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UBIS e COMDATA, UN ROBOT IN TESORERIA

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L’accanimento aziendale contro i Lavoratori delle Tesorerie è degno di miglior causa. Ancora vivo è il ricordo della job rotation nel secondo semestre del 2015 con conseguenti (e note) difficoltà operative. Così come permane la irregolare “personalizzazione” delle lavorazioni degli Enti passati in gestione da Torino a Roma con l’assunzione non dovuta di rischi operativi per i colleghi coinvolti. In quell’occasione fu già denunciata la creazione in vitro sulla piazza di Roma di esuberi giustificata da malfunzionamenti prodotti ad arte.

Una situazione di estrema delicatezza se si considera, da un lato la vigenza del D. Lgs. 231/2001 che attribuisce ai colleghi la responsabilità del loro operato, dall’altro l’operatività fuori norma che gli stessi colleghi sono “costretti” a svolgere, ed infine la mancata stesura – come chiedemmo – di un Ordine di servizio o di una disposizione scritta da parte del Responsabile della Struttura che ne sanasse il vulnus. A distanza di un anno nulla è migliorato. Anzi.

È di pochi giorni fa l’informativa aziendale che i prossimi 28, 29 e 30 settembre 2016 negli uffici di Tesoreria di Roma Anzani alcuni consulenti della COMDATA avvieranno un progetto pilota denominato Robotic Process Automation. Da notare che COMDATA è specializzata in servizi di “Business Process Outsourcing” e che al Banco Santander ha proceduto al trasferimento del ramo di azienda relativo ai servizi di back office a favore proprio della Comdata Spa. Un’operazione, forse, in odore di conflitto di interessi.

Ad essere analizzati nell’ambito di questo progetto (che sarà pilota per altre realtà di Ubis) saranno due non specificati processi di tesoreria ai quali sarà applicato un altrettanto non specificato processo di “elevato automatismo” con l’obiettivo di superare l’attuale “componente manuale di basso profilo”.

Innanzi tutto è da stigmatizzare l’intollerabile utilizzo da parte dell’Ufficio del Personale della formula “componente manuale di basso profilo”, la quale appare gravemente offensiva del lavoro svolto dai nostri Colleghi, la qualità del quale non dipende certo dalla loro volontà o dalle loro capacità professionali di cui hanno dato sicura prova in passato in ben altre realtà societarie. Una infelice formula che sembra richiamare, cambiandone il segno, le felici “posizioni con contenuti specialistici e/o commerciali di particolare rilevanza”, tramite le quali nell’Accordo del 15.9.2012 (art. 2 – norma transitoria) l’Azienda permise a sei sindacalisti dalla firma facile di salvarsi dal licenziamento ex lege 223/91. Insomma: i lavoratori colpevoli di svolgere attività semplici vengono di fatto resi esuberi; sindacalisti con meriti di firma furono salvaguardati dagli accordi da loro stessi firmati. C’è qualcosa che non quadra.

La chiusura, pardon, la razionalizzazione del polo di Tesoreria di Trento (circa 90 persone), la cui attività consiste prevalentemente nella gestione del caricamento dei bilanci degli Enti e delle successive delibere di variazione, implica il trasferimento delle relative lavorazioni a Roma senza, allo stato, aumento di personale. La cosiddetta “componente manuale di basso profilo” è comunque da intendersi quella relativa ai processi autorizzativi di mandati, reversali e bonifici non effettuati tramite mandato informatico (attività svolta, ad esempio, dai telelavoratori), nonché quella relativa a bilanci e delibere.

Sorge il sospetto quindi che l’indagine della COMDATA sia propedeutica all’eliminazione della maggior parte delle lavorazioni massive/elementari e al mantenimento della sola gestione delle eccezioni e ad accentuare la criticità in termini di esuberi della piazza romana. Si tratta di un processo a tendere che sembra preludere al superamento della Tesoreria, quanto meno in ambito Ubis.

Da un punto di osservazione macroeconomico l’operazione in oggetto si inserisce in una pericolosa fase di transizione industriale all’interno della quale l’occupazione ed interi settori industriali sono persi per sempre e dove i percorsi di ricollocazione e formazione non hanno mai rappresentato una possibilità seria di nuovo lavoro, ma solo un grande e proficuo business da realizzare sulle spalle degli esuberi (prima) e dei licenziati (dopo).

Uno scenario aggravato il 1° settembre dall’ennesimo accordo sottoscritto con la Confindustria dal vago sapore collaborazionista, neocorporativo e concertativo per la gestione degli esuberi: grazie alla cosiddetta “offerta conciliativa” – tecnicismo per indicare la proposta economica e formativa per indurre ad accettare il licenziamento e conseguente chiusura tombale del rapporto di lavoro – i lavoratori considerati in esubero vengono consegnati nelle mani dell’impresa che, autorizzata ed incentivata a licenziare, non solo potrà beneficiare di una certezza dei costi dell’operazione, ma avrà cosi la garanzia di una condivisione sindacale definita centralmente che non può essere messa in discussione azienda per azienda.

Accordo che, come da recenti articoli apparsi sul Sole 24 Ore, non spende una parola per fermare le delocalizzazioni, la cessione di rami d’impresa e le tante altre furbate padronali costruite per attaccare salari e occupazione ed avallate nella nostra azienda, anche in presenza di violazioni di contratto, da chi oggi si propone come fautore e promotore di una “nuova via”.

Invitiamo i colleghi coinvolti nell’interazione con COMDATA, pur nel rispetto delle DISPOSIZIONI SCRITTE ricevute, a non facilitare lo scavo delle fosse proprie e dei colleghi. A proposito di collaborazionismo e di concertazione.

L’autunno del nostro scontento

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L’autunno è appena iniziato e si preannuncia caldo, in UniCredit e non solo.

In attesa di conoscere i dettagli della nuova rivoluzione copernicana (ormai annuale) per fine settembre due rapidi aggiornamenti su tematiche di attualità:

Tablet

In questi giorni stiamo ricevendo gli agognati tablet che siamo riusciti a ottenere a parziale e teorico compenso del fatto che ci hanno ulteriormente diminuito il VAP. Capita di sentire strane voci incontrollate sull’uso che si dovrebbe farne per cui è opportuno chiarire alcune cose:

  • il tablet è fornito dall’azienda in comodato d’uso, per cui fino al riscatto (che dovrebbe avvenire fra 18 mesi) è una proprietà di UniCredit concessa in uso gratuito. Non può essere venduto o ceduto a terzi e deve essere custodito “con la diligenza del buon padre di famiglia”.
  • NON si configura in nessun modo come strumento di lavoro e l’uso che ciascuno può farne è completamente discrezionale;
  • nello specifico non è obbligatorio scaricare e installarci alcunchè, né tantomeno sottoscrivere o attivare abbonamenti a proprie spese. Chiunque disponga di un abbonamento internet a casa o anche solo di un cellulare abilitato a navigare in rete può utilmente sfruttare i gigabyte che già ha senza regalare altri soldi alla TIM (posto che gli interessi usare il tablet per navigare);
  • SE si decide di accedere al portale UniCredit tramite il tablet bisogna installare e configurare Airwatch Container, che è sostanzialmente un applicativo che garantisce la sicurezza della rete dati (da e verso le applicazioni della banca). Al di là di usi personali secondo gli interessi e le necessità di ciascuno (es. accesso a UniCa, al cedolino stipendio ecc.) il fatto che si POSSA (ma NON si debba) aprire la casella mail di lavoro sul tablet non comporta obbligo di reperibilità e/o di risposta fuori dall’orario di lavoro. Fra l’altro per numerosi ruoli professionali “caldi” da questo punto di vista è già previsto il cellulare di servizio, che riceve anche e-mail come molti di noi hanno tristemente presente. Anche qui, il fatto di disporre di un apparecchio mobile che riceve e trasmette fuori dall’orario di lavoro non comporta automatica disponibilità né obbligo a farlo.

People Survey

Altro regalo dell’autunno caldo. Il nuovo CEO ci tiene tantissimo e le figure di sintesi sono state già debitamente “intrattenute” (che brutte espressioni si trovano…) sul fatto che tutti, ma proprio tutti la debbano fare.

La People Survey è ciò che tecnicamente si definisce un’”indagine di clima” e rientra nell’ampio filone delle indagini di mercato che più o meno tutte le aziende fanno in modo più o meno molesto nei confronti dei loro clienti. In questo caso i “clienti” siamo noi, e se l’indagine è anonima quanto i questionari del TRIM Index siamo a cavallo…

L’utilità della Survey dipende come sempre dal punto di vista. Per la dirigenza è un modo per sostenere che i problemi dell’Azienda sono attentamente soppesati e valutati, per dimostrare che c’è democrazia interna e ognuno può dire la sua. E’ appena il caso di notare che, in base a un’esperienza ormai più che decennale, l’obbiettivo è la QUANTITA’ delle risposte che se elevata decreta automaticamente il successo dell’iniziativa, indipendentemente da cosa sia stato effettivamente risposto. Che da noi ci sia malessere e sfiducia lo si può verificare mettendo piede in un’Agenzia o Ufficio qualsiasi, non occorrono i soloni di qualche società di consulenza che predisponga un sondaggio. Ma facendo ricorso a complicati algoritmi si dimostra sempre in modo inequivocabile, a distanza di qualche mese dal trionfale annuncio che la Survey ha avuto successo, che i problemi sono piccoli, circoscritti e sono stati già portati all’attenzione delle funzioni competenti.

Dal nostro punto di vista questo sondaggio non ha nessuna rilevanza pratica: ciascuno può farlo o non farlo a suo piacere, evitando magari di scriverci cose non vere per paura di chissà quale rappresaglia (ma senza illudersi che “vuotare il secchio” possa davvero servire a qualcosa). Gli strumenti per farsi sentire sono altri e hanno diversa valenza giuridica. Per esempio, iniziative come esposti alle competenti autorità sul tema dello stress lavoro correlato, già presentati dal nostro sindacato in altre aziende bancarie, sembrano più utili per sensibilizzare i vertici aziendali sullo stato di disagio lavorativo.

 

Chiunque sia interessato a ricevere, via mail, il materiale prodotto dalla CUB-SALLCA, sia sul Gruppo Unicredit sia su tematiche di settore o di carattere generale,

può richiederlo inviando un messaggio su

sallca.cub@sallcacub.org

precisando l’indirizzo (casa o lavoro) al quale desidera ricevere le nostre comunicazioni.

ESTERNALIZZAZIONI UBIS: ANCHE LE CARDS SE NE VANNO

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Le Cards vanno via. I colleghi andranno in SIA dopo essere transitati per la Newco ITALIA (che fantasia), il cui pacchetto azionario sarà poi ceduto SIA.

Ricordiamo che SIA è partecipata da numerosi soggetti, comprese Unicredit e Banca Intesa (2% cadauna), il più importante dei quali è FSIA con il 49.48%, società che è di proprietà per l’80% del Ministero del Tesoro, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, e per il 20% dalla Banca d’Italia (che a sua volta è detenuta da tutte le banche italiane).

Torniamo alla famigerata Newco ITALIA ed alla cessione del pacchetto azionario, operazione che, ci riferiscono i Quintuplici (mancano UGL e SINFUB), impedirebbe ai sindacati di utilizzare “quegli articoli di legge messi a tutela dei lavoratori”.

Evidentemente dall’ultima esternalizzazione è passato molto tempo e certi concetti sono stati dimenticati.

C’è da dire però che in precedenza, anche in presenza di “quegli articoli di legge messi a tutela dei lavoratori”, nonché di articoli del CCNL (art. 3 – attività appaltabili), i quintuplici non è che li abbiano utilizzati per impedire le esternalizzazioni.

Nemmeno davanti alle diffide delle colleghe e dei colleghi. Storiche furono le suppliche dell’A.D. Cederle alla redazione regionale del Friuli (30/3/2013) e dell’allora direttore generale Schiattarella (http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2013/03/31/news/ubis-i-pericoli-esistono-solo-senza-accordo-sindacale-1.6795579), che addirittura “vendeva i giocatori al Real Madrid e al Barcellona,  mentre loro stavano nell’Udinese o al massimo nella Fiorentina”.

In questo caso perciò, dicono i Quintuplici (ma immaginiamo d’accordo anche UGL e SINFUB), non si può usare l’art. 2112, perché c’è cessione del pacchetto azionario.

Mettiamo in chiaro due cose.

  • i Quintuplici (ma immaginiamo d’accordo anche UGL e SINFUB) non denunciano, non combattono, non si ribellano al fatto che venga costituito ad hoc un contenitore (poco importa che sia una società, un servizio o una BL – come piace ai ns vertici) dove mettere delle persone già sapendo che verranno esternalizzate;
  • i colleghi comunque finiranno nella Newco ITALIA con le previsioni del 2112 (che ricordiamo essere un articolo del Codice Civile) ed in questa fase si porteranno appresso, oltre a tutti i diritti acquisiti (anzianità, ferie, indennità, comporto e quant’altro), tutto quello che il sindacato ha “conquistato” in precedenza ed applicato alle altre cessioni di ramo d’azienda.

A partire dal famigerato art. 9 dell’accordo di costituzione di UBIS del 17/2/2012 (firmato in contemporanea ad uno sciopero indetto in splendida solitudine dalla FISAC/CGIL di UBIS di Roma con manifestazione in Piazza SS. Apostoli partecipata da circa 400 lavoratori.

Articolo 9 che, raccontano le fonti, fu ispirato proprio dal sindacato “per mettere l’Azienda al riparo da possibili, eventuali, futuri speculatori”, e che recita nella sua parte peggiore:

Nel caso di cessione di UBIS ovvero di suoi rami d’azienda a soggetti esterni al Gruppo, ove le tensioni occupazionali dovessero emergere successivamente entro il limite massimo di sei anni dalla data dell’evento, UniCredit e le aziende trasferenti si renderanno disponibili a riallocare – ove possibile nell’ambito della provincia/area metropolitana, presso l’Azienda di origine ovvero presso altra azienda del Gruppo – il personale che dovesse risultare in eccesso a seguito di decisioni del Gruppo UniCredit (come a titolo di esempi non esaustivi, processi di insourcing di attività, trasferimento di attività già esternalizzate ad altro soggetto, cessazione del contratto di servizio per decisione del committente) ovvero di fallimento comunque connesso a tali eventi.”

Si dà il caso che recentemente DOBANK (ex UCCMB) degli americani Fortress e Prelios abbia inviato ad UBIS la disdetta dell’appalto (contratto di back-office), perché ritenuto non più conveniente, facendo decadere quelle che potevano essere le garanzie dell’art. 9.

Situazione del resto più volte rappresentata sempre in splendida solitudine da un gruppo di sindacalisti facinorosi e legulei (secondo la definizione di una autorevole ex segretaria nazionale della Fisac sanzionata dalla Commissione di Garanzia per violazione delle regole democratiche proprio in relazione ad un’esternalizzazione).

I Quintuplici (ma immaginiamo d’accordo anche UGL e SINFUB) si sono scatenati in un crescendo di grassetti e caratteri urlati, di critiche e denunce sdegnate, di (pen)ultimatum di chiaro stampo oltranzista, di avvertimenti al popolo tutto (ma la categoria ed il gruppo non sembra abbiano raccolto queste grida di dolore e di chiamata alle armi) proclamando uno sciopero, addirittura, a livello nazionale.

Tutto bello se non fosse che lo sciopero in questione – peraltro con tentativo di conciliazione del 27 luglio, esito negativo datato 3 agosto, lo stesso giorno dell’informativa ai sindacati  e della diffusione del comunicato stampa alla comunità finanziaria – non serve a niente se non a “certificare l’esistenza in vita” di alcuni sindacalisti. Lo dicono loro stessi “Avrete le leggi, gli articoli, le procedure, la libertà d’impresa …” BASTA, NOI NON CI STIAMO !!!”

I Quintuplici (ma immaginiamo d’accordo anche UGL e SINFUB) parlano di “decine” di studi di fattibilità, quindi sapranno pure le aree di intervento, e allora perché non le rilevano al di là della millanteria?

E sempre i Quintuplici (ma immaginiamo d’accordo anche UGL e SINFUB) annunciano che “sarà la prima di una serie di iniziative …”. In attesa delle iniziative serie, le uniche che ricordiamo sono le svariate firme messe su accordi per le esternalizzazioni, per i demansionamenti, per i prepensionamenti (salvando gli amici sindacalisti che ricoprivano livelli apicali, qualcUNO evitando anche tre provvedimenti e uscendo con bonus tripli rispetto ai comuni mortali).

Ricordano un po’ quella combriccola di toscani – un bugiardo, un condannato con sei processi sulle spalle, una bella donna con il padre promosso per “meriti” – che ha rovinato migliaia di famiglie e che vuole riformare la Costituzione.

Affermare – numericamente parlando – che lo sciopero del 9 settembre è stato partecipato dal 60% dei colleghi delle Cards, ma dal 18% del resto di UBIS, con punte infime sulla piazza di Roma, potrebbe far pensare ad un successo. Il punto è un altro, è qualitativo.

I colleghi devono sapere che garanzie e tutele dei diritti non possono essere invocate (o rivendicate) da personaggi screditati che in occasione di precedenti operazioni di esternalizzazioni si sono dimostrati conniventi e subalterni e che sicuramente anche stavolta riproporranno il solito accordo fotocopia, con il toner vieppiù sbiadito, con il solo cambio dei nomi delle società e delle date.

Se si vuole avere ancora uno straccio di seguito e riconquistare una credibilità almeno parziale tra i Lavoratori, tra le proposte immediate ed indifferibili suggeriamo:

  • di “liberarsi” innanzitutto di tutti quei pseudo rappresentanti dei lavoratori conniventi e subalterni che hanno lasciato mani libere all’azienda suicidando il sindacato.
  • di disdire a livello nazionale l’accordo del 27/2/2001 che inseriva i bancari nei servizi pubblici essenziali.
  • di creare una task force di sindacalisti che a livello nazionale verifichi, società per società, struttura per struttura, stanza per stanza, persona per persona tutti i consulenti presenti con relativo contratto, ruolo, livello, mansione, come si fece in Capitalia Informatica nel giugno 2005.

Chissà, allora, se stavolta lasceranno le penne a casa.

Tanto le penne, quelle vere, con le esternalizzazioni ce le lasciano i lavoratori.

A proposito di “macelleria sociale”.

Intesa Sanpaolo. Pressioni assillanti e code alla cassa, due facce della stessa medaglia

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Gli ultimi due messaggi che abbiamo diffuso parlavano di una collega aggredita da una cliente (che non era stata servita perchè era stato superato l’orario di chiusura delle casse) e dell’estenuante richiesta di report sui risultati che ora, nelle filiali Personal, ha fatto un salto di qualità con la richiesta di prevedere anche il futuro.

E’ poi uscito un volantino dei sindacati firmatari dell’Area Torino, relativo alle condizioni penose del servizio di cassa (a conferma delle continue denunce che abbiamo sempre fatto sull’argomento), che ci consente di riflettere sul legame che tiene insieme queste tre notizie.

I vertici aziendali, di fronte all’impossibilità di tenere il ritmo di risultati fuori dalla realtà, stanno imponendo un modello di servizio devastante, fatto di sollecitazioni insopportabili verso i gestori e di tagli continui al servizio di cassa. Tutto questo determina un degrado del servizio e l’esasperazione dei colleghi e dei clienti, con il ripetersi di scene di litigi con l’utenza, che possono degenerare in rischi per l’incolumità dei lavoratori. Si pensi che, nello zelo di aumentare l’uso dei CSA, la Direzione Regionale Campania si era inventata di tenere le casse totalmente chiuse fino a che le operazioni ai bancomat non avessero raggiunto il livello desiderato!

Nel volantino dei sindacati firmatari viene detto che “la Banca, nell’ambito della sua autonomia organizzativa, fornisce delle direttive (spostare l’attività della clientela dalle postazioni di cassa alle macchine) ma ricordiamo ai nostri Direttori di Area che non c’è una correlazione diretta tra ricevere una direttiva e spegnere immediatamente il cervello”. Noi aggiungiamo che l’autonomia organizzativa aziendale trova dei limiti nelle leggi, in particolare nel Dlgs 81/2008, che all’art. 28 comma 1 richiama “l’obbligo per il datore di lavoro di valutare preventivamente tutti i rischi, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro correlato, secondo i contenuti dell’accordo quadro Europeo dell’8 ottobre 2004″.

Chiudere le casse a prescindere dall’affluenza, chiedere in modo assillante report sulle vendite, stilare classifiche individuali per mettere sotto accusa chi ha numeri più bassi, convocare i lavoratori a colloqui in cui si chiede conto del mancato raggiungimento dei budget (che non significa automaticamente scarso impegno lavorativo) sono tutti comportamenti che violano la norma citata e che abbiamo denunciato e continueremo a denunciare alle autorità competenti.

Ma questo non basta: dopo l’estate dovremo discutere collettivamente, gestori e cassieri, colleghi dei centri imprese e delle sedi centrali e di ISGS, di come contrastare questo modello lavorativo che lede la dignità dei lavoratori.

Nel frattempo, ricordiamo a tutti/e che il modo migliore per resistere alle pressioni commerciali è ignorarle: abbiamo detto e lo ripetiamo che non raggiungere i budget o il numero di appuntamenti previsti dal “modello” non costituisce violazione disciplinare, mentre alcuni comportamenti di responsabili, a vari livelli, violano accordi e norme di legge.

Allo stesso modo, chi lavora in cassa deve operare con calma, tutelarsi pretendendo il rispetto delle normative e delle pause previste, chiudere l’operatività all’ora prevista. Soprattutto deve evitare di affrontare discussioni con l’utenza; nei momenti più critici va spiegato, nel caso, che siamo vittime come loro delle scelte dei vertici aziendali ed i clienti vanno invitati a chiedere ulteriori spiegazioni ai responsabili.

A questi ultimi ci permettiamo di consigliare, anche per evitare gli insulti dei clienti, di non applicare meccanicamente le disposizioni che arrivano dall’alto: lavoriamo insieme per avere un clima lavorativo decente.

Intesa Sanpaolo ha superato positivamente gli stress test, ma ai dipendenti chi lo fa il test sullo stress lavorativo?

INTESA SANPAOLO: NUOVO FONDO PENSIONE A CONTRIBUZIONE DEFINITA I PRIMI PASSI E LE PROSSIME SCADENZE

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Le recenti necessarie comunicazioni ufficiali che tutti gli iscritti dovrebbero aver ricevuto
(principalmente via mail) hanno annunciato la costituzione del “Fondo Pensione a contribuzione
definita del Gruppo Intesa Sanpaolo”.
Il nuovo fondo, figlio degli accordi aziendali sottoscritti nel 2015, nasce dalla fusione per
incorporazione del FAPA di Gruppo e del Fondo Spimi a cui si aggiungono, mediante il
trasferimento collettivo delle posizioni individuali, le sezioni a contribuzione definita del Fondo
Pensione del Banco di Napoli e di Banca Monte Parma.
Se finora il nuovo Consiglio di Amministrazione ha principalmente operato al fine di garantire la
continuità operativa con i fondi preesistenti, ora è necessario affrontare le prime importanti
questioni aperte che si originano in un processo di fusione, evento tutt’altro che comune
soprattutto quando sono presenti patrimoni rilevanti come in questo caso.

Un primo fondamentale passo di natura tecnico-amministrativa è il trasferimento dei dati relativi
agli iscritti provenienti dai diversi fondi costituendi. Proprio per consentire questo passaggio si
è reso necessario interrompere alcune normali attività normalmente svolte dal fornitore dei servizi
di amministrazione mentre altre potranno essere garantite anche durante la delicata fase di
passaggio:
- fino al 30 settembre è stata sospesa l’erogazione di anticipazioni e prestazioni; al fine di
garantire comunque le prestazioni nei casi di assoluta urgenza e di significativo importo per
spese relative a spese mediche straordinarie e per l’acquisto della prima casa, l’Azienda ha
concordato di attivare un’apertura di credito straordinaria a tasso zero (la valutazione
dell’urgenza è gestita dagli uffici delle Relazioni Sindacali);
- sempre fino a settembre non sarà possibile modificare la propria allocazione
patrimoniale (switch) e neppure effettuare variazioni sui comparti di destinazione dei flussi
contributivi; tra le novità del nuovo fondo ricordiamo che la contribuzione aziendale non è
più legata ad un obbligo di contribuzione minima da parte dell’iscritto (in assenza di
comunicazione da parte dell’iscritto, continuerà ad essere applicata l’aliquota a suo
tempo indicata);
- continuerà invece ad essere possibile aderire al Nuovo Fondo Pensione utilizzando la
modulistica disponibile sul sito;
- l’iscritto che ha conferito solo tacitamente il TFR potrà attivare il contributo aziendale
(per ora il 2,5%) semplicemente dichiarando la propria esplicita adesione utilizzando il
modulo di richiesta a disposizione sul sito.

Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, sono iniziati i primi incontri volti a definire il modello di
investimento ed i comparti che costituiranno l’offerta previdenziale a disposizione degli iscritti. In tal
senso riteniamo fondamentale che venga garantita ampia libertà di scelta all’iscritto sulla scelta
del comparto a cui aderire e che continuino ad essere previste linee di investimento a capitale
garantito ed etiche. Anche nei comparti finanziari occorre prevedere proposte a basso rischio e
bassa complessità in grado di limitare la volatilità dei mercati e minimizzare i rischi di perdite
in conto capitale.
L’obiettivo di arrivare ad attivare i nuovi comparti con l’inizio del 2017 è sicuramente auspicabile
ma sicuramente si tratta di un passaggio fondamentale che condizionerà il funzionamento dell’ente
previdenziale per molto tempo ed andrà quindi attentamente individuato con un processo che
potrebbe avere tempi anche incerti e non prevedibili.

Ovviamente vi terremo informati dell’evoluzione dei lavori che in autunno vedranno una decisa
accelerazione e ci auguriamo che vengano indette assemblee che favoriscano il coinvolgimento
dei colleghi dando ampia informativa di quanto avviene. Nonostante le Fonti Istitutive (i firmatutto
sempre e comunque) si arroghino il diritto di prendere qualunque decisione senza la minima
consultazione dei colleghi, i soldi sono i nostri, frutti del nostro sempre più stressante lavoro.

INTESA SANPAOLO: Assemblea dei Delegati Fondo Sanitario

FSI

ASSEMBLEA DEI DELEGATI DEL FONDO SANITARIO INTEGRATIVO DI GRUPPO

Milano 23 giugno 2016

 

In allegato potete leggere la dichiarazione di voto che il nostro rappresentante all’Assemblea dei Delegati del Fondo Sanitario Integrativo di Gruppo (chiamata ad approvare il Bilancio 2015) è, più o meno, riuscito a fare.

Più o meno, perché il clima della riunione è stato tutt’altro che sereno, in primo luogo per una gestione da parte della Presidente Angela Rosso inutilmente brusca ed astiosa che non ha fatto altro che rinfocolare i motivi di polemica tra “attivi” e “quiescienti”.

Dopo le relazioni introduttive, la bagarre si è accesa sin dal primo intervento, quello del rappresentante dei Pensionati Francesco Vimercati che, certo, è stato un po’ lungo ma comunque corretto nei modi e interessante nei contenuti (condivisibili o meno).
Il collega è stato più volte interrotto ed apostrofato dalla Presidenza e, addirittura, sbeffeggiato nel successivo intervento-replica di Filippo Pinzone (First-Cisl), tra l’altro altrettanto ma più inutilmente lungo.
Dopo di che la Presidente ha richiamato tutti al rigido rispetto dell’ordine del giorno che prevedeva, negli auspici generali, una plebiscitaria alzata di mano ed un rapido deflusso dalla stanza.

Chi si era ancora segnato per parlare (ben due !!) ha avuto quindi difficoltà nel farlo soprattutto se provava correttamente ad interloquire sui temi che erano stati posti all’attenzione da chi era intervenuto in precedenza o dalle oltre cento lettere di protesta degli iscritti in quiescenza che sono state inviate agli amministratori del Fondo nei mesi scorsi.

Il nostro rappresentante, nella concitazione, ha oltre tutto commesso il grave errore di citare termini quali “lavoratori” e “sindacato” provocando mormorii di disapprovazione da parte di alcuni delegati di parte aziendale, subito rilanciati dal tavolo di presidenza.

Ricordiamo a questi signori che mentre loro sono dei “nominati” di parte aziendale il cui unico compito è alzare la mano a comando (comportamento che purtroppo coinvolge anche la maggior parte dei delegati di parte sindacale), noi siamo stati eletti dai lavoratori su liste che si caratterizzavano non con nomi di “animali da cortile” o “fiori esotici” ma con quelli delle organizzazioni sindacali di appartenenza.

Nel merito delle questioni, noi continuiamo a credere che nella gestione del FSI ci siano molte criticità strutturali ed operative. Ed è su queste, chiunque le ponga all’attenzione (siano essi i pensionati di oggi o quelli di domani…), che crediamo si debba discutere ottenendo risposte puntuali e valutando nel massimo della trasparenza le possibili soluzioni alternative.

Lo abbiamo detto nel Convegno sul Welfare di Gruppo che abbiamo organizzato a maggio e abbiamo tentato di ripeterlo con la dichiarazione di voto allegata che nuovamente invitiamo tutti a leggere.

Dopo di che, naturalmente, ci piacerebbe sapere cosa ne pensate e se condividete le nostre posizioni. E questo riguarda sia chi ci ha votato sia quelli che non l’hanno fatto, abituati a credere che “tanto non cambia nulla”.

E, a questo proposito, ci permettiamo di chiedere agli iscritti alle altre sigle di andare a verificare (sui siti del loro sindacato o sulle caselle mail) che tipo di informativa hanno ricevuto sulla riunione del 23 giugno e se, alla luce del resoconto che ne abbiamo fatto, ritengono di poterne essere soddisfatti.  

 

UBI: NUOVO IL PIANO INDUSTRIALE…VECCHIE LE RICETTE

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Eccoci a commentare il nuovo piano industriale 2017/2020 che di nuovo, a parte il nome,  sembra abbia davvero ben poco.
Gli annunci sono roboanti, le prospettive del gruppo per il CEO Victor Massiah sono quelle da ‘’milleeunanotte’’,  dispensate senza tentennamenti o incertezze.

Di seguito, una breve carrellata degli ambiziosi obiettivi degni di un braveheart del credito:

-utili a 870 milioni nel 2020 (7 volte quelli registrati a dicembre 2015).
-indice Rote oltre il 10%
-maggior copertura sui crediti fino al 60%.
-dividendi distribuiti fino al 40% dell’utile (payout)
-indici patrimoniali in costante miglioramento…e via cantando.

L’ottimismo e’ insomma alla stelle, ma come raggiungeremo questi traguardi in un contesto cosi’ negativo? Rimarra’ in mano ai soliti noti il famigerato cerino o questa volta cambiera’ davvero la musica?
Dispiace constatarlo ancora una volta, ma le ricette sono le stesse di sempre: tagli, chiusure e maggiore flessibilita’.

Vengono annunciati circa 2750 esuberi e solo questo dato dovrebbe irritarci non poco visto che, a causa della scarsita’ di organici, soprattutto nel periodo estivo, molte filiali faticano ad aprire!! A parziale compensazione vengono promesse 1100 nuove assunzioni in 3 anni.
Da sottolineare comunque il dato che il gruppo UBI al 2020 perdera’ circa 4500 dipendenti (24% della forza lavoro) rispetto al 2007 anno della sua nascita!!

Confermata la chiusura di altri 280 filiali, si passera’ quindi dagli iniziali 1922 ai 1250 sportelli (-35%).
I soliti gufi si lamentano perche’ manca personale e cassieri nei punti operativi? Eccoti la soluzione: si realizzeranno 350 filiali cashless  (senza cassiere, anche se sarebbe piu’ corretto tradurre senza contanti).

Macchine vs. uomini, la sfida del futuro…si ipotizza saranno 4 su 10 le filiali interessate alla trasformazione.

Con abile mossa di marketing, per evitare che la clientela si senta lontana ‘’affettivamente’’  e non si riconosca in questo nuovo  ‘’bancone’’, rimarranno tutte le vecchie insegne e marchi delle banche rete fuse nella holding.
Sara’ solo un illusione ottica mentre in realta’ verranno create 5 macro aree che rispecchieranno la presenza storica dei vecchi istituti nei territori di riferimento.
Avremo quindi per il Nord Ovest la BRE, per Milano la BPCI, per Bergamo la BPB, per Brescia il BBS e BVC e per il centro sud Carime e BPA.

Come gia’ successo in passato questi piani industriali cosi ambiziosi  si sono dimostrati dei gran bei castelli di sabbia, pronti a crollare alla prima ondata imprevista, piani a cui non crede piu’ nessuno e forse nemmeno chi li redige.

Lo scenario attuale e le previsioni degli stessi esperti (o almeno così ce li presentano) ci dicono che potremmo vivere ancora per lungo tempo questa fase di tassi ai minimi storici e  cio’  non permettera’  agli istituti di credito grossi margini di guadagno in quella che dovrebbe essere la principale fonte di redditivita’ della banca e cioe’ quella della intermediazione bancaria.
Si  spingera’ quindi ancora di piu’ sulla vendita di prodotti maggiormente  remunerativi,  non sempre nell’interesse del cliente, accompagnati da sempre maggiori pressioni commerciali.

Siamo seriamente preoccupati quando lo stesso amministratore delegato asserisce che nei nostri confronti ‘’sara’ indispensabile un aumento di flessibilita’ e un rafforzamento della quota di retribuzione variabile’’.

Per noi la strada da seguire e’ un’altra, la banca deve tornare ad essere vicina ai reali bisogni dei clienti e non continuare col consueto modello commerciale aggressivo che tanti danni ha prodotto anche nel recente passato.
Il salario deve essere contrattato perche’ quello variabile si accompagna a politiche di vendita poco etiche, in cui il cliente fa la parte  di un limone da spremere e riduce i colleghi a ruolo di meri piazzisti, con sempre meno professionalita’ e sempre maggiore spregiudicatezza.

Forse sarebbe meglio crescere un po’ meno, ma su basi più solide e utili per tutti.

INTESA SANPAOLO: SCOMPARE IL VAP, TORNA IL GIOCO DELL’OCA

cipputi

Con gli accordi di secondo livello dell’ottobre scorso è stata varata anche l’unificazione di VAP e premio incentivante, creando il Premio Variabile di Risultato (PVR). La prima applicazione concreta, relativa al 2015, si é tradotta a maggio 2016 in una delusione generale: i lavoratori hanno misurato con mano la miseria delle cifre erogate, l’azienda ha lamentato l’appiattimento egualitario del meccanismo concordato. E questo in un anno in cui il bilancio é andato splendidamente, macinando record irripetibili.

Neanche i pochi che hanno avuto l’eccellenza hanno tratto soddisfazione, mentre l’agognata trasparenza (a parole uno degli obiettivi dell’accordo) é stata seppellita da 36 slides incomprensibili che l’azienda ha fornito in ritardo per illustrare i criteri utilizzati: “geroglifici” sono stati definiti dagli stessi sindacati firmatari. E di difficile comprensione devono essere stati anche per chi ha costruito il meccanismo, visto che la stessa azienda si è trovata di fronte a risultati inattesi e spesso paradossali.

L’accordo del 20 maggio 2016, firmato senza clamori, replica il copione già visto per il 2015 e introduce ulteriori peggioramenti. Le parti di premio Base e Aggiuntivo diminuiscono per tutti, spesso in modo molto consistente, tranne che per i Direttori di Area (+56%).

Il percorso per conseguire tali premi si complica ancora di più, finendo per assomigliare ad un perverso gioco dell’oca, in cui succede di tornare al punto di partenza per fattori legati al puro caso. Ma la cosa più grave é l’allargarsi degli elementi di divisione fra i lavoratori. L’accordo infatti amplia la platea di società del Gruppo cui verranno applicati sistemi di premio in gran parte diversi da quello contrattato il 20 maggio, specifici per quelle realtà e di cui ben poco si conosce. In una situazione che vede il continuo indebolimento del contenuto economico del Contratto Nazionale (recentemente il segretario di una delle organizzazioni firmatarie ha ammesso pubblicamente che l’ultimo accordo nazionale é avvenuto a somma zero) il salario aziendale, che dovrebbe compensarne gli effetti, si rivela avaro e assai poco trasparente.

Le prospettive di unire in futuro i lavoratori per rivendicare retribuzioni più eque diventano sempre più incerte, alla luce anche degli sviluppi sugli inquadramenti e le relative indennità, se possibile ancora più oscure e incontrollabili persino per i firmatari degli accordi.

Per permettere la piena consapevolezza di quanto succede alleghiamo una scheda dettagliata del nuovo accordo. 

CAPTAIN’S HOWL (L’URLO DI CAPITAN LIBECCIO)

#AL POSTO TUO: Sono arrivati gli ACCENTUR…IONI, stanno osservando il nostro lavoro, analizzandolo, scomponendolo, per trovare spazi utili ad automatizzare/robotizzare le varie attività…per migliorare il lavoro di tutti come dicono? CERTO CHE NO! Lo scopo principale è tagliare il fabbisogno di Full Time Employment (FTE)!

#FIFTHDIMENSION: Nel frattempo continuano a girare per i vari reparti e uffici i “Dimensionatori”, in questo caso sono elementi interni al Gruppo, per fare cosa?  Semplice: osservano il nostro lavoro, lo analizzano, lo scompongono e lo misurano per volumi e tempi di lavorazione, a che scopo? Per migliorare il tuo lavoro caro collega? Ma no! Lo scopo è sempre quello, ottimizzare gli organici, Ri-dimensionare gli uffici, ovvero tagliare la necessità di FTE!

#AGGIUNGI UN ACRONIMO PER NON RIMANERE ANONIMO: Nelle aziende “moderne” molto spesso i dirigenti aziendali , per farsi notare/ricordare dai vari amministratori delegati, sponsorizzano iniziative, riorganizzazioni e modifiche di lay-out vari, battezzandole con un bel nome inglese o più’ spesso con un acronimo (il marchio é importante nel mondo dell’immagine e del marketing), per cui negli ultimi anni abbiamo avuto: crash-ace-recap-apice-educare, matin,-first, ecc…, ora e’ arrivato WCB (metodologia World Class Banking), mutuata dall’industriale WCM.

Ci diranno che è tutta per il “nostro bene” e ci prenderemo una nuova “scarica” di termini anglo-industriali, che saranno diffusi negli uffici per arrivare, stando al nocciolo delle cose, a semplificare/ridurre ed infine tagliare i costi di produzione; a partire, come al solito, dai costi relativi alle risorse umane. Chi inventa l’acronimo “balla”, che lo subisce “sballa”!.

#alloranonsonoc…loro: dopo pochi giorni dall’urlo “C…loro”, i sindacati del “tavolone unitario” hanno indetto un’assemblea, alla buon’ora! Dopo 6/7 mesi di “dormita” ingiustificabile danno un segnale di vita…però: hanno una strategia da spiegarci? Hanno una o piu’ tattiche da condividere con noi? Vogliono ascoltare i nostri pareri? Vedremo in assemblea e vedremo se siamo ancora capaci di utilizzarla correttamente, dato che, pensando allo svolgimento dell’ultima (fine 2015) c’è solo da disperarsi!

 

          Milano, 09.06.2016               CAPITAN LIBECCIO, TERZO URLO/COMUNICATO OSPITATO DA SALLCA CUB BPI-BNLfoto2

BEN VENGA MAGGIO!

MAGGIO, come nel 1968, la Francia esplode ancora una volta in maggio.fr

La “Loi du travail”, imposta dal governo francese con le solite “procedure d’urgenza” e scritta (come da noi) dalle associazioni padronali, ha visto una poderosa mobilitazione di lavoratori e studenti, che nello scorso maggio è diventata “esplosiva”.

I lavoratori in Francia sono impegnati in una lotta prolungata e vera, diversamente dalla quella limitata ad un sola giornata di sciopero (giusto per salvare la forma) che i sindacati italiani confederali ed autonomi hanno “opposto” al Job Act.

Union syndicale solidaires insieme ad altri sindacati di lavoratori e studenti, dal 9 marzo, è impegnata nella mobilitazione contro il progetto di legge Loi Travail. Questa legge significherebbe un arretramento senza precedenti dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori francesi.

Accettare la proposta di legge del governo francese, fatta per soddisfare i datori di lavoro, significherebbe:

  • accettare la liquidazione delle 35 ore di lavoro la settimana;
  • accettare di lavorare fino a 12 ore al giorno; 
  • accettare che i padroni possano licenziare quando vogliono e come vogliono; 
  • accettare una maggiorazione per gli straordinari del 10 % (invece del 25 %); 
  • accettare che gli apprendisti debbano lavorare 10 ore al giorno e 40 ore settimanali; 
  • accettare che i referendum aziendali, imposti in situazione di ricatto, possano annullare i diritti collettivi.

L’Unione Sindacale Solidaires, CGT, FO e FSU e i sindacati degli studenti hanno promosso dopo il 9 marzo manifestazioni e scioperi: il 31 marzo, il 9 aprile, il 13 aprile, il 26 aprile, il 28 aprile, il primo maggio, il 17 e il 19 maggio, il 26 maggio. Questo significa strategia, impegno e continuità nella lotta in difesa dei propri diritti… e da noi? Un pomeriggio di sciopero nel 2011 (sotto Natale) per “contrastare” la Legge Fornero e una giornata per “combattere” il Job Act e la cancellazione dell’Art.18.

Il 14 giugno prossimo si terrà un’altra poderosa manifestazione in Francia, alla stessa parteciperanno delegazioni da tutta Europa perché, se ancora non lo abbiamo capito, si tratta di una lotta che coinvolge tutti. In Italia? Rien, rien, dormez bien, petit italien!

Milano, 10.6.2016       SALLCA CUB  BPI-BNL