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Cominciamo con alcune scadenze tecniche che possono rendersi necessarie per la Dichiarazione dei Redditi.
Dal 6 aprile sul sito del Fondo sono stati resi gradualmente disponibili i riepiloghi dei rimborsi e dei contributi utili per rispettare gli adempimenti fiscali, nel dettaglio:
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i rimborsi riconosciuti nel 2020 per le spese sanitarie sostenute;
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i pagamenti effettuati nel 2020 dal Fondo a favore degli enti erogatori per le prestazioni rese in assistenza convenzionata;
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le quote differite relative all’anno 2020 o precedenti e rimborsate dal Fondo nel 2020;
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i contributi addebitati in conto ad esodati e pensionati, anche per conto dei familiari, e comunicati dal Fondo all’Agenzia delle Entrate.
Come è noto, il 2020 è stato un anno particolare per il Fondo Sanitario, con un andamento positivo legato alla riduzione delle prestazioni richieste, in conseguenza della pandemia.
I consiglieri elettivi del Fondo hanno richiesto che l’avanzo 2020 non venga riservato a patrimonio, ma venga accantonato a bilancio, per un possibile utilizzo già nel 2021, in previsione di un aumento delle prestazioni precedentemente rinviate. Se le anticipazioni risultano affidabili, gli organi tecnici stanno verificando la fattibilità della scelta, dal punto di vista delle normative contabili e civilistiche. Andrà tutto bene?
Nella lettera che alleghiamo, inviata al Presidente da quasi tutti i consiglieri elettivi (si è defilato solo Demarchi, della Uilca, mentre ha aderito la nostra Paola Cassino), si affrontano varie tematiche, in parte emerse nell’ultima fase di vita del Fondo, in parte presenti da tempo nelle richieste che avanziamo, con insistenza e fermezza, in modo costruttivo, da quando il Fondo è nato.
Si va dai problemi pregressi dell’attività amministrativa, ai nuovi, gravi, ritardi connessi all’aggiornamento anagrafico e alle conseguenze sui conguagli, dalla questione annosa delle convenzioni, alla necessità di fare diventare strutturale la liquidazione immediata della differita (come accaduto nel 2020), dallo snellimento burocratico, alla richiesta di una soluzione definitiva per le riserve bloccate.
Molti temi che noi ripetiamo da sempre sono rimasti fuori: un aumento del contributo aziendale per i lavoratori attivi, che sono calati molto per esodi e pensionamenti; la trasparenza e la pubblicità degli atti degli organi direttivi; il miglioramento delle prestazioni, delle franchigie e dei massimali. Temi che vengono riservati alle “fonti istitutive” e che quindi non possono essere affrontati, né in Cda, né nel dibattito corrente.
Qualcosa però ha cominciato a muoversi e noi auspichiamo che vengano affrontati, man mano, tutti i problemi che si erano accumulati nel tempo. Vi terremo informati di ogni passo in avanti.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Nei giorni scorsi è trapelata sui giornali la notizia che Intesa Sanpaolo si appresterebbe a vendere la storica sede del Monte di Pietà di Napoli.
Dal 2017 lo storico edificio che ospitava il Monte è stato messo sul mercato, ma la cifra inizialmente richiesta (10 milioni di euro) non aveva riscontrato dimostrazioni d’interesse.
Ora che la richiesta è scesa di molto (si parla di 3 milioni di euro) si palesa il rischio di una rapida conclusione della trattativa con una società privata, con esiti discutibili.
Abbiamo scritto ai vertici aziendali per chiedere di rinunciare alla vendita e destinare il bene ad una fruizione pubblica e gratuita in ambito culturale.
La vicenda è stata ripresa dalla stampa locale ed è stata anche lanciata una petizione pubblica per “fare massa”. Invitiamo tutti ad unirsi al nostro appello firmando qui:
LA NOSTRA LETTERA AI VERTICI AZIENDALI
Abbiamo scritto il documento allegato ai vertici aziendali e alle funzioni di Tutela Aziendale, nonché al Codice Etico, per segnalare le persistenti problematiche nella gestione dell’emergenza covid nelle filiali. In particolare abbiamo denunciato, non solo le carenze delle misure per evitare assembramenti, ma alcune scelte aziendali che finiscono per favorirli anziché ridurli.
Nello stesso tempo, abbiamo avuto modo di apprendere da un comunicato di Unisin che una società di consulenza, Expense Reduction Analysts, ha stimato in 10.000 euro il risparmio delle aziende per ogni lavoratore in smart working. Non sappiamo se il calcolo è corretto, ma, ad occhio, i risparmi dovrebbero essere sufficienti ad Intesa Sanpaolo per pagare il buono pasto a tutti i lavoratori e le lavoratrici in smart working e garantire lo steward a tutte le filiali che ne hanno necessità.
TESTO DELLA MAIL INVIATA A VERTICI AZIENDALI,
FUNZIONI DI TUTELA AZIENDALE E CODICE ETICO (19/3/2021)
Oggetto: gestione emergenza covid nella rete filiali
Di fronte all’aumento di “zone rosse” per l’emergenza covid, torniamo a segnalare i perduranti elementi di criticità, a partire dagli ingressi delle filiali. Un fenomeno destinato ad accentuarsi con i prossimi accorpamenti di filiali, che farà aumentare il numero di clienti che convergerà su filiali sempre più concentrate
La presenza di steward davanti alle filiali si è sempre più ridotta e, leggendo i resoconti delle comunicazioni aziendali ai sindacati firmatari, vengono addotte incredibili ragioni economiche. Da colloqui effettuati con i lavoratori saltuariamente presenti ai nostri ingressi, risulterebbe che gli stessi vengono pagati, dalle società cui si rivolge Intesa Sanpaolo, 5 euro all’ora!!
Ma se davvero le ragioni fossero economiche, verrebbe confermato che l’attribuzione della carica di Datore di Lavoro è meramente figurativa: il potere di spesa resta in capo all’Amministratore Delegato ed a lui ci rivolgiamo, insieme al Responsabile della Banca dei Territori.
Infatti, oltre a mantenere un adeguato presidio degli ingressi alle filiali garantendo la presenza di tutti gli steward necessari, servirebbe un comportamento responsabile da parte di tutti per evitare assembramenti e code.
Sarebbe quindi necessario aprire, laddove ancora esistenti, tutte le postazioni di cassa disponibili, garantire un’accoglienza adeguata, rispondere ad esigenze occasionali dei clienti (carte smagnetizzate, app non funzionanti, ecc.) dedicando a queste funzioni le risorse necessarie, anziché monopolizzarle ai soli fini delle attività commerciali.
Bisognerebbe anche evitare ogni iniziativa che provochi flussi spontanei, aggiuntivi a quelli consueti, di clientela. Ci riferiamo, in particolare, all’insensata partenza, in una fase in cui vengono riproposte chiusure delle attività per la vicenda covid, della sostituzione delle carte bancomat.
Certamente le lettere che avvisavano delle scadenze anticipate sono state recapitate a settembre del 2020, ma non è detto che tutti se ne ricordino 5 o 6 mesi dopo. Ed in teoria i gestori avrebbero dovuto farsene carico, ma tra telefonate, appuntamenti, campagne da lavorare, riunioni continue (ed inutili, per sentirsi dire sempre le stesse cose), pressioni martellanti, non avanza il tempo per tutto. Ed i clienti arrivano, piuttosto seccati.
Aggiungiamo anche la nuova ondata di scuole chiuse e di problemi di gestione dei figli a casa e ci pare che ciò basti per chiedere che si sospenda immediatamente la campagna in corso di sostituzione delle carte bancomat: fino a quando resterà in piedi l’emergenza le si sostituiscano alla scadenza naturale!
E si intervenga anche per ridurre i tempi di certe operazioni alle casse. Abbiamo già scritto della marea di bonifici in contanti (prevalentemente di GI Group) da pagare a giovani tutti in possesso di un iban.
Da alcuni giorni abbiamo scoperto la nuova sorpresa di dover censire anche chi viene a pagare piccole somme in contanti. Non sappiamo se la trovata derivi da disposizioni governative o da qualche geniale trovata dei nostri vertici. Resta il fatto che, nell’attuale contesto, non è concepibile dover perdere tempo a censire il malcapitato cliente che deve pagare un ticket sanitario da 20 euro in contanti (magari ha pure aspettato mesi per prenotare la visita). E non si dica che lo si deve accompagnare al bancomat, perché se il pagamento riguarda la prestazione per un parente, in assenza del tesserino sanitario dello stesso non si può procedere.
E’ inoltre incredibile che in questa situazione si aggiunga anche la vicenda delle telefonate inevase. A parte eventuali risvolti legali di questa iniziativa, di cui già altri si stanno occupando, è evidente come non venga tenuto in nessun conto lo stato di carenza di organico nelle filiali, accentuato dal contesto attuale, e le numerose e continue priorità sollecitate, che sommandosi tutte insieme diventano ingestibili.
Infine riceviamo numerose segnalazioni di responsabili di filiali in “zona rossa” che continuano imperterriti a chiedere di fissare appuntamenti per proposte commerciali. D’altronde appare inverosimile che, laddove viene chiesto ai cittadini di non uscire di casa, si chieda ai gestori di collocare le Obbligazioni Mediobanca in dollari per la cui sottoscrizione si rende necessaria la presenza fisica del cliente.
Non a caso scriviamo questa mail anche al Codice Etico, che dovrebbe essere il custode del rispetto delle esigenze di tutti gli “stakeholders”: non è necessaria la conoscenza delle lingue straniere per verificare che le cose che abbiamo elencato non sono rispettose della dignità delle persone, si tratti dei lavoratori o dei clienti.
Nell’attuale fase emergenziale tutti devono fare la loro parte, sapendo che ogni decisione ha delle conseguenze e che serve senso di responsabilità, dando la priorità al buon funzionamento delle cose e non all’inseguimento dei budget!
Per finire, ci auguriamo che la vicenda del plexiglass possa arrivare finalmente a termine. E’ da un anno che, sia noi, sia i sindacati firmatari, ne chiediamo l’adozione per tutti. C’è voluta forse l’acquisizione di Ubi e la scoperta che nelle loro filiali ne erano dotate tutte le postazioni per decidersi? Ora si provveda a recuperare il tempo perso.
Segreteria Nazionale Cub Sallca
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo
Continuano a giungerci spunti dal mondo delle sedi
Ci scrive un collega con un recente passato in filiale ed esordisce così: indubbiamente si sta meglio, ma sempre più crepe si allargano.
Come già sottolineato dalla stessa nota del SALLCA, il personale, dati gli esodi e l’età media alta, tende ad assottigliarsi. Dal 2018 ad ora nessuno è stato sostituito. Da quasi 20 persone, nel mio ufficio, ci ritroviamo in 10 ed a breve andranno via altri.
Vorrei però porre l’attenzione su un altro aspetto legato al lavoro domiciliare, di fatto divenuto obbligatorio per la dichiarata pandemia.
Nel corso di questo bizzarro anno il sottoscritto (e non solo) ha avuto diversi problemi: dapprima la mia connessione casalinga (che ogni lavoratore deve avere e pagarsi senza nessuna indennità, mentre il buono pasto non viene riconosciuto, avendo così una perdita secca sul salario, anche al netto di eventuali risparmi sui costi di trasporto) in molte occasioni ha manifestato problematiche, quindi mi veniva suggerito dai miei responsabili di cambiare operatore internet (con cui, come fatto notare ai miei responsabili, mai ho avuto problemi quando si trattava di utilizzare il mio PC personale), oppure, sempre a mie spese, installare presso il mio appartamento dei ripetitori… cosa che non ho fatto. Inutile ricordare che cambiare operatore spesso comporta il pagamento di penali come, ad esempio, nel mio caso.
I tecnici dell’ Help desk suggerivano (mettendolo altresì per iscritto) che l’azienda avrebbe potuto fornirmi una semplice SIM (quindi una connessione Wi FI aziendale) per risolvere il problema. La richiesta dei colleghi tecnici è stata a più riprese respinta perché “non in linea con la policy aziendale”.
Mi viene cambiato il PC (grazie anche al sacrificio dei colleghi coordinatori di struttura che lo hanno prelevato dalla sede per portarmelo), tuttavia il cavo (fornito a suo tempo dall’azienda) necessario a collegare il PC al secondo monitor (che il sottoscritto ha comprato di tasca sua ed essenziale per il tipo di lavorazione che svolgiamo), adatto al modello precedente che aveva l’apposita porta, risulta non adatto al modello nuovo.
Faccio presente la cosa chiedendo un cavo che mi sostituisse il precedente (che, ripeto, mi fu dato dall’azienda), o un semplice convertitore, la risposta è stata che dovevo acquistarlo a mie spese e che l’azienda non fornisce questo tipo di materiale (sic). Al che ho osservato che, se il precedente cavo era stato fornito dall’azienda, non si capisce bene come mai ora non mi può essere fornito di nuovo. Su questo permane il mistero, mi viene risposto che anche gli altri hanno fatto così…
Da notare che nella mia regione non si ci si può muovere fra comuni se non per motivi di lavoro e che nel mio comune non vi sono negozi informatici, quindi, se avessi seguito le loro istruzioni, avrei pure potuto rischiare un verbale salato.
Facendo resistenza (che io preferisco alla resilienza aziendalista) ho ottenuto che il mio responsabile mi fornisse il monitor con cavo adatto all’uopo prelevandolo dall’ufficio (quindi già presente).
Scrivo questa mail perché vorrei chiedere a tutti i sindacati di far notare all’azienda l’esigenza di colmare il vuoto normativo circa le forniture aziendali di cui devono dotarsi i lavoratori in lavoro domiciliare. Anche l’azienda trae vantaggio da questa modalità di lavoro. Il vuoto normativo spinge responsabili (spesso in buona fede, o che si rendono disponibili a fare più del dovuto per ovviare alle varie problematiche) a trovare o suggerire soluzioni poco convenzionali.
Da parte mia, sebbene, come scritto sopra, abbia trovato poco indicate le proposte dei miei colleghi responsabili per ovviare a problemi tecnici, devo, per dovere di trasparenza, dire che sono stati loro stessi, a loro spese, a portarmi con la loro auto i materiali nuovi e ritirare quelli vecchi senza nessun rimborso benzina (faccio notare come la fornitura di materiale di lavoro al dipendente da parte dell’azienda sia l’abc della legge che regola i rapporti di lavoro).
Siccome non scrivo certe righe solo per me, ma per tutti, dico che anche questo lo trovo poco giusto, rivendicando le giuste tutele anche per loro.
Se l’azienda colmasse questi vuoti di normativa, si eviterebbero situazioni comunque poco piacevoli ed inutili.
Ancora una nota a margine relativa a Strongauth, l’applicazione che ognuno di noi dovrebbe scaricare sul PROPRIO cellulare per poter accedere da remoto ai servizi aziendali. Ebbene, anche in questo caso, il collega che non possiede lo smartphone è invitato a procedere all’acquisto di tasca sua.
Gli altri sono quasi costretti a scaricarsela, perché “altrimenti potresti perdere il diritto allo smartworking”. Insomma questo “smartworking” è smart solo dal punto di vista padronale, mentre per il lavoratore ho l’impressione che sia più croce che delizia.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A.Intesa Sanpaolo
DA CUB SALLCA
A ISCRITTI/E E LAVORATORI/TRICI DI INTESA SANPAOLO
QUANDO L’INGIUSTIZIA E’ PALESE LA RESISTENZA DIVENTA DOVERE
Nel vorticoso movimento delle operazioni societarie, fusioni per incorporazione, scorpori e alienazione di rami d’azienda, è purtroppo prassi consolidata in ambito bancario la vendita dei lavoratori insieme alle attività cedute.
E’ un modo barbaro di trattare il “capitale umano”: un bene come un altro da prezzare sul mercato, incorporato nel valore del portafoglio ceduto. Un moderno mercato di carne umana. Nel caso in oggetto, il pacchetto dei lavoratori ceduti (la piattaforma di recupero crediti) era di 591 unità ed è stato valutato (e pagato) 500 milioni di euro.
Non sempre però i protagonisti passivi di questi maneggi subiscono in silenzio. Ad esempio molti tra i lavoratori di Intesa Sanpaolo ceduti nel 2018 ad Intrum, insieme ai crediti deteriorati, hanno prima votato massicciamente contro l’accordo sindacale sulla cessione (arrivando a bocciarlo in alcune assemblee), poi hanno ricorso per le vie legali e infine hanno vinto: una prima sentenza del Tribunale di Roma dichiara illegittima la cessione ed ordina il loro reintegro.
Dovremo attendere la motivazione della sentenza e poi l’esito delle cause intentate in altre sedi, ma abbiamo già una prima sentenza favorevole.
In tempi in cui si tende ad esaltare la “resilienza” (che allude elegantemente all’arte di piegarsi alle intemperie e ai soprusi), noi preferiamo parlare di “resistenza” e diffondere l’idea che vale la pena dire no: qualche volta funziona!
LEGGI IL VOLANTINO
La devastante questione delle pressioni commerciali nella rete sportelli fa spesso intravvedere, come agognato obiettivo per i lavoratori di filiale, il raggiungimento di “un posto al grattacielo”, in altre parole il trasferimento in un ufficio centrale come soluzione individuale e definitiva.
Non sempre questo “mito” corrisponde alla realtà: i problemi dei lavoratori di sede sono diversi, ma non certo minori, di chi sta in filiale.
L’assenza di percorsi professionali, di inquadramenti esigibili, di premi incentivanti trasparenti, di leve motivazionali, mortificano anche i lavoratori dei servizi centrali. La recente introduzione della mappatura professionale (TITLING) non ha risolto alcuno di questi problemi.
I carichi di lavoro sono diventati sempre più pesanti, gli esodi hanno colpito anche qui, portandosi via esperienza e competenza: le poche assunzioni non sono qualitativamente paragonabili, come professionalità, alle figure dei colleghi usciti.
Inoltre la sostituzione di manager d’esperienza con nuovi capi ansiosi di emergere, privi dei requisiti minimi di qualità e competenza, ma docili ed obbedienti alle direttive imposte, non ha fatto che peggiorare il disagio diffuso.
Abbiamo raccolto molti sfoghi e testimonianze di situazioni sgradevoli: cerchiamo di passare oltre il malumore individuale, organizzandoci!
CUB-SALLCA INTESA SANPAOLO
Nelle sedi, come nelle filiali, si susseguono le riunioni e spesso sono molti coloro che ritengono che siano, il più delle volte, inutili perdite di tempo.
Ma ci sono sempre le eccezioni: una riunione, con oggetto nuovi contratti per i pos, ha provocato vivaci reazioni che ci sono state riportate da chi era presente e noi proponiamo in forma di comunicato.
Invitiamo alla lettura anche chi non si occupa di pos, perché molti potranno comunque riconoscersi nella morale che si può trarre dall’episodio.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
UNA RIUNIONE BEN RIUSCITA SERVIZIO DI ACQUIRING POS – RIUNIONE DI AREA PIEMONTE LIGURIA VALLE D’AOSTA
In data 11/02/2021, si è tenuta, nell’ambito della Direzione Regionale Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta una riunione esplicativa del nuovo accordo Intesa Sanpaolo/Nexi per la gestione dei Pos, gestita dall’ ufficio marketing……
Il 2020 ha visto crescere ancora le dimensioni della prima banca del Paese, con l’incorporazione della terza (UBI Banca).
L’operazione ha messo in moto un processo di concentrazione tra gli altri Gruppi, che devono ora rincorrere per recuperare il ritardo.
Il bilancio per il management è certamente positivo, mentre gli azionisti potranno ottenere maggiori soddisfazioni più avanti.
Ben diversa è la situazione dei lavoratori, che hanno vissuto un anno molto pesante, reggendo in prima persona tutto l’impatto della pandemia.
Relegati agli “arresti domiciliari” con lo smart working, oppure esposti direttamente a rischi e tensioni con la clientela nelle filiali, i colleghi hanno garantito servizio costante e risultati eccellenti.
La situazione che si viene a creare, però, con il mastodontico piano di esodi e quello centellinato delle nuove assunzioni, non può che peggiorare la situazione della rete, già ridotta allo stremo.
Chiediamo subito nuove assunzioni con contratti standard a tempo indeterminato ed un rafforzamento delle filiali “fisiche”, a presidio di un territorio già fin troppo desertificato di servizi adeguati.
Nell’allegato la nostra analisi e le esigenze che indichiamo come prioritarie.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Il 2020 è stato sicuramente un anno straordinario, per difficoltà, disagio, sofferenza. Questo è particolarmente vero per chi ha continuato a lavorare anche in pieno COVID, con grande sacrificio personale, dedizione ed impegno.
Tuttavia sarebbe stato tutto meno complicato se fossero state prese misure adeguate alla situazione straordinaria che stavamo vivendo. I lavoratori e le lavoratrici che non hanno mai mollato meritano rispetto e riconoscimento, ma anche un po’ di autocritica da parte aziendale (e soprattutto un tempestivo ravvedimento sui provvedimenti adottati), non guasterebbe.
E’ per questo che rispondiamo(nell’allegato) con la dovuta ironia alla lettera sotto riportata del Direttore Regionale di Lazio, Sardegna, Sicilia, Abruzzo, Molise, rivolto ai colleghi della sua Direzione, per gli auguri di fine anno.
Non bisogna essere eroi per tenere su la baracca!
Da: MONCERI PIERLUIGI
Inviato: mercoledì 23 dicembre 2020 11:01
Oggetto: Un Anno Incredibile
Un anno incredibile. Nessuno di noi lo dimenticherà mai. Iniziato con l’angoscia e l’incredulità di marzo, transitato dalla superficialità e distrazione dei mesi estivi, si sta chiudendo con la paura di queste ultime settimane nell’ansiosa aspettativa del vaccino.
Un anno che ha messo a dura prova aziende e famiglie e che ha creato ancora maggiori differenze tra ricchi e poveri.
Un anno che ci ha indubbiamente stimolato professionalmente e, facendoci apprezzare l’importanza delle piccole cose alle quali abbiamo dovuto rinunciare, ci ha reso, con ogni probabilità, persone migliori.
Un anno che ha svelato, rendendoci orgogliosi, quanto siamo stati importanti per tantissimi clienti, ai quali siamo riusciti a garantire supporto adeguato e tempestivo pur tra mille difficoltà.
Leggevo in questi giorni sui social una risposta data da una collega, Sara, a una seguita e critica blogger. La condivido con voi ritenendo che sia una straordinaria sintesi dello spirito con il quale voi, donne e uomini di Intesa Sanpaolo, avete lavorato in questo ‘incredibile’ 2020.
‘’Io lavoro in una filiale con l’80% di dipendenti donne e mamme per lo più di bimbi piccoli. Una cosa accomuna me e le mie colleghe in particolare dall’inizio del periodo covid: stiamo mettendo l’anima nel nostro lavoro.
Ricordo ancora quelle mattine di marzo. Partivo bardata da casa come un palombaro, salutando i miei bimbi per tornare a tarda sera e, molto spesso, una volta a casa riaccendevo il computer con i ‘fagottini ’ in braccio e continuavo a lavorare, non per gli interessi della banca, ma per aiutare i miei clienti. Sospensioni di mutui, erogazioni di finanziamenti-covid fatti in pochi giorni lavorativi e tutto questo con orgoglio e dedizione.”
E’ con questo orgoglio e dedizione che abbiamo affrontato le difficoltà del 2020.
E con lo stesso spirito affronteremo, insieme, le sfide del 2021.
Ancora grazie a tutti voi per quello che avete fatto!
Un abbraccio e i miei migliori auguri di buone feste per voi e per le vostre famiglie.
A presto!
Pierluigi
Il massiccio ricorso allo Smart Working realizzato dall’inizio dell’emergenza in tutto il mondo del lavoro ha coinvolto anche le banche.
Si è aperta da tempo la discussione sulle caratteristiche di questa modalità lavorativa, che ha assunto anche definizioni terminologiche diverse: lavoro agile, telelavoro, “lavoro da casa”.
Un’analisi critica dell’organizzazione del lavoro deve cogliere l’aspetto innovativo dello strumento, ma anche i rischi connessi al vecchio “lavoro a domicilio”.
Per provare a capirne di più abbiamo inviato, nello scorso mese di ottobre, un questionario ad un campione di lavoratori di Intesa Sanpaolo, come parte di una più ampia ricerca, trasversale a numerosi settori produttivi.
In attesa dei risultati globali (che verranno inviati a lavoro concluso a tutti coloro che hanno indicato una mail per avere riscontro dell’esito), abbiamo cominciato ad elaborare le risposte dei colleghi di Intesa Sanpaolo.
Non si può escludere che a distanza di tempo, dopo l’ulteriore “prova” della seconda ondata, alcune risposte potrebbero essere diverse.
In ogni caso le nostre prime valutazioni invitano a riflettere e soprattutto ad agire per rilanciare una revisione contrattuale del lavoro agile, che tenga conto delle lacune presenti nell’attuale regolamentazione.
Buona lettura.