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Riteniamo importante ritornare sulla vicenda dell’accordo PVR 2018 in Intesa Sanpaolo ed il collegato piano di incentivazione Lecoip 2.0, per cui è imminente la scadenza della scelta (fino alle ore 14 di venerdì 8 giugno).
Leggendo bene l’accordo ci siamo accorti di un elemento poco evidenziato e quindi poco conosciuto: la possibilità che l’importo anticipato (1.200 euro) debba essere restituito all’azienda, al venir meno delle condizioni di erogazione del PVR.
Nel Lecoip precedente non era prevista alcuna clausola di recupero. Ora invece l’art. 15 dell’accordo recita tra l’altro:
“Nel caso in cui venissero meno le condizioni, anche individuali, per l’erogazione del PVR 2018, ovvero il premio individualmente spettante risultasse di importo inferiore all’anticipo PVR 2018 corrisposto, …l’anticipo percepito o l’eventuale differenza tra il premio individualmente spettante ove inferiore all’anticipo e l’anticipo stesso sarà trattenuto:
– dal PVR 2019 ove individualmente spettante, ovvero dallo stipendio del mese di maggio 2020;
– in caso di adesione al Piano di Investimento LECOIP 2.0 verrà trattenuto in sede di liquidazione del Lecoip Certificate sottoscritto;
– nel caso di indisponibilità/incapienza del Certificate al momento della liquidazione sulle prime competenze utili,….”
Quindi, sia che si scelga il contante, sia che si aderisca al Lecoip, c’è il rischio di vedersi decurtato, in tutto in parte, l’anticipo percepito, nel caso non scattino tutti i “cancelletti” necessari per andare a premio. Ricordiamo anche che, rispetto ai 1.200 euro dell’anticipo, l’unica quota veramente garantita del PVR 2018 è di 240 euro (cioè l’80% dei 300 euro lordi della quota A del premio base).
Ci piacerebbe essere smentiti dai sindacati firmatari e dall’azienda, e ci rendiamo conto che gli accordi su PVR, Lecoip, Sistema Eccellenza Tutela (in totale valgono 185 milioni di euro) sono pilastri nella costruzione del consenso al piano aziendale ed al sistema della “contrattazione”, ma il testo dell’accordo firmato ci sembra inequivocabile. Anche parlare dell’importo destinato al LECOIP 2.0 come premio aggiuntivo, come fa la guida della Fisac-Cgil, è vagamente fuorviante. Infatti è molto chiaro il contenuto rilevabile nella relazione al Consiglio di Amministrazione:
“Lecoip 2.0 Professional Certificate. Ogni componente del Capitale Inizialmente Assegnato è soggetto a trigger che ne possono determinare la riduzione fino all’azzeramento”.
C’è quindi il rischio concreto che molti lavoratori, che percepiscono in genere un PVR dall’importo poco più che simbolico, si trovino questa volta a restituire nel 2020 importi già incassati nel 2018, oppure vedere ridotto il Lecoip percepito nel 2022.
Naturalmente non è nostra intenzione creare timori esagerati: se ci fosse un deterioramento così marcato dei requisiti patrimoniali e dei risultati economici, saremmo in presenza di problemi ben più gravi della eventuale restituzione del premio!
In ogni caso riteniamo fondamentale scegliere avendo un quadro completo delle informazioni disponibili.
A tale proposito ricordiamo che sarà con ogni probabilità di nuovo possibile “finanziare” il Lecoip con un prestito dedicato, da restituire in unica soluzione alla fine del piano, al di fuori del normale plafond concesso ai dipendenti.
Ricordiamo anche, a coloro che volessero modificare una scelta già effettuata in tema di Lecoip, che nella procedura ticket-web è ancora possibile chiedere di cambiare.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Sarà attiva fino alle ore 14,30 dell’8 giugno la procedura per aderire al Lecoip 2.0 legato al piano d’impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo. La prima versione si era chiusa con esito positivo con pagamento del corrispettivo (in contanti o azioni) in data 9 maggio 2018.
La nuova versione del Lecoip introduce alcune novità e mantiene alcuni punti fermi. Sull’Intranet aziendale e nelle varie guide predisposte dai sindacati firmatari è reperibile una copiosa produzione di materiale illustrativo. Per i colleghi delle ex banche venete e Intesa Sanpaolo Casa sono previste norme meno favorevoli. Contattateci per ulteriori chiarimenti in caso di dubbio.
Riteniamo fastidiosa l’enfasi che viene “caricata” su un’iniziativa aziendale unilaterale, che rappresenta un investimento economico rilevante e che sottrae necessariamente risorse ad una contrattazione degli stipendi e dei premi più “tradizionale”. Le risorse, che non ci sono mai quando si tratta di concedere aumenti certi e contrattati, compaiono miracolosamente quando si tratta di implementare piani di incentivazione legati all’andamento di mercato e alla quotazione di un derivato costruito sulle azioni della banca.
Diseducativa è inoltre l’esaltazione dei risparmi fiscali e contributivi possibili con l’adesione al Lecoip: a forza di erodere la base fiscale, è inevitabile che poi vengano tagliati servizi e spesa pubblica destinata a scopi sociali.
Tuttavia non abbiamo possibilità di votare alcunché: si può solo scegliere tra incassare 1.200 euro lordi come anticipo del PVR o PVA 2018 (che diventano quasi per tutti 970 euro netti per la tassazione al 10% ed i contributi previdenziali), oppure aderire al piano e ottenere la stessa cifra in azioni (Free Share) a cui l’azienda aggiungerà altre azioni (le Matching Share) in quantità differenziate per ruolo professionale o seniority. Gli importi dettagliati sono reperibili dalla guida che alleghiamo.
Le differenze rispetto al Lecoip precedente sono tre: la leva sale da 5 a 8, la percentuale di apprezzamento dal 75% al 100%, la quota di “inoptato” viene ripartita tra i colleghi che aderiscono. A differenza della versione precedente, c’è la possibilità che il capitale garantito scenda, in presenza di un deterioramento dei requisiti patrimoniali della banca (ma non verrà intaccato comunque il controvalore di 1.200 euro delle Free Share).
La scelta di aderire al Piano Lecoip ha importanti risvolti fiscali, cui prestare attenzione. In particolare può saltare il “bonus Renzi”, vedersi ridotte le detrazioni, oppure cambiato il parametro Isee. Infatti la banca “neutralizza” le tasse che si pagano in più aderendo al piano, compensandole in busta paga con i ricavi della vendita delle Azioni “sell to cover”, ma restano a carico del lavoratore gli effetti legati all’aumento dell’imponibile (dell’ordine di 3.500-4.000 euro minimo per il 2018). Questo può significare, come detto, vedere sparire il “bonus Renzi”, avere un Isee più alto, perdere parte delle detrazioni.
Ricordiamo anche che basta incappare in un provvedimento disciplinare di sospensione, anche per un solo giorno, nel quadriennio per vedere sfumare tutto il Lecoip.
Per quanto riguarda i colleghi che hanno aderito all’esodo, la convenienza dell’adesione al Lecoip è relativa e differenziata. Tenendo conto che scatta il pro-rata, quindi viene riconosciuto il capitale inizialmente assegnato e la sua rivalutazione in proporzione ai mesi lavorati fino alla cessazione dal servizio, l’indicazione che si può dare è quella di calcolare individualmente l’ipotetico ammontare. In linea di massima ci sentiamo di escludere la convenienza per chi esce con le finestre del 30.12.2018 e 30.06.2019 (almeno per gli importi inferiori, quelli dei gestori base e PAR o equivalenti, ed escludendo apprezzamenti roboanti del titolo, che ci sembrano improbabili). Per le finestre del 31.12.2019 e 30.06.2020 può invece essere moderatamente conveniente aderire (18 o 24 mesi di permanenza, rispetto ai 44 mesi previsti dal piano, rappresentano già una significativa differenza rispetto alla situazione precedente). Naturalmente le cose cambiano per i livelli più alti, cioè coordinatori, direttori e colleghi con seniority più elevate, dove sono in “paIio” multipli ben diversi. Nelle slides aziendali presenti in procedura ci sono casi esemplificativi al riguardo. Se avete dei dubbi, scriveteci.
Con grande commozione ne ricordiamo le doti umane, gli ideali politici e soprattutto la straordinaria militanza sindacale, sempre e ostinatamente dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori.
Per una vita infaticabile costruttore della presenza della Fisac-Cgil nella Comit torinese; poi nella Cub-Sallca per la quale ha lavorato, con la testa e con le mani, finché la salute glielo ha permesso.
Bobo univa umanità, competenze tecniche, capacità organizzative e saldezza di valori. Un grande, insomma.
Siamo orgogliosi di averlo conosciuto e di aver lottato al suo fianco.
Un forte abbraccio a Raffaella ed a tutta la famiglia.
VOTA LE/I CANDIDATE/I DEL SINDACALISMO DI BASE, SOSTIENI LE LISTE CUB-SALLCA
In allegato Volantino A4 e Volantino A3 (con lista candidate/i)
Alla fine del primo mandato dei nostri candidati eletti negli organismi del Fondo Sanitario, ci siamo resi conto che gli organismi stessi sono regolarmente scavalcati dalle “fonti istitutive”: l’azienda decide e i sindacati firmatutto sottostanno al suo volere, replicando il modello degli ultimi accordi “a perdere” (inquadramenti, assunzioni miste, ecc.) senza assemblee e senza democrazia.
Tutti i nodi irrisolti dalla nascita del nuovo Fondo di Gruppo sono rimasti tali.
Il nuovo Fondo era nato nel 2010 con un aumento della contribuzione a carico dei nuovi assunti (tanto chi non c’è non può lamentarsi) e le premesse per peggiorare le prestazioni dei pensionati con le gestioni separate (come è puntualmente accaduto). Nella fretta di fare il colpo di mano sono state piallate le Casse preesistenti (Intesa, Sanpaolo, Cariparo), “dimenticandosi” che la Cassa Intesa, per essere sciolta, necessitava di un referendum, che non è stato mai fatto. Questo ha provocato la reazione degli eletti dei pensionati nel CdA, con cause legali (ora arrivate in Cassazione) finora tutte vinte dai ricorrenti, con il congelamento delle riserve della ex Cassa Intesa per oltre 30 milioni di Euro (lo sapevate?).Solo la nostra eletta nel CdA (insieme al rappresentante dei pensionati) ha votato contro la prosecuzione di una causa insensata.
Quante cose si potrebbero fare con quei fondi?
Perché continuare ad alimentare una contrapposizione insensata tra lavoratori in servizio e pensionati? Gli 8.000 colleghi/e che stanno andando o sono appena andati in esodo/pensione, da che parte dovrebbero stare?
Dobbiamo dire NO alla contrapposizione tra attivi e pensionati.
Diciamo SI all’unità tra le generazioni, contro i voleri e gli interessi aziendali.
Tutti i giovani entrati dopo il 2010 pagano tanto, per avere poco o nulla da anziani, quando ne avranno più bisogno. Le riserve bloccate potrebbero essere utilizzate per riequilibrare le contribuzioni e pensare ad un diverso modello di fondo sanitario. Ad esempio, si potrebbe far rientrare nel rimborso ordinario la quota differita, che costa in termini amministrativi inutili sprechi.
Ci battiamo per un’ampia trasparenza nella comunicazione agli iscritti sull’andamento della gestione del fondo: non sussistono impedimenti per cui si debbano segretare l’iter decisionale e le discussioni all’interno degli organismi, tutti devono poter conoscere e valutare i diversi scenari proposti.
Noi siamo l’unica voce fuori dal coro, espressa con l’elezione diretta dei lavoratori, presente negli organi collegiali!
Per questo vi chiediamo di votare e sostenere le nostre liste, per rompere il monopolio delle fonti istitutive e consentire a tutti gli iscritti di poter partecipare alle decisioni.
Non dimentichiamo di lavorare in aziende dove i sindacalisti “che trattano” non sono MAI stati eletti dall’insieme dei lavoratori (eppure basterebbe applicare la procedura che utilizziamo per votare i rappresentanti del Fondo…). Nessuna occasione, quindi, va persa per esprimere dissenso e volontà di cambiamento. Votando i rappresentanti della CUB-SALLCA si dà voce ad un modello di sindacato basato sull’autorganizzazione dei lavoratori e sul volontariato militante, perché non abbiamo alcuna agibilità o diritto sindacale retribuito dalle aziende.
Il voto non è solo un consenso elettorale, ma costituisce l’indispensabile ossigeno che ci permette di continuare a far sentire la nostra voce e tutelare, per come possiamo, gli interessi del mondo del lavoro. PASSAPAROLA!
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Il 9 maggio arriveranno sui conti dei colleghi i soldi del PVR e del Lecoip (per l’80% dei colleghi che hanno aderito e che non sono incappati in un provvedimento disciplinare di sospensione negli ultimi 4 anni). Nel secondo caso si tratta di cifre importanti (ad es. per 3A4L circa 3.000 euro netti).
Tutto bene quindi? A nostro avviso non è proprio così.
C’era una volta il Vap contrattato: il primo premio unificato di gruppo (biennio 2008-2009) prevedeva 1.940 Euro lordi, ogni anno, per la figura di riferimento del 3A4L. Tutti gli altri ricevevano di conseguenza sulla base della scala retributiva del CCNL.
Da allora il premio è sceso sempre di più (si veda il nostro comunicato del 2012, http://www.sallcacub.org/nuovosito/2012/05/intesa-sanpaolo-vap-2011-meno-di-prima-ed-il-piu-basso-di-sempre-sara-lultimo/ ).
Non riuscendo più a contrattare il Vap, i sindacati, molto firmatari e poco trattanti, hanno pensato bene di metterci insieme il sistema incentivante, con il miraggio di poterlo contrattare. E’ nato così il PVR (Premio Variabile di Risultato): il risultato è un meccanismo cervellotico ed incomprensibile, con il quale la discrezionalità aziendale è ancora aumentata, mentre il premio si è abbassato.
Infine l’azienda ha partorito una trovata geniale per elargire soldi nella forma del Lecoip, un derivato (confezionato da Credit Suisse) che beneficia dei soliti strumenti di aggiramento fiscale, usa l’effetto leva per premiare le figure chiave e “stimola” l’adesione consenziente al piano industriale.
I sindacati firmatari e poco trattanti hanno pensato bene di metterci la propria firma sopra, ma il Lecoip non è un regalo aggiuntivo, bensì un anticipo sui premi annuali.
Il Vap contrattato e per tutti non c’è più, sostituito dal Lecoip (la cui misura è per definizione aleatoria ed a rischio di andare totalmente perso con un solo provvedimento disciplinare di sospensione nei quattro anni) e da un PVR incomprensibile (si veda il nostro comunicato, http://www.sallcacub.org/nuovosito/wp-content/uploads/2018/03/mar-2018-pvr-2017.pdf ).
Con una sorta di gioco delle tre carte l’azienda, con il fattivo contributo dei sindacati firmatutto, è riuscita a pagare meno per quasi tutti e dare cifre cospicue ai pochi prescelti.
I sindacati firmatari dimostrano così che la loro fiducia nei “mercati” supera quella nella loro capacità di contrattare. Un esito disastroso sul piano culturale, ma infelice anche su quello economico, come potrete verificare leggendo l’allegato.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
Con grande indignazione stigmatizziamo il comportamento aziendale di questi giorni grazie al quale UBI ha inequivocabilmente esplicitato alla clientela la reale considerazione che ha di quelle che, con stucchevole retorica, continua a chiamare “ risorse umane”.
Nello specifico UBI ha comunicato, a coloro che si sono visti aumentare considerevolmente alcune voci di costo per i servizi bancari, che tali “ineluttabili“ aumenti sono da addebitarsi al costo del personale che, secondo loro, è notevolmente cresciuto a causa degli aumenti contrattuali riconosciuti per effetto di quell’odioso istituto che si chiama Contratto nazionale… una roba da nostalgici dell’800!!
La Comunicazione inviata alla clientela, oltre ad essere assolutamente sleale e lesiva della dignità dei lavoratori, è oltretutto falsa e tendenziosa, almeno riguardo al merito della questione.
Ricordiamo a tutti che UBI Banca ha in questi ultimi mesi effettuato una serie di acquisizioni bancarie, che hanno portato il gruppo ad aumentare il numero dei suoi dipendenti ad oltre 21.400, dai precedenti 17.500 di fine 2016.
Operazioni che hanno permesso di acquisire ad 1 euro 3 goodbank (Banca Marche, Etruria e Carichieti) depurate dai crediti deteriorati (presi in carico dallo Stato) e di portarsi in dote 600 milioni di euro in crediti d’imposta.
Forse l’aumento della voce costo del personale avrà subito un aumento a causa del maggior numero di dipendenti? O forse la banca, oltre a tutti i benefici ottenuti, credeva di far lavorare gratis questi ultimi che pretendono, dopo essere stati salvati, di essere anche pagati?
Oltre al danno si aggiunge la beffa, perché in questa deplorevole vicenda la verità è che i dipendenti di UBI non hanno beneficiato di nessun aumento contrattuale, se escludiamo la mancetta di 85 euro lordi in 3 anni per effetto appunto dell’ultimo rinnovo contrattuale, pagata dai lavoratori stessi con la diminuzione della base di calcolo del TFR e della previdenza integrativa: in pratica una partita di giro, un anticipo del TFR obbligatorio!!
Quindi, riguardo il costo del lavoro, è difficile parlare di aumento, vista la continua chiusura di sportelli e la costante riduzione di organici, il blocco degli straordinari (che vengono fatti lo stesso, ma non vengono più pagati), le giornate di solidarietà; pur di risparmiare qualche euro, nonostante sia il problema meno grave, perfino sull’agenda e il panettone natalizio hanno tagliato… che tristezza!!
Sarebbe invece interessante commentare gli importi a 6 zeri che qualche mega dirigente percepisce ogni anno e che dovrebbero imporre un minimo di decenza in chi scrive addossando a noi lavoratori la responsabilità dell’aumento dei prezzi.
Non ci stiamo a diventare l’alibi dell’azienda che persiste nella continua spremitura della clientela.
Ci toccherà giustificarci di esistere e di avere un contratto collettivo di lavoro.
Di fronte a tanta protervia rispondiamo compatti a questo attacco infamante per riportare alla luce la verità dei fatti e recuperare la dignità dei colleghi e per ritrovare un clima lavorativo sereno, che ormai abbiamo perso da troppo tempo.
In assenza di una immediata rettifica di quanto comunicato alla clientela interessata, dovremo trovare il modo di informare i correntisti facendo loro notare alcune cose.
Un primo dato: per dare il via libera agli aiuti di stato per salvare Monte Paschi, le norme europee hanno fissato il limite di stipendio all’amministratore delegato a 10 volte lo stipendio medio dei dipendenti. In Ubi, come nella maggior parte delle grandi banche italiane, la retribuzione dell’amministratore delegato supera di oltre 50 volte lo stipendio medio dei bancari!
Aggiungiamo che il gruppo UBI gode di ottima salute, ha appena deliberato la distribuzione di un dividendo di 11 centesimi per azione, strapaga i suoi top manager e consulenti esterni e punta a raggiungere oltre 1 mld di euro di utili a fine 2020 e non avrebbe bisogno di continuare con questa politica di rincaro dei propri servizi, se non per una insaziabile sete di profitto.
Forse è per questi obiettivi che UBI ha aumentato le spese alla clientela senza avere il coraggio di ammetterlo e scaricando su di noi le colpe?
Il vero obiettivo per ogni azienda è produrre utili, ma se ciò deve comportare quanto sopra descritto dovremmo chiederci se non convenga ridurre le pretese di guadagno e smetterla di trattare i propri dipendenti come fastidiosi ingombri e l’utenza come un limone da spremere fino alla buccia.
Il servizio migliorerebbe, i clienti sarebbero più soddisfatti e i lavoratori sarebbero meno stressati con grande beneficio per tutti!!
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Ubi Banca
Newsletter a cura della CUB-SALLCA
Numero 0 – Aprile 2018
Da tempo è presente nel nostro settore la necessità di una riflessione, una discussione e una comunicazione più regolare su temi non solo contingenti. Per questo abbiamo pensato di riprendere la pubblicazione di una storica testata come BANCAROTTA per mettere in circolazione notizie, idee, analisi che coinvolgono il mondo del lavoro, il settore delle banche e della finanza, l’economia, la società. Cercheremo di dire la nostra su come va il mondo, ci occuperemo delle dinamiche europee e italiane, parleremo di economia e di sindacato, di ciò che fa la CUB e di ciò che facciamo noi nel nostro settore.
Ad esempio, in questo numero zero, parliamo delle recenti elezioni, del nuovo accordo interconfederale e del Fondo per l’Occupazione del Credito. Poi di alcuni casi aziendali particolarmente eclatanti. Riteniamo utile anche riportare materiale dei sindacati firmatari, laddove evidenziano situazione di tensione vertenziale, con contenuti condivisibili.
Critiche e suggerimenti sono, come sempre, bene accetti. Buona lettura.
Il Sommario di questo numero:
4 marzo. Un commento al voto, a bocce ferme
L’accordo Confindustria e CGIL-CISL-UIL del 28 febbraio 2018
F.O.C.: un accordo poco conosciuto
Esternalizzazioni: se le conosci, le eviti
Unicredit: chi non accetta l’esodo prepari le valigie
Un impegno “strordinario”
Banche Popolari: la riforma fallita
Promotori: la carneficina
Credito Valtellinese: un piano industriale di corsa e in salita
BPM: castagnato Castagna
Bollettino periodico
a cura della Federazione di Torino della CUB-SALLCA
N.13 – Aprile 2018 – chiuso in redazione il 23-4-2018
A A A Cassieri cercasi
Nonostante l’enfasi sulla progressiva chiusura della casse e sull’inutilità della figura dell’addetto a questa mansione, i fatti hanno la testa dura.
In un contesto di continua, ormai drammatica, carenza di personale, gli addetti che sanno lavorare in cassa e quadrare i bancomat sono diventati merce rara, al punto da essere contesi tra una filiale e l’altra, in alcuni casi costretti a lavorare al mattino in una filiale e al pomeriggio in un’altra.
A parte il fastidio di una situazione grottesca e insostenibile, il primo problema che si pone è quello della sicurezza e della tutela dei valori. E’ indispensabile che, ogni volta che si prendono o ri-prendono in carico dei valori, vi sia la presa delle consegne con verifica e controllo di quanto si prende sotto la propria responsabilità.
Spesso questo determina il blocco dell’operatività e attese della clientela, ma a questo principio NON SI DEVE DEROGARE in alcun modo: non si comincia a servire o operare finchè tutti i valori non sono stati controllati!!
Teniamo conto che sta diventando sempre più frequente il caso di filiali che chiudono il servizio di cassa (per tutto il giorno o per il pomeriggio) per mancanza di personale. Se non si fa carico l’azienda di servire i clienti non si vede perchè dovremmo farlo noi a rischio della nostra sicurezza.
Oltretutto, stante la conclamata carenza di cassieri, appare come l’ennesima beffa la richiesta di disponibilità di risorse da inviare per la “migrazione” delle Casse di Risparmio di Rimini, Cesena e San Miniato.
Viene da ridere a leggere nel manuale “Missione e principali attività dell’assistente alla clientela” che lo stesso deve “contribuire alla vendita” e “collaborare alle azioni di sviluppo della base Clienti”.
Chi scrive queste facezie non vive sul Pianeta Credit Agricole, ma direttamente in un’altra dimensione spazio/temporale.
Sulla base di quanto descritto, non solo gli assistenti alla clientela ne hanno già abbastanza del loro lavoro, ma anche i gestori, che spesso devono sostituire gli assistenti alla clientela mandati in prestito da altre parti, vengono distolti dai loro compiti abituali.
La questione grave è che, in questi casi, a sostituire gli assistenti alla clientela sono chiamati lavoratori che non hanno la formazione e le conoscenze necessarie per operare in modo corretto e sicuro.
Le ferie, che dovrebbero servire per il benessere psico-fisico del lavoratore, stanno diventando fonte di stress: quando si torna al lavoro, troppo spesso, ci si ritrova con tutti gli arretrati di cui nessuno si è fatto carico!
Non possiamo che rinnovare l’appello a lavorare seguendo le normative e le regole. Tuteliamo la nostra sicurezza, segnaliamo e mettiamo in forma scritta ogni problema che dobbiamo affrontare.
Chi pensava che la legge 104, quella Legge-quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, si chiamasse così
perché era la centoquattresima legge del 1992, si sbagliava.
Almeno per chi lavora in Unicredit.
Si chiama 104 perché per ogni mese di assenza per assistere i propri
cari malati o “handicappati” (come dice la legge, oggi diremmo disabili o
meglio diversamente abili) l’azienda Unicredit toglie 104 euro dal V.A.P.
In spregio al comma 9 dell’art. 48 del CCNL del credito che recita
testualmente:
“9. Nel caso di assenza dal servizio, il premio aziendale viene ridotto di tanti
dodicesimi quanti sono i mesi interi di assenza. Nel caso di assenza
retribuita, la riduzione di cui sopra non si applica se l’assenza non supera i
tre mesi; in caso di assenza superiore la riduzione non si applica per i primi
tre mesi, salvo che l’assenza duri un intero anno. La riduzione, comunque,
non si applica per i periodi di assenza per ferie.”
Chi ha usufruito dei 3 giorni mensili concessi dalla legge 104/92, per
tutti e 12 i mesi, si è visto togliere appunto 104 euro dall’azienda della Carta
dei principi (o dei prìncipi), dell’etica, della solidarietà.
Il comma 9 recita chiaramente che l’assenza deve essere di UN MESE
INTERO e non frazioni di mese, come sono i giorni a cui si ha diritto per
legge.
Che la riduzione non si applica per assenze RETRIBUITE, se SOTTO
AI TRE MESI, e, se non sbagliamo, i tre giorni previsti dalla legge 104/92
sono retribuiti, anche se dall’INPS.
Questa prevaricazione è intollerabile e invitiamo tutti i colleghi oggetto
di tale sopruso ad avvisarci per consentirci di espletare le azioni opportune.
C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni
Sta esplodendo il rischio esternalizzazioni nel Gruppo Intesa Sanpaolo. La cessione degli NPL ad una nuova società, dove Intesa Sanpaolo avrà il 49%, materializza il rischio cessione per la Direzione Recupero Crediti. Si erano già svolte numerose assemblee in varie città per affrontare il problema atteso. In quella di Caserta è stato presentato un ordine del giorno dove si chiede che la cessione riguardi solo le attività e non i lavoratori, con l’unica possibilità di un distacco temporaneo dei lavoratori coinvolti. http://fisacgruppointesasanpaolo.it/wp-content/uploads/2018/03/Circolare-Assemblea-Recupero-Crediti-27-marzo-2018-Napoli-%E2%80%93-Caserta.pdf
Su tale posizione riteniamo si debba arrivare alla mobilitazione di tutti i lavoratori del Gruppo: nessuno potrà sentirsi al sicuro se si aprisse un varco simile. Peraltro va ricordato, sebbene la vicenda abbia connotazioni ben diverse, che è già stata effettuata la cessione di 50 lavoratori dell’Innovation Center. Una procedura alquanto pasticciata e ambigua per la nascita di una nuova società, interna al Gruppo.
Ritorniamo sul tema delle ferie “comandate ”per la chiusura di oltre 1.000 sportelli in occasione di vari ponti festivi. L’azienda ha rifiutato la ragionevole ipotesi di consentire ai lavoratori coinvolti di spostarsi in filiali adiacenti o di svolgere formazione da casa, nel caso non volessero assentarsi per ferie obbligate.
Abbiamo quindi scritto alla Commissione di Garanzia che regola lo sciopero nei servizi essenziali per chiedere se tutto questo è lecito e, in caso affermativo, se abbia ancora senso obbligare il settore a pratiche estenuanti per dichiarare un giorno di sciopero, mentre le banche possono chiudere gli sportelli secondo il loro arbitrio. Non ci aspettiamo nulla, ma la cosa andava sollevata e la solleveremo ancora in altre sedi.
Mentre in queste filiali i lavoratori fanno i ponti anche se non vogliono, nelle filiali flexi fare le ferie ed organizzare i turni è sempre più complicato, creando anche situazioni di pericolo, quando pochi colleghi/e (talvolta due o addirittura uno/a solo/a) restano fino a tarda ora in spazi desolatamente vuoti.
Abbiamo scritto ai vertici aziendali e anche al responsabile della salute e sicurezza (si veda allegato) chiedendo che, laddove non ci siano le condizioni (ormai dappertutto), si metta fine agli orari estesi.
Abbiamo approfittato dell’occasione per sollevare il problema delle sanzioni che il Ministero dell’Economia e delle Finanze intende irrogare ai lavoratori che hanno negoziato, per disattenzione, assegni liberi dai 1.000 euro in su. Abbiamo anche segnalato il rischio di errori che potrebbero derivare dalla nuova procedura di dematerializzazione degli assegni.
iPhone: ci sono giunte molte richieste di chiarimenti su questo strumento che l’azienda sta distribuendo ai colleghi delle filiali. Salvo ulteriori approfondimenti, possiamo dire che: 1) chi non lo vuole può rifiutare di ritirarlo, seguendo la procedura prevista dalla normativa aziendale. 2) Non c’è nessun obbligo di tenerlo acceso, ancora meno quando finisce l’orario di lavoro, visto che ai gestori non viene pagata (nè è prevista) la reperibilità. 3) Non esiste nessun obbligo di effettuare formazione (ovviamente in orario di lavoro) con uno strumento che non è certo l’ideale per la lettura.
CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo