariali) è del tutto evidente.

Non a caso si aggiunge da subito la richiesta di poter applicare (sempre sperimentalmente e volontariamente per carità…) tale modalità contrattuale anche all’attuale personale iscritto all’Albo Promotori che maturi i requisiti pensionistici entro il 2020 e, addirittura, la disponibilità ad accogliere eventuali richieste provenienti da gestori personal abilitati all’offerta fuori sede che fossero interessati (quale magnanimità …)!

Ora, noi non sappiamo, nell’attuale devastato quadro giuridico, quali possibilità abbia l’azienda di procedere su questa strada per conto proprio. Se ritiene di poterlo fare lo faccia. Quello che, secondo noi, sarebbe di una gravità assoluta è se tale progetto trovasse un qualsivoglia avallo e una firma da parte dei sindacati “trattanti”. Sarebbe un fatto di una gravità pazzesca anche perché è chiaro che un tale accordo farebbe da battistrada per tutto il settore.

Altro che “nuovo modello di banca”; altro che lotta alle pressioni commerciali. Il nuovo Frankenstein della consulenza sarebbe un lavoratore con un minimo garantito basso, precario, ricattabile, immerso nei conflitti di interesse, stressato e stressante.

Il compito di un sindacato minimamente responsabile non può che essere quello di organizzare da subito la lotta e la resistenza ad un simile progetto coinvolgendo anche l’opinione pubblica. Non a caso, anche all’interno delle sigle “firmatarie” (e principalmente nella Fisac-Cgil), crescono le preoccupazioni (e qualche documento di dissenso sta uscendo).

Dobbiamo fermare questo grave attacco alla categoria e strappare il velo di silenzio che sta accompagnando questa trattativa. Nessuno si azzardi a firmare alcunché prima di aver convocato le assemblee ed essere venuto a spiegare a lavoratrici e lavoratori cosa sta combinando.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

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INTESA SANPAOLO: VOGLIAMO FARE UNA BATTAGLIA SERIA CONTRO LA VERGOGNOSA SITUAZIONE DELLE “CASSE”?. NOI CI SIAMO!

DA CUB-SALLCA INTESA SANPAOLO RSA TORINO E PROVINCIAbaratrob
A ISCRITTE/I, LAVORATRICI E LAVORATORI

Care e cari,

nei giorni scorsi è uscito un volantino dei sindacati “firmatari” di Intesa Sanpaolo Torino e Provincia sulla penosa situazione del servizio di cassa nelle filiali.
Ne condividiamo integralmente il contenuto, eccetto che per un aspetto (non secondario).

Non solo a Torino e provincia ma in tante altre regioni d’Italia (tutte?), ci siamo ormai abituati a leggere prese di posizione “di fuoco” da parte dei sindacati “firmatari” che, come la nostra lettera aperta a Barrese (di poche settimane fa), non fanno che registrare una realtà ormai insopportabile.
C’è appunto solo una questione: non succede mai un c.. di nulla!! Noi riteniamo che alle parole non possano che seguire i fatti!

In questi giorni, nei nostri periodici giri delle filiali, stiamo sollecitando le colleghe ed i colleghi a prendere posizione rispetto alla nostra idea di fare uno sciopero importante contro le politiche commerciali della banca, fonti di tutti i problemi che quotidianamente devastano il clima lavorativo. Ovviamente, registriamo disponibilità (quando non entusiasmo) da parte dei nostri iscritti e simpatizzanti. Ma la risposta prevalente è di scetticismo: a cosa serve lo sciopero se lo proclamate solo voi?

Questa risposta sottintende un grave errore di valutazione ma anche un elemento di verità.
L’errore consiste nel pensare che questa o quella organizzazione sindacale possano risolvere, da sole, i ostri problemi quando sta proprio in noi la capacità di reagire e cambiare lo stato di cose esistenti.
L’elemento di verità è che si riconosce al Sallca coerenza e disponibilità a promuovere e sostenere le lotte ma che si hanno forti perplessità sulla determinazione “reale” delle sigle “firmatarie” ad uscire dal solito gioco della parti.

Per quanto ci riguarda, siamo immediatamente pronti a sederci attorno ad un tavolo con le altre sigle per decidere tempi e modalità di un’iniziativa di lotta, a partire dal livello torinese, che sia l’inizio di una reale battaglia di opposizione alle strategie della banca.
Sarebbe importante che le lavoratrici ed i lavoratori sostenessero questa nostra disponibilità.

Nel frattempo… noi andiamo avanti e abbiamo già provveduto a presentare nuovi esposti a due Asl (dopo quello già andato a segno sull’Asl di Rivoli) sul tema dello stress lavoro correlato (ovviamente facendo riferimento anche alle martellanti campagne commerciali ed altre amenità legate al “metodo”).

Ed ai cassieri (scusate, gestori di base…) continuiamo a ricordare che è loro diritto fare le pause previste (dalla colazione al pranzo) e loro dovere chiudere negli orari prestabiliti nelle diverse filiali: non lo diciamo noi, lo dice l’azienda. Proseguire a chiamare i clienti dopo l’orario viola le norme aziendali e spetta ai responsabili attivarsi chiudendo per tempo porte o distribuzione di numeri, spiegando in ogni caso ai clienti che oltre l’orario della filiale le casse non devono operare.

Cub-Sallca
Intesa Sanpaolo RSA Torino e provincia

RESOCONTO DELLA RIUNIONE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI DEI CENTRI IMPRESE DI INTESA SANPAOLO DI TORINO E PROVINCIA

La riunione per i Centri Imprese ha visto una buona partecipazione, sia quantitativa, sia qualitativa, perchè la relazione introduttiva è stata tenuta dai  lavoratori ed è stata lo spunto per numerosi interventi dei presenti.
Il filo conduttore della riunione è stato “vogliamo lavorare bene”, baratrobma questo obiettivo trova continui ostacoli.

 

NUOVO MODELLO DI SERVIZIO

Questo ha impattato notevolmente anche sui centri imprese e con molti elementi di negatività: selezione inadeguata dei profili dei  clienti girati ai centri imprese, riportafogliazione automatica continua con cambio della tipologia di clientela, insufficiente collegamento con le filiali retail, trascuratezza del ruolo del settore Estero.

Un altro problema evidenziato è quello dello scollamento degli altri attori del processo commerciale   (es. Pricing, Mediocredito Italiano ecc.) che invece di essere un supporto diventano un ostacolo al raggiungimento dei risultati.

In questo contesto vi è stato un  cambiamento radicale del ruolo del gestore, avvenuto senza rafforzamento o efficientamento della struttura.

 

ANSIA DA PRESTAZIONE

Oggi al gestore viene  richiesta maggiore intensità commerciale, 10 appuntamenti a settimana, prevalentemente da effettuarsi fuori sede con pianificazione puntale di ogni attività (preparazione incontro, scheda relazione cliente, piano cliente ecc.), la conoscenza di un numero sempre maggiore di prodotti da offrire ai clienti (in un’ottica di consulenza a 360°).

Si assiste alla moltiplicazione di report da dover rendicontare in aggiunta a quelli ufficiali (file excel di dominio pubblico con indicazione di nomi gestori).

Tutte queste attività aggiuntive sono da affiancarsi alle attività tipiche di concessione e gestione del credito, che sembrano paradossalmente meno importanti dell’aspetto commerciale/metodo che, invece di essere uno strumento, diventa il fine ultimo del lavoro del gestore. Lo si vede anche dall’attenzione spasmodica sui derivati come fonte primaria di reddito, anche su operazioni di importo che, fino all’anno scorso, veniva considerato non adatto alla copertura.

Insomma, le pressioni esercitate non hanno nulla da invidiare a quelle esistenti nelle filiali retail e personal: alcuni responsabili chiedono in modo pressante di giustificare il mancato raggiungimento dei 10 appuntamenti settimanali (come se i gestori non avessero altro da fare!), chi resta indietro viene minacciato di essere affiancato da un tutor, escono le classifiche sulle filiali e chi non fa risultati sufficienti o non applica il “metodo” rischia il “commissariamento” della terribile “task force”.

Il risultato di quanto sopra è la difficoltà sempre più diffusa nel trovare colleghi che vogliano fare il gestore.

 

VALORIZZAZIONE DEL MERITO

Viene da ridere quando si sente parlare di valorizzazione del merito: l’azienda sponsorizza sempre più (anche verso l’esterno) che la forza di Intesa Sanpaolo arriva dalla qualità delle sue PERSONE, ma ciò non si sta concretizzando in vera valorizzazione del merito in termini di percorsi professionali adeguati e premi ai risultati.

I nuovi percorsi professionali sono un deciso passo indietro, discorso valido anche per i territori Retail e Personal, con un aggravio per il mancato riconoscimento della professionalità dell’addetto imprese o dello specialista estero.

Per i gestori Imprese  si vede sempre più lontana la possibilità di una crescita professionale che sia adeguata anche da un punto di vista economico, in quanto un eventuale portafoglio di maggiore peso e responsabilità  non corrisponde ad un riconoscimento economico o di inquadramento superiore, poiché il concetto di complessità viene stabilito arbitrariamente dall’azienda (e assolutamente in maniera non trasparente) con algoritmo che “pesa” più il numero dei clienti in portafoglio che la dimensione o le difficoltà gestionali delle imprese clienti.

Inoltre il premio variabile di risultato è costruito con un meccanismo di raggiungibilità sempre più difficile e di poco controllo (indicatori numerosissimi e che variano di mese in mese, peso maggiore della customer satisfaction che riguarda talvolta aspetti generali dell’istituto e non della filiale/gestore, obiettivi che si scontrano con strategie della banca come la crescita degli impieghi totali in attuali condizioni di mercato e con politica dei prezzi orientata al repricing). Per non parlare poi dell’entità dell’eventuale premio, sempre più ridotto e inversamente proporzionale agli obiettivi di distribuzione dei dividendi agli azionisti (3mld nel 2016 vs 2mld nel 2015).

Il problema di fondo è che anche nei centri imprese che, come ovvio, hanno specificità legate alla capacità di valutare l’erogazione di credito, le capacità professionali vengono scambiate per capacità di “vendita”.

 

GESTIONE DEL PERSONALE E PROBLEMI ORGANIZZATIVI

Il nuovo modello di servizio ha portato degli importanti cambiamenti anche in termini logistici e organizzativi. L’aggregazione di filiali di grandi dimensioni ha creato strutture troppo complesse sia in termini di spazi non adeguati, sia in quelli della gestione delle risorse umane. Si stanno verificando casi di conflittualità interna tra coordinatori (e qui si potrebbe discutere sul processo di selezione degli stessi – anima solo commerciale e non gestione delle persone) della stessa filiale, che non fanno altro che alimentare in senso negativo il clima di filiale già compromesso per le pressioni commerciali di cui sopra. In questo senso le capacità e le modalità gestionali dei responsabili giocano un ruolo decisivo.

La vicinanza dell’ufficio personale alle risorse è sempre più scarsa: mancata attenzione a colleghi che per motivi di salute chiedono di cambiare mansione, assenza di visione sul futuro (pianificazione di ricambio generazionale per struttura estero) ecc..

Viene segnalata, anche qui, una scarsa disponibilità a riconoscere la compensazione per le prestazioni straordinarie.

In generale i diversi centri imprese sono diventati delle repubbliche autonome, con diverse modalità organizzative, soprattutto nella distribuzione di carichi di lavoro e competenze tra gestori, addetti e settore Estero. Quest’ultimo è stato, di fatto, abbandonato dall’azienda, considerato poco o nulla e questo è dimostrato anche dalla totale assenza di formazione di colleghi più giovani per una mansione che è specialistica e non può essere improvvisata. In questo caso alle tante chiacchiere sono corrisposti pochissimi fatti ed i buoni propositi manifestati dall’azienda non sono mai stati messi in pratica.

 

In definitiva, anche la riunione dei lavoratori dei centri imprese ha confermato, con le proprie specificità, quanto emerso nelle riunioni che hanno coinvolto assistenti alla clientela e gestori retail e personal: disposizioni calate dall’alto senza nessuna attenzione per le conoscenze e le esperienze dei lavoratori, attenzione assillante per i risultati commerciali, scarso apprezzamento per la reale professionalità dei colleghi, condizioni ambientali di lavoro degradate.

Tutto questo conferma che dobbiamo unire le forze per ripristinare ambienti di lavoro vivibili e tutelare dignità e salute di lavoratori e le lavoratrici.

 

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cicl in p 14-11-2016

INTESA SANPAOLO: LA MANO DESTRA SA QUELLO CHE FA LA MANO SINISTRA ?

Qui sotto leggerete un quesito posto da un collega alle funzioni competenti e la conseguente risposta. Non abbiamo nulla da aggiungere: si commenta da sé.

Desideriamo unicamente ricordare, ancora una volta, a tutti i colleghi di operare nel totale rispetto della normativa continuamente richiamata dall’azienda (anche quando l’incoerenza regna sovrana come ci dice questo caso). I numerosi casi disciplinari in cui siamo costretti a prestare assistenza ci impongono questo suggerimento. Veniamo posti nelle condizioni di sbagliare e, subito dopo, scatta la contestazione.

 

Quesito:

Abbiamo riscontrato diverse richieste allo sportello di cambio assegni di traenza emessi da Intesa Sanpaolo, per ordine e conto della Unipol Sai, recanti lettera accompagnatoria nella quale si indica ai beneficiari che il cambio può avvenire con la presentazione di un solo documento di identità e della tessera sanitaria per importi fino ad eur 10.000,00.

Tale indicazione sembrerebbe in conflitto con quanto previsto dalla scheda “A” della guida operativa del cambio assegni (aggiornamento del 03/06/2016) nella quale si indica che per assegni superiori ad eur 750,00 bisogna richiedere e fotocopiare due documenti di ‘identità e codice fiscale.

Al fine di evitare ulteriori contestazioni con l’utenza si richiedono chiarimenti nel merito.

 

 

Risposta:

Gentile collega,

la guida operativa in materia di “cambio assegni” prevede effettivamente che per assegni superiori all’importo di € 750 occorra acquisire copia di due documenti di identità e del codice fiscale del richiedente.

Al riguardo, tuttavia, occorre precisare che non ci risulta che ci siano norme di legge o di regolamento che stabiliscono tale onere.

In sostanza, la policy è ispirata ai principi di prudenza e di diligenza professionale ai quali la banca si attiene nell’identificazione dei beneficiari del pagamento.

Occorrerà quindi interessare le competenti Strutture affinché le comunicazioni inviate da Unipol siano coerenti con la normativa interna.

Restiamo naturalmente a disposizione per i singoli casi concreti che dovessero presentare criticità.

Distinti saluti

 

11/11/2016

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni
Federazione Campania

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Lettera aperta a Stefano Barrese

#facciamolastoria(*), ma facciamola davvero.
barrese

 

Ascoltiamo (e non opprimiamo) le lavoratrici ed i lavoratori della Rete.
Freniamo (e non premiamo) quei duecento yes-men (e yes-women) che dicono sempre che va tutto bene.

 

Scriviamo questa lettera aperta per denunciare il degrado dell’ambiente di lavoro in Intesa Sanpaolo, giunto a livelli inaccettabili.
Le pressioni commerciali sono in continuo aumento e rendono evidente che l’accordo sindacale in materia, con la creazione della casella “Io segnalo”, è una foglia di fico che non riesce più a coprire la vergogna.
La richiesta di reportistica prosegue e viene incrementata al solo fine di aumentare la pressione per raggiungere gli obiettivi. Il salto di qualità è stato effettuato: ora i report non sono più solo consuntivi, ma anche preventivi ed ai colleghi vengono richieste capacità da veggenti.
Le “incursioni” dei responsabili sull’agenda elettronica sono sempre più invasive. Vengono lodati i comportamenti di chi raggiunge i risultati usando pratiche scorrette e trucchi vari, mettendo in difficoltà chi opera in maniera corretta e professionale. Vengono premiati e promossi non i più bravi, ma i più spregiudicati.

Si sta affermando l’idea che non ci siano limiti al potere di chi detiene qualche ruolo di responsabilità. Si segnalano in aumento i casi di responsabili arroganti e prevaricatori e tali atteggiamenti vengono denunciati anche nelle sedi centrali, non solo nella rete filiali.
Nel contempo, chi usa il potere con senso della misura e rispetto per i sottoposti viene messo sotto processo per la scarsità dei risultati.
Si sprecano le classifiche comparative con cui si cerca di colpevolizzare chi resta più indietro sugli obiettivi o non pratica a sufficienza il “metodo”.
Dalle filiali Retail e Personal, fino ai Centri Imprese, si afferma un nuovo modo di lavorare per priorità: ma sono tutte priorità!!

Si continuano a chiudere materialmente le postazioni di cassa e anche le poche residue vengono lasciate vuote perché le indicazioni dei vertici (ovviamente non scritte) sono di tenere in funzione un numero di casse inferiore a quanto sarebbe necessario; in questo modo la gestione della clientela agli sportelli sta diventando oramai un problema di ordine pubblico. Abbiamo sentito responsabili di filiale teorizzare apertamente che coloro che non vogliono adattarsi alle alternative offerte dalla banca (bancomat, Internet, ecc) devono fare la coda e “se non gli piace vadano da un’altra parte”.

Laddove tutti questi comportamenti non siano rilevanti anche dal punto di vista della violazione delle norme del Dlgs 81/2008 (ma questo verrà verificato in altre sedi), essi determinano un degrado del clima lavorativo e denotano la totale mancanza di rispetto verso la clientela (in particolare quella più anziana).

Gli organici sono talmente tirati che anche l’accoglienza e l’assistenza ai bancomat restano scoperte per assenza di personale ed in generale qualsiasi imprevisto, al di fuori degli “appuntamenti” fissati, diventa difficile da gestire.
La mancanza di notizie sul livello di gradimento della clientela e sull’andamento di acquisizioni/perdite della stessa, ci induce a pensare che le cose non vadano bene.
Se in passato la domanda più frequente che ci veniva rivolta dai colleghi era “quando ci sarà un nuovo esodo”, ora molti gestori ci chiedono come fare per cambiare mansione.
Le segnalazioni di dipendenti con attacchi di ansia, problemi di insonnia, uso di psicofarmaci si sprecano. Le professionalità acquisite vengono quasi considerate con fastidio, regnano l’improvvisazione e l’approssimazione.

Il deterioramento del clima lavorativo è sotto gli occhi di tutti (meno dei vertici aziendali che sembrano fingere di non vederlo), il degrado del livello di servizio e l’insoddisfazione della clientela anche.
Le scelte organizzative (dagli orari estesi senza supporto adeguato di organico, al nuovo modello di servizio, alle filiali “new concept”) stanno mostrando i loro limiti e stanno mettendo a dura prova il sistema nervoso dei lavoratori.

Sono state introdotte, in via sperimentale, nuove procedure informatiche con il cambiamento della messaggistica nelle filiali (“Nuovo sportello”). Nonostante il parere unanime che l’innovazione ancora non funzioni adeguatamente, incredibilmente è stato deciso di allargare la “sperimentazione” a 200 nuove filiali.

Ogni tanto abbiamo l’impressione di essere su “Scherzi a parte” e suona come una beffa questa frase, contenuta nella mail del Ceo Messina che ci invita all’Analisi di clima: “nelle scelte di questi anni siamo stati guidati dall’attenzione alle persone, che sono e saranno la forza e il futuro del nostro Gruppo”. Non sprecate tempo e soldi per sondare gli umori dei colleghi con strumenti che lasciano il tempo che trovano: le questioni sono quelle che vi stiamo scrivendo.

Inoltre se i clienti devono usare i canali “alternativi” siamo messi male: il “nuovo” sito della banca è nettamente peggiorato rispetto a quello vecchio (che infatti viene ancora usato di preferenza), mentre agli sportelli si sprecano le lamentele sulle carte bancomat smagnetizzate.

Il fatto che gran parte delle banche porti avanti le stesse, nefaste, politiche non ci impedisce di denunciare e contrastare quanto sta avvenendo in questa azienda.
Le difficoltà del contesto socio-economico ci sono ben note (politiche di austerità, tassi negativi, incertezza economica), ma quanto denunciato finora non è sicuramente il modo giusto per affrontarle e non giustificano certi comportamenti.

Riteniamo di non potere assistere inerti ed indifferenti a questo scempio ed a modalità operative, che, al di là della millantata eticità dell’azienda, non mostrano nessun rispetto per le persone, siano essi i dipendenti o i clienti. Metteremo in atto tutte le azioni possibili per la tutela dei lavoratori e dell’ambiente di lavoro.

 

(*) Per le lavoratrici ed i lavoratori di Rete, troppo impegnati ad applicare il Metodo per seguire queste mondanità, precisiamo che l’impudico hashtag “facciamo la storia” è quello che ha caratterizzato l’annuale mega convention (pardon, giornata di formazione), fortemente voluta dal capo di BdT Barrese, che nei giorni scorsi ha coinvolto centinaia di colleghe e colleghi degli Uffici Centrali di Divisione. Location riservata il Pala Alpitour; buono e abbondante, ci dicono, il buffet. Siamo in attesa che i nostri esperti quantifichino il numero di polizze vita da collocare o i diamanti da vendere per pareggiare i costi dell’evento.    

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

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Sede Operativa: Torino – Corso Marconi 34; tel. 011/655897; fax 011-7600582

20ottobre2016

 

ATTENZIONE ALLE PRESSIONI COMMERCIALI

baratrob

Vogliamo rischiare di apparire noiosi e ripetitivi, ma riteniamo necessario rinnovare l’invito, innanzi tutto rivolto ai colleghi, a non cadere nella spirale perversa budget – pressione commerciale – raggiungimento risultati – gratificazione economica e/o professionale.
Purtroppo ci accorgiamo di rimanere inascoltati ed apparire come quelli che “remano contro” le sorti aziendali ed i suoi interessi.  Non è così !

Ancora di recente nel Banco di Napoli si sono realizzate truffe ai danni della banca attraverso l’erogazione di prestiti personali a nuova clientela. Nella fattispecie clientela presentata da promotori privi di accreditamento e di qualsiasi altro titolo che ne garantisse la loro attività. Spesso costoro, all’atto dell’avvenuta erogazione, esigevano, dal cliente che aveva ottenuto il prestito, un compenso per la loro utile mediazione, stazionando in filiale o nei pressi.

Da qui è iniziata la vorticosa circolazione di messaggi di allarme da parte delle funzioni centrali e di controllo, che hanno analizzato i casi, rilevato i tratti comuni che li caratterizzavano (nuovi clienti, importo del prestito, residenti fuori zona di competenza, documentazione falsa, ecc)  e diffidato direttori e responsabili vari dall’agire senza tenere conto di tutte le avvertenze e le circolari che, nel tempo, l’azienda ha emesso.

Il tutto, però, come recita un recente comunicato indirizzato al Direttore di Area, al Direttore Regionale, ai Direttori commerciali Retail e Personal e a tanti altri, “senza dover necessariamente pregiudicare le leve commerciali alla base del successo nel collocamento del prodotto”.

In poche parole la botte piena e la moglie ubriaca. Come l’ esperienza ci insegna, la botte è quasi sempre manomessa e sulla fedeltà della moglie gravano sempre dubbi.

Ma c’è poco da scherzare. I colleghi devono svolgere il proprio lavoro osservando la “diligenza del buon padre di famiglia”, mantenere un comportamento etico-professionale corretto e operare con senso di responsabilità, osservando le regole che sono a supporto della nostra attività.

Lasciamo alla coscienza ed alla coerenza dei nostri capi il dubbio se ciò che viene perentoriamente richiamato nelle circolari e nelle guide operative corrisponde alla lettera a ciò che viene detto nelle riunioni di tipo commerciale, in cui la collocazione dell’ultimo prodotto sfornato diviene l’obiettivo primario da raggiungere e sul cui altare si può benissimo sacrificare qualche norma che ci lega le mani.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Federazione della Campania

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Intesa Sanpaolo. Pressioni assillanti e code alla cassa, due facce della stessa medaglia

baratrob

Gli ultimi due messaggi che abbiamo diffuso parlavano di una collega aggredita da una cliente (che non era stata servita perchè era stato superato l’orario di chiusura delle casse) e dell’estenuante richiesta di report sui risultati che ora, nelle filiali Personal, ha fatto un salto di qualità con la richiesta di prevedere anche il futuro.

E’ poi uscito un volantino dei sindacati firmatari dell’Area Torino, relativo alle condizioni penose del servizio di cassa (a conferma delle continue denunce che abbiamo sempre fatto sull’argomento), che ci consente di riflettere sul legame che tiene insieme queste tre notizie.

I vertici aziendali, di fronte all’impossibilità di tenere il ritmo di risultati fuori dalla realtà, stanno imponendo un modello di servizio devastante, fatto di sollecitazioni insopportabili verso i gestori e di tagli continui al servizio di cassa. Tutto questo determina un degrado del servizio e l’esasperazione dei colleghi e dei clienti, con il ripetersi di scene di litigi con l’utenza, che possono degenerare in rischi per l’incolumità dei lavoratori. Si pensi che, nello zelo di aumentare l’uso dei CSA, la Direzione Regionale Campania si era inventata di tenere le casse totalmente chiuse fino a che le operazioni ai bancomat non avessero raggiunto il livello desiderato!

Nel volantino dei sindacati firmatari viene detto che “la Banca, nell’ambito della sua autonomia organizzativa, fornisce delle direttive (spostare l’attività della clientela dalle postazioni di cassa alle macchine) ma ricordiamo ai nostri Direttori di Area che non c’è una correlazione diretta tra ricevere una direttiva e spegnere immediatamente il cervello”. Noi aggiungiamo che l’autonomia organizzativa aziendale trova dei limiti nelle leggi, in particolare nel Dlgs 81/2008, che all’art. 28 comma 1 richiama “l’obbligo per il datore di lavoro di valutare preventivamente tutti i rischi, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro correlato, secondo i contenuti dell’accordo quadro Europeo dell’8 ottobre 2004″.

Chiudere le casse a prescindere dall’affluenza, chiedere in modo assillante report sulle vendite, stilare classifiche individuali per mettere sotto accusa chi ha numeri più bassi, convocare i lavoratori a colloqui in cui si chiede conto del mancato raggiungimento dei budget (che non significa automaticamente scarso impegno lavorativo) sono tutti comportamenti che violano la norma citata e che abbiamo denunciato e continueremo a denunciare alle autorità competenti.

Ma questo non basta: dopo l’estate dovremo discutere collettivamente, gestori e cassieri, colleghi dei centri imprese e delle sedi centrali e di ISGS, di come contrastare questo modello lavorativo che lede la dignità dei lavoratori.

Nel frattempo, ricordiamo a tutti/e che il modo migliore per resistere alle pressioni commerciali è ignorarle: abbiamo detto e lo ripetiamo che non raggiungere i budget o il numero di appuntamenti previsti dal “modello” non costituisce violazione disciplinare, mentre alcuni comportamenti di responsabili, a vari livelli, violano accordi e norme di legge.

Allo stesso modo, chi lavora in cassa deve operare con calma, tutelarsi pretendendo il rispetto delle normative e delle pause previste, chiudere l’operatività all’ora prevista. Soprattutto deve evitare di affrontare discussioni con l’utenza; nei momenti più critici va spiegato, nel caso, che siamo vittime come loro delle scelte dei vertici aziendali ed i clienti vanno invitati a chiedere ulteriori spiegazioni ai responsabili.

A questi ultimi ci permettiamo di consigliare, anche per evitare gli insulti dei clienti, di non applicare meccanicamente le disposizioni che arrivano dall’alto: lavoriamo insieme per avere un clima lavorativo decente.

Intesa Sanpaolo ha superato positivamente gli stress test, ma ai dipendenti chi lo fa il test sullo stress lavorativo?