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COVID: USO E ABUSO DI UNA PANDEMIA

L’emergenza corona-virus ha prodotto un forte impatto sull’organizzazione del lavoro, i turni di lavoro, i servizi offerti dalle banche.

La necessità di tutelare addetti e utenti ha comportato una forte restrizione dei servizi di massa, creando spesso momenti di tensione e di scontro all’esterno e all’interno della rete filiali. Le chiusure di filiali e i vuoti di organico legati agli esodi non consentono, già di per sé, di fornire servizi adeguati.

Il riemergere di forti pressioni commerciali rischia di peggiorare ulteriormente la situazione, discriminando tra clientela “di pregio” che viene privilegiata perché redditizia e clientela di massa che viene del tutto abbandonata a sé stessa.

Quando poi questo processo viene guidato da una regia neanche troppo occulta, tocca ai lavoratori difendere un modello di banca inclusiva e sostenibile.

Quello che vale per Intesa Sanpaolo, può essere esteso, in misura più o meno accentuata, a tutto il resto del sistema bancario.

Buona lettura.

CUB-SALLCA

 

INTESA SANPAOLO ESODI 2020: CHI ESCE FESTEGGIA, CHI RESTA DEVE REAGIRE

In questo messaggio inviamo una guida all’esodo per chi è interessato (VEDI PDF A SEGUIRE), ma anche un “programma di lavoro” per chi resta in banca ed è giustamente preoccupato delle condizioni di lavoro che si verranno a creare con organici insufficienti e problemi organizzativi.

 

SCHEDA TECNICA SU ACCORDO ESODI ISP-UBI 29.09.2020

 

INTESA SANPAOLO ESODI 2020: CHI ESCE FESTEGGIA, CHI RESTA DEVE REAGIRE

L’accordo sugli esodi (scontato ed atteso, oramai una fotocopia dei precedenti), nell’ambito dell’integrazione del Gruppo Ubi nel Gruppo Intesa Sanpaolo, ripropone un film già visto.

Siccome si presume che l’integrazione produrrà esuberi, si procede a dichiararli ed a stabilire preventivamente, “a tavolino”, la platea dei candidati all’esodo.

E’ una tecnica usata fin dai tempi della fusione tra Intesa e Sanpaolo: la logica vorrebbe che prima si procedesse all’integrazione delle varie strutture e dopo si valutasse l’impatto dell’operazione sugli organici, procedendo ad una verifica reale degli esuberi e della loro gestione. Invece, ancora una volta, si procede al contrario!

Le conseguenze sono note: uno stato di emergenza costante, con la rete, ma anche molti uffici di sede, perennemente sotto stress.

Il tutto aggravato, in questa fase, dalle problematiche covid, con molte filiali sotto assedio dei clienti che non riescono a prenotare e ad accedere agli sportelli e molti lavoratori di sede in smart working, con probabili (non ci sono dati, ma molti episodi alimentano il sospetto) esplosioni degli orari di fatto, grazie alla flessibilità (o estensione senza limiti) del lavoro da casa. Inutile poi ricordare come nelle filiali le spinte al raggiungimento di risultati “sfidanti” sia ripresa ancora più forte di prima della “pausa” del lockdown.

Da tempo assistiamo ad una categoria sull’orlo di una crisi di nervi (anche oltre, viste le crescenti richieste di visite col medico competente) dove la voglia di fuga è inarrestabile e chi resta fuori dall’ennesimo giro di esodi chiede quando sarà il suo turno.

L’attuale accordo prevede 5.000 uscite entro fine 2023, ma possiamo tranquillamente scommettere che le adesioni all’esodo saranno molte di più. E possiamo anche sbilanciarci nell’ipotizzare che le 2.500 assunzioni, soprattutto se nella rete continuerà l’andazzo di assumere contratti misti, non basteranno a rendere dignitose le condizioni di lavoro.

Noi pensiamo che non si debba accettare in modo fatalista e rassegnato il degrado dell’ambiente di lavoro e che si debba reagire per pretendere il rispetto delle persone e delle norme.

A chi resta nella “banca più bella del mondo” proponiamo di non limitarsi a contare gli anni che potrebbero mancargli per il proprio esodo, ma a lottare con noi per rendere il proprio posto di lavoro un luogo dove al mattino ci si possa avviare con un minimo di serenità.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.

BENVENUTI NELLA BANCA PIU’ BELLA DEL MONDO…

da Segreteria CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
a
lavoratrici e lavoratori Ubi Banca

 

Intesa Sanpaolo compra Ubi, chi si preoccupa dei lavoratori?

Cari/e colleghi/e,

da tempo ricevete i comunicati del nostro sindacato di base.

Non molti, purtroppo, perché la nostra presenza in UBI è sempre stata ridotta, nonostante i tentativi di ampliare la base di consensi.

L’OPS portata a termine da Intesa Sanpaolo disegna nuovi scenari pieni di incertezza.

In questa operazione quasi un terzo delle filiali di UBI verranno cedute a BPER: sono il tributo sacrificale previsto per poter realizzare la fusione in ottemperanza  alle condizioni imposte dall’Antitrust.

Abbiamo sempre considerato sgradevole essere considerati alla stregua degli arredi delle filiali, che possono essere ceduti al miglior offerente: ci sarà, in aggiunta a quanto detto, anche la cessione all’asta di altre 17 filiali.

Anche se non è detto che sia utile e desiderabile “tornare indietro”, va detto, peraltro, che la cessione dei lavoratori nell’ambito del presunto ramo d’azienda è discutibile sul piano legale: un nostro tentativo di metterla in discussione, in passato, non è riuscito per un pelo e non è detto che non si possa ritentare.

Per chi invece arriverà in Intesa Sanpaolo (dove la presenza del nostro sindacato è più robusta, anche se ancora insufficiente per essere incisivi come vorremmo) si aprono comunque scenari complicati.

Se già il passaggio dalle vecchie banche alla nascita del Gruppo UBI è stato traumatico, questo rischia di non essere da meno.

La realtà lavorativa quotidiana dovrà scontrarsi con decisioni, spesso incomprensibili  e cervellotiche, e comunque con strutture impersonali con le quali l’interlocuzione è spesso impossibile. Il tutto esasperato dalla pressione per tagliare i costi e recuperare il ritardi nei risultati commerciali.

Sul piano normativo, poi, Intesa Sanpaolo ha fatto da apripista per iniziative molto discutibili. E’ stata la prima (e si potrebbe dire l’unica) a sfruttare le “opportunità” del contratto del 2012 tenendo le filiali aperte fino alle 20. Una scelta che poi è stata solo parzialmente ridimensionata (con chiusure alle 18,30 / 19,00) prima del ripristino dell’orario standard a causa dell’emergenza coronavirus…

Per non parlare poi del lancio dei “contratti misti”: assunzioni per giovani che lavorano per due giorni come dipendenti e per tre come consulenti a Partita Iva, con il risultato di non riuscire a mettere insieme uno stipendio decente.

Per completare lo scenario, ricordiamo che nel 2016 Intesa Sanpaolo (che i suoi top manager amano definire “la più bella banca del mondo”) è stata sanzionata per mancato rispetto delle norme sullo stress lavoro correlato.

Il tutto è partito da un nostro esposto, rispetto al quale l’azienda è corsa ai ripari per cercare di coprirsi da nuove iniziative legali, ma, rispetto ad allora, la situazione è peggiorata.

Quello che non cambia, in UBI come in Intesa Sanpaolo, è il ruolo acquiescente dei sindacati concertativi. Ma nel secondo caso stiamo arrivando ad un salto di qualità inquietante: se prima lamentavamo che le trattative venivano svolte su piattaforme non sottoposte all’approvazione dei lavoratori, ora il problema è risolto, perché le piattaforme sindacali non ci sono proprio.

Il recente accordo sugli inquadramenti è stato una rinfrescata di quello siglato nel 2015 e rivisto nel 2018, quando la trattativa (si fa per dire) venne svolta sulla base delle slide presentate dall’azienda!

Tutto questo per dire che per affrontare il futuro, qualunque esso sia, l’unica possibilità è di autorganizzarsi per difendersi, non cadendo nel solito tranello dei sindacati concertativi che cercano di tranquillizzare con la promessa: “ci pensiamo noi”.

Nessuno ci regalerà nulla: per difenderci dobbiamo organizzarci autonomamente ed il sindacato di base, per chi lo vorrà, è pronto a dare il proprio contributo.

Intesa Sanpaolo. Accordo inquadramenti, la vera complessità sta nel capirlo.

 

Vi proponiamo il nostro commento all’ennesimo “successo sindacale”, il recente accordo sui ruoli professionali.

Nato, come da prassi consolidata, in assenza di una piattaforma sindacale, il nuovo accordo è solo una rinfrescata di quello precedente.

La principale variazione consiste nella sostituzione della complessità dei portafogli (prima affidata a misteriose pratiche esoteriche affidate ad oscuri algoritmi) ad una nuova basata su un mix di 4 voci con percentuali di peso diverso, la cui analisi produce sovente forti mal di testa.

Ci siamo impegnati per tentare di decifrare questo groviglio di norme ed invitiamo a leggere l’allegato anche a chi non fosse direttamente interessato ai percorsi dell’accordo.

La lettura serve a capire che accordi importanti come questo dovrebbero nascere da un confronto con i lavoratori e concludersi con norme chiare e comprensibili per tutti.

L’esatto contrario di quanto avvenuto.

Chi volesse cimentarsi con la lettura dell’accordo integrale deve solo scrivercelo e provvederemo a mandargliene una copia.

 

ACCORDO SUI RUOLI PROFESSIONALI IN INTESA SANPAOLO.

UN GROVIGLIO INCOMPRENSIBILE DETTATO DALL’AZIENDA.

(leggi l’allegato)

 

 

 

 

 

Accordo PVR Intesa Sanpaolo: giochiamo a mosca cieca

E’ stato firmato nelle scorse settimane l’accordo per il PVR 2020 in Intesa Sanpaolo
L’impianto ricalca lo schema dell’anno precedente, con alcune lievi modifiche.
Si introduce, come precedentemente annunciato, un piccolo incentivo per chi effettua almeno due segnalazioni a Intesa Sanpaolo Casa.
Il premio incentivante del SET (Sistema Eccellenza Tutela), più che dimezzato rispetto allo scorso anno, non è stato oggetto di accordo, ma proposto/imposto come iniziativa unilaterale aziendale.
Confermiamo il nostro giudizio critico su questi strumenti divisivi, complicati e poco trasparenti.

In allegato (e a seguire) il nostro volantino di commento.

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

ACCORDO PVR INTESA SANPAOLO: GIOCHIAMO A MOSCA CIECA

Il 30 giugno scorso azienda e sindacati firmatari hanno siglato il rituale accordo annuale sul PVR 2020. E’ evidente che la priorità dei lavoratori non è oggi quella del Premio di Rendimento, perché altre preoccupazioni incombono sulla dimensione quotidiana, a partire dalla situazione di caos della rete filiali, per arrivare alle difficoltà legate alla situazione scolastica, dai rischi tuttora rappresentati dalla pandemia, alle incertezze del contesto economico e di mercato.

Tuttavia è ragionevole attendersi una qualche forma di riconoscimento per l’impegno straordinario profuso in questi lunghi mesi e la gravosità del lavoro svolto in un contesto imprevedibilmente difficile. Se la struttura ha retto, è stato anche per l’abnegazione, la pazienza, la professionalità e lo spirito di squadra che sorregge l’attività lavorativa dei colleghi, sia nella rete filiali che nelle sedi.

A fronte di aspettative legittime, era lecito attendersi un qualche segnale di cambiamento rispetto alla farraginosa, illeggibile, astrusa, formulazione della struttura del PVR precedente. Invece niente: siamo di fronte alle solite 18 pagine di contorsioni verbali, algoritmi matematici, tabelle excel e proibitivi parametri KPI, attraverso i quali si potrebbe forse arrivare, a maggio 2021, ai soliti quattro spiccioli, perlomeno per la gran massa della truppa.

Magnificati dai consueti, corroboranti, commenti dei sindacati firmatari (sfidiamo chiunque di loro a spiegarci l’accordo nel dettaglio…), i contorti paragrafi dell’accordo 2020 ci restituiscono le seguenti informazioni di sintesi:

1) Il “bonus pool” del PVR è salito di ben 1,5 milioni di euro, raggiungendo la cifra di 86,5 milioni;

2) Il “premio base” sale a 365 euro, cui si aggiungono ora 120 euro per chi sta sotto i 35.000 euro di RAL;

3) La quota riservata al “premio aggiuntivo” vede un leggero incremento per i livelli inferiori;

4) Viene introdotto un “premio sinergia ISP Casa” di 300 euro per i gestori che fanno due segnalazioni interessanti all’agonizzante ISP Casa (se però i gestori “bravi” superano il numero di 5.000, il bonus individuale può scendere “per ripartizione”);

5) il premio SET (Sistema Eccellenza Tutela) per incentivare le polizze di tutela si dimezza da 32 a 15 milioni di euro e salgono le soglie di accesso per le filiali. Per questo motivo i sindacati hanno ritenuto di non firmare l’accordo SET, che resterà quindi iniziativa unilaterale aziendale.

Facendo due conti, constatiamo che l’ammontare di risorse destinate al sistema incentivante scende, nel suo complesso. Il “bonus pool” infatti salirà di 1,5 milioni e altrettanto costerà il premio Sinergia ISP Casa (3 milioni totali), mentre il SET scenderà di 17 milioni…

Lo sbilancio, negativo, è di 14 milioni di euro. Potrebbe sembrare una notizia sorprendente, ma solo in apparenza. Il 2020 sarà un anno complicato, soprattutto per la redditività, e altre banche stanno già riscrivendo i piani industriali. E’ prematuro predire catastrofi, perché alcuni obiettivi (come gli impieghi) finiranno probabilmente per salire, mentre altri target (come collocamenti e polizze) sembrano fuori portata. Puntare preventivamente al taglio dei costi (anche di incentivo!) significa portarsi avanti con il lavoro….

Noi non abbiamo mai condiviso l’impianto del sistema incentivante e meno che mai la sostituzione del VAP con il PVR. Storicamente ha portato ad un riduzione tendenziale del premio, ad una formulazione divisiva che mette in concorrenza i lavoratori, ad una struttura incomprensibile ai più, legata a parametri fuori controllo, sia per i lavoratori che per i sindacati firmatari, i quali ultimi fingono di padroneggiarla o addirittura negoziarla, mentre invece la subiscono.

L’introduzione del SET negli ultimi due anni ha ulteriormente esacerbato la competizione tra filiali, tra Aree, tra Direzioni Regionali, facendo balenare il miraggio di un importo succulento in caso di risultati eclatanti, puntualmente disatteso in sede di attribuzione definitiva.

Un’insoddisfazione generalizzata che hanno vissuto migliaia di lavoratori (e responsabili), anche negli anni in cui l’andamento favorevole dei mercati e delle vendite è risultato estremamente positivo e la “distribuzione dei premi”, di conseguenza, estesa e diffusa. Alla fine è sempre emerso il dilemma cruciale: “ma ne valeva la pena?”, perché a fronte di premi elevati (e sconosciuti) assegnati ai responsabili di medio e alto livello, in basso sono sempre arrivate poche briciole.

Briciole tassate poco o niente, è vero, perché sfruttano l’agevolazione sugli incrementi di produttività o l’utilizzo in conto sociale, ma pur sempre briciole…

Mentre in altre tornate si poteva ancora guardare al LECOIP come parziale compensazione di questo stato di cose, ora non c’è neanche più questo ragionamento in campo. L’andamento delle quotazioni azionarie cui è legato il LECOIP è così deprimente, che molto difficilmente la quantificazione finale del certificato supererà l’importo minimo di partenza (e alla maggior parte dei gestori arriverà l’equivalente di 500 euro annui…).

Si deve quindi tener presente tutto questo, soprattutto quando si fanno i conti con pressioni commerciali insistenti e insostenibili, che sono riprese puntualmente in tutte le reti, visto che si vuole irragionevolmente recuperare il tempo perso, per raggiungere gli obiettivi assegnati in logiche di piani industriali “preistorici”, totalmente ignari del coronavirus!

E nello stesso tempo è iniziata una “trattativa” su ruoli e percorsi professionali, in cui la posizione dei sindacati non è nota (non parliamo poi di una piattaforma discussa e votata dai lavoratori…), mentre l’azienda ridisegna quasi ogni anno, d’iniziativa, un’impalcatura che ha portato in un quinquennio all’abbassamento generalizzato degli inquadramenti con risparmi da centinaia di milioni di euro.

Mai come quest’anno quindi è opportuno lavorare in modo etico e sostenibile, fornendo alla clientela la consulenza adeguata sul piano professionale e i prodotti mirati alle esigenze reali. Non farsi distrarre da specchietti per allodole, obiettivi premiali e meccanismi incentivanti significa essere coerenti con le buone prassi e la drammaticità del contesto.

E’ la risposta più responsabile e seria a chi non intende fare alcuna autocritica rispetto ad un modello in crisi e che prosegue sui vecchi binari come se nulla fosse accaduto. E tutto condito da slogan totalmente fasulli come il “Nulla sarà più come prima…”. Ma un po’ di ritegno, no?

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

Fondo Sanitario Intesa Sanpaolo. Assemblea dei Delegati del 30.06.2020

Il 30 giugno scorso è stato approvato dall’Assemblea dei Delegati il bilancio 2019 del Fondo Sanitario Integrativo.

L’occasione si prestava per un ragionamento, almeno provvisorio, sull’impatto del COVID-19 sul nostro sistema sanitario e sulle scelte future in tema di cura, prevenzione e sicurezza sanitaria.

E’ opinione comune che il sistema pubblico, pur depauperato di personale e posti letto da un decennio di tagli e sacrifici, abbia retto bene la prova.

La sanità integrativa è stata di scarso supporto nella fase acuta, visto che le terapie intensive sono prevalentemente concentrate nel pubblico (rapporto 12 ad 1), data la scarsa redditività di impianti e strutture utilizzate mediamente sotto il 50% del potenziale…

La lezione da trarre è che va potenziato il sistema sanitario pubblico con risorse umane, tecnologiche e finanziarie adeguate, per garantire a tutti il diritto ad una cura di qualità, senza discriminazione di censo e di condizione sociale.

La sanità integrativa deve essere, appunto, integrativa ed il dilagante favore fiscale che l’accompagna nei sistemi di welfare aziendale non deve farla diventare sostitutiva degli aumenti salariali, come sempre più spesso accade in vari settori.

Per quanto riguarda il nostro Fondo, il buon andamento finanziario del 2019 permette una positiva chiusura del bilancio, con erogazione della quota differita anche ai quiescenti (mentre invece, come si ricorderà, per il 2018 era stato pagata solo al 52%).

Il consueto “bilancio tecnico” chiesto allo studio attuariale non manca di evidenziare previsioni catastrofiche su un orizzonte a 30 anni. A pag. 48 si legge infatti:  “L’analisi attuariale ha evidenziato che su un orizzonte temporale di 30 anni la gestione degli attivi presenta un disavanzo tecnico pari a 84,4 milioni di euro mentre la gestione quiescenti pari a 393 milioni di euro. In conclusione, se ne deduce che la somma delle attività a copertura degli impegni del Fondo e delle entrate future, entrambe in valore attuale medio alla data di valutazione, risulta non sufficiente a far fronte alle future prestazioni…”

Previsioni così allarmistiche su orizzonti temporali “estremi” sono prive di senso, ma utili per minacciare tagli alle prestazioni e/o aumenti dei contributi, mentre le riserve continuano a crescere anche in periodi come questo. L’intervento, allegato, del ns. Delegato in Assemblea, Gianpaolo Gallizio, ripercorre la necessità di cambiamenti seri alla politica del Fondo (dalla copertura dei test sul COVID, all’utilizzo delle riserve, dall’annoso problema della quota differita, al funzionamento del service).

E’ compito di tutti fare in modo che i nostri interventi non restino coraggiose prese di posizioni isolate, ma divengano strumenti di pressione condivisi sulle modifiche urgenti da adottare.

ANCHE NELLA RETE INTESA SANPAOLO LA MISURA E’ COLMA

La ripresa a pieno regime delle attività commerciali nelle banche italiane sta riproponendo il consueto tema delle pressioni alla vendita.

Incuranti della situazione del paese, dello stato d’animo dei risparmiatori, delle priorità della clientela, i modelli di offerta ripetono schemi obsoleti e ripetitivi.

Incapaci di autocritica sulla mediocrità dei prodotti collocati prima della crisi generale innescata dal coronavirus, con esiti insoddisfacenti (gestioni patrimoniali e polizze finanziarie) o imbarazzanti (certificati e fondi a finestra), le banche puntano a fronteggiare la prevedibile crescita delle sofferenze con un aumento dei ricavi su gestito e polizze di tutela.

In Intesa Sanpaolo, in particolare, l’ossessione per la tutela è pervasiva e assolutamente indifferente alla reale percezione del bisogno da parte della clientela, che subisce questa tipologia di proposta in modo del tutto passivo e respingente.

Ma il piano industriale richiede risultati e pretende allineamenti nei comportamenti individuali: alla linea gerarchica il compito di farli eseguire.

Non andrà tutto bene, se continuiamo di questo passo! Proviamo a reagire, a rispedire al mittente pressioni inaccettabili o ad ignorarle semplicemente. Anche perché, oltre alla nostra coscienza, anche l’Antitrust continua a vigilare!

 

leggi il nostro volantino:       

ANCHE NELLA RETE INTESA SANPAOLO LA MISURA E’ COLMA

Dopo la fase di lockdown in seguito all’emergenza Covid-19, lentamente si sta tornando alla normalità anche nelle filiali Intesa Sanpaolo, pur con le dovute misure di sicurezza. Dopo circa 3 mesi in cui tutti i colleghi, in varia misura, hanno dovuto affrontare situazioni di stress, dall’ansia per i rischi sanitari alle difficoltà legate alla gestione della famiglia a causa delle scuole chiuse, adesso si cerca di capire come riorganizzare il proprio lavoro, in ufficio o a casa, anche alla luce delle ormai prossime vacanze estive, che saranno senz’altro diverse da come s’immaginavano all’inizio dell’anno.

In questo scenario, ci si aspetterebbe da parte dell’Azienda un atteggiamento di comprensione e un maggior supporto, visto che chi ha continuato, seppure a giorni alterni, ad andare a lavorare in filiale, ha comunque messo a repentaglio la sua salute e quella dei propri cari. Invece, dall’alto stanno arrivando, ormai da alcune settimane, segnali d’insofferenza per i risultati che non arrivano dal punto di vista commerciale.

Riunioni via chat, telefonate-fiume tra i capi area e i direttori di filiale, insomma si cerca di rimettere in riga la squadra, perché si è già perso troppo tempo e il conto economico non può più aspettare. Il leitmotiv è, ancora una volta, saper ”‘cogliere le opportunità del momento”’. Il che si traduce nel proporre alla clientela (anch’essa psicologicamente provata dalla situazione, e in molti casi anche economicamente) i più svariati prodotti, in primis quelli assicurativi, partendo dal presupposto che nel momento in cui si rivolgono a noi, avendo bisogno di aiuto, sono più propensi all’ascolto.

Senza troppi giri di parole certi capi area hanno insistito sul fatto che, nel momento in cui un cliente chiede un finanziamento, oppure ha bisogno di sospendere le rate, bisogna approfittarne per piazzargli un prodotto di tutela, magari una bella polizza salute, vista la situazione.

Questo atteggiamento è tanto più subdolo se si pensa che i vertici della Banca hanno pubblicizzato in questi mesi varie iniziative benefiche di sostegno economico alle strutture sanitarie, in modo da dare all’opinione pubblica un’immagine di azienda vicina alla nazione nei momenti di maggiore difficoltà; invece i dipendenti dovrebbero fare la figura degli sciacalli che si approfittano delle persone più deboli.

Tutto ciò è deprecabile sia dal punto di vista etico, sia professionale. Forse la recente sanzione dell’Antitrust non è stata sufficiente per far cessare questo tipo di suggerimenti?

In questo scenario, si è aggiunta l’emergenza dovuta alla repentina chiusura delle task force adibite alla sospensione delle rate dei finanziamenti e all’anticipo della cassa integrazione.

Da un giorno all’altro, sul sito vetrina di Intesa Sanpaolo, i clienti hanno trovato l’avviso che li invitava a rivolgersi al proprio gestore per il disbrigo della pratica. Peccato che le filiali non abbiano ricevuto le istruzioni su come procedere, in particolare per l’anticipazione sociale della c.i.g., con conseguenti situazioni di imbarazzo nei confronti della clientela.

Scaricare sulle filiali un’ulteriore mole di lavoro in un periodo già di per sé difficile, è assolutamente inaccettabile, soprattutto senza alcun preavviso. E questa situazione contribuisce a inasprire il clima nelle filiali, dove i clienti sono esasperati per le restrizioni in essere e per le attese infinite agli sportelli, e scaricano il proprio malumore sui dipendenti della banca, con insulti, minacce verbali, e in casi estremi anche violenze fisiche.

E’ giunto il momento di dire basta, e di pretendere dall’Azienda condizioni di lavoro improntate a una maggiore sicurezza e rispetto nei confronti dei dipendenti, che non sono soltanto limoni da spremere, ma persone che lavorano quotidianamente con impegno, e grazie alle quali si sono raggiunti i ricchi utili di questi anni, che l’hanno resa il primo gruppo bancario italiano.

In tutto questo, i 6 giorni di ferie aggiuntive per chi ha lavorato in filiale durante l’emergenza hanno il sapore di un contentino, ma non eliminano l’amarezza per chi si sente, ogni giorno di più, trattato come “carne da macello”.

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

INTESA SANPAOLO. PRESSIONI COMMERCIALI: UNA BOTTA SALUTARE

La sanzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha recentemente colpito Intesa Sanpaolo ed altre importanti banche, ha finalmente costretto le aziende investite dal provvedimento a ripensare le proprie modalità di condotta.

Intesa Sanpaolo ha diramato, per prima, una comunicazione in cui intima ai propri responsabili commerciali, ad ogni livello, di attenersi  rigidamente a quanto previsto dai protocolli e dal modello di offerta. In particolare VIETA le richieste di rendicontazione dei dati di vendita ai colleghi di rete (che si configurano come pressioni improprie) e le iniziative commerciali autonome (affidate cioè alla fantasiosa “creatività” di chi vuole brillare…).

In particolare viene posta l’attenzione sulla tutela, ma il discorso investe in generale il modo di proporre i prodotti e servire i clienti.

E’ un primo passo importante per iniziare a cambiare e tornare a ipotesi più ragionevoli, in termini di budget e di modello di banca. Tanto più importante in una fase in cui il “ritorno alla normalità” si configura come un ritorno al passato, da parte di chi non ha ancora capito…

I colleghi devono tenere sempre a mente che la lettera dell’azienda rappresenta anche una sorta di manleva a suo discarico: se qualcuno d’ora in avanti, per mettersi in vista, adotta comportamenti non in linea o troppo disinvolti, non sarà più difeso dalla benevola e paternalistica tolleranza dei vertici… A buon intenditor, poche parole!

LEGGI IL VOLANTINO ALLEGATO (altro…)

Salute pubblica e polizze private. ISP: predatori si nasce….

L’esplodere del Covid-19 ha messo a durissima prova i sistemi sanitari nazionali, che hanno reagito in base alle dotazioni tecnologiche e al “capitale umano” disponibile. 

Il sistema italiano proviene da una decennio di tagli forsennati agli organici, ai posti letto, alle terapie intensive, alle strutture sanitarie territoriali.
Nonostante questo, il sistema pubblico ha dato buona prova, grazie all’innegabile spirito di sacrificio ed all’alto senso del dovere dei suoi operatori.
Al contrario la sanità privata ha contribuito ben poco a risolvere i problemi, mentre i lavoratori del settore hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane. Tuttavia le ragioni del business portano a negare l’evidenza e continuano a premere per uno spostamento del focus verso la sanità privata ed i suoi corposi interessi.
E’ una logica predatoria che vede banche e assicurazioni in prima linea e la sanità come terreno di caccia.
Nel volantino allegato ritorniamo sul tema dell’ossessione della prima banca italiana per le polizze del ramo danni ed in particolare per le polizze sanitarie.

 

PREDATORI SI NASCE……..
Per la maggior parte del Paese la fase 2 sta ponendo l’attenzione al ritorno alla vita sociale di tutti noi, richiamandoci al rispetto delle regole del distanziamento sociale, all’uso delle mascherine e guanti ed all’applicazione di ogni precauzione possa evitare una nuova ondata del contagio. Si sta cercando, insomma, di non collassare nuovamente le nostre terapie intensive già messe a dura prova durante la fase 1.
Mentre tutto ciò accade vi è chi studia e pianifica alleanze e fusioni strategiche per lucrare in questi momenti di enormi difficoltà, destinando ingenti risorse finanziarie in settori tipicamente pubblici come la sanità, sotto gli occhi di una classe politica incapace o peggio ancora collusa e corrotta da un capitalismo cinico e malato.
Dopo il fallimento del progetto ISP casa, è di questi giorni la notizia dell’acquisizione del controllo societario della RBM Assicurazione Salute da parte di Intesa Sanpaolo Vita che con la creazione di Intesa Sanpaolo RBM Salute entro il 2029 ne diventerà unico proprietario. L’operazione è ritenuta strategica in quanto RBM è la prima compagnia assicurativa nel ramo malattia con 577 milioni di premi ed una quota di mercato del 18% ed assicurerà al Gruppo Intesa il raggiungimento di quegli obiettivi di raccolta premi dichiarati nel piano di impresa, ma che finora erano bel lontani dal concretizzarsi nella rete di filiali.
Ciò che preoccupa ed invita ad una profonda riflessione sono le dichiarazioni del CEO Messina “Puntiamo alla leadership nel settore della sanità integrativa, proprio nel momento in cui gli italiani hanno capito il bisogno di una assicurazione sanitaria personalizzata ed efficiente”; e del CEO di Intesa Sanpaolo RBM Salute Vecchietti “Credo che l’emergenza causata da questo virus abbia fatto riflettere profondamente i cittadini sull’importanza, nell’adottare gli stili di vita “new normal”, di investire maggiormente sulla protezione della salute. Avendo magari a disposizione strumenti non alternativi alle cure SSN ma aggiuntivi, da utilizzare nella logica, che è propria di un sistema sanitario universalistico, di integrazione al pilastro sanitario pubblico di base.”
Prescindendo dalle vere motivazioni che hanno spinto il top management di Intesa, più vicino alle logiche di profitto sempre e comunque, piuttosto che alla reale creazione di un’integrazione al pilastro sanitario pubblico di base, viene spontaneo dissentire dalle dichiarazioni rese dai CEO, in quanto è opinione diffusa invece che il nostro Servizio Sanitario Nazionale abbia retto bene all’urto di questa pandemia storica nonostante negli ultimi 20 anni sia stato martoriato da tagli dissennati al personale ed alle risorse finanziarie (soprattutto quelle dedicate alla ricerca scientifica) e veri e propri trasferimenti di denaro pubblico a favore di strutture sanitarie private. Il tutto condito con corpose detrazioni fiscali, utilizzate anche nei contratti sindacali di primo e secondo livello, che hanno sostituito gli aumenti salariali con il “welfare aziendale”.
E’ proprio questo il momento di una mobilitazione generale che rivendichi una sanità pubblica che destini capitali pubblici in nuovi ospedali, nuove apparecchiature e nuove assunzioni di medici e personale sanitario. Riducendo drasticamente il ruolo della sanità privata, che nella tragedia delle RSA ha mostrato l’inadeguatezza del proprio management, esibito il suo plateale fallimento e decretato (auspicabilmente) il suo inesorabile declino.

 

C.U.B- S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

 

Intesa Sanpaolo. Aggiornamento fase 2 covid

(comunicato del 28 maggio)

Ieri Intesa Sanpaolo ha comunicato ai sindacati firmatari le ultime decisioni aziendali sulla fase 2 Covid, in particolare con il passaggio delle filiali grandi alle stesse modalità di presenza di lavoratori in filiale di quelle medie (75% dell’organico), a partire dal 1 giugno.

Di seguito potete leggere la nostra ultima comunicazione pec al Ceo e alle funzioni di Tutela Aziendale.

 

Buongiorno,

l’avvicinarsi della stagione calda ci induce a ritornare su questioni già sollevate e che non sono state prese in considerazione.

E’ necessario accelerare le procedure di avvio degli impianti di aria condizionata, svolgendo le necessarie attività di cambio dei filtri e di manutenzione degli impianti.

Nello stesso tempo, proprio per l’aumento delle temperature, ci viene segnalato nelle filiali l’impraticabilità dell’utilizzo contemporaneo di mascherine e visiere. Molti lamentano il caldo e la difficoltà a respirare dovendo avere relazioni continuative con i clienti, sia allo sportello sia al telefono.

Torniamo a richiedere con forza i divisori in plexiglass, già installati in numerose altre banche, che sono anche garanzia del mantenimento delle distanze previste.

Desta più di una perplessità la previsione di uso delle mascherine FFP2 per cinque giorni. Oltretutto si pone il problema della loro custodia a fine giornata. Meglio sarebbe consentire la possibilità di scegliere di tornare all’uso giornaliero delle mascherine chirurgiche.

Continuiamo a considerare gravemente inadeguato il livello delle pulizie nei locali aziendali.

Nel corso degli anni i capitolati degli appalti sono stati proposti con l’ottica di un crescente risparmio e di una pesante riduzione delle prestazioni.

Filiali ed uffici sono sporchi ed è ipocrita e fastidioso chiedere ai responsabili di segnalare eventuali criticità, come se le colpe dei disservizi fossero degli addetti alle pulizie (le cui ore lavorative sono state oggetto di continui tagli) e non nelle scelte al risparmio fatte negli anni.

Chiediamo un segnale chiaro di attenzione aumentando i servizi di pulizia per ritornare a livelli decenti di pulizia dei locali, in epoca di coronavirus ed anche dopo.

Riteniamo anche che, fin quando saranno in vigore le norme sul distanziamento sociale, debba essere mantenuto il sistema degli appuntamenti anche per le casse e potenziato il servizio di steward per evitare assembramenti all’interno ed all’esterno delle filiali, che restano uno dei rischi maggiori per la rete.

Contrastare l’affollamento dentro e fuori le filiali rimane un risultato prioritario da perseguire per la salute di lavoratori e clienti.

Invitiamo l’azienda a dare piena applicazione a quanto previsto dal DPCM 18 maggio, anche per quel che riguarda lo smart working, evitando il più possibile i trasferimenti casa-lavoro e l’utilizzo dei mezzi pubblici.

Distinti saluti

Segreteria Nazionale Cub Sallca