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ACCORDO UBI: COSA C’E’ SOTTO L’ALBERO DI NATALE?

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Commentare un accordo, come quello firmato dalle OO.SS riguardo al nuovo piano industriale 2017/2020, necessita inevitabilmente di alcune premesse perché un patto o un contratto è buono o cattivo solo relativamente al contesto in cui nasce.
Per una banca sull’orlo del fallimento, come potrebbe essere il caso di MPS, Popolare di Vicenza e Carige, solo per citare le più significative, mantenere le posizioni  o anche lasciare sul terreno dello scontro qualche vittima sacrificale può ritenersi  una vittoria.

Ma non è il caso di UBI, che sforna utili, distribuisce dividendi, viene elogiata all’unisono dal mercato ed ha amministratori che non perdono occasione ad ogni trimestrale per mostrare quanto è  bella e brava la loro azienda.
Ubi  viene considerata da tutto l’establishment economico/finanziario come una delle banche più solide, sane e redditizie del panorama generale, vincitrice del titolo  ‘’banca dell’anno’’ del Financial Time nel 2014, e che si è aggiudicata il certificato di banca ‘’top employers’’ nel 2015 per la gestione del personale. La BCE individua in UBI l’istituto in grado di rilevare le good bank proprio grazie alla sua solidità patrimoniale ed alla capacità di generare redditività.

Magari la realtà non è esattamente questa, ma certamente era ipotizzabile di nutrire qualche ambizione in più  al tavolo di trattativa, magari presentando una piattaforma su cui ottenere l’approvazione dei lavoratori ed il sostegno ad eventuali azioni di lotta. Magari, visto che siamo in periodo di grandi innovazioni tecnologiche, si poteva ricominciare a discutere (almeno discutere) di riduzione d’orario a parità di salario.

Invece nulla di tutto ciò: citando il volantino dei sindacati firmatari, vi è stata “una trattativa che – iniziata quasi 5 mesi fa – ha conosciuto momenti di grande difficoltà e di estrema tensione tra le Parti che in più occasioni hanno reso incerto il suo esito”.  In assenza di obiettivi di partenza su cui misurare il risultato finale, dovremo credere sulla parola a chi sedeva al tavolo e sostiene di aver ottenuto il massimo possibile. Insomma, il solito metodo censurabile, oltretutto per una trattativa che è solo una parte di un’operazione più complessa per arrivare ad un contratto aziendale unico.

Proviamo a vedere un po’ meglio com’è andata.

Nella premessa all’accordo troviamo la  solita lamentazione sul ‘’ perdurare di una situazione di mercato difficile e che quindi si rende necessario l’intervento previsto nel piano industriale’’, che prevede, a regime, una perdita di 2750 dipendenti, chiusura di sportelli, tagli sul costo del personale e via cantando.
Per quanto riguarda le spiegazioni,  aspettiamo le assemblee che le OO.SS dovrebbero indire a breve, sperando che almeno questa volta possano partecipare tutti i lavoratori e non solo quelli nei grandi centri urbani o nelle sedi centrali!!

I più temerari potrebbero avventurarsi nella lettura sempre criptica del testo, ma in sostanza  possiamo affermare che, per chi andrà in esodo, vi sarà una minore copertura economica  rispetto all’accordo sugli esodi precedenti, con l’assegno che passa dall’85 all’80% dell’ultima retribuzione: tanto la voglia di fuga, presente in categoria, non verrà meno per questa sforbiciata.
Sono previste uscite per 600 dipendenti in questa prima fase e altri 700 a partire dal 2018 con un impegno ad assumere 200 risorse entro tale data  (dovranno essere 1100 le nuove assunzioni da qui al 2020 …ce la faranno i nostri eroi??) e la stabilizzazione (col job’s act si fa per dire…) di 96 .

Confermate le giornate di cassa integrazione volontaria . ..ehm scusate le giornate di solidarietà pagate al 40% per un totale di almeno 130.000 giornate (anche in questo caso non dubitiamo del successo dell’iniziativa). Viene proclamato  di nuovo un generico impegno a ridurre le spese amministrative e di consulenza, nulla di quantificato e quindi nulla di più aleatorio.

Da sottolineare la mancanza ormai cronica di personale e lo stato di emergenza generale che vivono moltissime filiali, con colleghi costretti a prestare soccorso sistematicamente ad altre unità per poter aprire la cassa: situazioni all’ordine del giorno, che imporrebbero non una dichiarazione di esuberi ma, al contrario, la necessità di assunzioni ben oltre lo stato attuale degli organici.
Stride, quindi, la conferma della stretta sugli straordinari, che, per decreto divino, nel 2017 non potranno essere autorizzati oltre il limite predefinito per il 2016: questo non significa che non ci sarà un maggior numero di ore di straordinario, ma che non verrà compensato nulla oltre tale limite e ci sarà lavoro regalato all’azienda! Naturalmente nessun alibi per nessuno sul raggiungimento del budget, sia chiaro!!!

E’ stata unificata una parte dell’integrativo per tutti i dipendenti delle 7 banche, di fatto prendendo come riferimento il migliore e livellandolo verso il basso, per cui alcuni dipendenti riceveranno qualche briciola, mentre altri perderanno qualcosa: ognuno dovrà leggersi l’accordo e, in base alla banca di provenienza, capire se avranno vantaggi o meno riguardo buoni pasto, mobilità, rimborsi chilometrici, indennità di rischio, indennità di sostituzione, indennità di turno, contributo monoreddito, borse di studio, TFR.

Forti malumori sono già stati registrati per l’accettazione della norma che prevede, per i nuovi mutui, un ottimo tasso parametrato all’euribor (con un minimo dello 010%), che però non si potrà estendere a coloro che il mutuo lo hanno già in essere. Una discriminazione inaccettabile, che penalizza fortemente chi attualmente paga l’1,50%!!! A parziale compensazione si è stabilita la possibilità di optare per un tasso fisso legato all’eurirs + uno spread di 0,50.

Sono stati confermati i contenuti dell’accordo  del 14 agosto 2007 relativo alle garanzie di UBISS.

In definitiva un accordo interlocutorio che  mantiene aperte numerose incognite.
Considerando le premesse iniziali del commento e  la valutazione che abbiamo dato nel nostro precedente volantino, il nostro giudizio è di insoddisfazione nel metodo e nel merito, Si conferma, ancora una volta, la necessità impellente di un sindacato diverso, conflittuale, e della ripresa del protagonismo e della partecipazione dei lavoratori se non vogliamo continuare ad arretrare.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. UBI Banca

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cicl in p 5-1-2017

 

 

UBI: NUOVO IL PIANO INDUSTRIALE…VECCHIE LE RICETTE

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Eccoci a commentare il nuovo piano industriale 2017/2020 che di nuovo, a parte il nome,  sembra abbia davvero ben poco.
Gli annunci sono roboanti, le prospettive del gruppo per il CEO Victor Massiah sono quelle da ‘’milleeunanotte’’,  dispensate senza tentennamenti o incertezze.

Di seguito, una breve carrellata degli ambiziosi obiettivi degni di un braveheart del credito:

-utili a 870 milioni nel 2020 (7 volte quelli registrati a dicembre 2015).
-indice Rote oltre il 10%
-maggior copertura sui crediti fino al 60%.
-dividendi distribuiti fino al 40% dell’utile (payout)
-indici patrimoniali in costante miglioramento…e via cantando.

L’ottimismo e’ insomma alla stelle, ma come raggiungeremo questi traguardi in un contesto cosi’ negativo? Rimarra’ in mano ai soliti noti il famigerato cerino o questa volta cambiera’ davvero la musica?
Dispiace constatarlo ancora una volta, ma le ricette sono le stesse di sempre: tagli, chiusure e maggiore flessibilita’.

Vengono annunciati circa 2750 esuberi e solo questo dato dovrebbe irritarci non poco visto che, a causa della scarsita’ di organici, soprattutto nel periodo estivo, molte filiali faticano ad aprire!! A parziale compensazione vengono promesse 1100 nuove assunzioni in 3 anni.
Da sottolineare comunque il dato che il gruppo UBI al 2020 perdera’ circa 4500 dipendenti (24% della forza lavoro) rispetto al 2007 anno della sua nascita!!

Confermata la chiusura di altri 280 filiali, si passera’ quindi dagli iniziali 1922 ai 1250 sportelli (-35%).
I soliti gufi si lamentano perche’ manca personale e cassieri nei punti operativi? Eccoti la soluzione: si realizzeranno 350 filiali cashless  (senza cassiere, anche se sarebbe piu’ corretto tradurre senza contanti).

Macchine vs. uomini, la sfida del futuro…si ipotizza saranno 4 su 10 le filiali interessate alla trasformazione.

Con abile mossa di marketing, per evitare che la clientela si senta lontana ‘’affettivamente’’  e non si riconosca in questo nuovo  ‘’bancone’’, rimarranno tutte le vecchie insegne e marchi delle banche rete fuse nella holding.
Sara’ solo un illusione ottica mentre in realta’ verranno create 5 macro aree che rispecchieranno la presenza storica dei vecchi istituti nei territori di riferimento.
Avremo quindi per il Nord Ovest la BRE, per Milano la BPCI, per Bergamo la BPB, per Brescia il BBS e BVC e per il centro sud Carime e BPA.

Come gia’ successo in passato questi piani industriali cosi ambiziosi  si sono dimostrati dei gran bei castelli di sabbia, pronti a crollare alla prima ondata imprevista, piani a cui non crede piu’ nessuno e forse nemmeno chi li redige.

Lo scenario attuale e le previsioni degli stessi esperti (o almeno così ce li presentano) ci dicono che potremmo vivere ancora per lungo tempo questa fase di tassi ai minimi storici e  cio’  non permettera’  agli istituti di credito grossi margini di guadagno in quella che dovrebbe essere la principale fonte di redditivita’ della banca e cioe’ quella della intermediazione bancaria.
Si  spingera’ quindi ancora di piu’ sulla vendita di prodotti maggiormente  remunerativi,  non sempre nell’interesse del cliente, accompagnati da sempre maggiori pressioni commerciali.

Siamo seriamente preoccupati quando lo stesso amministratore delegato asserisce che nei nostri confronti ‘’sara’ indispensabile un aumento di flessibilita’ e un rafforzamento della quota di retribuzione variabile’’.

Per noi la strada da seguire e’ un’altra, la banca deve tornare ad essere vicina ai reali bisogni dei clienti e non continuare col consueto modello commerciale aggressivo che tanti danni ha prodotto anche nel recente passato.
Il salario deve essere contrattato perche’ quello variabile si accompagna a politiche di vendita poco etiche, in cui il cliente fa la parte  di un limone da spremere e riduce i colleghi a ruolo di meri piazzisti, con sempre meno professionalita’ e sempre maggiore spregiudicatezza.

Forse sarebbe meglio crescere un po’ meno, ma su basi più solide e utili per tutti.

TRA I DUE LITIGANTI (BRESCIA e BERGAMO) IL TERZO GODE (FONDI)

ubi-bresciani-per-storia-e-per-tradizioneEcco l’inevitabile effetto della trasformazione delle popolari in spa voluta dal governo con un decreto varato in fretta e furia e prontamente recepito da UBI Banca: siamo nelle  mani dei fondi comuni.

Certo che, se Bergamo e Brescia avessero messo da parte antichi rancori e avessero unito le forze (al di là della lista comune presentata in assemblea),  probabilmente la lista di Assogestioni non avrebbe raccolto il 51% dei consensi, ma ormai è tardi per piangere sul latte versato, anche se qualcuno a Bergamo sta gia’ pensando di rafforzare il patto dei soci per cercare di pesare di più e arrivare almeno al 5% (oggi vale il 3%).

Che la cosa debba preoccuparci o meno rispetto alla gestione precedente, quando sulle ‘’cadreghe’’ della stanza dei bottoni sedevano le ricche famiglie di Bergamo e Brescia, lo vedremo a breve, visto che a giugno sarà pronto il nuovo piano industriale e per fine anno è prevista la nascita della banca unica che farà definitivamente sparire ogni campanile che, da sempre, ha rappresentato valori, tradizioni ma soprattutto poteri locali che dal 02/04/2016, data dell’assemblea per il rinnovo del CDS, sono stati soverchiati dai vari Blackrock e Silchester di turno che, da soli, ora detengono il 10% del capitale azionario.

La presenza ingombrante dei fondi comuni nel capitale non sarà comunque ribaltata automaticamente nel nuovo  CDS, in quanto solo 3 dei 15 consiglieri ne sono espressione diretta.

I vertici di UBI sono stati confermati, Moltrasio rimane il presidente e serafico afferma:  ‘’una quasi sconfitta che fa piacere’’ e che dimostra  la bontà della gestione precedente. Il fondo rimane sullo sfondo…ma la presenza e’ inquietante.

Ma cosa cambierà per noi lavoratori di questa azienda in questo nuovo contesto ?

Quali nuove strategie per vincere la sfida del mercato  verranno ora attuate? Che influenza avranno ora questi fondi sulle decisioni di governance visto che ora i ‘’padroni’’ del capitale non sono più i nostri  ricchissimi compaesani, ma qualche inafferrabile ed evanescente realtà rappresentata da circa 750 fondi?

Da tempo l’economia capitalista ha visto cambiare gli assetti proprietari, sempre più è gestita e controllata dal potere finanziario, che si esprime con nomi altisonanti come fondi sovrani, hedge funds, fondi comuni, sicav, ecc.. Questi organismi, spesso opachi nella loro attività, detengono  grandissimi pacchetti azionari, sono presenti nelle più grandi aziende multinazionali del mondo e possono decidere le sorti di una società o dell’economia di uno stato semplicemente spostando i loro asset con un semplice click. Basti pensare che solo Blackrock è presente in vari settori per circa 4500 mld di dollari (il doppio del nostro debito pubblico).

Difficilmente costoro presteranno particolare attenzione per il territorio specifico cui appartenevano le banche o al benessere del personale (ammesso che prima lo si facesse) come ai tempi di Ubi ‘’popolare’’, se non sarà più che conveniente dal punto di vista economico, ma del resto questo è il mercato bellezza.

Insomma, dal modello paternalistico/clientelare rischiamo di passare direttamente al modello più spregiudicato di stampo anglosassone. Non pensiamo che per superare un modello sbagliato si debba passare ad uno ancora peggiore.

Questa vicenda deve indurre a riflettere su qual’è il modello di banca più utile per i cittadini e per il paese e la riflessione deve partire dall’alto, ma coinvolge anche noi lavoratori quando, in veste di  “consulenti’’, proponiamo determinati prodotti.

I nodi irrisolti del sistema bancario italiano stanno venendo al pettine e le nostre idee su modello di banca e ruolo dei bancari sono sicuramente ben diverse da quelle di questi banchieri, ma anche da quello che hanno in testa i sindacati firmatari” che vorrebbero trasformarci tutti in una sorta di tuttologi, da commercialisti a fiscalisti a immobiliaristi e magari, un domani, perché no, anche agenti matrimoniali,,… vista la crisi di promesse nuziali  di questi ultimi anni.

UBI BANCA – SE ME LO DICEVI PRIMA !

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    Volantino

Situazioni al limite del paradosso in UBI Sistemi e Servizi. In una cornice di grave inasprimento generale delle politiche sociali e del lavoro e in concomitanza a delicate trattative sindacali, si consumano piccoli abusi giocati sul filo meschino delle parole dette e non dette, a scapito della buona fede e dello spirito di servizio che sempre hanno animato la stragrande maggioranza dei dipendenti di questa azienda.
Orbene, quando la Direzione Risorse Umane di UBI.S invia la convocazione relativa ad un corso di formazione da tenersi nelle consuete sedi usa queste parole testuali (corsivo e grassetto nostri): “è richiesta la Sua partecipazione all’intervento formativo previsto per il giorno XX mese YY p.v. dalle ore 08:45 alle 17:00 presso le aule pinco pallino … (omissis).
Ricordiamo che è obbligo del lavoratore partecipare ad un corso di formazione organizzato dal datore di lavoro: pertanto, è necessario avvisare la scrivente Direzione nel caso in cui siate impossibilitati a presenziare alla sessione indicata, per riprogrammare la partecipazione ad una sessione successiva – se disponibile“.
MA se il collega quel giorno è in riduzione di orario per solidarietà programmata stia ben attento ad obbedire!
E’ vero, i termini sono chiari e perentori: obbligo del lavoratore a partecipare ad un corso di formazione organizzato dal datore di lavoro dalle ore 08:45 alle 17:00.
Inoltre l’allegato n. 1 alla circolare di Gruppo n. 7 dell’8 gennaio 2014 prevede che la cancellazione delle giornate e delle ore di riduzione dell’attività lavorativa accordate “è ammessa nei soli casi di concomitanza con altra motivazione di assenza ritenuta prevalente, ed è riservata alle competenti strutture di Risorse Umane, a cui gli interessati (e/o i relativi Responsabili) dovranno rivolgere istanza ai fini della relativa valutazione e dell’eventuale sostituzione del giustificativo in procedura presenze/assenze”.
Il buon senso imporrebbe che l’obbligo di partecipare ad un corso organizzato dal datore di lavoro per l’intera giornata debba essere ritenuto ragionevolmente altra motivazione di assenza prevalente (dal proprio posto abituale di lavoro), e visto che la cancellazione della riduzione d’orario è in capo alle strutture di Risorse Umane, le stesse che hanno inviato la convocazione (perché il corso non è certo dovuto ad una iniziativa del dipendente), dovrebbe essere altrettanto ragionevole l’automatismo della cancellazione senza stimolo alcuno da parte del lavoratore.
Ebbene … NON E’ COSI’!
Interpellata a corso completato integralmente al fine di vedersi riconosciuta l’intera giornata di lavoro, questa è stata l’ineffabile replica di UBI.S Sviluppo Risorse (i grassetti sono nostri):

la cancellazione della riduzione orario è ammessa nei soli casi di concomitanza con altra motivazione di assenza ritenuta prevalente dalla nostra Direzione, non per una presenza non prevista. Pertanto, non è possibile procedere alla cancellazione. Come per i colleghi part time, Lei avrebbe potuto decidere di uscire prima della conclusione del corso, se nel dubbio ci avesse contattato prima avremmo potuto confermarLe quanto indicato in normativa.

In somma, la partecipazione negli orari indicati ad un corso OBBLIGATORIO, richiesto espressamente dalla Direzione Risorse Umane è ritenuta dalla stessa “PRESENZA NON PREVISTA”! E, ciliegina sulla torta, in barba a quanto disposto si è liberi di andarsene a metà giornata se si è part-time o in riduzione di orario.
A parte il fatto che in UBI.S si fa proprio fatica a trovare colleghi a tempo parziale che vengano convocati per corsi di formazione, ma, scusate … che razza di corsi organizza UBI, che si possono lasciare a metà? … Come uscire dal cinema alla fine del primo tempo: cioè capire poco o niente del film.
Ora giudicate VOI se non è una interpretazione della norma illogica, contraddittoria, che sminuisce l’importanza dei corsi di formazione riducendoli a poco più che una perdita di tempo, ad una incombenza senza capo né coda e, cosa ancor più grave, mina il rapporto di fiducia tra azienda e lavoratori, il tutto … per non pagare un pomeriggio?
Potrebbero almeno avvisare all’atto della convocazione invece di obbligare ad una cosa e pretenderne un’altra, approfittandosi dello spirito di abnegazione dei dipendenti e cavandosela con un “se me lo dicevi prima”, che fa tanto presa in giro quanto la canzone omonima di Jannacci.
Stentiamo a credere ad una tale caduta di stile da parte dell’Azienda, ma questi sono i fatti.
PASSATE PAROLA ai colleghi affinché sappiano e possano comportarsi di conseguenza …

UBI BANCA – OTTIME LE IDEE, PESSIMI I MODI

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Volantino

Volantino

Continuano ad arrivarci segnalazioni da parte di colleghi che vengono giornalmente e ossessivamente pungolati sulla questione Migrazione firme su tablet. Queste continue pressioni ansiogene, seppur volte a rendere concrete ottime iniziative che presentano positivi risvolti in tema di preservazione dell’ambiente, rischiano di configurarsi come eventi critici in materia di Stress Lavoro Correlato e minano il clima aziendale all’interno del quale il collega deve poter operare per ottemperare ai propri compiti. Tali compiti, per ciò che riguarda la firma su tablet, sono puntualmente indicati nella Circolare di Gruppo n. 295 del 27 maggio 2014 che qui brevemente riportiamo (sottolineature nostre):

“L’operatore di sportello ha il compito di proporre in via prioritaria al cliente l’adesione al contratto di Firma su Tablet qualora questi non abbia ancora aderito.
Ogni qualvolta il cliente, già firmatario dell’adesione, richiede di eseguire in filiale un’operazione di sportello, la firma su tablet gli deve essere proposta come default.
La Firma su Tablet deve poi anche essere proposta di default durante la fase di acquisizione di nuovi clienti e/o apertura di nuovi rapporti (di clienti non già aderenti): il gestore commerciale di relazione, qualora il Cliente accetti di aderire al servizio, in fase di censimento dovrà quindi raccogliere, fra le altre sottoscrizioni, anche l’adesione del Cliente al servizio Firma su Tablet”.

Come si può chiaramente evincere si parla SEMPRE di PROPOSTE al Cliente che non può evidentemente essere COSTRETTO ad aderire al servizio. La Circolare prevede inoltre che:

“Per supportare ciascuna filiale nel monitoraggio quotidiano dell’iniziativa, nella piattaforma InAction è stato predisposto un report dedicato alla Firma su Tablet con evidenza, giorno per giorno, dell’andamento della migrazione alla nuova operatività.”

Dovrebbe essere chiaro che è il monitoraggio ad essere quotidiano, non le esortazioni ad aumentare la performance, coadiuvate per di più da graduatorie comparative con altre filiali.

A questo proposito vogliamo ricordare alle Direzioni Territoriali particolarmente zelanti che esiste un Protocollo sul ‘Clima’ firmato in data 26/11/2010 dall’Azienda a seguito di incontri sindacali che hanno visto anche la partecipazione del Vertice del Gruppo UBI. In tale protocollo è esplicitamente fatto divieto di ricorrere alla divulgazione di graduatorie comparative nominative e tra filiali/unità operative. Eccone uno stralcio:

Rilevazione dei dati
La rilevazione dei dati e dei risultati commerciali sarà effettuata esclusivamente sulla base di standard predisposti ed approvati a livello centrale, evitando il ricorso a strumenti e modalità approntati ad hoc e non validati dalle preposte strutture, così come la divulgazione di graduatorie comparative nominative e tra filiali/unità operative ed evitando la compilazione manuale di report contenenti dati comunque reperibili all’interno del sistema informativo.

Si invita pertanto l’Azienda a voler intervenire con decisione al riguardo, in modo da riportare sotto controllo situazioni che, sommate al consueto livello di pressione e stress che si patisce in filiale, potrebbero raggiungere un alto livello di criticità, con spiacevoli ricadute sulla salute e l’equilibrio emotivo dei lavoratori ed inevitabili conseguenze a danno dei colleghi e dell’Azienda stessa.

C.U.B. – S.A.L.L.C.A. Gruppo UBI Banca

UBI BANCA – TA CECET E TA LOECET*

Volantino

Volantino

*Versione bergamasca del chiagn’ e fott’.

UBI Banca ha chiuso i primi nove mesi del 2014 con un utile netto di 149,8 milioni in aumento del 47% rispetto allo stesso periodo del 2013 (101,9 milioni). I proventi operativi sono saliti del 2,9% (oltre 71 milioni), grazie all’evoluzione dei ricavi core, vale a dire del margine di interesse (+6,6%, 84,9 milioni) e delle commissioni nette (+2,3%, 20,1 milioni).

Per quanto riguarda il contributo significativo del margine di interesse, esso è in gran parte dovuto alla buona evoluzione dei risultati dell’attività di intermediazione con la clientela, saliti di 45,6 milioni, a seguito dell’ulteriore miglioramento della forbice dei tassi, allargatasi di circa 20 punti base principalmente per effetto del significativo decremento del costo della raccolta.

Risulta leggermente inferiore il risultato della finanza (-18 milioni) per effetto del conseguimento, nel terzo trimestre del 2014, di risultati più fisiologici (-13,9 milioni) rispetto all’andamento straordinario rilevato nei trimestri precedenti, in gran parte legato al progressivo realizzo degli investimenti in titoli governativi effettuati durante la crisi finanziaria.

In calo del 2,5% (circa 41 milioni) gli oneri operativi, per un rapporto cost/income sceso al 61,1%. Il passaggio di crediti in bonis a crediti deteriorati è diminuito del -37,2%.

Al 30 settembre l’esposizione del Gruppo verso la BCE consiste in un ammontare di 12 miliardi di euro di LTRO, di cui 4 miliardi rimborsati tra inizio ottobre (1 miliardo) e il mese di novembre (3 miliardi).

Il Gruppo stima di aderire al TLTRO con circa 3 miliardi a dicembre 2014.

Insomma i provvedimenti di Draghi (diminuzione del tasso di sconto, LTRO e TLTRO) continuano a far bene alle banche ma a non farlo all’economia reale (date uno sguardo alle trimestrali del resto del settore).

Pur perdurando nel Paese una grave situazione (per la quale si esige una risposta politica coraggiosa in barba ai diktat europei), di fronte a risultati del genere diventa difficile assumere la diminuzione della redditività a giustificazione dei nuovi tagli al personale previsti per il Gruppo (1277 esuberi pari a 90 milioni di euro).

Così come la diminuzione dell’attività di sportello, l’incremento dell’utilizzo dei canali diretti e la chiusura degli sportelli (55 filiali, 59 minisportelli e 54 riqualificazioni da filiale a minisportello), sembrano più un riposizionamento strategico in vista di futuri e spintanei sviluppi che la risposta ad esigenze contingenti. Tanto che alcuni territori stanno promuovendo iniziative per evitare di perdere lo sportello bancario ed i servizi di pubblica utilità che, nolente, esso eroga.

E’ abbastanza chiaro come sull’onda della crisi si cerchi di aumentare il più possibile il saggio di profitto e da che mondo è mondo, laddove glielo si lasci fare, ciò viene attuato sulle spalle dei lavoratori.

La partita, come d’altra parte sul piano nazionale, prevede che ogni arretramento temporaneo diventi poi strutturale, così come le promesse di decine di migliaia di posti di lavoro ed il rientro di attività nel perimetro dell’area contrattuale si sono poi rivelate aria fritta: teniamolo bene a mente, colleghi.

Ora sta a noi decidere se c’è grasso che cola dalle nostre buste paga e contrattare l’ennesimo arretramento. Ora che i rendimenti dei fondi pensione sono tassati quasi il doppio (Legge di stabilità), ora che la pensione stessa è sempre più lontana (Riforma Fornero), ora che si rischia di finire (chi è nel Consorzio) nella “serie B” del contratto complementare (iniziativa ABI), ora che su proposta sindacale (sic!) si rischia il “Consorzione” o sulla falsa riga dei gruppi più grandi magari l’esternalizzazione. E allora sì: tanti saluti al contratto del credito, alla possibilità di scivolare  in pensione fino a 5 anni prima e benvenuti a cassa integrazione e licenziamenti …

I cambiamenti si vedono dalle piccole cose:

L’avete notata la casellina in testa al nuovo cedolino? Quella con scritto CCNL applicato? Forse non è più così scontato che lì ci sarà sempre scritto “Credito”.

 

C.U.B. – S.A.L.L.C.A. Gruppo UBI Banca

UBI BANCA – BILANCIO 2013: QUALI PROSPETTIVE?

Per UBI ennesima chiusura di bilancio confortata dalle dichiarazioni di ottimismo, seppur moderato, dell’AD Massiah. Utile triplicato, cedola a 0,6 centesimi, titolo in crescita: la banca dal passo del “maratoneta”, aspetta a sua detta, l’aggancio della crescita per dar sfogo all’allungo.

A nostro avviso si tratta di un ottimismo di maniera ad uso e consumo della platea: senza entrare troppo nel particolare richiamiamo l’attenzione sul fatto che l’attività di intermediazione, cioè il FARE BANCA, langue e non potrebbe fare altrimenti.

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UBI BANCA – POPOLARE? POTREBBE NON BASTARE

In questo periodo stiamo assistendo, da parte delle sigle del primo e del secondo tavolo, all’uscita di comunicati molto apprensivi a proposito delle proposte di modifiche allo Statuto di UBI Banca ed esortativi riguardo al ruolo di “banca popolare”, soprattutto in qualità di erogatore del credito sui “territori”, di cui l’Istituto dovrebbe riappropriarsi.

Abbiamo già avuto modo di esprimerci in proposito, anche a seguito della nostra partecipazione all’ultima Assemblea dei Soci, e seppur convinti assertori del ritorno ad un’anima popolare, crediamo che sia importante ribadire alcuni concetti.     (altro…)

UBI BANCA – VAP 2013: UBI “MANI DI FORBICE”

Anche quest’anno si tira un sospiro di sollievo e c’è da ritenersi tutto sommato soddisfatti: il premio è arrivato! E’ inferiore a quello dell’anno precedente, ma d’altra parte si sa che è compito e responsabilità esclusiva dei lavoratori farsi carico del rischio d’impresa e della pesante ristrutturazione che il settore sta subendo da anni.

Le modalità sono le solite: cash, buoni benzina (non per tutti), “premio sociale” e mix di questi.

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UBI BANCA – CUI PRODEST?

La polemica tra Fisac/CGIL e il resto delle sigle sindacali trattanti (di cui l’asse portante è quello FABI-Fiba/CISL), riguardo le ricadute dell’ultimo accordo di Gruppo, è motivo di una certa produzione di volantini e e-mail ai lavoratori e ci impone di dire la nostra su alcuni argomenti, nell’auspicio che ciò possa dare ai colleghi la più corretta chiave di lettura possibile alla vicenda.

Fisac/CGIL spara a zero sull’ultimo accordo, da lei non firmato, lamentando carenza di organici, straordinari non pagati ed il continuo riversarsi sulle spalle dei lavoratori dei costi di una cattiva gestione aziendale. Il resto delle sigle trattanti si difende dichiarando che i problemi esistenti non sono imputabili a quell’accordo, che c’è la crisi, che il piano aziendale poteva essere imposto ed esorta all’unità sindacale nel trovare soluzioni concrete alle problematiche, senza cadere nella trappola della demagogia, prendendosi inoltre il merito dei risultati, secondo loro, ottenuti dalla trattativa (rinnovi automatici dei part time, l’ampio ricorso alla solidarietà, la scampata disdetta dei Contratti Integrativi Aziendali). (altro…)